Genere: Romantico
Pairing: SanXAshitaka, KayaXAshitaka
Rating: PG13
AVVISI: Spoiler, Incompleta.
- Sono passati due anni dal termine dell'avventura che ha coinvolto tutti i protagonisti, Ashitaka vive poco lontano dalla città del ferro. Lui e San non si sono più visti, finchè un giorno lui non cade in una misteriosa malattia. Cosa lo aiuterà a guarire?
Commento dell'autrice: Inserirò un mio commento quando avrò concluso la storia è_é
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The Power Of Love
3° capitolo
Molle


Quando riprese coscienza di sé stesso, si ritrovò abbandonato sulla sedia così come si era lasciato. Ed il pensiero che nessuno l’avesse preso ed adagiato dolcemente sul letto lo lasciò triste in maniera incredibile.
Si voltò a guardare la porta, chiusa. Chiusa. La odiò.
Alzandosi in piedi sentì una fitta alla schiena particolarmente dolorosa, e si chiese per quale dannato motivo fosse rimasto incosciente così a lungo da generare del dolore. Insomma, da quando? Da quando quel dannato dolore non lo lasciava in pace? Da quando gli sembrava addirittura troppo antico il periodo in cui aveva vissuto senza?
Avrebbe voluto essere in un altro posto. Ma non in un altro luogo, un altro posto. Chissà, magari nuvole bianche e soffici, sprazzi d’azzurro qua e là, una tonaca color panna fluttuante ad ogni minimo alito di vento…. Immaginò di avere una visione troppo perfetta di un posto del quale non conosceva neanche l’ubicazione, e sulla cui esistenza era perfino incerto. Si chiese seriamente se in realtà non avesse visto qualche scorcio di paradiso durante uno dei suoi vari mancamenti. Rimase a rifletterci un po’. Poi lasciò perdere, dirigendosi verso la sua camera da letto e pensando che, nonostante la già abbondante dormita, aveva ancora sonno, anche se era un sonno diverso, un sonno pesante, se lo sentiva sulle spalle e sulle gambe, e già vedeva il pavimento un po’ troppo vicino del normale.
Dio… possibile che fosse caduto?
Oh, si. Era caduto. E… le palpebre, anche loro cominciavano a lasciarsi andare, pesanti, felici di potersi incontrare in un’unione notturna fasulla.

Non è tempo di dormire, Ashitaka, tirati su!

Se lo ripeté per qualche secondo, senza neanche crederci veramente. E sarebbe collassato di nuovo. Se non avesse sentito sbattere alla porta con violenza. Una violenza inaudita e spaventata. Chi poteva sbattere così?
Fece girare un po’ il collo, quel tanto che bastava per cercare di capire in che posizione si trovasse lui, sperando di dare uno sguardo fuori dalla finestra, sempre immaginando che da lì si potesse vedere qualcosa, cosa che in realtà non riuscì a fare.
Pensò a lungo per decidere se dovesse alzarsi o meno. Per la verità non è che ne avesse tanta voglia… in quel momento aveva solo sonno da morire, ed aprire quella porta significava anche accogliere chiunque fosse all’esterno, darsi un contegno, ricominciare a ragionare lucidamente, abbandonare per almeno un paio d’ore l’idea delle soffici e bianche lenzuola…
Ma non fare nulla e magari addormentarsi là significava farlo con quel sottofondo martellante orribile, e proprio *non* poteva sopportarlo, quindi, raccogliendo le sue ultime forze e stropicciandosi gli occhi una volta in piedi, si avvicinò, passo dopo passo, alla porta.
E fu in quel momento che sentì che il suo cuore sarebbe anche potuto esplodere, perché in quel momento sentì chiaramente chiamato il suo nome, e non da una voce qualunque, non da una visione del suo villaggio, non da uno spirito del bosco o da un cinghiale, o da un lupo, ma da *lei*, lei era lì, e lui non poteva sbagliarsi, aveva chiamato il suo nome.
- Ashitaka! Ashitaka, sono io, sono San, ci sei?
Oh, santo cielo, continua a sbattere su quella porta possibilmente per sempre, creatura meravigliosa, sei tornata! Sei venuta a trovarmi!
Il più idiota dei suoi sorrisi stampato sul volto, forse una o due lacrime, ma non ci fece poi molto caso.
- Ashitaka!
Si avvicinò ulteriormente alla porta, aggrappandosi alla maniglia come fosse l’ultimo suo sostegno, gettandovisi contro con tutta la sua forza, per darle un segno.

Sono qui, sono qui, ti sto aprendo!

Ed aveva provato a dirlo a parole ma non gli era uscito che un suono strozzato che molto aveva di animalesco e poco di umano, quindi ci aveva rinunciato.
Comunque lei sembrava essersi accorta del suo avvertimento, infatti aveva smesso di sbattere la mano aperta contro la porta di legno spesso.
- A-Ashitaka…?
Era un po’ meno convinta di prima. Forse non aveva sentito niente, forse adesso credeva che lui non ci fosse, forse adesso se ne sarebbe andata di nuovo, no per carità…

SAN, SONO QUI!

Maledetta debolezza fisica, non riusciva a fare più niente…
Eppure non poteva mollare. Non adesso. C’era troppo in palio. C’erano anni passati in attesa. No.
Raccolse tutte le sue energie sulle due dita poggiate sulla maniglia e fece scattare la serratura. La porta si aprì verso l’esterno e l’ultima cosa che sentì prima di svenire di nuovo fu la morbidezza inaspettata del corpo di San che attutiva la caduta.

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