Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: Bill/Tom, Bill/OFC, Tom/OFC, Bill/OFC/Tom, OFC/OFC.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Underage, Het, Threesome, Incest, Femslash, What If?.
- Bill e Tom sono due gemelli normali. E non hanno mai avuto un rapporto strano. Fino ad ora.
Note: Così si conclude questa storia per la quale provo del sincero affetto, per il semplicissimo motivo che è molto bello cimentarsi in qualcosa di nuovo e scoprire di essere in grado di soddisfarsi comunque <3 Badate bene, non penso che questa storia sia perfetta e continuo ad essere quasi sicura del fatto che le sarebbe servito più spazio per essere un racconto valido, ma per ciò che è, per come si muove, per come l’ho raccontata e per cosa ci ho messo dentro, ne sono soddisfatta. È una bella sensazione e spero che anche voi l’abbiate provata leggendo <3
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LIEBESKETTE
CAPITOLO 2
LOVE COMES TUMBLING

Edel Kaulitz a scuola la conoscono per due motivi. Il primo di questi due motivi è che si chiama, appunto, Edel Kaulitz. In qualsiasi parte della Germania tu viva – no, in qualsiasi parte del mondo civilizzato tu viva – di questi tempi, se ti chiami Kaulitz, sei destinata ad essere conosciuta.
La cosa non infastidisce particolarmente Edel: i geni del divismo, evidentemente, non erano nel DNA di Simone ma in quello di Jörg, perché la disinvoltura con la quale si pone al centro delle attenzioni altrui è del tutto identica a quella di Bill e Tom. Parafrasando ciò che s’è già detto dei gemelli, probabilmente anche Edel – non avesse una concezione piuttosto elevata di se stessa – farebbe la puttana. Non per bisogno, ma per noia. E non in coppia, perché lei una gemella non ce l’ha e non ne sente nemmeno il bisogno, individualista e cocciuta per com’è. Si accontenta dei pochissimi amici che ha scelto dopo un vaglio approfondito e quasi snervante; è importante sapere di chi sei circondata, amici e nemici sono ciò che ti definisce meglio. Edel, per dire, con gli amici dei suoi fratellastri non ci andrebbe in giro neanche pagata. Troppo sfigati, troppo anonimi, troppo Dio mio, cosa dovrei farmene di un nanetto attaccato più alla piastra che alle donne e di un piccolo cinghiale biondo che assomiglia in maniera disturbante ad un moccioso austriaco in vena di yodel?
Pochi amici, tanti conoscenti, infiniti ammiratori. Questa è una condizione nella quale Edel può vivere felicemente, ed il suo cognome le permette di ottenere tutto ciò. Essere una Kaulitz le dà una scusa più che sufficiente per escludere gli idioti dalla rosa dei vicinissimi, senza neanche mostrare supponenza – “scusami, è che, capisci, non posso andare in giro con troppe persone…” – essere una Kaulitz le dà modo di parlare più o meno con tutti senza esporsi troppo, essere una Kaulitz la circonda di gente che la conosce e la ammira già solo per quello. Non ha dovuto fare altro che nascere.
Il secondo motivo per cui tutti, a scuola, sanno esattamente chi è, è che Edel Kaulitz è bellissima. Per quanto il non essere figlia di Simone, oltre che di Jörg, l’abbia privata della perfezione assoluta dei tratti dei gemelli – i suoi lineamenti non sono così dritti e fieri, lei è più morbida ed arrotondata, i suoi occhi sono più rotondi ed i suoi capelli decisamente più biondi – la sua bellezza è cosa nota. Lei non fa niente per nasconderla e fa di tutto perché non si noti quanto invece ce la metta tutta per esporla il più possibile.
Comunque è bella. Chiunque lo sa.
Edel Kaulitz non ha un problema che sia uno, al mondo, a parte il fatto che le toccherà convivere coi suoi due fratellastri per tutta la settimana di vacanza che Jörg ha preteso di passare con loro. Non l’hanno mai fatto, ed è una cosa di cui lei non riesce a comprendere l’utilità. I gemelli vedono spesso Jörg, ma non è mai capitato che lui sentisse il bisogno di passare del tempo “tutti quanti insieme come una vera famiglia”, come le ha detto prima di partire per Amburgo.
Problema: i gemelli non fanno parte della loro famiglia.
Problema: i gemelli Edel li odia.
Non perché le rubino le attenzioni di papà – per quello che le frega di papà – non perché non le piacciano i Tokio Hotel – per quello che le frega anche dei Tokio Hotel! – ma perché conta di diventare qualcuno, nel mondo dello spettacolo. Non importa come, cantando, recitando, sfilando, dandola in giro, non è importante. Ciò che conta è che lei sarà famosa. Perché la cosa che le riesce meglio e la cosa che le piace di più è stare al centro dell’ammirazione altrui, ed è ciò che ha intenzione di fare per vivere.
Solo che è una Kaulitz. E le toccherà per sempre combattere con questo nome. Vuole diventare qualcuno, sì, ma vuole farlo perché lei ha cantato, perché lei ha recitato, perché lei ha sfilato, perché lei l’ha data in giro. Non perché qualcun altro l’ha fatto prima. Non vuole dovere niente a nessuno, Edel. Non le interessa di niente e di nessuno.
E questo, però, non potrà mai accadere. Lei potrà strepitare e urlare quanto vorrà, per tutto il resto della sua vita. Il suo cognome resterà Kaulitz ed anche cambiarlo servirebbe a poco, perché i giornalisti scoprono sempre tutto: la quantità di menzogne che frapponi fra te e loro può disorientarli, può rallentarli, può confonderli, nel migliore dei casi. Ma non può fermarli.
Edel lo sa, e perciò tutto ciò che può sperare di fare è vendicarsi. O farsi odiare abbastanza da sperare che, quando sarà famosa – perché accadrà, questo è indubbio – se mai qualcuno dovesse andare dai gemelli a chiedere se hanno un qualche legame di parentela con lei, loro possano rispondere “assolutamente no, è solo un caso di omonimia”. Come, d’altronde, farebbe lei.
Ci ha pensato bene, al modo in cui sfruttare al meglio questi sette giorni. Ha riflettuto bene su come dare il peggio di sé. Che poi è anche il meglio di sé. Ha letto tanto, ha speso centinaia di euro in riviste per ragazzine, di Bill e Tom non le è mai fregato niente ma adesso li conosce a menadito, proprio come dovrebbe fare una brava sorella.
Sa che Bill non tocca una donna da tre anni – sempre ammesso che l’abbia toccata prima.
Sa che Tom, invece, non fa altro da quando di anni ne aveva tredici – sempre ammesso che sia vero.
Nel momento in cui Tom e Bill arrivano a casa loro, accompagnati da Jörg, è su questo che Edel conta, mentre sorride amabilmente – le labbra brillano appena sotto uno strato sottilissimo di lucidalabbra rosa – e si stringe nelle spalle, sollevando una mano per salutarli in un timido cenno ed allargando con la mano libera il velo ricamato a fantasia floreale che compone per quasi il novanta per cento il minuscolo vestito rosa pesca che indossa. Ad impedire che si veda la biancheria resta solo la sottile barriera di una sottoveste in raso bianco, aderente ma morbida. I capelli biondi scalati le ricadono lungo le spalle e gli occhi castani luccicano di un’allegria simulata così bene da sembrare vera, sotto le ciglia lunghissime e scure.
I gemelli non riescono a toglierle gli occhi di dosso. Bill deglutisce pesantemente. Tom schiude le labbra e sembra smettere di respirare. Sua madre saluta Jörg e poi i ragazzi, allegra e gioviale e perfettamente a proprio agio. Edel resta di proposito un po’ in disparte, come fosse troppo timida per farsi avanti. Il suo sorriso profuma di fragola. Tom si inumidisce le labbra. Bill stringe le dita dalle unghie perfettamente curate attorno ai manici della borsa.
- Edel! Non vieni a salutare Bill e Tom? – chiede Jörg, sorridendole incoraggiante. Edel pensa distrattamente che sia una fortuna che suo padre la conosca così poco, altrimenti avrebbe intuito la falsità del suo sorriso. In realtà è una fortuna che non esista – o quasi: Isabella avrebbe da ridire, sul punto – neanche una persona che la conosca così bene da indovinare quanto bugiardo possa essere il suo volto. Edel si compiace di se stessa, mentre muove qualche passo verso i gemelli e li guarda dal basso verso l’alto, con un’espressione da gattina indifesa che produce su di loro lo stesso identico effetto che produce su qualsiasi altro maschio Edel abbia mai incontrato nel corso della sua vita. Quindici anni non sono mai davvero pochi, per farti un’idea del mondo, soprattutto se sei abbastanza spudorato da dimenticare frasi come “è troppo presto” o “forse dovremmo aspettare di conoscerci meglio”.
- È bello rivedervi, dopo tutto questo tempo. – pigola, arrossendo un po’, - Ho sempre desiderato conoscervi meglio.
L’allusione è talmente blanda che Bill e Tom, nel pensare immediatamente che – a fanculo le strane pulsioni che provano l’uno nei confronti dell’altro – sono palesemente etero e la stenderebbero per terra per scoparsela fino all’indomani senza pensarci due volte anche con i suoi genitori lì davanti, si sentono perfino in colpa. È così carina, è dolce, è graziosa, di sicuro non intendeva niente del genere. Conoscerli meglio, sì, ma niente di più.
Nella fantasia, però, ci si perdono lo stesso. Edel si osserva riflessa nelle loro pupille. Non è mai stata tanto soddisfatta di se stessa.
*
Bill non tocca una donna da tre anni. Ha toccato tantissimo suo fratello, nell’ultimo periodo, ma non sa se la cosa abbia una qualche valenza a livello sessuale. Cioè, ovviamente ce l’ha. Quando si toccano, lui e suo fratello non lo fanno certo per riavviarsi i capelli dietro le orecchie. Quando si toccano, si toccano davvero. Si toccano tantissimo.
Ma una donna è una cosa completamente diversa. Bill sta cominciando a dimenticarsi cosa vuol dire sentire le forme morbide di un seno sotto le mani, o seguire la rotondità dei fianchi, perdersi sulla lunghezza delle cosce, respirare contro la pelle sottile e liscia del collo. Sono tutte cose che ha sentito e provato e che, da tre anni, non sente e non prova più. È indubbiamente colpa sua – non puoi essere circondato da ragazzine che ti idolatrano e decidere coscientemente di evitarle tutte, proprio perché ti idolatrano, per poi lamentartene. È una scelta che fai per un motivo. Se la fai, ne accetti i pro e i contro – ma ciò non vuol dire che ci stia bene.
Mentre sistema i propri vestiti nell’armadio della stanza che Nicole ha preparato per lui, al piano di sopra di quella bella villetta monofamiliare che suppone sia stata pagata con i soldi che lui e suo fratello passano mensilmente a Jörg, Bill non fa che pensare a questo.
Ed al fatto che Edel è bellissima.
Il ricordo più vivido che ha di sua sorella è quello della bambina bionda con l’abitino di trine rosa confetto. Questa giovane donna che sorride e si veste di niente, non c’entra nulla con quel ricordo. Non riesce a collegare una cosa con l’altra, e questo è un problema, perché non riesce a vedere quest’adolescente come sua sorella. Sua sorella resta lo scricciolo che ricorda. Questa è un’estranea ed è un’estranea con la quale lui, tra l’altro, scoperebbe volentieri. E questo decisamente non va bene, perché – che lui lo realizzi o meno – lei resta sua sorella. Non che questo rappresenti un problema, in fondo, visto cosa faccio con Tom, si dice con una certa stizza chiudendo le ante dell’armadio ed andando a sedersi sul letto, picchiettando sulla moquette con la punta e con il tacco degli stivali e guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa da fare.
Quando bussano alla porta, lui solleva lo sguardo quasi con gratitudine. Potrebbe essere Tom.
- Sì?
- Bill? – è Edel. – Posso entrare?
Non ha nemmeno il tempo di sentirsi deluso perché no, non è Tom, che comincia a sentire i brividi scorrere lungo la schiena. Edel. Edel. Il solo pensiero di lei avvolta in quell’abitino semitrasparente basta a farlo impazzire di desiderio.
Decisamente non toccare donne da tre anni lo mette in una situazione di bisogno che ha dell’insopportabile. E non può neanche invidiare Tom, perché lo sente benissimo: Tom ha provato la sua stessa identica voglia. Non c’è una soluzione al problema: che tu non scopi mai o che tu non faccia altro per tutto il giorno, la voglia non passa. Le basta un niente per nascere e diffondersi per tutto il corpo, risvegliandone ogni singola cellula.
- Entra pure. – risponde, cercando di nascondere il tremito che gli scuote la voce.
Ed è inutile: può nascondere il tremito nella voce, forse, ma di sicuro non può nascondere quello che lo scuote nel profondo quando se la vede piombare in camera con addosso solo una gonnellina striminzita, un paio di calze stracciate in più punti, le converse ed un reggiseno nero semitrasparente a coprirle il petto.
- Edel?! – salta su, imbarazzato, indietreggiando di qualche passo verso la finestra. Perché, poi? Non può mica fuggire da lì, anche volendo.
Lei risponde con una risatina e gli chiede di fare silenzio, poggiando l’indice sulle labbra dipinte di rosso.
- Mamma e papà non mi fanno uscire, - gli dice, strizzando appena gli occhi, - perciò sto uscendo di nascosto. Puoi mantenere il segreto, per favore?
L’unica cosa che Bill voglia, in quel momento, è che lei esca di lì. Il prima possibile. O lui smetterà di rispondere delle proprie azioni.
- Certo. – annuisce sbrigativamente, - Come vuoi. Però ho da-
- Senti, senti! – lo interrompe Edel, saltellando verso di lui come una ragazzina entusiasta, cosa che, in effetti, sembra essere, - Mi presti qualcosa di tuo da indossare? Ho visto le giacche di pelle che usi, e… Dio, sono fighissime! Tipregotipregotiprego, posso prenderne una?
Bill volta lo sguardo, fa di tutto per non fissare il seno che ondeggia lievemente ogni volta che lei si muove, saltella, si protende verso di lui – Dio Dio Dio, così non può continuare, questa cosa non è normale – ed accenna all’armadio in un gesto vago.
- Prendi pure quella che vuoi. – concede a mezza voce.
Edel lo ringrazia con un gridolino acuto, saltella ancora, spalanca l’armadio, afferra una giacca in pelle nera e la indossa così, sopra il reggiseno, senza nient’altro sotto.
- Come mi sta?
Bill si concede un’occhiata. E sbaglia gravemente, perché non riesce più a smettere di fissarla.
- …non pensi che dovresti metterci anche una maglietta? Sei un po’ troppo… esposta.
Edel sorride maliziosa, ma è una malizia troppo bambina per sembrare allusiva.
Proprio per questo è disturbante.
- Significa che sono un sacco carina?
Significa che, se fossimo soli in casa, se fossi sicuro che nessuno verrebbe mai a saperlo e se non sospettassi che Tom potrebbe capirlo anche se fosse lontano chilometri da qui, ti prenderei, ti stenderei sul letto e ti scoperei fino a farti urlare.
- Sì, sei un sacco carina. Ma dovresti coprirti di più. In giro ci sono un sacco di tipi pericolosi.
E mi sa che io non sono per niente diverso da loro.
Edel ridacchia ancora, e lo saluta con un cenno della mano.
- Te la ridò domattina. – sorride, indicando la giacca.
Bill annuisce. Non aggiunge altro. Appena lei esce, si precipita sulla porta e gira la chiave nella porta. Poi si volta, si appoggia di schiena contro la parete e si lascia scivolare a terra, chiudendo gli occhi, inspirando ed espirando a pieni polmoni per la prima volta da quando Edel è entrata in camera sua.
Passano solo pochi secondi. Poi, la sua mano comincia a muoversi.

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