Genere: Introspettivo, Drammatico.
Pairing: Kurt/Dave, Kurt/Blaine (accennato).
Rating: NC-17
AVVISI: Slash, Angst, Violence, What If?.
- "Kurt stabilisce che la rabbia è un sentimento piacevole."
Note: ...dunque :D Suppongo che dovrei dare una qualche giustificazione per l'esistenza in vita di questa storia, ma la verità è che non voglio darla XD Sarò dannata il giorno in cui mi sentirò in dovere di giustificare per quale motivo shippo una determinata coppia piuttosto che un'altra. Dirò dunque soltanto che l'idea di un'interazione più approfondita fra Kurt e Karofsky mi ha affascinata al punto che alla fine ne è venuta fuori una storia piuttosto corposa, motivo per il quale la posterò in quattro parti, ciascuna formata da sei ficlet, ognuna ispirata da un tema dei set Varie A e Varie B per Dieci&Lode. Tenete ben presenti i warning là sopra, la coppia principale e leggete solo se è quello che volete davvero ^O^ E andremo tutti d'accordo.
Pairing: Kurt/Dave, Kurt/Blaine (accennato).
Rating: NC-17
AVVISI: Slash, Angst, Violence, What If?.
- "Kurt stabilisce che la rabbia è un sentimento piacevole."
Note: ...dunque :D Suppongo che dovrei dare una qualche giustificazione per l'esistenza in vita di questa storia, ma la verità è che non voglio darla XD Sarò dannata il giorno in cui mi sentirò in dovere di giustificare per quale motivo shippo una determinata coppia piuttosto che un'altra. Dirò dunque soltanto che l'idea di un'interazione più approfondita fra Kurt e Karofsky mi ha affascinata al punto che alla fine ne è venuta fuori una storia piuttosto corposa, motivo per il quale la posterò in quattro parti, ciascuna formata da sei ficlet, ognuna ispirata da un tema dei set Varie A e Varie B per Dieci&Lode. Tenete ben presenti i warning là sopra, la coppia principale e leggete solo se è quello che volete davvero ^O^ E andremo tutti d'accordo.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
WE’RE FUCKED UP LIKE THAT
#02 – Decisioni
Dovrebbe stupirsi, quando vede Karofsky apparire sulla soglia di casa sua, ma per qualche motivo non ci riesce. Serra le labbra ed anche le dita attorno alla maniglia della porta, ringrazia il cielo perché suo padre non è ancora tornato a casa dalla sua visita quindicinale – oh, Dio, papà, papà sta male, papà ha il cuore che non è che funzioni proprio benissimo, Dio solo sa come la prenderebbe quel povero cuore se Kurt avesse il coraggio di dirgli che— non vuole nemmeno pensarci – ma non si stupisce, neanche un po’. Lo guarda, e Karofsky gli ricambia l’occhiata per un paio di secondi, prima di schiudere le labbra.
È allora, che Kurt si spaventa, perché vede che sta per parlare, sta per dirgli qualcosa, e non vuole lasciarglielo fare. Se lo dici a qualcuno ti ammazzo, cantilena la sua voce, ne sente l’eco acuto e fastidioso rombare nelle orecchie. Decide di parlare per primo.
- Andiamo a fare un giro. – stabilisce perentorio, e Karofsky spalanca gli occhi.
- Come scusa? – chiede inarcando un sopracciglio. Kurt si allunga a recuperare la propria giacca dall’appendiabiti, spegne la luce, afferra alla cieca le chiavi dal ripiano della consolle all’ingresso e si chiude la porta alle spalle. Karofsky è così vicino che sente il lieve tepore che si irradia dalla sua pelle. Dura solo un attimo, prima che lui faccia un passo indietro, allontanandosi circospetto.
- Andiamo a fare un giro. – ripete Kurt, scivolandogli accanto ed imboccando un vialetto secondario, stando bene attento a dirigersi solo dove sa che non potrà incontrare nessuno. – Non voglio che mio padre torni a casa a ti trovi qui con me.
Karofsky decide di seguirlo senza porre altre domande, e mentre passeggia lentamente al suo fianco Kurt si chiede— davvero, sono del tutto impazzito o cosa? Perché non è tanto normale il modo in cui si comporta quando sta con lui. È già poco normale che passi giornate intere desiderando le sue labbra e chiedendosi se oggi lui riterrà opportuno avvicinarsi e baciarlo ancora, ma non cacciarlo via appena gli si presenta sulla porta, uscire con lui, imboccare un viale oscuro e deserto mentre è in sua compagnia – se lo dici a qualcuno ti ammazzo, ripete la voce di Karofsky nella sua testa, e la schiena di Kurt si riempie di brividi – questa è pazzia.
Rimangono entrambi in silenzio per dei minuti che sembrano ore, fino a quando Karofsky non posa una mano sulla spalla di Kurt e, per una volta, il suo non è un gesto violento. Non gli fa male, non stringe fino a sentire scricchiolare le ossa sotto le dita e non lo scaraventa contro una parete con tale forza da annebbiargli la vista. Semplicemente lo tocca, come volesse solo notificargli la propria presenza.
Kurt si volta, lo guarda, schiude le labbra e ha voglia di piangere. Decide che può stargli bene così per davvero, quando Karofsky lo bacia all’improvviso, e non sa che, in quello stesso istante, Karofsky sta prendendo la stessa decisione con la stessa irrazionale semplicità.
#11 – Domande
- Cristo, scopami, una buona volta! – si lascia sfuggire dalle labbra, e quando succede per un attimo si fa tutto immobile attorno a lui. Tutto tranne Karofsky, che si allontana dal suo corpo – poco, ma abbastanza per lasciar passare l’aria, e Kurt, coi vestiti tutti scomposti, trema per il freddo della sera che gli mangia la pelle in brividi insopportabili – e lo guarda per dei secondi interi con aria semplicemente sconcertata.
- Che cazzo hai detto? – annaspa, come gli stesse chiedendo di ripetere un insulto, se ne ha il coraggio. Kurt aggrotta le sopracciglia e gli pianta entrambe le mani contro il petto, spingendolo ancora più lontano da sé. Ora il freddo è ovunque, il venticello tenue ma insistente che soffia nel vicolo dietro casa gli scompiglia i capelli e gli screpola le labbra. Ha voglia di piangere, ed ultimamente gli capita sempre più spesso.
- È quello che vuoi, no? – chiede acido, stringendo i pugni lungo i fianchi, - Dovresti farlo. È facile baciare un ragazzo, non ci vuole niente. È solo una bocca, un paio di labbra e un po’ di lingua, ce l’hanno anche le ragazze. E poi tieni sempre gli occhi chiusi, neanche mi guardi. Magari mi scopi e scopri che avevi creduto male, eri soltanto confuso, magari ti fa schifo! – gli urla in faccia, strizzando le palpebre. Le lacrime cominciano a colargli lungo le guance, tracciando scie tiepide e umide sul freddo secco del suo viso.
Karofsky lo fissa, è ancora sconvolto.
- Tu sei pazzo. – sussurra, ma riesce a parlare a stento. Kurt si accorge della sua camicia tutta stropicciata, dei due bottoni che sono stati sfibbiati, o forse addirittura strappati via, ed è ben consapevole del fatto che sono state le sue mani, a ridurlo in queste condizioni, vagando frenetiche sul suo petto ampio e forte, ma in questo momento i baci bollenti che si stavano scambiando non più di due minuti fa sembrano distanti intere ere geologiche. E Kurt prova molta vergogna per se stesso. Molta vergogna e molta pietà.
- Sì, lo sono. – ammette abbassando lo sguardo, - Ma lo sei anche tu. – continua, sollevando gli occhi nei suoi. – Io ti piaccio, Dave? – chiede. Il suo nome di battesimo scivola sulla sua lingua con una semplicità disarmante. Kurt ne è intimorito. Non l’ha mai chiamato per nome prima d’ora, e sono già giorni che si vedono ed escono insieme per finire a baciarsi forsennatamente nel primo vicolo vuoto nei pressi di casa.
Karofsky si accorge del dettaglio, inarca un sopracciglio stranito, e Kurt è sicuro che, per un attimo, la sua sorpresa sia più forte per aver sentito il suo nome pronunciato dalla sua voce, che non per tutto il resto, compresa la domanda che gli ha fatto.
Domanda che comunque, quando Karofsky mormora ancora una volta “tu sei pazzo”, prima di allontanarsi di gran corsa senza mai voltarsi indietro, resta senza risposta.
#11 – Persone
Nei giorni successivi, Kurt e Karofsky non si incontrano nemmeno. Non che facciano qualcosa per evitarsi, semplicemente vanno in giro un po’ meno di quanto non facessero prima, restano sulle proprie un po’ di più, rifiutano qualche invito ad uscire extra e, quando possono, semplicemente se ne stanno a casa propria, che il da fare comunque si trova sempre, e i compiti di spagnolo non si sbrigheranno da soli.
Non che facciano qualcosa per evitarsi, ma un po’ forse sì.
Incontrano un sacco di persone, però. Persone che non sono loro due, ma forse è meglio così, perché sono persone che a loro ci tengono, e Kurt non può dire di tenere a Karofsky, così come Karofsky non può dire di tenere a Kurt, quindi che senso ha frequentarsi, ad un certo punto?, che senso ha vedersi quando lo si può fare solo al buio o lontano da occhi indiscreti e comunque non si può parlare perché cosa c’entra un dialogo con loro due? E in generale perché incontrarsi, perché cercarsi, perché volersi quando a spingerli l’uno contro l’altro non c’è affetto ma qualcosa che nemmeno ci assomiglia, qualcosa di sporco e sciocco e – vergognoso – stupido e – doloroso – che farebbe meglio a non esistere?
Incontrano un sacco di persone care, comunque. Amici, familiari, conoscenti, un sacco di gente con cui per lo più sentono di poter parlare. Ed ogni volta. Ogni singola volta. Sentono il bisogno di dirlo.
Kurt vorrebbe sorridere a Mercedes e chiederle se ha un minuto da dedicargli, perché se non parla esploderà e non ci tiene proprio ad esplodere nella sua deliziosa magliettina H&M, che peraltro è nuova, ma non lo fa mai. Durante le prove del Glee Club, mentre Rachel sta cantando qualche brano di Wicked o di The Sound of Music che lui riuscirebbe ad interpretare meglio anche col naso tappato e lo scotch sulle labbra, vorrebbe alzarsi in piedi e dire “posso, Mr. Schue? Posso cantare qualcosa? Perché lei dice sempre che bisogna cantare per esprimere ciò che proviamo, ed io sto provando cose che mi stanno soffocando, ed ho davvero l’impressione che potrei buttarle fuori solo spalancando la bocca e mettendomi ad urlare, quindi posso? Posso? Per favore, mi dica che posso!”, ma tace, si vergogna, resta in disparte e lascia cantare gli altri. Quando esce con Blaine e lui lo invita da Starbucks per un cappuccino, mentre sono seduti al tavolo e chiacchierano dell’ultimo outfit con cui Gaga s’è presentata ai suoi devoti figli ai VMA, vorrebbe interromperlo, così di punto in bianco, e chiedergli se a lui è mai successo di volersi fare così palesemente del male, se sia normale penare tanto solo per un paio di labbra, se sia normale impazzire così per il tocco caldo di due mani, o se sia piuttosto un problema che ha e che farebbe meglio a curare, ma anche lì – soprattutto lì – si fa prendere dal panico, e nonostante Blaine gli abbia detto più volte che può contare su di lui per qualsiasi cosa gli passi per la testa, no, proprio a Blaine non può dirlo, di fronte a quei suoi occhi dolci e a quel suo sorriso cauto e disponibile, no, non può proprio, e sta’ zitto.
Ma più di ogni altra cosa, più di ogni altra cosa, ogni volta che suo padre torna a casa stanco da lavoro e lui gli prepara da mangiare e gli porta la cena sul divano, quando si siede al suo fianco, mentre lo osserva mangiare e guardare la tv raccontandogli aneddoti a caso sulla sua giornata in officina, è proprio allora che la voglia di parlare raggiunge l’apice, e vorrebbe sederglisi in grembo come faceva quando era piccino, nascondere il viso contro il suo petto e chiedergli scusa, ringraziarlo prima di tutto, sì, ma poi chiedergli scusa, perché di tutto il supporto che gli dà lui non è degno, perché è un vigliacco, perché è uno stupido, perché è una vergogna, perché gli piace un ragazzo che dovrebbe odiare e non riesce ad impedirselo. Ma non riesce. Non riesce perché non vuole e perché non deve, che poi sono gli stessi motivi per cui, invece, dovrebbe riuscire a dimenticare Karofsky – perché vuole e perché deve – ma riesce ad impedire alla sua bocca di parlare, non altrettanto alla sua mente di coccolare pensieri molesti.
E Kurt non lo sa, ma Karofsky si sente nello stesso identico modo. Anche lui va in giro, vede gente, gente a cui vuole bene, gente che vuole bene a lui, e si chiede se con loro potrebbe parlare, se potrebbe prendere Azimio in disparte e chiedergli se a lui sia mai capitato di perdersi completamente per una persona che in teoria dovrebbe stare proprio all’opposto dei suoi gusti – magari non gli direbbe che è un maschio, ma alla fine cosa conta? Prendersi una cotta per un ragazzo quando in realtà ti piacciono le ragazze non è così differente rispetto a prendersi una cotta per una bionda quando sei sempre stato un fanatico delle brune, no? No? – o parlare con sua sorella, magari, sua sorella è una aperta, è una con la quale si può discutere, o magari anche no, Dave non lo sa perché non ha mai parlato con lei di qualcosa di serio, oppure potrebbe andare in chiesa, cazzo, perché no?, chiedere consiglio a qualcuno, qualcuno di cui potersi fidare, che non lo giudicherà negativamente – sei sicuro che la chiesa sia il posto giusto?, si chiede distrattamente, non rischi già abbastanza di finire all’inferno senza dovere aggiungere il portare in quel luogo sacro questi pensieri sporchi che ti trascini dentro e dietro come una zavorra? – ma più di ogni altra cosa, più di ogni altra cosa vorrebbe poter parlare a suo padre, e chiedere a lui se la ritiene una cosa giusta. Una cosa possibile. Una cosa accettabile. Se comincerebbe a odiarlo nel momento stesso in cui lui riuscisse a trovare il coraggio per dirglielo, o se sarebbe invece comprensivo. Se lo lascerebbe seguire questi desideri per vedere dove lo portano.
Ma ogni volta vede il suo sguardo assorto e preoccupato – durante la cena, mentre guardano la tv prima che lui debba salire in camera a fingere di fare i compiti quando invece la testa spazia altrove, quando passa ad augurargli la buonanotte prima di andare a dormire – e non può fare a meno di bloccarsi, dirsi che non esiste, che deve lasciar perdere, che non vedere quella checca per qualche giorno non potrà che fargli bene, e ripromettersi dieci cento mille volte che tutto ciò che farà appena lo rivedrà sarà scaraventarlo contro un armadietto senza pensare a niente, mentre nel profondo del proprio cuore sa perfettamente che contro l’armadietto ce lo scaraventerà comunque, ma continuerà sempre a pensare che tutto ciò che vorrebbe fare sarebbe baciarlo all’infinito fino a farsi mancare il fiato.
#03 – Risposte
Prima di salutarsi – cosa che comunque non hanno mai fatto – prima di dirsi una cosa qualsiasi, in realtà perfino prima di rendersi conto di cosa ritrovarsi adesso possa voler significare, dopo tutti i giorni che hanno passato l’uno lontano dall’altro, si baciano. Il corpo di Karofsky impatta contro il suo in bagno, proprio davanti al lavandino, e quando le loro labbra si cercano e si trovano Kurt allunga una mano a cercare a tentoni la porta di uno a caso dei bagni privati. La spalanca appena ne trova la maniglia, afferra Karofsky per il colletto della giacca e lo trascina all’interno, e nel momento esatto in cui la serratura scatta e Kurt, dopo un paio di tentativi a vuoto, chiude la porta a chiave, qualcosa si libera dentro di loro, ed anche fra loro, e Kurt rabbrividisce nel sentire Karofsky ringhiargli fra le labbra e mollargli un attimo i fianchi – che prima teneva stretti fra le mani – solo per liberarsi della giacca, prima di tornare a pressarsi contro di lui.
Kurt sussulta – non è che sia successo niente di particolarmente scandaloso, ma per qualche motivo il fatto che sia stato Karofsky il primo a togliersi qualcosa di dosso per sentirlo meglio lo spaventa – e si allontana appena da lui, cercando i suoi occhi con aria persa. Non sa perché lo sta facendo, d’altronde Karofsky non è mai stato in grado di aiutarlo in questi momenti di smarrimento, non ha mai voluto farlo, non ha mai voluto rispondere alle sue domande, quindi perché dovrebbe cominciare a farlo adesso?, ma tutto cambia – tutto si rovescia, tutto diventa confuso, tutto diventa possibile – quando le mani di Karofsky si posano ai lati del suo viso ed accarezzano le sue guance arrossate con un gesto ruvido e spiccio, di quelli che trasudano solo una gran voglia cieca e pure un po’ stronza, ma che rappresenta comunque il primo gesto vagamente tenero che Karofsky gli abbia mai offerto – consapevolmente o meno – da quando sono impelagati in questa relazione.
- Mi piaci. – dice tutto d’un fiato, e Kurt trattiene il respiro. – Cristo… - borbotta Karofsky, - Mi piaci, ok?
Kurt annuisce freneticamente, e Dio solo sa quanto sia stupido annuire dopo una cosa simile, ma lo fa. Karofsky non sorride e non sembra sollevato dalla confessione. Si morde il labbro inferiore, aggrottando le sopracciglia con aria perplessa, e dà genericamente l’idea di essere un tipo così profondamente incasinato che Kurt ha paura di potercisi perdere dentro, e si chiede perché, lui che alla fine è sempre stato semplice, diretto, deciso, in un modo che quello era e non sarebbe mai cambiato per niente al mondo, perché proprio lui sia dovuto finire intrappolato in un simile disastro.
La risposta arriva subito dopo, con le labbra di Karofsky che si posano ancora una volta sulle sue. Non è la risposta giusta, forse, ma è una buona risposta comunque, e Kurt se la fa bastare.
#05 – Passione
Quando succede, non lo pianificano. Karofsky s’è presentato a casa sua senza preavviso, come sempre, d’altronde, ma stavolta l’ha fatto senza dover prima aspettare che calasse il sole, uscendo nel primo pomeriggio e correndo il rischio che qualcuno potesse perfino vederlo. Uno sfoggio di coraggio che Kurt premia invitandolo ad entrare in casa propria, prima che qualche vicino lo veda. Dal momento che suo padre non tornerà prima dell’ora di cena, Kurt è abbastanza sicuro di potersi permettere un po’ d’intimità. Non che gli serva. O che ci abbia pensato. Troppo. O tutto il giorno. Insomma, ogni tanto riesce perfino a non pensarci per due o tre minuti di fila. Sono traguardi. Karofsky, in un attimo di insensata lucidità mista ad immotivata sincerità, gli ha confessato di pensarci perfino più spesso. Anche se Kurt ha avuto serie difficoltà ad immaginare come potesse essere pensarci più spesso di quanto già lui non facesse a propria volta.
In ogni caso, nessuno dei due ha mai pensato di tramutare in realtà queste fantasie, se non per qualche strusciatina discreta in qualche anfratto a scuola, dove nessuno poteva vederli. Non ne hanno neanche mai parlato in termini di possibilità concreta, nel senso, Kurt non ha mai sentito il bisogno di dire a Karofsky di non aspettarsi niente da lui in quel senso, oppure di darsi una mossa ad aspettarsi qualcosa e prenderselo anche, e allo stesso modo questo bisogno non s’è mai fatto sentire nemmeno dalle parti di Dave, anche perché parlare di un argomento come quello a viso aperto e razionalmente avrebbe implicato il fare uso di certe definizioni molto precise riguardanti il loro rapporto – stare insieme, frequentarsi, essere una coppia – definizioni che nessuno dei due si sente in questo momento granché predisposto a concepire. Ora o mai, anche.
È per questo che, quando succede, è del tutto inaspettato.
Kurt ha passato anni ad immaginare con uguale voglia e timore la sua prima volta. Da quando ha cominciato a capire cosa, nell’atto pratico, significasse desiderare un ragazzo, l’idea del sesso l’ha sempre incuriosito, solleticato e, allo stesso tempo, terrorizzato a morte. Mentre Karofsky gli sbottona i pantaloni, per un attimo la paura del dolore e di ciò che potrebbe succedere perdendo il controllo della situazione si fa accecante, e Kurt trattiene dolorosamente il respiro.
- Cosa? – gli chiede Karofsky, burbero, e Kurt gli spalanca addosso gli occhi. Prova talmente tanta paura che è quasi sicuro di vederla allargarsi attorno al proprio corpo come una macchia d’umido. Dave la vedrà, si dice, si fermerà. Fa’ che si fermi. Non voglio che si fermi. Fermati. Non fermarti. Baciami.
Si sporge in avanti, protendendo lievemente le labbra, e Karofsky le cattura fra le proprie, tirandoselo addosso e staccandolo dalla parete contro la quale è rimasto appoggiato fino a questo momento. Si muovono per qualche passo alla cieca all’indietro, e Karofsky si ferma solo quando tocca con le gambe il bordo del suo letto. Si allontana da lui e Kurt lo guarda con l’aria persa di chi non sa che fare, non sa cosa sta facendo e non sa nemmeno cosa vuole.
Karofsky gli ricambia l’occhiata con un pizzico di impazienza e insoddisfazione, se lo rigira fra le mani come fosse fatto d’aria e se lo stringe contro. Kurt chiude gli occhi e piega il collo per accogliere le sue labbra affamate che gli bruciano sulla pelle, e stringe istintivamente le natiche quando sente la sua erezione premere insistentemente contro il suo sedere al di sotto del tessuto ruvido e spesso dei jeans che indossa.
In un attimo si dice che, se il suo istinto gli ha suggerito una cosa simile, forse non è ancora il momento di fare quel passo avanti, ma quando pochi secondi dopo Karofsky comincia a strusciarsi contro di lui e gli soffia addosso il proprio respiro caldissimo ed erratico, e sembra palesemente intenzionato a farsi bastare quello fino a quando Kurt non avrà dato segno di volere di più, è quello stesso istinto che invita Kurt a piegarsi sul materasso, appoggiandosi sui gomiti e nascondendo il volto fra gli avambracci incrociati. Quindi forse il suo istinto non sta cercando di dirgli proprio un bel niente. A parte che ha paura. Ma quello è normale. Semmai è molto meno normale l’idea di stare per fare questa cosa così spaventosa proprio con l’essere umano che lo terrorizza di più in assoluto. Ma Kurt ha smesso da tempo di chiedere al proprio cervello una spiegazione razionale e plausibile per la sua storia con Karofsky, perciò non indugia nei pressi di quel pensiero scomodo troppo a lungo.
Le mani di Karofsky gli corrono addosso frenetiche e instancabili, si insinuano sotto i vestiti e sono calde e ruvide, solleticano la pelle sensibile del suo stomaco e dei suoi fianchi, sfiorano i suoi capezzoli in movimenti distratti che danno a Kurt una precisa idea di quanto Karofsky non abbia la minima idea di cosa stia facendo, e poi corrono a tirargli giù i pantaloni, e Kurt si stringe il labbro inferiore fra i denti in attesa del dolore che, ne è convinto, sarà immediato, improvviso e lancinante.
Non è così che va.
#09 – Affetto
L’unica cosa chiara che Kurt riesca a percepire, a parte la sensazione di intorpidimento generale che gli rende impacciati i movimenti dal bacino in giù – è una fortuna che sia disteso e non debba fare niente nelle prossime ore, non saprebbe davvero dove trovarne la forza. O la voglia – è il movimento lento e – delicato si potrà associare a Karofsky? – delicato, sì, delle dita di Karofsky che gli accarezzano una spalla nuda in movimenti lenti e circolari. Non ci mette una gran passione, sembra più che altro che tenga posate lì le dita solo perché non saprebbe dove altro metterle, ma quei tocchi lievi e fugaci sono piacevoli, perciò Kurt non se ne lamenta. Fissa il soffitto con aria ebete, comunque, stupendosi di quanto comodo sia il braccio di Karofsky ben posizionato sotto la sua nuca, e per lunghi secondi non dice niente.
- Non riesco ancora a crederci. – sbotta infine, voltandosi a cercare i suoi occhi. Karofsky gli lancia un lungo sguardo infastidito, sembra volergli chiedere perché debba per forza parlare adesso, ma non lo interrompe, per cui Kurt si sente autorizzato a proseguire. – Come facevi a sapere cosa dovevi fare?
Karofsky inarca un sopracciglio.
- Di’ un po’, - comincia dopo qualche istante di mutismo, - tu credi che io sia stupido, vero?
Kurt schiude le labbra e solleva un dito, fingendo di pensarci qualche secondo. Poi si ritrova a pensarci sul serio. Dio, hanno appena scopato. Può davvero dirgli una cosa del genere?
- Sì. – annuisce quindi, rispondendo contemporaneamente a lui e a se stesso. Karofsky si lascia sfuggire un grugnito niente affatto compiaciuto.
- Be’, non lo sono. – ribatte, - Ho fatto qualche ricerca.
Kurt cerca di voltarsi per guardarlo meglio, non ci riesce e quindi si solleva su un gomito, piantandoglielo accidentalmente in un fianco. Karofsky uggiola dal dolore – un suono stranissimo, soprattutto se Kurt pensa che proviene dalla sua bocca – e si piega appena, scostandosi quel tanto che basta da lasciargli spazio a sufficienza per puntellarsi contro il materasso, e potersi quindi sollevare a guardarlo senza per questo doverlo uccidere nel tentativo.
- Hai fatto qualche ricerca? – chiede sconvolto, - Ricerca tipo chiedere alla gente o ricerca tipo Google?
Karofsky fa una smorfia, tirandolo giù in un gesto brusco e irritato, e riprendendo ad accarezzargli la spalla mentre Kurt torna a fissare il soffitto con la stessa espressione allucinata con la quale prima fissava lui.
- A chi pensi che avrei potuto chiederlo, scusa?! – sbotta, e Kurt può quasi sentire l’imbarazzo irradiarsi dalla sua persona come calore. Se ne lascia avvolgere, sorridendo appena. È piacevole davvero. – Google. – ammette quindi, sospirando come di fronte a un guaio di difficile risoluzione, quale in effetti Kurt è consapevole di essere.
- E cosa hai trovato? – chiede curiosamente, piegando un po’ il collo.
Karofsky esita, ma poi si rassegna.
- Porno, principalmente. – annuisce, - È stato istruttivo. – aggiunge, mentre Kurt ride, - E poi c’era qualche manuale. Cioè, non proprio manuale tipo i libri di testo a scuola. Cose con immagini. Però c’erano anche delle spiegazioni articolate, e potrei aver passato qualche ora a leggerle. – conclude con tono vago, fissando un punto a caso sulla parete di fronte.
- E hai fatto tutto questo per me? – chiede Kurt dolcemente, rigirandosi appena contro di lui ma stando bene attento a non impedirgli di proseguire con quelle carezze casuali, anche se immagina che, se dovesse continuare così ancora a lungo, finirà per scavargli un buco nella spalla.
- Suppongo di sì. – risponde lui, con aria palesemente annoiata, - Cioè, anche perché volevo scopare e non ce la facevo più. Ma suppongo di sì.
Kurt ride ancora. Continua a non avere molto chiaro cosa questa relazione sia e dove intenda portarli, ma è quanto di più simile all’affetto abbia mai ricevuto da qualcuno che non fosse suo padre o un semplice amico, e per il momento intende aggrapparcisi con tutte le forze che gli restano. Purché non gli servano le gambe per farlo, visto che quelle non può ancora muoverle, e dubita di riuscirci in tempi brevi.
continua...
MA E’ BELLISSIMAAAAA!!! Gyaaaaa, la struttura è fantastica, scorre via che è una meraviglia e adoro questo Dave! *O*
L’ho divorata!!! *coccola la fic*
Grazie Liz! *O*
Haru
22/06/2011 22:59