Genere: Romantico
Pairing: SanXAshitaka, KayaXAshitaka
Rating: PG13
AVVISI: Spoiler, Incompleta.
- Sono passati due anni dal termine dell'avventura che ha coinvolto tutti i protagonisti, Ashitaka vive poco lontano dalla città del ferro. Lui e San non si sono più visti, finchè un giorno lui non cade in una misteriosa malattia. Cosa lo aiuterà a guarire?
Commento dell'autrice: Inserirò un mio commento quando avrò concluso la storia è_é
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The Power Of Love
5° capitolo
Rimani, ti prego


Smise di piangere solo quando si accorse del dolore ai polmoni che lo stava distruggendo. Si chiese da quanto tempo stesse singhiozzando, e non riuscì a trovare risposta alcuna neanche andando indietro di qualche ora con i ricordi. Ed anzi, tutta la sua mente gli sembrava offuscata, ed i ricordi come avvolti da uno strato di nebbia. Come se le lacrime li avessero annacquati, rendendoli irriconoscibili.
Gli doleva anche il cuore, in maniera non ignorabile. Portò una mano al petto e, chiudendo gli occhi, respirò lentamente e profondamente per qualche minuto, cercando di riportare la situazione alla normalità.
E per la prima volta, dopo tanto tempo, si preoccupò. Così come San sembrava preoccupata per la sua salute, anche lui portò interesse a questo particolare che, prima che lei tornasse a bussare alla sua porta, gli era parso insignificante. O comunque sul quale poteva soprassedere senza difficoltà.
Si chiese quale fosse l’origine di quel dolore al cuore, di quei malori che lo prendevano improvvisi, che lo lasciavano svenuto a terra, senza appetito, assonnato o senza sonno. Cercò di ricordare quando erano cominciati, quando aveva cominciato a non sentirsi più in forma, ma anche questa domanda rimase senza risposta, come tutte le altre.
L’unica cosa di cui era certo, adesso, era che aveva bisogno di una boccata d’aria e di una passeggiata che fosse il più lunga e lenta possibile, giusto per riprendersi con calma. Tanto, sicuramente San era andata via, e difficilmente sarebbe tornata indietro, quindi non aveva nessuno da aspettare. Adesso, decisamente e definitivamente, non più.
Si alzò dal letto con un mugolio di dolore, e senza pensarci si diresse verso la porta, uscendo dalla casa. La luce dell’alba si diffondeva già per tutto il cielo, con colori più scuri tanto più, con lo sguardo, ci si allontanava dal sole, e più chiari tanto più ci si avvicinava. In quel momento, e al tramonto, solo allora poteva guardare il sole dritto in viso, senza abbagliarsi. Uno spettacolo magnifico, quasi commovente. Mosse qualche incerto passo, senza guardare per terra. E all’improvviso, nel suo campo visivo entrò una figura estranea, scura ed indefinita. Stava seduta per terra e guardava il cielo, come lui. Ashitaka abbassò lo sguardo per mettere e fuoco la sagoma. Era San. Era ancora lì. Immobile lì, da chissà quanto tempo.
Senza avere la forza di proseguire, tale era lo stupore, e senza nemmeno trovare il coraggio di aprire la bocca per parlare, rimase immobile a guardarla, finché non fu lei stessa ad accorgersi di lui, sentendosi osservata. Gli sorrise lievemente, facendogli cenno di andarsi a sedere al suo fianco. Lui obbedì, riscuotendosi dal torpore che l’aveva immobilizzato in sua contemplazione.
- Stai un po’ meglio…?
Chiese lei con fare preoccupato.
- Così così… avevo solo voglia di uscire un po’…
Lei annuì.
- Capisco.
Lui la guardò in viso.
- Non hai dormito, vero…?
Le chiese con un sorrisetto dispiaciuto.
- No… ma neanche tu…
Tornò con lo sguardo basso, imbarazzato.
- Mi spiace per prima. Non ero in me.
La vide scrollare le spalle.
- Fa niente. Ma io sono davvero preoccupata, Ashitaka…
E lui fu sul punto di credere che il suo male altro non fosse che mal d’amore. Volle dirglielo, fare in modo che, quasi, lei si sentisse in colpa, e per questo restasse al suo fianco. Ma non aprì bocca.
- Tu… sei molto magro, Ashitaka. Non mangi, svieni spesso, sei pallido. Non mi piace, tutto questo. Non è una malattia normale, non si può curare con le semplici erbe.
Voleva prenderle la mano e dire che l’unica cosa che avrebbe potuto curarlo era la sua presenza.
- Ashitaka, ho paura che sia grave. Ed ho pensato…
Lei abbassò lo sguardo, che presto le si riempì di lacrime che evidentemente si forzava a non versare.
- …che non posso farci assolutamente niente… mi sento così… inutile…ho paura… che tu… che…
La circondò con le braccia. Intorno si faceva mattino, ed il sole cominciava già ad essere più caldo.
- San… non dire così… sentendoti bussare alla mia porta… mi sono sentito felice, davvero… sei stata di… di grande aiuto, mi hai riportato in casa, m’hai messo a letto, ti sei presa cura di me… grazie…
Per quale motivo, invece di fare di tutto perché lei rimanesse, continuava a sollevarla da qualsiasi colpa perché fosse libera di fare ciò che voleva?
Lei scosse la testa, mentre qualche lacrime le scendeva lungo le guance.
- Anche avendo fatto questo, Ashitaka, tu non sei guarito! Stai ancora male, ho paura… per te, per la tua salute, Ashitaka…
Si coprì il volto con le mani, stringendosi ancora un po’ a lui, e piangendo silenziosamente per molto tempo. Quando ebbe finito, si accovacciò meglio sul suo petto, tornando a guardare il cielo.
- Ashitaka… ho sentito parlare di un villaggio… lontano da qui almeno una settimana di viaggio… pare che lì… viva un popolo leggendario… gli emishi…
Ashitaka frenò il sussulto del suo cuore prima che lei potesse accorgersene. Parlava del suo villaggio.
- Ed ho sentito che lì c’è un’alchimista, o qualcosa del genere… in grado di salvare chiunque da qualsiasi malattia.
Lui la strinse a sé, quasi presagendo ciò che stava per dire.
- Voglio andare lì, prenderla e portarla da te. Così guarirai.




No… no, San… non è di un’alchimista che ho bisogno! È la tua presenza, il tuo calore… ho bisogno di te, solo di te! Come puoi non capirlo? Come puoi pensare di privarmi ancora una volta di te, dopo aver visto quanto tempo ho atteso, e con quale fedeltà…

- Partirò fra qualche ora.
- No… non andare…
- Ashitaka…
- Ti prego, resta!
Sentì nuovamente le guance bagnarsi di lacrime. Stava piangendo, di nuovo. Ed i polmoni ed il cuore ricominciavano già a dolergli.
Lei sollevò lo sguardo verso di lui, accarezzandogli una guancia con una mano. Sorrise lievemente.
- Tornerò. E quando sarai guarito… Ashitaka… staremo insieme per sempre…
Il movimento fu lievissimo, quasi impercettibile. Ma lui si ritrovò le labbra di San pressate sulle proprie per un millesimo di secondo, e gioia e stupore furono tali da non lasciargli forza per ricambiare. Sempre sorridendo, San tornò a stringersi a lui, chiudendo gli occhi.
- Possiamo stare così per un po’?
Gli chiese con una vocetta infantile un po’ assonnata. Lui non rispose. Chiuse gli occhi a sua volta e la strinse forte, detestando già il momento in cui l’avrebbe vista andare via.

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