Genere: Generale.
Pairing: Davide/Mario, Zlatan/José, Davide/José (onesided).
Rating: R
AVVISI: AU, Slash.
- Mario fa entra ed esci dall'orfanotrofio da quando aveva due anni. Nessuna famiglia sembra riuscire ad accoglierlo nel giusto modo, e perciò non vede perché dovrebbe essere diverso, stavolta. Solo che lo sarà. Lo sarà eccome.
Note: ;___; Commozione, è finita!!! Voi non potete capire cosa vuol dire per una donna come me – una che le storie sa (quasi) sempre quando le comincia ma mai quando (e se!) le finisce – riuscire a concludere una fic a capitoli. In un tempo prestabilito, poi, e senza sbavature! Sette settimane, ci ho messo, e mai un ritardo. E amo oggi questa famiglia di disastrati esattamente quanto l’amavo il primo giorno, perché piano piano ho imparato a conoscerli assieme a Mario. E nonostante il finale tremendo (me lo dico da sola ._. Odiatemi) mi resteranno sempre nel cuore. *sparge affetto*
Pairing: Davide/Mario, Zlatan/José, Davide/José (onesided).
Rating: R
AVVISI: AU, Slash.
- Mario fa entra ed esci dall'orfanotrofio da quando aveva due anni. Nessuna famiglia sembra riuscire ad accoglierlo nel giusto modo, e perciò non vede perché dovrebbe essere diverso, stavolta. Solo che lo sarà. Lo sarà eccome.
Note: ;___; Commozione, è finita!!! Voi non potete capire cosa vuol dire per una donna come me – una che le storie sa (quasi) sempre quando le comincia ma mai quando (e se!) le finisce – riuscire a concludere una fic a capitoli. In un tempo prestabilito, poi, e senza sbavature! Sette settimane, ci ho messo, e mai un ritardo. E amo oggi questa famiglia di disastrati esattamente quanto l’amavo il primo giorno, perché piano piano ho imparato a conoscerli assieme a Mario. E nonostante il finale tremendo (me lo dico da sola ._. Odiatemi) mi resteranno sempre nel cuore. *sparge affetto*
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
NEW COLORS TO PAINT THE WORLD
violet hill
Le parole del prete risuonano per tutto il cimitero come una cantilena. Mario non ha idea di cosa stia dicendo, perché è troppo impegnato ad ascoltare le lacrime di Davide, che sta seduto accanto a lui sulla montagnola di terra, un po’ in disparte, e tiene il capo reclinato sulle ginocchia strette al petto, tanto strette che lui non riesce a cogliere la sua espressione. Davide piange e racconta, e Mario lo ascolta.
- Li rapirono quando erano piccolissimi. – svela fra i singhiozzi, - Dieci e undici anni, si chiamavano Matilde e José, come loro. Titi e Zuca li chiamavano. Papà ci ha messo anni a parlarne con me, Zlatan non aveva mai voluto farlo e- - si interrompe per dare spazio a un singhiozzo più profondo degli altri, - è per questo che mamma… lei non è riuscita a reggere ed è… insomma, lo sai com’era, e- - si interrompe ancora, Mario gli lascia scivolare una mano sopra le spalle e lo attira a sé, cullandolo lento.
- Sssh. – sussurra, baciandolo lievemente su una guancia, - Ho capito. – continua annuendo, - Non importa. Va bene, non parlare più.
E Davide torna a piangere e basta, mentre Mario guarda la piccola folla attorno alla tomba. Amici, parenti, conoscenti. José è lì in prima fila, lo sguardo dritto, fiero e asciutto. Zlatan è accanto a lui, una mano sulla spalla, i suoi occhi sono umidi e arrossati e i lineamenti contratti in una smorfia tristissima.
Zlatan non partirà subito dopo il suo compleanno, domani, come aveva deciso inizialmente. Mario ha parlato con lui mentre José organizzava il funerale, ha trovato un uomo distrutto e sofferente più di quanto non si sarebbe mai aspettato.
- Erano i suoi piccoli. – gli ha detto Zlatan, le mani sul viso a coprire gli occhi, ma non abbastanza da nascondere le lacrime, - I suoi figli. Lui ci credeva ancora. Non ce la faccio a lasciarlo adesso, non posso, non voglio.
Mario ha abbracciato stretto anche lui e Zlatan ha pianto a lungo contro la sua spalla – l’eco delle sue lacrime a sommarsi con quello delle lacrime di Davide, prorompenti e rumorose, dal piano di sopra, e con quello delle lacrime di Beppe ed Andrea, più silenzioso e discreto, dalla cucina. E mentre Zlatan piangeva Mario ha capito che l’amore è una questione di ritorni solo fino a quando non decidi di restare. Allora diventa una questione di forza, una questione di pazienza, una questione di presenza. Lì comincia la parte difficile, non nell’accettare l’indole dell’altro, ma nel modificare la propria e la sua perché possano abbracciarsi ogni volta che ne sentano il desiderio.
Davide singhiozza ancora contro il suo collo e poi si asciuga le lacrime, appoggiandosi sfiancato sul suo petto e respirando forte sulla sua pelle.
- Era viola. – dice quindi, all’improvviso.
- Mh? – chiede Mario, stupito.
- Il cielo. Mi è sembrato viola. Quando mi hai chiesto di che colore era… - sospira un po’, - mi è sembrato viola. – e quando Mario crede che si fermerà, Davide invece ricomincia a parlare, - Ti ho preso un regalo, mentre ero a Milano con Zlatan. Era per quello che volevo andarci, perché fai il compleanno. Mamma voleva davvero preparartela, quella torta. E ti avremmo fatto una festa e sarebbe stato il tuo primo compleanno con noi, e invece non succederà niente. Mi dispiace. E papà-
- Stai – lo ferma Mario, sfiorandogli le labbra con le proprie, - dicendo assurdità. – lo guarda dritto negli occhi. Davide ha ancora voglia di piangere, riesce a leggerlo nella traccia umida delle lacrime che ancora gli solcano le guance. – Non ce n’è bisogno. E comunque mi piaceva di più quando mi parlavi del cielo viola.
Davide sorride, anzi, ride addirittura un po’, tornando ad abbattersi contro di lui. Gli si sistema addosso, il capo sulla sua spalla, e torna a guardare il cielo.
- Di che colore è adesso? – chiede Mario.
Davide sorride, ma stavolta non risponde.
*
Note. ;___; Commozione, è finita!!! Voi non potete capire cosa vuol dire per una donna come me – una che le storie sa (quasi) sempre quando le comincia ma mai quando (e se!) le finisce – riuscire a concludere una fic a capitoli. In un tempo prestabilito, poi, e senza sbavature! Sette settimane, ci ho messo, e mai un ritardo. E amo oggi questa famiglia di disastrati esattamente quanto l’amavo il primo giorno, perché piano piano ho imparato a conoscerli assieme a Mario. E nonostante il finale tremendo (me lo dico da sola ._. Odiatemi) mi resteranno sempre nel cuore. *sparge affetto*