Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: Bill/Tom, Bill/OFC, Tom/OFC, Bill/OFC/Tom, OFC/OFC.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Underage, Het, Threesome, Incest, Femslash, What If?.
- Bill e Tom sono due gemelli normali. E non hanno mai avuto un rapporto strano. Fino ad ora.
Note: Così si conclude questa storia per la quale provo del sincero affetto, per il semplicissimo motivo che è molto bello cimentarsi in qualcosa di nuovo e scoprire di essere in grado di soddisfarsi comunque <3 Badate bene, non penso che questa storia sia perfetta e continuo ad essere quasi sicura del fatto che le sarebbe servito più spazio per essere un racconto valido, ma per ciò che è, per come si muove, per come l’ho raccontata e per cosa ci ho messo dentro, ne sono soddisfatta. È una bella sensazione e spero che anche voi l’abbiate provata leggendo <3
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LIEBESKETTE
CAPITOLO 4
LOVE IS THE SEVENTH WAVE

Bill e Tom non riescono a guardarsi negli occhi. Non riescono a guardare Edel negli occhi e non riescono a guardare neanche Jörg negli occhi. È una fortuna che la ragazza di quella notte si sia dissolta nel nulla prima della mattina successiva, perché probabilmente non sarebbero stati in grado di guardare negli occhi nemmeno lei, ed avrebbero cominciato a pensare che non ci sarebbero mai più riusciti con nessuno – né David, né Georg e Gustav, né Simone e Gordon, nessun altro. È drammatico, perché Bill non riesce a distrarsi – qualsiasi cosa faccia, qualsiasi cosa guardi, non riesce a dimenticare il suono dei respiri di Tom né quello dei sospiri stremati di quella ragazza, né tantomeno il lieve schioccare della lingua di Edel. Dio, non riesce a levarselo dalla testa.
Edel sorride di tutto questo, anche se nessuno se ne accorge. Il suo sorriso non è per nulla cambiato, non c’è neanche una sfumatura cattiva nella piega delle sue labbra. Sta solo sorridendo, come sempre, e dal momento che Edel non indossa quasi mai maschere risentite o comunque differenti dal semplice sorriso, per nessuno cambia niente.
Bill non riesce a sopportare neanche questo, e si rifugia in camera propria ad ogni occasione favorevole. Non esce praticamente mai, domani la sua vacanza finirà e lui tornerà al lavoro con in corpo tanta di quella frustrazione repressa che David sarà costretto a concedergli un’altra pausa – o, in alternativa, ad ammazzarlo.
È nella sua stanza, appunto, che lo trova Tom quando sale al piano di sopra, dopo pranzo. Un pranzo cui Bill non ha ritenuto opportuno partecipare.
- Non avevi fame? – chiede, spalancando la porta senza nemmeno bussare ed andando a sedersi sul letto, dove Bill è già disteso, la schiena contro la testiera ed i capelli raccolti in una coda morbida lungo una spalla.
- No. – risponde, scrollando le spalle, - È andato tutto bene?
- Potevi anche scendere. – continua Tom, ignorando la sua domanda, - Questa situazione è ridicola.
- Non è una situazione. – ringhia Bill, - E non voglio parlarne. Ma sì, hai ragione, tutto questo è ridicolo.
- Cos’è che dovrei dirti, Bill? – sospira esasperato suo fratello, allargando le braccia in segno di resa e girandosi per guardarlo dritto negli occhi, - Cosa? Cosa posso farci? Non lo so, cosa sta succedendo. Non ho risposte da darti.
- Io non ti ho fatto domande.
- Cazzate. Non fai che… ogni volta che mi guardi, tu non fai che chiedere. Magari non te ne accorgi, ma è così.
Bill sospira profondamente, incrociando le gambe sul materasso e piegandosi in avanti, come schiacciato da un peso indefinibile.
- Pensi che ci sia qualcosa che non va nelle nostre teste? – chiede con un filo di voce, guardando altrove, -Non so come sia possibile, ma prima non eravamo così. Siamo impazziti?
Tom schiude le labbra e si lascia andare ad una smorfia sprezzante, ma quando fa per rispondere “certo che no!” si rende conto da solo di non crederci nemmeno, perciò sospira ed imita la posizione del proprio fratello, raggomitolandosi sul materasso di fronte a lui.
- Non lo so. – risponde sinceramente, - Forse mi piaci.
- E questo non è normale, cazzo! – sbotta Bill, la voce che trema sotto l’impeto della sua frustrazione.
- Non parlarmi di normalità, Bill! – urla anche Tom, - Lo so che non è normale. Ma non parlarmi di normalità.
Bill non sa cosa rispondergli. Fatica davvero a trovare un senso a questa conversazione – sa che lui e suo fratello si sono detti qualcosa, ma non riesce a capire cosa e soprattutto, qualsiasi cosa sia, non sentiva davvero il bisogno di saperla, perché ora sta peggio di prima. C’è qualcosa che gli stringe il petto come una morsa. Non riesce a respirare a pieni polmoni. E non sa come uscirne.
- …ed Edel? – chiede quindi.
Tom solleva gli occhi e, per un secondo, lo guarda con sincera curiosità, come non avesse afferrato le sue parole. Poi, però, torna ad abbassare lo sguardo.
- …forse siamo impazziti davvero.
- Cristo, sì. – annuisce Bill, - Non è che ti piaccio io, Tom. È una questione diversa. ‘Cazzo ne so, una questione di cognome. Teniamo tutto in famiglia. Cristo.
Tom si morde un labbro e si prende qualche secondo, prima di tornare a guardare Bill.
- Però quando guardo lei non è come-
Non riesce a concludere, perché qualcuno bussa alla porta. È Edel che, per la prima volta da quando i gemelli sono lì, non sta sorridendo. Le sopracciglia sono inarcate verso il basso, le labbra arricciate in una smorfia preoccupata e gli occhi brillano di qualcosa che Bill e Tom non riescono a definire. Non possono che limitarsi a sperare che non abbia sentito niente, mentre la invitano ad accomodarsi e Tom le chiede quale sia il problema.
- Speravo di trovarvi entrambi qui… - mormora lei, lo sguardo fisso sulla punta delle Converse, mentre gioca con l’orlo della gonna nera a piegoline che indossa. – Oddio, che vergogna… - aggiunge poi, coprendosi il viso con le mani.
Bill e Tom si scambiano un’occhiata incerta, e poi Bill si piega su di lei, posandole una mano sulla spalla in un gesto rassicurante.
- Cosa c’è? – chiede quindi, pacato, - Puoi parlarne tranquillamente, con noi. – anche perché nella tua testa non può esserci niente di più strano di quello che c’è nella nostra.
Edel resta in silenzio e serra i pugni sulle ginocchia, inumidendosi le labbra.
- Ci ho riflettuto molto, prima di venire a parlarvi. Ed alla fine ho deciso che è meglio così, è meglio chiarire. – solleva lo sguardo su Bill, lo investe con un’occhiata da cucciolo indifeso che lo stende e poi riprende a parlare. – So che mi avete vista, con Isabella.
Le immagini di quella notte attraversano i ricordi dei gemelli, confondendoli e mettendoli entrambi a disagio. Tom guarda altrove, spostandosi sul materasso, e Bill smette perfino di respirare, incapace di muoversi.
- Noi… - comincia, giusto per dire qualcosa, ma Edel lo ferma poggiandogli due dita sulle labbra in un gesto di un’intimità tale che Bill resta di stucco.
- Vi prego… - continua la ragazzina, voltandosi a cercare anche gli occhi di Tom, - Non ditelo a mamma e papà. Non ci lascerebbero mai in pace! Per favore… - e piega le labbra in un broncino ancora più triste e, per questo, ancora più delizioso: - …farò tutto quello che mi chiederete.
Tom trattiene il respiro. Bill lo guarda. Edel sorride appena, un sorriso piccolo e incerto, e poi allunga una mano sul ginocchio di Bill.
*
Come tutto questo sia possibile, i gemelli non lo sanno. Non hanno detto niente, si sono adeguati al flusso, hanno chiuso il mondo esterno oltre la porta girando la chiave nella toppa – o forse si sono chiusi loro, assieme ad Edel, in una dimensione alternativa in cui non conta niente al di fuori delle loro mani e di ciò che toccano – e quando la mano di Edel s’è mossa lungo la gamba di Bill, soffermandosi poi sul suo inguine ed accarezzando piano la sua erezione oltre il tessuto ruvido dei jeans, si sono lasciati andare. Tutto qui. Non hanno pensato neanche per un secondo che dietro al comportamento di Edel potesse esserci della malizia. Non hanno pensato, in realtà, proprio a niente. È vero, loro sono i suoi fratelli. Non dovrebbero desiderarla in questo senso. Ma d’altronde passano le loro giornate desiderandosi l’un l’altro. Potrebbe esserci qualcosa di più strano?
Edel fra di loro – la sua pelle sudata che scivola fra i loro corpi mentre le accarezzano il ventre, i seni, il collo, le labbra – non è più strana di ciò che succede fra loro quando sono soli. I suoi sospiri spezzati non sono più strani dei suoni che sfuggono dalle labbra di Bill quando Tom lo tocca. Il calore del suo corpo non è più strano di quello che brucia nelle mani di Tom quando stringono l’erezione di suo fratello. Essere in tre a farlo non è tanto più strano che essere in due. Soprattutto perché Tom non riesce a staccare gli occhi da quelli di Bill. Ed Edel in mezzo non è un intralcio solo perché a Bill e Tom, di lei, non importa. Si lasciano accarezzare, si lasciano baciare, entrano dentro di lei – prima l’uno, poi l’altro, lei ha quindici anni e questo dovrebbe fermarli forse più di quanto non dovrebbe già fare il vincolo di parentela, ma il calore morbido e umido del suo corpo è troppo invitante, pieno di promesse che si schiudono come fiori quando si fanno strada dentro il suo corpo, ed è tutto troppo bello e confuso per rinunciarvi. È tutto troppo bello e confuso anche per essere vero.
Infatti non lo è.
*
Quando Bill riapre gli occhi, sente accanto a sé il calore ed il profumo familiari di suo fratello. Sono tanto familiari, c’è tanto abituato, che non si sconvolge nemmeno quando si accorge del fatto che la mano di Tom è lì immobile fra le sue gambe, lo stringe anche se della sua erezione ormai non resta più niente, e non s’è spostata nonostante entrambi stiano già dormendo da un pezzo.
Cerca di fare mente locale.
La porta è chiusa, l’hanno serrata quando Tom s’è introdotto in camera sua, dopo pranzo, il giorno prima. “Mi manchi”, gli ha detto, “non m’importa perché. Mi manchi e basta.”
I gemelli Kaulitz non credono in Dio e nemmeno nei gironi infernali, ma hanno deciso che, se proprio devono farsi inserire nella lista nera del Signore, allora non sia soltanto per il loro ateismo.
Il sole è già alto nel cielo, oltre le tende che gettano la stanza in una penombra innaturale spezzata appena da qualche raggio più cocciuto degli altri, quando Bill scivola via dalla stretta di suo fratello e si rimette in piedi, apre la porta e va a lavarsi. Dal piano di sotto provengono i rumori tipici di una famiglia che si rimette in movimento – Edel sbadiglia rumorosamente e, al solo sentirne la voce, Bill rabbrividisce. Cerca di ignorare il tutto, chiude gli occhi e scuote il capo. Quando torna in camera, Tom non c’è. Si affaccia dalla porta e lo trova intento a preparare la valigia, nella stanza proprio di fronte alla sua.
Sospira profondamente e decide di imitarlo. Non sa per quanto sarà possibile continuare a non parlare dell’argomento, ma finché regge pensa di poter essere in grado di tollerare il sacrificio. Ci sono delle cose che smettono di essere vere, nel momento in cui ti rassegni a dirle ad alta voce. Bill non sa se riuscirebbe ad accettare qualcosa di diverso rispetto a quello che ha adesso, nel suo rapporto con Tom. Perciò tace.
- Ragazzi! – li richiama Jörg dalla tromba delle scale, - Dormite ancora? Siamo già in ritardo! Jost mi ucciderà.
Bill e Tom si scambiano un’occhiata complice e vagamente divertita, attraverso il corridoio vuoto. Fra le loro occhiate, però, s’introduce non richiesta quella di Edel. I due la osservano passare lungo il corridoio, lenta e languida, avvolta in un pigiamino sottilissimo coi pantaloni tanto corti che si riesce ad intuire la forma delle natiche al di sotto.
- Io vado in bagno. – dice tranquillamente, - Faccio una doccia, non credo che uscirò in tempo per salutarvi. - E qui si ferma, sorride e li guarda entrambi. E per la primissima volta a Bill e Tom sembra di scorgere nei suoi occhi qualcosa di diverso. Una luce che dovrebbe lasciare intendere loro qualcosa. Forse. Ma è solo un secondo, poi il sorriso di Edel torna dolce e così fanno anche i suoi occhi. – Spero vi siate divertiti! – trilla allegra, sparendo oltre la porta del bagno.
Bill e Tom tornano a guardarsi. Tornano anche ad essere incapaci di reggere l’uno lo sguardo dell’altro.
Edel non è ancora uscita dal bagno, quando i gemelli scendono al piano di sotto, salutano Nicole, rubano un paio di frittelle e si infilano di soppiatto nella macchina di Jörg, sospirando pesantemente e preparandosi al lungo viaggio che li ricondurrà ad Amburgo.
Guardando fuori dal finestrino, perdendosi nella campagna gialla e verde e tutta uguale, non possono fare a meno di pensare che forse è vero, loro due non hanno mai avuto un rapporto strano. Probabilmente, però, non è mai stato nemmeno tanto normale. E quindi, alla fine, non è cambiato niente. Quello che c’è adesso è solo un po’ più forte di prima. Ma non è una forza nuova. La capiscono solo meglio.
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