Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: Bill/Tom, Bill/OFC, Tom/OFC, Bill/OFC/Tom, OFC/OFC.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Underage, Het, Threesome, Incest, Femslash, What If?.
- Bill e Tom sono due gemelli normali. E non hanno mai avuto un rapporto strano. Fino ad ora.
Note: Così si conclude questa storia per la quale provo del sincero affetto, per il semplicissimo motivo che è molto bello cimentarsi in qualcosa di nuovo e scoprire di essere in grado di soddisfarsi comunque <3 Badate bene, non penso che questa storia sia perfetta e continuo ad essere quasi sicura del fatto che le sarebbe servito più spazio per essere un racconto valido, ma per ciò che è, per come si muove, per come l’ho raccontata e per cosa ci ho messo dentro, ne sono soddisfatta. È una bella sensazione e spero che anche voi l’abbiate provata leggendo <3
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LIEBESKETTE
CAPITOLO 3
LOVE RESCUE ME

Isabella è probabilmente l’unica persona al mondo conosca Edel per ciò che effettivamente è. Non per merito di Edel, naturalmente. Fosse stato per lei, anche Isabella – come tutti gli altri – avrebbe continuato a conoscerla per sempre come una ragazzina sorridente, dolce, simpatica e così genuinamente troia da far pensare scopasse per bontà e non per malizia. Isabella, però – tipico caso di ragazza con la quale Edel non sarebbe mai andata in giro, non fosse stato per gli incredibili sviluppi della loro relazione – in quanto perfetta rappresentate di quella parte di generazione giovanile moderna che abbia preferito passare i pomeriggi leggendo fumetti giapponesi piuttosto che introducendosi alla vita mondana della propria comunità, darla via presto e continuare poi a darla via per tutti i dieci anni successivi fino a trovare qualcuno da sposare, spennare, lasciare e spennare ancora, di ragazze come Edel ne aveva viste a migliaia. Fra le pagine dei suoi fumetti, d’accordo, ma non si nasce certo con il libretto d’istruzioni per vivere, e se lei aveva scelto di imparare a conoscerle così, le persone, di certo non le si poteva dare torto o accusarla di qualcosa.
Isabella non aveva mai effettivamente avuto prova della falsità della maschera di Edel: si era limitata a squadrarla dall’alto in basso e lavorare per stereotipi, come era sempre stata abituata. Bella, bionda, sempre sorridente e gentile ed estremamente disponibile com’era, non c’era neanche una possibilità che fosse una che potesse essere anche genuina. C’è un limite alla quantità di cose che può darti la natura. Se sei perfetta, sei falsa.
Alla luce di questi ragionamenti, tutto ciò che Isabella aveva fatto era stato dimostrarsi poco impressionata dall’improponibile brillantezza di Edel. Non aveva mentito e non s’era mostrata forzatamente menefreghista: non gliene fregava niente, tutto qua.
È stato per questo che Edel ha deciso di tenersela cara. Isabella ed Edel non sono veramente amiche: escono insieme ma non parlano mai, sono sempre appiccicate l’una all’altra ma non provano del vero trasporto per la loro relazione. È un legame di convenienza: Edel tiene Isabella sotto controllo – sempre tenere sotto controllo chi può sputtanarti con una sola occhiata – Isabella ha qualcuno con cui andare in giro ed un’arma da usare quando sua madre le dà dell’asociale.
A parte queste cose – che sono le condizioni base per l’esistenza del loro contratto – nessuna delle due ha mai chiesto nient’altro all’altra. Perciò, Isabella non può che spalancare gli occhi quando sente la voce vellutata di Edel – resa ancora più languida dalle sigarette e dai litri d’alcool che ha buttato giù da quando sono entrate in quel locale – dirle che ha bisogno lei le faccia un favore.
- Te l’ho detto che un paio di giorni fa i miei fratellastri sono venuti in vacanza, sì?
No, non gliel’ha detto. Due giorni fa non c’era ancora nessun motivo di farlo, ed Edel tiene tutto per sé, fino a quando non è assolutamente necessario buttarlo fuori.
Comunque, ad Isabella i Tokio Hotel non piacciono, lei ascolta J-Rock ed in effetti i Tokio Hotel le stanno anche vagamente sul cazzo. Non sa nemmeno perché, è solo così, non le piacciono, le dà fastidio abbiano tutto questo successo, le dà fastidio anche l’aura di fanatismo che li circonda, come una specie di nuvolone pestilenziale. Decisamente non sono la sua cosa, decisamente non rientra nei suoi programmi lasciarsi invischiare in qualsiasi cosa Edel ritenga opportuno invischiarla. Comunque, scrolla le spalle e beve un altro sorso di birra, guardando il centro della pista da ballo e distraendosi sul movimento di tutti quei corpi strettissimi l’uno all’altro. Non è ancora abbastanza ubriaca da gettarsi spensieratamente nelle danze. Medita di ordinare dell’altra birra.
- Sto cercando di farli impazzire.
Il suo sguardo torna a fissarsi su quello scuro e profondo di Edel.
- Perché?
- Perché li odio. Perché mi annoio. – la osserva accavallare le lunghe gambe ancora incerte fra le forme acerbe delle ragazzine e quelle rotonde e morbide delle donne. – Perché mi va. Vuoi aiutarmi?
Isabella si stira sul divano in pelle nera, ne sente scricchiolare la fodera sotto la schiena e posa sul tavolino la bottiglia di birra vuota.
- Io che ci guadagno?
Edel si lascia andare ad una risata cristallina e genuinamente divertita.
- Io non ho niente da offrirti. – risponde quindi, guardandola attentamente da sotto le ciglia lunghissime, scurite dal mascara. – Fallo solo se vuoi.
Isabella si prende il proprio tempo. Non per rifletterci – non ha nulla su cui riflettere, non sa nemmeno cosa Edel voglia in concreto da lei – ma per fare spazio nella mente. Esclude la musica martellante che viene dalla postazione del DJ, esclude le miriadi di voci e suoni che sente, esclude i profumi e anche tutti gli altri odori e si accende una sigaretta, inspirando piano.
- Cosa dovrei fare?
Il sorriso di Edel si stempera in una smorfia di cattiveria gratuita. La sua voce, appena un sussurro, si perde fra i bassi della canzone che il DJ sta passando. Isabella è l’unica a sentirla.
*
Bill e Tom non stanno parlando, ed al momento questo è il loro più grande problema. Non che in genere discutano così tanto – tendono a capirsi con molto meno di una parola e, quando arrivano a dover effettivamente chiarire qualcosa, probabilmente stanno già litigando urlandosi vicendevolmente di tutto – ma la situazione in cui si trovano decisamente meriterebbe di essere sbrogliata.
Se i gemelli parlassero, ad esempio, avrebbero già capito da un pezzo che fidarsi di Edel – come invece stanno facendo – non è per niente consigliabile. Oh, non che le stiano concedendo più di quanto in genere concedano agli altri, questo è indubbio. Bill e Tom sono da sempre stati abituati a fare affidamento solo su loro stessi – dove per loro stessi, ovviamente, si intendeva anche l’altro, essendo loro a tutti gli effetti due metà di uno stesso indefinibile qualcosa – ma la quantità di occhiate e desideri di cui la stanno investendo è già eccessiva, e se i gemelli parlassero lo saprebbero. Se i gemelli parlassero, per esempio, saprebbero che lei si sta comportando con entrambi allo stesso modo. Che l’episodio della giacca di pelle in camera di Bill non è stato l’unico. Che Tom si è casualmente ritrovato a spiarla mentre lei si cambiava in camera propria – la porta spalancata ed uno specchio a figura intera a rifletterla in ogni centimetro della superficie del suo corpo. Se i gemelli parlassero, saprebbero di aver reagito agli spettacoli di Edel nello stesso identico modo. E forse comincerebbero a chiedersi se non fosse il caso di domandare alla loro sorellastra a che razza di gioco pensa di stare giocando.
Ma i gemelli non parlano, e non parlano perché non sono capaci. Perché l’ultima volta che si sono trovati soli in una stanza non sono nemmeno riusciti ad aprire bocca, che già le mani di Tom stavano correndo ovunque sul corpo di Bill e Bill si stava allungando verso l’interruttore della luce per spegnerla e risparmiare almeno ai propri occhi il dover prendere atto che fra loro c’è qualcosa di drammaticamente sbagliato al quale si sentono sempre meno in grado di rinunciare.
Non possono rischiare che un episodio del genere si ripeta in casa di Jörg. È rischioso, non saprebbero come spiegarlo, non vogliono spiegarlo, né al loro padre né tantomeno a loro stessi. Perciò stanno bene attenti a stare il più possibile lontani, ed imprecano entrambi mentalmente quando, in barba a tutte le loro precauzioni, si ritrovano da soli, l’uno di fronte all’altro, nel corridoio buio che, al piano di sopra, separa le loro stanze e conduce al bagno.
Bill si fa subito indietro, schiacciandosi contro la porta dalla quale è appena uscito. Nonostante il buio, Tom riesce a scorgere la sua espressione spaventata e confusa, e sospira pesantemente.
- Non ti tocco. – lo rassicura schiettamente. Dal momento che sono soli, non c’è motivo di sentirsi inibiti sul punto.
Bill distoglie lo sguardo ed arrossisce, imbarazzato.
- Devo andare in bagno.
- Sì, anch’io. Cos’è, si va insieme?
- Tom!
Bill serra la mascella, quando suo fratello si lascia andare ad una risatina divertita, appoggiandosi disinvoltamente al muro dietro di sé.
- Billi, questa cosa è assurda. – commenta dolcemente, - Cosa stiamo facendo?
Bill scuote il capo. Non ne ha la più pallida idea. Non si sente pronto nemmeno per parlarne. Al momento ha solo voglia di distrarsi, fare qualcosa – qualsiasi cosa, anche mettersi a correre nudo in giardino – tutto, pur di non pensare. E dire che è sempre stato uno pronto a risolvere i problemi non appena si fossero presentati. Evidentemente, non ha mai visto un vero problema fino ad ora.
- Io andrei… - mugugna, indicando con un dito la porta del bagno, in fondo al corridoio. Tom gli sorride sinceramente, ed annuisce, restando appoggiato al muro. Bill fa per muoversi ed è nel silenzio perfetto che anticipa il momento in cui smetterà di guardare Tom che una risatina sottilissima si fa strada nello spazio che li separa, attirando la loro attenzione.
I gemelli si voltano, si guardano intorno. Nulla. L’unica luce proviene dalla stanza di Edel, il che in effetti è strano. È notte fonda, dovrebbe stare già dormendo. Dopo un’occhiata un po’ incerta, Bill e Tom si avvicinano alla porta seguendo la traccia insinuante di quel raggio di luce giallastra che disegna un arco luminoso sulla moquette rossa del corridoio.
Edel non è sola, e i gemelli se ne accorgono solo nel momento in cui cominciano effettivamente a spiarla. Non è sola, ma l’altra ragazza è silenziosa come fosse morta. Ha gli occhi aperti e respira – oh, impossibile ignorare il movimento dolcissimo del petto scoperto mentre si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro – ma non dà altri segni di vita.
Edel, al contrario, è viva per entrambe. Bill e Tom la osservano mentre scivola con le labbra lungo il collo dell’altra ragazza, la pelle rosata che brilla quasi nella luce artificiale dell’abat-jour, e lascia che una mano le scorra sul seno, sul fianco, sulla coscia, fra le gambe. L’altra ragazza chiude gli occhi, quando Edel comincia a masturbarla, e respira forte, chiudendo definitivamente gli occhi.
Bill, i suoi, invece, li spalanca. Porta una mano alle labbra per non lasciare andare il respiro pesantissimo che lo sta uccidendo, e fa per indietreggiare. Tom lo ferma afferrandolo immediatamente per il polso.
- Non ti muovere. – gli sibila. Bill obbedisce perché è terrorizzato alla sola idea che suo fratello possa parlare ancora.
La mano di Edel si muove più svelta e Tom perde la testa quando la sente sussurrare “apri le gambe” rivolgendosi all’altra ragazza. Quella non se lo fa ripetere due volte. Puntellandosi al materasso coi gomiti e sollevandosi appena – il seno si muove assieme a lei, Tom ne osserva la rotondità un po’ acerba e si lecca le labbra – schiude le cosce mostrando un’intimità già umida che Edel osserva con due occhi da gatta, prima di chinarsi a lambirla in tocchi piccoli e brevi, gli occhi chiusi ed una mano ad accarezzarsi lentamente seguendo il ritmo dei sospiri sempre più concitati della compagna.
La mano di Tom si chiude come una tenaglia attorno al polso di Bill. Infastidito dalla stretta quasi dolorosa, Bill si volta a guardare suo fratello. Nel silenzio più profondo, la mano libera di Tom si muove sopra il cavallo dei boxer, accarezzando attraverso il tessuto un’erezione così imperiosa da essere perfettamente visibile nonostante il buio e nonostante sia coperta. Bill si morde un labbro. Potrebbe disegnarne i contorni. Dio solo sa quanto vorrebbe toccarla.
Quando Tom respira più forte e poi lo lascia subito andare, però, il pensiero scivola via improvvisamente, così com’era arrivato. Edel continua il proprio lavoro, la ragazza getta indietro il capo e trema vistosamente, schiudendo le labbra senza emettere neanche un suono, ma Bill e Tom non restano lì per osservarla venire.
La visita al bagno, per Bill, smette di essere un diversivo, e si fa una necessità.

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