Fanfiction a cui è ispirata: "Try Something New" di Happy.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo.
Pairing: BrianxMatt, BrianxHelena, MattxGaia.
Rating: R - probabile futuro NC-17.
AVVISI: Angst, RPS, Spin-off, Incompleta.
- Un anno è passato dall'ultima volta in cui Matt e Brian si sono visti. Un anno, e sembra non sia cambiato niente. Un anno, e in realtà c'è stata una rivoluzione, dentro di loro. Rivedersi è davvero la cosa giusta? Matt non lo sa. Sa solo che non può fare a meno di vagare per Hyde Park sperando di incontrarlo.
Commento dell'autrice: Se ne parla alla fine è_é
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TRY SOMETHING NEW
CAPITOLO 3
SWALLOW

“But I still want more
With the cuts and the bruises
Don’t close the door
On what you adore”
Muse – “Glorious”


Il nervosismo se lo stava mangiando vivo da quando era arrivato nella hall.
O, per essere totalmente sinceri, il nervosismo se lo stava mangiando vivo da quando aveva ricevuto la telefonata di Brian, quella mattina.

“- Pronto?
- Bellamy, ci ho pensato.
- …Brian?
- No, la fata turchina. – risatina leggera, - Stupito di risentirmi?
- …mh. – non avrebbe saputo che altro dire.
- Oh, va bene, la prenderò per una risposta positiva. Qualsiasi cosa voglia dire. Comunque-
- Possiamo vederci?
Pausa.
Sospiro.
Esitazione.
- Sì.
Sollievo.
- Vieni in albergo questo pomeriggio?
- …non potremmo vederci altrove?
- Sono ingabbiato. – sbuffo annoiato, - Stiamo discutendo i dettagli del tour che parte il mese prossimo ed è tutto una riunione continua.
- Capisco…
- Non verrai?
- Verrò!
Sorriso.
Luminoso nella memoria anche se invisibile agli occhi.
- A dopo.”


Non aveva idea di cosa gli avrebbe detto, ma quell’attesa lo stava sfiancando. Avrebbe preferito vederlo, finalmente, e confessargli di essere uno stupido perché non aveva nulla da dirgli. E quando lui gli avesse chiesto “Allora perché hai detto di volermi vedere?”, lui avrebbe risposto ricordandosi cosa volesse dire essere completamente sinceri, per la prima volta dopo un anno, e gli avrebbe detto “Volevo guardarti. Solo questo”.
E allora Brian si sarebbe messo a ridere e lui sarebbe morto.
E sarebbe stato meglio così.
- Carino.
Sussultò e sollevò il capo.
Brian era davanti a lui, maglietta e pantaloni neri, mani sui fianchi e sorriso suadente sul volto.
- Ho ben due ore libere ma non posso allontanarmi dall’albergo, mi sento un ostaggio! Vieni, andiamo in camera mia.
Annuì, sollevandosi faticosamente dalla bassissima poltrona sulla quale aveva rimuginato per tutto quel tempo, e lo seguì.
- Usiamo le scale, tanto sto al primo.
“E poi l’ascensore sarebbe troppo imbarazzante, non è vero Brian?”
Sospirò, già esausto.
Sì, era vero. Per Brian, anche, ma soprattutto per lui.
*
La camera di Brian non era una semplice camera.
E non era neanche una semplice suite.
D’accordo, quello era l’Enrico Ottavo, e quindi forse non avrebbe dovuto aspettarsi niente di meno, ma quella specie di gigantesco appartamento con vista su Hyde Park dava proprio l’idea che Brian non sapesse minimamente cosa volesse dire essere un ostaggio.
Come fai a ritenerti un ostaggio quando vivi in un appartamento di seicento metri quadri con due bagni – dei quali uno dotato di jacuzzi – cucina indipendente e una schiera di camerieri pronti a darti tutto ciò che vuoi in tutti i sensi?
- Non farti ingannare dalle apparenze, non è bello come sembra. – lo ammonì lui, indovinando il suo sconcerto dalla curva dubbiosa delle sue sopracciglia.
- Non sarà bello come sembra, ma se lo è già la metà non hai nulla di cui lamentarti.
Brian rise.
E a Matt piacque che le sue prime parole avessero un effetto simile su di lui.
- Hai detto che presto comincerete un altro tour? – chiese, fingendo disinvoltura e accomodandosi su una delle poltrone vicino al letto come lo sguardo di Brian lo invitava a fare.
- Già. – annuì l’uomo, abbandonandosi scompostamente sull’immenso lettone da almeno tre piazze, - L’idea mi diverte, ma sono già così stressato che potrei anche mandare tutto all’aria.
- Ma come mai? Voglio dire, il tour promozionale di Meds è finito da un pezzo…
- Infatti presenteremo il nuovo album.
- …che? Avete un nuovo album?
Brian ridacchiò furbo, alzandosi in piedi e avvicinandosi allo stereo sul comò, a qualche passo da lui, per poi prendere a rovistare confusamente fra le alte pile di cd che erano accatastate lì attorno.
- Abbiamo lavorato sodo. Dodici tracce. Si intitola “Illnesses”. Simpatico, vero? Dopo le medicine, le malattie. Un’idea di Steve. Se riesco a trovarlo ti faccio sentire qualcosa.
- Ma non è rischiosissimo presentare in tour un album che i fan non conoscono ancora?
Lui scrollò le spalle, afferrando una custodia quadrata fra le dita e rigirandosela fra le mani alla ricerca di una qualche indicazione sul suo contenuto.
- Questa invece è stata un’idea di Stef. Io mi fido ciecamente delle idee di Stef. E poi Alex è d’accordo, quindi chi sono io per dire di no? Ah, eccolo!
Con un gridolino da bimba eccitata, inserì il disco nel lettore e lo fece partire.
Una melodia lenta, senza basso e batteria, composta solo da una chitarra sporchissima e strascicata che ripeteva in varie combinazioni sempre le stesse tre note si diffuse per la stanza.
- …e la voce?
- Non è mica la versione completa… quella ce l’ha solo Alex, la tiene sottochiave da qualche parte, probabilmente nelle mutandine. Qui c’è solo qualche demo.
- E questa cos’è?
- La title track.
- …
- “Left Behind”.
Abbassò lo sguardo così rapidamente che quasi gli venne un capogiro.
Fosse stato in piedi, sarebbe sicuramente caduto. Ora capiva perché gli occhi di Brian avevano insistito tanto per farlo sedere.
- E’… molto triste. – disse a stento, cercando di raccogliere i cocci della sua razionalità, mentre le note strascicate cominciavano a prendere sonorità simili a quelle delle parole, rimbombandogli nelle orecchie.
- Vorrei ben vedere. – ridacchiò Brian, abbassando il volume e tornando a sedersi sul letto, vicino a lui.
- Di che parla…?
Ma sono un suicida?
- Di due persone che si amano.
Risollevò lo sguardo, trovando i suoi occhi.
- Davvero? Non si direbbe… il titolo e il suono sono davvero malinconici.
Le labbra di Brian si piegarono in un sorriso triste.
- Una cosa non esclude l’altra. Racconta la storia di una ragazza che osserva il suo ragazzo allontanarsi inconsapevolmente da lei. Lui è molto intelligente, mentre lei è molto stupida, e fra i due si forma un baratro sempre più ampio, senza che lui se ne accorga. E nonostante lui la ami ancora.
- …e quindi lei osserva la storia finire così, senza un perché?
Il suo sguardo lo trapassò da parte a parte come la lama di una spada. Poté sentire la punta premere ostinata contro il suo petto, formare dapprima solo un foro piccolissimo sulla sua pelle e poi squarciarla, farsi strada fra le sue viscere e fuoriuscire dalla schiena, attraversando la spina dorsale. In un brivido continuo, ghiacciato e doloroso come la paura.
- Ci sono così tante storie che finiscono senza un perché, - spiegò Brian abbassando lo sguardo, forse consapevole della sua pericolosità, - che mi è sembrato giusto scriverci almeno una canzone su.
- …capisco.
- Comunque non ti piacerebbe. – concluse sorridendo, - Troppo emo per i tuoi gusti.
O troppo vera.
Troppo simile a me.
Troppo tua.
Nostra.

- Probabile.
- E tu? Che mi dici? A che punto è l’album al quale stavi cominciando a lavorare l’anno scorso?
Gli tremarono le ginocchia, mentre, dopo un attimo di smarrimento, ricordò che la scusa che aveva usato per mandare a monte dicembre era stata proprio quella. Pezzi nuovi sui quali voleva concentrarsi. Un nuovo album da concepire e organizzare. La nuova produzione dei Muse.
- In… In realtà la convivenza con Gaia ha un po’ sballato i miei progetti… e…
- Stavi già con Gaia, quando hai parlato del nuovo album.
Imbarazzato, terrorizzato e nudo come un verme, non poté fare altro che tacere.
Brian scoppiò a ridere come stesse giocando.
- Sta’ calmo, Bellamy, - disse, dandogli una pacca sulla spalla, - ho sempre saputo che in realtà non stavi lavorando a nulla di nuovo.
Tornò a guardarlo.
I suoi occhi erano di nuovo limpidi e sereni. Non erano più dolorosi, non erano più pericolosi, erano solo… dolci. E tristi.
- S… scusa…
- Non devi scusarti. Ho capito perché l’hai fatto.
Beato te. Sei stato l’unico.
L’unico davvero.

- Voglio dire, non è che mi sia piaciuto, quando hai smesso di rispondere. Però ho immaginato quali potessero essere le motivazioni e… sì, ho capito. E diciamo che ho approvato.
La canzone terminò con un riff improvvisamente tagliato a metà, e subito Brian si alzò e fermò la riproduzione, estraendo il cd dal lettore e riponendolo nella sua custodia.
- Perché l’hai tolto? – chiese lui, stringendo le mani sui braccioli della poltrona.
- Non voglio che tu senta il resto. – rispose secco, senza guardarlo, - Sono demo incompleti e imbarazzanti.
- …non può esserci niente di più imbarazzanti delle tue esecuzioni alla chitarra.
Brian lo fissò, gli occhi pieni di giocosa offesa, e gli tirò addosso uno dei peluche che facevano bella mostra di sé sulla mensola bassa accanto alla porta della stanza.
- Non imbarazzanti in quel senso.
- E… in che senso, allora?
L’uomo sospirò, tornandogli vicino e strappandogli l’orsacchiotto dalle braccia, stringendoselo al petto e gettandosi a peso morto sul materasso.
- Parlano di te. In un modo o nell’altro. E in uno c’è anche la voce, solo che devo averlo registrato mentre ero ubriaco o qualcosa di simile. Veramente penoso. – rispose, ammirando il soffitto come fosse stato interessante.
Matthew abbassò nuovamente lo sguardo, torturandosi le dita.
Brian tornò a sedersi, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e guardando per terra con aria contrita.
- Perché mi hai chiesto di rivederci?
Matt non rispose, ma gli sembrò molto divertente che lui glielo chiedesse.
Più che altro, fu come se il destino stesse pazientemente spiegandogli che non importava quanto lui si desse da fare per prevederlo e disilludersi, per potergli dare dello stupido quando ciò che aveva stabilito si fosse verificato, dicendogli “Ha! Io l’avevo capito, che sarebbe stato così! Ora non mi fai niente, neanche un po’ di male!”, e non importava con quanto ardore desiderasse di evitare certi problemi o certi avvenimenti piuttosto che altri, tutto sarebbe stato esattamente come era stato prestabilito che fosse.
Gli incontri, le separazioni, gli arrivederci e gli adii, tutto.
Anche l’affetto, il desiderio, l’amore, sì, anche lui, nulla era in grado di sfuggire alle vecchie mani del destino.
Le vecchie, grinzose, ossute mani del destino.
Bella idea per una canzone, forse.
Pessima immagine quando la vedi apparire come un ologramma nel bel mezzo della tua vita.
- Bellamy.
- …
- Perché hai accettato, quando ti ho invitato qui? Perché non hai potuto semplicemente dire “No, guarda Brian, non ci pensare più, ieri ero fuori di testa, lascia perdere, arrivederci e grazie”?
- …
- Mi fai incazzare.
Matt si morse il labbro inferiore, e Brian d’improvviso scattò in avanti e lo afferrò per il bavero della giacca, attirandolo a sé sul letto.
- Dio, mi fai incazzare così tanto. – sibilò astioso, a due millimetri dalle sue labbra, - Mi mandi su tutte le furie. Non sei neanche un uomo, sei- sei un codardo, sei un bastardo, sei meschino e stupido, sei- mhm…
Matthew sentì le sue mani sul petto spingerlo via, ma si sporse ancora più in avanti, afferrandolo per la nuca e stringendosi contro di lui, continuando a scivolargli con la lingua fra le labbra, mentre lento, esitante, si sistemava a cavalcioni sulle sue cosce.
Brian gli morse la lingua. Così piano che a Matt sembrò un errore.
Non provò dolore, solo tristezza, e si separò da lui.
- Devi smetterla.
Lo abbracciò, sfiorandogli il collo con le labbra umide.
- Non ho neanche cominciato...
- Devi… dobbiamo smetterla ancora prima di cominciare.
- Non voglio…
Lo allontanò per guardarlo in viso, e gli strinse le guance fra le mani, guardandolo fisso negli occhi.
- Stai facendo i capricci. – disse, scivolando coi pollici sui suoi zigomi, morbido e dolce come un pittore che disegna un contorno su una tela. Come se fosse lui a disegnarlo, in quel momento.
- Non mi interessa. – disse, cercando di forzare la sua stretta per tornare ad abbracciarlo, ma Brian glielo impedì.
- Se ti pestassi a sangue e poi ti buttassi fuori a calci come la metteresti?
- Nello stesso identico modo.
- Ma smettila, è un discorso patetico. Non hai più quindici anni, svegliati.
- Brian. – lo chiamò, con voce rotta, posandogli le mani sul viso proprio come stava facendo lui con il suo, - Brian, mi dispiace. È vero, sono un codardo. L’hanno scorso ho avuto paura, è per questo che ho fatto saltare in aria il progetto. È stato allora che mi sono comportato come un quindicenne, non adesso. Adesso… mi sembra di stare agendo da uomo per la prima volta dopo tanto tempo.
- Perché? Perché stai facendo il testardo? Perché mi parli come se ti dovessi un perdono? Perché pretendi da me qualcosa anche se io non posso e non voglio dartela?
- Perché so cosa voglio. E so che sei tu. E ti chiedo… ti imploro… non dirmi che ora è tutto diverso e che per noi non c’è più nessuna possibilità. Sii buono, Brian, ti prego.
- …buono? Vuoi che sia buono? Io ho una compagna e un figlio, e tu hai una fidanzata! Non… non puoi pretendere questo da me, Matt, non puoi!
- Ti prego!
- Smettila, Cristo!
- Non posso! Non posso smetterla! Se avessi potuto, stanne certo, avrei smesso già molto tempo fa! Mi sarei risparmiato tutto questo, e l’avrei risparmiato a te, e staremmo entrambi molto meglio! – si fermò, prendendo fiato mentre cercava di impedire alle lacrime di affacciarsi fra le ciglia proprio in quel momento, - Ma non posso. Non posso. E se tu adesso mi mandi via… se adesso mi mandi via, mi uccidi, Bri.
Bri.
Non lo chiamava così da quell’unica notte dell’anno prima, quando gli aveva detto che non sarebbe mai stato un ricordo sgradevole. Tante cose, ma mai sgradevole.
E anche se era lui la vittima della sua cattiveria gratuita e della sua assurda vigliaccheria, Brian si sentì in colpa. Perché guardando Matt negli occhi capì che durante tutti quei mesi lui la sua promessa l’aveva mantenuta. Non aveva mai permesso che la paura, la distanza e le bugie facessero del suo ricordo qualcosa di sgradevole.
Mentre lui, lui aveva fatto di tutto perché il suo viso diventasse il più orribile fra i ricordi. Il più doloroso. Il più crudele.
Ma Matt era lì, e Matt non era orribile. E non faceva volontariamente del male, e non era crudele. Era spaventato, insicuro, pieno di voglie alle quali non sapeva neanche dare un nome o un perché, ma era anche tenero. Dolce. Infantile. E adorabile.
Accucciato sulle sue ginocchia, la fronte pressata contro la sua, gli occhi fissi nei suoi, quel celeste gelido e limpidissimo talmente profondo da dare i brividi.
Così vicino che avrebbe potuto sembrare un pezzo ribelle del suo stesso corpo.
Si lasciò andare a un minuscolo sorriso e a un profondissimo sospiro.
- Sei… sei irrecuperabile.
Anche Matthew sorrise, liberando il suo viso dalla stretta delle mani e tornando ad aggrapparsi al suo collo.
- Cosa dovrei risponderti io dopo una cosa del genere? – chiese in un soffio, sfiorandogli il lobo con la punta del naso, - Non posso mica dirti “Me ne frego, vai via”… hai appena detto che se lo faccio ti ammazzi…
- No, se lo fai mi ammazzi tu.
- Che vuol dire? Non puoi mica sentire le parole e morire così di botto…
- Che c’entra? Se mi taglio le vene perché tu mi hai detto qualcosa di cattivo non è un suicidio, è sempre un omicidio.
- …tecnicamente no, Bellamy…
- Invece sì!
- Hai le idee un po’ confuse, quanto a giurisprudenza…
- Oh, chissenefrega.
Brian ridacchiò sommessamente, stringendogli le braccia attorno alla vita.
- Matt, senti, - cominciò, ma fu interrotto da un urlo isterico e da una furia in gonnella che spalancò la porta, irrompendo in camera come un uragano.
- Brian Molko! Se non alzi immediatamente il culo e non lo porti in riunione io- io… oh, cazzo.
Alex si pietrificò sulla soglia, la mano ancora stretta attorno alla maniglia della porta, gli occhi sbarrati e puntati come fari su di loro, ancora allacciati sul letto.
Matthew impallidì, guardandola di rimando e abbozzando un sorriso imbarazzato mentre, istintivamente, stringeva la presa sulla nuca di Brian.
- Matt. Che sorpresa trovarti qui. – disse lei, gelida, ancora visibilmente scossa, cercando di mostrarsi tranquilla.
- Sì, ecco… stavo andando via… - mormorò Matt scendendo dalle gambe di Brian e provando a reggersi saldamente sulle sue – cosa che si rivelò molto più difficile del previsto, al punto che dovette reggersi alla spalliera della poltrona per non cadere rovinosamente sulla moquette, - Brian… concluderemo il nostro discorso un’altra volta… ok…?
Brian si alzò in piedi.
Sembrava molto saldo, al contrario di lui.
- Non ce n’è bisogno. – disse, sporgendosi in avanti e baciandolo con forza sulle labbra per un solo, fantastico attimo, - Direi che quello che dovevamo dirci ce lo siamo detto. Ti chiamo io.
Ancora sconvolto, le labbra umide e il suo sapore in bocca, annuì, e si mosse lentamente verso l’uscita, richiudendosi la porta alle spalle dopo aver lanciato ad Alex un saluto sottovoce.
La donna si massaggiò gli occhi con le dita, sospirando pesantemente e sedendosi con un tonfo sulla poltrona accanto a Brian.
- Idiota… ma cosa stai combinando?
Brian si morsicò un labbro e deglutì a vuoto, cercando di mandare giù quella cosa senza nome e senza senso che gli bloccava la gola.
- Non ne ho la più pallida idea.
E per molti secondi non riuscì neanche a staccare lo sguardo dalla porta.

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