Genere: Introspettivo, Erotico, Romantico.
Pairing: Libanese/Freddo/Roberta.
Rating: NC-17
AVVISI: Het, Slash, Lemon, Threesome.
- Ormai i membri della banda fanno avanti e indietro dalla galera come fosse normale, ed ogni volta il processo si ripete sempre nello stesso modo - Scialoja li mette dentro per qualcosa di cui sa che sono responsabili, non riesce a provarlo ed è costretto a rilasciarli un paio di giorni dopo. La routine s'è fatta così comune che Freddo sta cominciando ad avere difficoltà a riconoscere i momenti in cui è fuori da quelli in cui è dentro, nonostante sappia che ci sono differenze sostanziali fra l'una e l'altra cosa. E poi, naturalmente, ci pensa il Libanese a ricordargli quanto quelle differenze siano evidenti e pressanti.
Note: ...no, ok, io amo questa storia XD *si vergogna come un cane* Non credevo, perché fino a un paio di giorni fa ero fermamente convinta che questi tre "funzionassero" bene solo fino a che Roberta e Libano restavano due figure contrastanti attorno al Freddo, ma giuro che scrivendo mi si è aperto un mondo. Cioè, è chiaro che il Freddo necessita di entrambi. Questa threesome s'ha da fare, ora e per sempre. *piange amore* Niente, tipo che l'affetto per la storia nei giorni è cresciuto al punto che, per quanto io volessi fortemente concluderla (anche perché la lemon minacciava di non voler finire più, Dio mio), ero triste mentre buttavo giù le ultime battute "XD Problemi, quanti.
Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia, su prompt ROMANZO CRIMINALE Freddo/Libanese/Roberta, “Gli serve un alibi.”
Pairing: Libanese/Freddo/Roberta.
Rating: NC-17
AVVISI: Het, Slash, Lemon, Threesome.
- Ormai i membri della banda fanno avanti e indietro dalla galera come fosse normale, ed ogni volta il processo si ripete sempre nello stesso modo - Scialoja li mette dentro per qualcosa di cui sa che sono responsabili, non riesce a provarlo ed è costretto a rilasciarli un paio di giorni dopo. La routine s'è fatta così comune che Freddo sta cominciando ad avere difficoltà a riconoscere i momenti in cui è fuori da quelli in cui è dentro, nonostante sappia che ci sono differenze sostanziali fra l'una e l'altra cosa. E poi, naturalmente, ci pensa il Libanese a ricordargli quanto quelle differenze siano evidenti e pressanti.
Note: ...no, ok, io amo questa storia XD *si vergogna come un cane* Non credevo, perché fino a un paio di giorni fa ero fermamente convinta che questi tre "funzionassero" bene solo fino a che Roberta e Libano restavano due figure contrastanti attorno al Freddo, ma giuro che scrivendo mi si è aperto un mondo. Cioè, è chiaro che il Freddo necessita di entrambi. Questa threesome s'ha da fare, ora e per sempre. *piange amore* Niente, tipo che l'affetto per la storia nei giorni è cresciuto al punto che, per quanto io volessi fortemente concluderla (anche perché la lemon minacciava di non voler finire più, Dio mio), ero triste mentre buttavo giù le ultime battute "XD Problemi, quanti.
Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia, su prompt ROMANZO CRIMINALE Freddo/Libanese/Roberta, “Gli serve un alibi.”
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CRUEL TO BE KIND (MEANS THAT I LOVE YOU)
ROMANZO CRIMINALE Freddo/Libanese/Roberta, “Gli serve un alibi.”
Ormai era così abituato a fare entra ed esci dalla galera che neanche si accorgeva più della differenza fra la cella e la strada. Eppure sapeva che c’erano delle differenze piuttosto nette, fra le due cose. Gli odori, le sensazioni tattili, i sapori. Anche la semplice consapevolezza di poter saltare in macchina ed andare al bar, o a trovare Robertina, o anche in culo al mondo per fatti propri, quando in galera tutte queste certezze diventavano improvvisamente polvere più fina e leggera di quella che generava l’intonaco staccandosi dalle pareti e sgretolandosi ben prima di arrivare a toccare il pavimento. Erano tutte differenze concrete, palpabili, gli occhi e il sorriso di Roberta che prima c’erano e poi non più, gli occhi e il grugno del Libanese che apparivano solo di tanto in tanto oltre il vetro del parlatorio quando passava a trovarlo per rassicurarlo sul fatto che l’avvocato era già al lavoro e sarebbe uscito al massimo nel giro di un paio di giorni, tutte le brutte facce dei suoi compari che andavano e venivano – alle volte perfino in cella con lui – il Dandi che ogni volta che entrava al Regina Coeli inspirava a pieni polmoni quella che lui chiamava l’aria di casa, Scrocchia che non faceva che lagnarsi del bambino, Ruggero e Sergio sempre ad accapigliarsi, il Bufalo sempre con quella sua aria torva che sembrava volesse dirti costantemente di guardarti alle spalle perché si vive in un mondo d’infami, ecco, la sola possibilità di vederli tutti assieme, rilassati e tranquilli, mentre giocavano a biliardo o a carte, quando in galera questa possibilità naturalmente non c’era, avrebbe dovuto essere già da sola un motivo sufficiente per essere in grado di distinguere prigione e libertà, ma per quanto si sforzasse, sotto il cielo coperto di nubi del suo ennesimo rilascio dopo l’ennesima incarcerazione a vuoto orchestrata da Scialoja, Freddo non ci riusciva. Non riusciva a distinguere più niente. Forse perché s’era stancato di fare il gioco delle differenze fra la propria vita e la non-vita che viveva quando era costretto a vivere in una stanza chiusa a chiave e larga due metri per tre.
- A Fre’! – lo chiamò Sergio, avvicinandoglisi affiancato dal fratello, - Finalmente t’ha mollato, ‘o stronzo. Era pure ora.
- Aò. – sorrise lui, allungandosi ad abbracciare entrambi i Buffoni, - Che se dice?
- Tutto a posto. – lo rassicurò Ruggero, battendogli una pacca sulla spalla, - T’avemo portato ‘a moto tua. Così te poi anna’ a riposa’, si voi.
- So’ ‘n po’ stanco, in effetti. – annuì lui, massaggiandosi pensieroso la nuca. – Libano?
- Ha fatto er matto fino a stamattina, quanno l’avvocato gli ha detto che te stava a fa’ usci’ entro sera. – rise Sergio, scortandolo verso la propria motocicletta, parcheggiata sul ciglio del marciapiedi accanto alla macchina dei due fratelli, - Poi nun l’avemo più visto, sara’ annato a dormi’ pure lui, che stanotte nun ha chiuso occhio.
Freddo inarcò un sopracciglio, salendo a cavalcioni della sua Kawasaki e prendendo il casco che Ruggero gli porgeva.
- E com’è che nun ha chiuso occhio? – chiese curiosamente, rigirandosi il casco fra le mani. I Buffoni scrollarono le spalle quasi simultaneamente.
- Ha detto che ha avuto da fa’. – rispose Sergio, - Ma s’è lagnato tutto er giorno, lo dovevi sta’ a senti’. ‘Na rottura di coglioni che nun te dico.
Il Freddo rise divertito, infilandosi il casco e piantando per bene i piedi sull’asfalto mentre accendeva il motore.
- Ho capito, più tardi lo vado a trova’. – annuì.
- E magari je offri ‘na camomilla, che quando nun ce stai te ‘n mezzo ai piedi ce sta a fa’ lavora’ er doppio. – concluse Sergio, salutandolo con una mano ed entrando in macchina mentre suo fratello girava dall’altro lato per prendere posto sul sedile del passeggero. – Se vedemo, Fre’.
- Se vedemo. – rispose lui con un cenno del capo, prima di sollevare i piedi da terra e partire verso casa.
Spalancò gli occhi all’improvviso – mentre il sonno, così come aveva cominciato a gravargli pesantissimo sulle palpebre, gli scivolava via di dosso con una facilità impressionante – quando vide Roberta seduta sul divano, un libro aperto sulle ginocchia, un quaderno per gli appunti stretto in una mano ed una matita mezza mangiucchiata fra le dita, impegnata a picchettare sulle pagine piene di scarabocchi e sottolineature del libro di testo.
Lei sollevò subito lo sguardo, sentendolo entrare, e gli rivolse un sorriso radioso mentre metteva via libro, quaderno e matita, e si srotolava tutta da sotto la coperta che s’era buttata addosso per alzarsi in piedi ed andargli incontro.
- Sei tornato. – disse allegra, sollevandosi sulle punte per allacciarlo al collo e baciarlo lievemente sulle labbra, - Hai fatto presto. Pietro l’aveva detto.
Lui inarcò un sopracciglio, cingendola alla vita e traendola verso di sé mentre ricambiava il bacio.
- Pietro l’aveva detto? – domandò, ripetendo il suo nome con una certa difficoltà, sentendolo scivolare sulla lingua con un attrito enorme dettato dalla scarsa abitudine che aveva a chiamarlo così, - Hai parlato col Libanese?
Lei annuì freneticamente, gli occhi brillanti e un sorriso felicissimo a schiudere le labbra tanto morbide e dolci che Freddo si sentì quasi obbligato a chinarsi ad assaggiarle ancora, seppure per un breve attimo.
- È passato a trovarmi quando ha saputo. – disse lei, ridacchiando, fra un bacio e l’altro, - E poi ogni volta che aveva qualche novità. Per tenermi aggiornata, sai? E poi… - aggiunse, stringendosi nelle spalle con un’esitazione minima, - …mi ha chiesto un favore.
Freddo si allontanò immediatamente, scrutandola dubbioso.
- Che favore? – chiese allarmato. Lei si strinse ancora nelle spalle, rimpicciolendosi fino a sembrare una bimba spaurita. I suoi occhi, però, brillavano svegli, denunciando una consapevolezza ben maggiore di quella che il suo atteggiamento dimesso e remissivo imitavano. Freddo le tirò una bottarella contro una spalla, lieve, e lei immediatamente si mise a ridere, assumendo una postura meno infantile e più simile a lei. – Che favore, Robbe’? – insisté, piegandosi su di lei fino a sovrastarla.
Lei sorrise ancora, per nulla intimorita dal suo comportamento.
- Lo so che mi hai ripetuto mille volte di non farmi coinvolgere… - cominciò conciliante, mentre lui annuiva brusco, perché in effetti era vero, gliel’aveva ripetuto mille volte, e non tanto per dire, - ma quando mi ha detto che era improbabile farti uscire velocemente se l’avvocato non forniva un alibi plausibile, ho dovuto per forza.
- Per forza? – ripeté lui, accigliandosi, - Per forza ‘n cazzo, a Robbe’, ma m’ascolti quanno parlo? T’ho detto sempre, quarsiasi cosa succede, te il nome tuo accanto ar mio a Scialoja nun lo devi fa’!
- Fabrizio, non cominciare con la paternale, ti prego… - si lagnò, sospirando sconfitta e sollevando gli occhi al cielo.
- Non la pianto no. – sbottò lui, afferrandola per il mento e riportando i suoi occhi nei propri, - Cosa t’ha detto Libano?
Roberta sospirò, mentre sulle sue labbra si apriva un sorriso lontano la cui sfumatura maliziosa Freddo non riuscì minimamente a ignorare, rabbrividendo lungo tutto il corpo.
- È entrato qui ed è partito subito con quel suo vocione burbero, - raccontò con divertita tenerezza, - “Gli serve un alibi, e gli serve mo’”.
- E poi? – la esortò lui, stringendo la presa attorno alle sue spalle e strattonandola un po’, come volesse riscuoterla da un sonno profondo, - Che t’ha detto pe’ farti decidere che ce dovevi anna’?
Lei sorrise ancora, piegando gli angoli della bocca verso l’alto in un’espressione vagamente felina.
- È stato piuttosto convincente. – disse, e lo stesso brivido che prima aveva scosso Freddo nell’osservare quell’increspatura inedita così maliziosa sulle sue labbra tornò a percorrerlo lungo tutta la spina dorsale, dandogli la pelle d’oca.
- Che vor di’ che è stato convincente? – chiese senza fiato, e non ebbe la forza di voltarsi quando sentì la voce del Libanese a qualche metro di distanza alle sue spalle.
- Che c’è, Fre’? – gli chiese, il tono perfettamente rilassato, - Nun te fidi più de me?
Freddo lasciò immediatamente andare Roberta, che rispose all’improvviso allontanarsi del suo calore dal proprio corpo con un risolino divertito e perfino vagamente compiaciuto. Sembrava che l’idea di averlo sconvolto tanto la entusiasmasse, quasi. Di certo entusiasmava il Libanese, Freddo ne era sicuro. Ne fu ancora più sicuro quando lo sentì avvicinarsi – i suoi piedi nudi schioccavano contro il pavimento ad ogni passo – e ridere brevemente alle sue spalle, uno sbuffo appena udibile ma incredibilmente caldo sulla sua nuca.
- Che ce fai qua te? – gli chiese, fissando Roberta, che però sapeva che non era con lei che stava parlando, e perciò si limitò a continuare a sorridere beata.
Il Libanese sbuffò un’altra risata, e subito dopo Freddo lo sentì agitare velocemente la testa da un lato e dall’altro, poco prima che una pioggia di goccioline d’acqua ancora tiepida investisse in pieno sia lui che Roberta, nonostante la copertura che le offriva col proprio corpo. Lei rise divertita, concedendosi un piccolo urlo stridulo mentre indietreggiava senza volerlo veramente fare e si schermava il viso con le braccia. Le sue spalle strette e magre si scuotevano con una naturalezza quasi fastidiosa. Non avrebbe dovuto essere così a proprio agio. Lui non lo era.
- C’avevo bisogno de ‘na doccia. – rispose il Libanese, passandosi lentamente le mani fra i capelli, come per districarne i nodi. Freddo riusciva a sentire lo scricchiolio che le sue dita producevano passando in mezzo ai capelli bagnati e puliti, e mentre si mordeva con forza l’interno di una guancia provò l’irrefrenabile desiderio di voltarsi a guardarlo. Ma non lo fece. – Robertina è stata tanto gentile da offrirme ‘n posto ‘ndo falla. Casa mia sta dall’artro lato d’a città.
- E dovevi veni’ qua pe’ farte ‘na doccia? – chiese in un ringhio infastidito, irrigidendo le braccia lungo i fianchi. Roberta sorrise, sollevando una mano per accarezzargli dolcemente il viso dalla tempia al mento, prima di appoggiarsi contro di lui sistemandosi fra il suo petto e l’incavo del suo collo.
Il Libanese rise, appoggiando la fronte bagnata alla sua nuca. I suoi capelli gli scivolarono sul collo e sulle scapole, bagnandogli la camicia.
- Ce stavo già qua, Fre’. – rispose con la massima tranquillità, - Io e la squinzia tua ce siamo fatti ‘na bella chiacchierata nell’ultimi giorni.
Freddo si voltò di scatto, incapace di trattenersi oltre. Roberta si allontanò istantaneamente, come se lo aspettasse ed avesse contato da dieci a zero per spostarsi nel momento esatto in cui lui si fosse mosso, per non farsi male né dargli fastidio. Tornò ad appoggiarsi a lui quasi subito, aderendo perfettamente alla sua schiena – Freddo sentì i suoi seni piccoli e sodi premuti contro le scapole attraverso la camicia resa sottilissima, quasi impalpabile, dall’acqua che gli era piovuta addosso dai capelli del Libano – e trattenne a stento un gemito mordendosi la lingua. Il Libanese rimase immobile, adesso di fronte a lui. Sorrideva sereno, i lineamenti più distesi di quanto non gli avesse visto addosso in mesi, e i capelli gli scendevano disordinati sulla fronte, sulle guance, sul collo. Indossava solo i pantaloni – sbottonati – e le sue braccia, le sue spalle e il suo petto brillavano di minuscole goccioline d’acqua che portava addosso come brina dopo una notte particolarmente fredda.
- Che me stai a di’, Libano? – gli chiese a corto di fiato, mentre Robertina gli faceva scorrere le mani lungo le braccia e poi gli si appendeva al collo, sollevandosi sulle punte per lasciargli un bacio umido appena sotto l’orecchio. Freddo osservò il Libanese sorridere in maniera appena più dolce nel vederla sbucare come una bimba da dietro la sua spalla, aggrappandosi alla sua camicia come volesse impedirsi di capitombolare sul pavimento, neanche si fosse issata su uno sgabello malfermo invece che sulle punte dei piedi.
- Hai detto ‘n sacco de cose su de me a Robertina. – disse Libano, tornando a guardare lui e scrollandosi dalla fronte qualche ciocca di capelli bagnati in un gesto spiccio. – Da quanno so’ ‘n tipo pericoloso, io? – chiese, fra il divertito e il fintamente offeso.
- Da prima che te posassi l’occhi addosso. – rispose immediatamente Freddo, cercando di concentrarsi per non cedere alle lusinghe delle labbra morbidissime di Roberta, che lo invitavano a rilassarsi, sciogliere i muscoli delle spalle e delle braccia e lasciarsi trascinare in qualcosa che Freddo non era certo di volere, o di avere del tutto capito, peraltro.
Libano rise ancora, avvicinandosi di un passo. Aveva addosso il profumo del suo bagnoschiuma.
- E c’hai ragione. – gli disse in un soffio, prima di sporgersi in avanti abbastanza da chiudere con forza le labbra sulle sue.
Freddo gli piantò le mani sul petto, il palmo bene aperto, e cercò di mantenere la presa sulla sua pelle bagnata abbastanza da spingerlo lontano da sé. Riuscì a staccarselo di dosso – anche perché il Libanese non gli oppose una vera resistenza – ma non ad allontanarlo di qualche metro come avrebbe voluto. Robertina gli rise addosso, strusciando il naso contro il suo collo fin quasi a infilarlo sotto il colletto della sua camicia. Le mani del Libanese si alzarono lentamente, abbastanza lentamente da permettergli di evitarle, se solo avesse voluto o ci avesse provato, ma Freddo non fece niente di concreto per impedire loro di serrarsi attorno ai suoi polsi, e così loro lo fecero.
- Che stai a fa’? – trovò la forza di balbettare, deglutendo a vuoto. Il Libanese gli lanciò un’occhiata gonfia di affettuoso fastidio, mentre il sorriso sulle sue labbra si disperdeva del tutto, lasciandogli addosso solo un’espressione concentrata e tesa, quasi ansiosa.
- Te devo proprio spiega’ tutto, eh? – lo prese in giro, costringendolo ad abbassare le braccia fino a stenderle lungo i fianchi e tornando a farsi avanti.
- Sì. – disse lui, scostandosi indietro per un paio di centimetri, quanto gli permetteva la presenza costante di Roberta, sempre più aderente alla sua schiena, sempre più vicina e calda.
Il Libanese si concesse un altro mezzo sorriso, gli occhi già chiusi, le labbra che sfioravano le sue.
- Stavorta no. – gli rispose, prima di baciarlo ancora.
Freddo provò a tirarsi indietro anche stavolta, ma nello stesso istante in cui le labbra del Libanese si posarono sulle sue, quelle di Robertina si appoggiarono con dolcezza sul suo collo, percorrendone la linea curva dall’alto verso il basso e ritorno, mentre le sue mani, con la stessa identica leggerezza, volavano all’orlo inferiore della sua camicia e lo tiravano fuori dai jeans.
Mugolando appena, Freddo provò a piegare il capo per vedere se, in questo modo, riusciva a sottrarsi dalle labbra di Libano ormai dischiuse e umide sulle sue, ma il movimento non portò altro che un gesto gemello e opposto da parte del Libanese, e nello stesso istante in cui anche il suo capo fu piegato Freddo sentì la sua lingua scivolargli in bocca e cominciare ad accarezzare la sua con una gentilezza perfino inedita, e che era l’unica della quale si potesse parlare riferendosi a Libano, soprattutto contando quanto strette erano ancora le sue dita attorno ai polsi, e quanto male facevano.
Le dita di Roberta scivolarono leste lungo i suoi fianchi, aprendosi sul suo petto e percorrendolo in lunghe carezze calde da sopra la camicia, prima di stringersi attorno ad ogni bottoncino, slacciandoli uno ad uno. Ogni volta che un bottone scivolava fuori dalla propria asola, le nocche di Roberta sfioravano il petto del Libanese, ormai tanto vicino da premere contro il suo ad ogni respiro, e le sue sopracciglia di corrugavano, mentre per un attimo, solo per un attimo, il suo bacio si faceva più affamato, come si sentisse divorare dall’insoddisfazione perché, impegnato com’era a tenerlo fermo, non poteva essere lui a spogliarlo.
Solo dopo molti secondi il Libanese si decise a smettere di baciarlo, scostandosi di qualche centimetro solo ed esclusivamente per riprendere fiato. Gli si appoggiò addosso, fronte contro fronte, mentre Roberta gli faceva scivolare la camicia lungo le spalle e poi scendeva a sbottonargli i pantaloni.
- Mo’ te lascio anna’… - disse il Libanese a voce bassa, gli occhi ancora chiusi, le labbra arrossate, dischiuse, umide e vergognosamente invitanti, - Ma te niente movimenti bruschi, ce semo capiti? – si raccomandò, spingendosi lievemente in avanti quando il dorso delle mani di Roberta sfiorarono accidentalmente il cavallo dei suoi pantaloni nello sfibbiare quelli del Freddo.
Lei rise, divertita dal movimento e dalla pressione improvvisa, ma non si lasciò distrarre. Anche Libano si concesse un sorriso ugualmente divertito, schiudendo gli occhi per lanciarle uno sguardo quasi orgoglioso.
- Te stai a diverti’, Robertina? – le chiese, lasciando andare un polso al Freddo solo per allungare una mano verso la guancia morbida e un po’ arrossata di Roberta, appoggiandole addosso solo due dita e lasciandogliele scivolare lungo il viso in una carezza lievissima, come avesse paura di romperla a pressare con un po’ di forza in più.
Lei annuì senza starci troppo a pensare, ridacchiando ancora. Freddo si lasciò sfuggire un grugnito fra il disapprovante e l’imbarazzato.
- Io nun me sto a diverti’ pe’ niente. – notificò con fastidio, stringendo i pugni lungo i fianchi.
- E mo’ ce pensamo a fa’ diverti’ pure te. – lo rassicurò il Libanese, spingendosi con forza contro di lui ed incastrando le mani di Roberta fra i loro bacini. Lei si lasciò sfuggire un urletto concitato nel sentire per la prima volta, all’improvviso e contemporaneamente, quanto duri fossero entrambi al di là del tessuto pesante dei pantaloni che ancora indossavano, ma non perse tempo prima di stringere le dita attorno alle forme appena intuibili delle loro erezioni, accarezzandole lentamente dall’esterno. Freddo mugolò, socchiudendo gli occhi e voltando il capo nel tentativo di sfuggire allo sguardo vigile e serio del Libanese, ma lui gli si avvicinò ancora, spingendosi in movimenti lunghi e lenti all’interno della stretta di Roberta. Le sue dita piccole e magre riuscivano a malapena a chiudersi per metà attorno alla loro voglia svettante fra le gambe, e questo lasciava libere le loro erezioni di sfiorarsi appena ogni volta che uno o l’altro spingeva all’interno dell’incavo generato dalle dita della ragazza, ed ogni carezza, ogni spinta, ogni sfioramento casuale era un brivido che si scioglieva fra di loro, sulle loro pelli, costringendoli a tremare di desiderio via via sempre più violentemente.
Le mani di Roberta si fermarono all’istante dopo una stretta più forte delle precedenti, come volesse saggiare la consistenza della loro voglia prima di stabilire il da farsi. Freddo riuscì solo distrattamente a chiedersi quando e come tutto questo fosse successo, dove Roberta avesse trovato il tempo di assimilare automatismi simili nei soli due giorni in cui lui era rimasto in galera, ma poi ricordò quanto semplice ed immediato potesse essere prendere le abitudini del Libanese dopo aver cominciato a girargli attorno, e strinse forte pugni e denti per impedirsi reazioni fuori controllo mentre lei si allontanava da loro e, quasi per riflesso, si allontanava da lui anche Libano, tornando improvvisamente a fargli sentire addosso l’aria gelida del garage.
Roberta lo prese per mano, sorridendogli deliziata mentre lo conduceva attraverso i pochi metri che lo separavano dal letto, e poi s’inginocchiò sul materasso, gattonando fino al centro e poi issandosi nuovamente sulle ginocchia e restando lì immobile per qualche secondo – aspettando che anche Libano si avvicinasse per poterla guardare da vicino – prima di cominciare lentamente a spogliarsi.
Freddo si sentì avvampare quando vide la sua pelle rosa e liscia cominciare ad emergere dai vestiti. Sotto il maglione a collo alto, che Roberta tenne fra le mani solo qualche secondo prima di lasciarlo scivolare sul pavimento, e sotto la gonna lunga e vaporosa e variopinta, che finì a pochi passi dai suoi piedi non più di un minuto dopo. La osservò stendersi sul letto restando in biancheria intima – le mutandine bianche e la canottiera leggerissima dello stesso colore le conferivano quell’aria dolce e un po’ infantile che Freddo aveva sempre adorato, e che improvvisamente, accompagnata dal sorriso carico di malizia che le increspava le gambe, sembrava la cosa più eccitante mai vista prima – e non riuscì a trattenersi quando le sue gambe si piegarono autonomamente, facendogli strada verso il materasso, verso il suo calore, verso il suo corpo.
Il Libanese rimase a guardarli entrambi, in piedi accanto al letto. Li guardò e sorrise, abbassando la cerniera già aperta per metà dei jeans e poi sfilandoli con lentezza una gamba dopo l’altra, decidendo però di rimanere ai margini della scena ancora per un po’ mentre Freddo si sistemava fra le cosce di Roberta – che lo accolse con sollecitudine, stringendolo in un abbraccio incredibilmente dolce e sollevando il bacino per non impedirlo nei movimenti quando lui fece cenno di volerle sfilare le mutandine, dopo essersi liberato della sua canottiera ed avere affondato il viso fra i suoi seni.
Fu solo quando vide il Freddo cominciare a perdersi sulla sua pelle, il bacino che già si muoveva in maniera scomposta cercando la via per la sua intimità, che si decise a salire sul materasso, avvicinandosi ai due senza far caso alla confusione che faceva muovendosi, semplicemente perché sapeva che Freddo nemmeno si sarebbe accorto della sua presenza finché lui non l’avesse obbligato a farlo, e Robertina non avrebbe avuto niente da ridire in nessun caso.
Si fermò alle spalle del Freddo, restando immobile per qualche secondo, finché lui non si sollevò appena per stringere la propria erezione alla base e guidarla all’interno del corpo di Roberta, che lo accolse dentro di sé con un gemito umido e tremante, gonfio di voglia, che quasi le esplose sulla lingua. Era solo per metà dentro di lei quando il Libanese si chinò sulla sua schiena e cominciò a lasciare una scia di piccoli baci umidi lungo la sua spina dorsale, solleticandolo ogni volta che gli sfiorava la pelle con la barba.
Freddo rabbrividì e sussultò, il Libanese intuì che avrebbe voluto protestare, e non gli lasciò il tempo di farlo. Gli girò un braccio attorno alla vita, afferrandogli il viso con la mano libera e costringendolo a voltarsi abbastanza da incrociare le sue labbra già dischiuse e umide, che lo coinvolsero in un bacio affamato e senza scampo mentre Roberta stringeva le gambe attorno ai suoi fianchi e si spingeva contro di lui, prendendolo dentro fino alla base ed inarcando la schiena in un mugolio compiaciuto.
Freddo sollevò una mano e la appoggiò su quella del Libanese che premeva con forza contro la sua guancia, per tenergli immobilizzato il viso, e quando quella stessa mano scivolò lungo il suo collo e poi lungo la sua schiena lui mandò la propria più indietro, la avvolse attorno al collo del Libanese e perse le dita fra i suoi ricci bagnati mentre si spingeva con forza dentro Robertina, che fremeva violentemente ogni volta che lui, spingendo, guadagnava centimetri dentro il suo corpo, solleticandola in profondità come mai prima di quel momento.
Libano insinuò due dita umide fra le sue natiche, lo stuzzicò dall’esterno accarezzandolo per tutta la lunghezza del solco e Freddo tremò di paura, confuso. Si separò dalle labbra del Libanese e quasi crollò in avanti, addosso a Roberta, che riuscì a reggerlo bene serrando le cosce attorno a lui ed accarezzandogli il viso con entrambe le mani, aiutata dal Libanese che mantenne forte la presa attorno alla sua vita. Lei lo guardò con indulgenza, accarezzandogli le tempie e ravviandogli i riccetti umidi di sudore lungo i lati della testa, sussurrandogli parole di zucchero sulle labbra e rassicurandolo dolce fra un bacio e l’altro. Il Libanese non si lasciò sfuggire un suono, invece: lo aiutò a spingersi dentro di lei dando piccoli colpetti al suo bacino col proprio e nel mentre continuò la propria esplorazione del suo corpo, attendendo finché Freddo non si fosse rilassato completamente prima di spingere un dito dentro di lui. Freddo si inarcò con violenza in risposta a quell’intrusione forzata, il suo bacino scattò improvvisamente in avanti e Roberta gemette con forza, stringendo convulsamente le dita attorno alla sua testa, affondandole fra i ricci e contraendosi attorno a lui, strappando lo stesso gemito gravido di piacere anche dalle sue labbra.
Anche il Libanese gemette allo stesso modo. Strinse con forza fra le dita la propria erezione ormai tanto tesa da fare male e si affrettò a spingere anche il medio all’interno del corpo del Freddo, muovendosi piano dentro di lui per guadagnare spazio, mentre lui gemeva perso dentro Roberta. Libano si morse un labbro con tanta forza da farlo sanguinare, e solo sentire sulla lingua il sapore metallico del proprio stesso sangue lo eccitò ancora di più. Sfilò le dita e tenne Freddo fermo per i fianchi, aspettando di vederlo affondare dentro Roberta per affondare a propria volta dentro di lui.
Freddo imprecò, aprendosi a fatica attorno alla sua erezione e contraendo tutti i muscoli attorno a lui per la sorpresa e il dolore. Era così stretto e caldo da togliergli il respiro. Libano affondò le dita nei suoi fianchi, scoprendoli più morbidi di quanto non avrebbe mai pensato, e cercò di trattenere l’istinto e la voglia che aveva di seppellirsi in fondo al suo corpo così in profondità da non poter più ritrovare la strada per uscire.
Si mosse piano, avanzando solo di un paio di centimetri per volta, mentre Freddo rimaneva perfettamente immobile, steso sotto di lui e sopra Roberta, abbandonato ed esausto, bersagliato da troppe sensazioni per poterle tenere a bada, per potere impedir loro di sopraffarlo. Roberta continuava a muoversi attorno a lui, scopandolo più di quanto lui non stesse scopando lei, e il Libanese non poté trattenersi dall’allungare una mano verso il suo viso così piccolo e dolce e perso nell’estasi del piacere che, a conti fatti, si stava procurando da sola. Le accarezzò una guancia con reverenza, prima di spingersi fino alla base dentro il corpo di Freddo ed osservarlo scattare in avanti all’improvviso ancora una volta, costringendo Robertina all’ennesimo gemito liquido e spezzato, mentre le sue gambe scioglievano la loro stretta attorno alla vita del Freddo per riannodarsi più indietro, sulla schiena di Libano, attirandolo con più forza dentro il corpo di Freddo e portando quest’ultimo a spingersi ancora più in profondità dentro di lei per riflesso.
- Oh, mio Dio… - esalò la ragazza in un ansito spezzato. Freddo trovò la forza di sollevarsi abbastanza da posarle sulle labbra un bacio umido e aperto mentre lei continuava a dimenarsi sotto di lui, e il Libanese si sentì in un secondo così incredibilmente pieno da esserne quasi nauseato. Piantò le mani sul materasso, puntellandosi fra le coperte per cominciare a spingere ad un ritmo più sostenuto, aumentando la pressione che esercitava sul Freddo carica dopo carica, abbattendosi contro di lui con decisione sempre maggiore e sentendolo rabbrividire e gemere ad ogni spinta, sentendo perfino la voce di Roberta alzarsi di tono e volume botta dopo botta, osservandoli baciarsi fra loro in una confusione di labbra e lingue e denti e scendendo a mordere con forza il Freddo sulla nuca per ricordargli che c’era pure lui, anche se non poteva vederlo, ricevendo in cambio una contrazione che gli riempì tutto il corpo di scariche di piacere intense e disordinate. Freddo sapeva esattamente dov’era, Freddo sapeva esattamente cosa stavano facendo, Freddo l’aveva capito senza che dovesse spiegarglielo a parole, e quando Robertina esalò uno stremato “vengo ancora!”, chiedendosi a quante volte fosse arrivata Libano si spinse ancora più in profondità dentro il Freddo, venendo dentro di lui e continuando a gemere ad ogni contrazione mentre, con un minimo di ritardo, anche il Freddo si riversava dentro Robertina, prima di crollarle esausto addosso.
Di fuori, la notte non era ancora tarda, ma era già buia e piuttosto fredda. Nonostante quello, il Libanese, appoggiato al cofano della propria macchina e col naso per aria, non sembrava soffrire il freddo. Aveva i piedi sporchi di terriccio, e le dita arricciate verso l’interno, come a voler esporre la minor quantità di pelle possibile alle spigolature della ghiaia che ricopriva il terreno.
Freddo avanzò verso di lui e si sedette al suo fianco, sfiorando il suo fianco col proprio e guardando le stelle a propria volta.
- Che ce troverete tutti d’interessante. – commentò il Libanese, scrollando le spalle ed abbassando lo sguardo sul suo viso, - A me m’annoia guarda’ er cielo.
Freddo sorrise appena, stringendosi nelle spalle.
- Nun è robba pe’ te. – rispose. Libano si accigliò appena.
- Che vor di’? – chiese brusco, e Freddo rise.
- Niente. – rispose, girandogli un braccio attorno alle spalle, - Solo che te sei fatto pe’ altra robba. – spiegò, e Libano non poté che concordare, annuendo lentamente. – Senti, - chiese Freddo dopo un po’, - ma se po’ sape’ che je hai dato a Robertina? – Libano inarcò un sopracciglio e poi si guardò il cavallo dei pantaloni con aria allusiva, e Freddo rise un’altra volta, battendogli un pugno contro una spalla. – A parte quello, intendo.
- Niente. – rispose lui, scrollando le spalle, - Giuro! – insisté sgomento di fronte all’occhiata dubbiosa del Freddo, il quale rise ancora e si limitò a scuotere con rassegnazione il capo, appoggiandosi a lui.
- Se po’ sape’ perché l’hai fatto? – gli chiese in un mezzo sussurro, tornando a guardare il cielo in cerca della propria stella. Quella notte non si vedeva, però.
Libano sospirò pesantemente, roteando gli occhi e lanciandogli un’occhiata infastidita.
- Aò, - disse lagnoso, - ma te devo mica spiega’ tutto pe’ davero? – chiese, prima di sospirare ancora ed afferrarlo per il mento, costringendolo a voltarsi per stampargli sulle labbra un bacio inizialmente goffo e incerto e poi via via sempre più affamato e sicuro.
Freddo sorrise appena, allontanandosi da lui per riprendere fiato.
- …stavorta no. – disse, un po’ facendogli il verso, un po’ credendoci per davvero.
Lanciò un’altra occhiata alla volta carica di stelle sopra di loro. Della sua, ancora nessuna traccia.
- A Fre’, la pianti o no de fissa’ er cielo? – gli chiese bruscamente Libano.
Freddo smise subito di cercare.