Fandom: Originali
Genere: Introspettivo.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, AU.
- "Nonostante fuori sia già buio, la stanza è avvolta nell’oscurità più totale, ed al suo interno tutto sembra immobile."
Note: Al solito, l'universo di riferimento è quello descritto in questa storia della Tab che tutti voi dovreste leggere ed amare. Per quanto riguarda questa storia, invece, è un po' l'anello di congiunzione fra l'uomo e la larva la mia The Reason e l'altra mia Lovely On My Hand. Un giorno smetterò di saccheggiare a mani basse i 'verse creati dalla Tab, e quello sarà il giorno in cui smetterò totalmente di scrivere.
Scritta per la settima ed ultima settimana del COW-T @ maridichallene (Missione 5, prompt: wing!fic).
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E FUORI È BUIO

Nonostante fuori sia già buio, la stanza è avvolta nell’oscurità più totale, ed al suo interno tutto sembra immobile. Matias dovrebbe essere sveglio già da un pezzo, ma a quanto pare oggi il richiamo del sangue e della sua fame non è sufficiente a scollarlo dal letto e dalle coperte sotto le quali si nasconde. Inusuale, pensa Dimitri, chiudendosi la porta alle spalle ed avventurandosi all’interno della camera buia, ma non del tutto incomprensibile.
- Tuo fratello dice che non vuoi vedere nessuno. – comincia, muovendo un passo all’interno della stanza, le ali ripiegate dietro la schiena che vibrano appena, diffondendo attorno alla sua persona un chiarore appena sufficiente per illuminargli la strada. Se solo volesse, potrebbe sprigionare abbastanza luce e calore da illuminare non solo quella stanza, ma l’intera città, come un piccolo sole. Potrebbe far risplendere la propria pelle della luce stessa di Dio, e scacciare le ombre da ogni singolo anfratto di questo paese, probabilmente dell’intero pianeta, ma non lo fa. Perché Matias ne morirebbe, e Dimitri non vuole.
- Ha ragione. – risponde il ragazzo, la voce tetra, resa più bassa e confusa dal fatto che Matias sembra stare parlando mentre affonda il viso nel cuscino. – Quindi cosa ci fai qui?
Dimitri si guarda intorno, cercando di riconoscere i contorni di un ambiente che non ha mai visto, ma che ha spesso immaginato. Sa che questa era la stanza che Matias e Miguel condividevano prima che lui morisse. Scioccamente, la credeva più luminosa.
- Ho sentito che non stavi bene. – risponde alla fine, avvicinandosi al letto ma rimando ad un paio di passi di distanza. Ora che è così vicino, può scorgere il contorno del corpo di Matias, appallottolato sotto le coperte. – Ho pensato di passare a trovarti.
Matias non risponde subito. Dimitri lo sente muoversi appena in un fruscio sottilissimo.
- Sto bene. – dice quindi, cercando di ostentare sicurezza. La sua voce lo tradisce, però. Gli trema sulla lingua e fra le labbra. Non tanto, è una vibrazione quasi impercettibile, ma non abbastanza per Dimitri. – Ci sono solo giorni peggiori di altri. Ma passerà.
Dimitri sospira, annullando la distanza che ancora lo separa dal letto e sedendosi sulla sponda, stando bene attento a non schiacciare Matias. Poi solleva una mano, e la poggia sulla curva della montagnola di coperte affastellate al suo fianco. Le sue dita trovano subito la strada del disegno spigoloso e regolare della spina dorsale di Matias, e subito la seguono, ricalcandone i contorni in una carezza tiepida e rassicurante.
- Capisco cosa intendi. – annuisce.
- No, non lo capisci. – ringhia Matias, - È così tipico di voi angeli. La presunzione con cui affrontate ogni cosa! Vi detesto.
Dimitri abbassa lo sguardo, una carezza interrotta a metà della schiena del ragazzo.
- Io ho l’impressione che sia tu a parlare con presunzione, adesso. – dice piano. Matias ringhia ancora, liberandosi in uno scatto nervoso delle coperte che ancora lo nascondono agli occhi dell’angelo e poi voltandosi a guardarlo, le labbra sottili tirate sulle zanne scoperte.
Gli basta solo un’occhiata per calmarsi, però. Gli occhi chiari e tristi di Dimitri parlano lo stesso linguaggio dei suoi, e – sentendosi in difetto – Matias distoglie lo sguardo, stringendo i pugni attorno al lenzuolo.
- Non dovresti essere qui, adesso. – gli dice, incapace di tornare a guardarlo. Nell’insieme, Dimitri non somiglia affatto a Miguel, ma ci sono certi dettagli – il colore della sua pelle, i lineamenti regolari del suo volto, il modo in cui le sue labbra si piegano quando gli sorride – che glielo ricordano in modo incredibilmente doloroso.
Da quando Miguel è morto, Matias si sente bene solo in compagnia di Dimitri. No, non bene. Meglio. Che poi è il massimo a cui può aspirare adesso.
Ciononostante, ci sono dei momenti in cui a stento riesce a sopportarne la vista, e questo è uno di quelli.
Dimitri solleva una mano. È un gesto cauto, gentile, ma generoso nel coraggio che dimostra. Conosce bene Matias, sa che potrebbe azzannarlo in un attimo. Dimitri è veloce, ma non abbastanza da sfuggire alle sue grinfie, se Matias decide di fare sul serio. Ciononostante, da quando hanno cominciato a passare del tempo insieme, pur senza la minima garanzia di sicurezza, Dimitri ha scelto deliberatamente di mettere da parte la prudenza, probabilmente immaginando che solo così sarebbe riuscito a sfiorarlo davvero. Matias aveva bisogno che lui gli si offrisse indifeso e inerme, o non l’avrebbe mai lasciato entrare, e Dimitri ha ritenuto opportuno farlo, e continua a farlo ogni volta, con una sorta di contegnoso rispetto che disturba Matias quasi più di tutto il resto.
Matias segue il momento della mano di Dimitri con diffidenza, ma non si sposta – anche se vorrebbe – quando sente le sue dita tiepide sfiorargli una guancia. Chiude gli occhi, invece, rilasciando un sospiro inutile che non esprime altro che sollievo, mentre si appoggia senza pudore al palmo della sua mano aperta, strusciandovi contro il viso come un gatto.
Dimitri sorride, accarezzandolo gentilmente.
- Sei così ostinato. – commenta a bassa voce. Matias aggrotta appena le sopracciglia, ma non smette di muoversi, né di godere del calore delizioso di Dimitri contro la sua pelle gelida, - È un tratto caratteriale o tipico di tutti i vampiri?
- Ti risulta che Miguel fosse un tipo facile alla resa? – ribatte lui, il tono tagliente mitigato solo dall’espressione beata che, controvoglia, gli distende i tratti del viso, - E anche tu, in realtà, sei abbastanza testardo. Quindi direi che essere un vampiro non ha proprio niente a che fare con la questione.
Dimitri sorride ancora, disegnando col pollice il contorno dello zigomo di Matias.
- Probabilmente hai ragione. – ammette a bassa voce.
- Io non ho mai torto. – ribatte Matias, stirando sulle labbra un sorriso divertito che si smorza subito, mentre le sue dita si chiudono con maggiore forza attorno alle coperte spiegazzate. – Mi manca terribilmente. – si lascia sfuggire in un mezzo singhiozzo, gli occhi ostinatamente chiusi. Dimitri solleva anche l’altra mano, accarezzandogli anche l’altra guancia.
- Lo so. – mormora, avvicinandosi appena mentre Matias gli si lascia andare contro, come senza forze, - Devi tenere duro.
- Forse non voglio. – sussurra lui, scuotendo il capo.
- Che sciocchezze. – lo rimprovera Dimitri, le mani che scivolano lungo il suo collo e finiscono per circondargli le spalle in un abbraccio, - Miguel non vorrebbe questo, per te.
- Forse non mi interessa. – sussurra Matias, la voce rotta da un singhiozzo arreso, - Forse non me ne frega proprio niente di quello che Miguel voleva per me. Forse voglio solo dimenticarlo, o almeno provarci, e… - si interrompe all’improvviso, stringendo con forza il labbro inferiore fra i denti nel tentativo di impedirsi di piangere. Dimitri gli accarezza i capelli, sfiora le sue guance con le dita e si piega appena a lasciargli un bacio lievissimo sulla fronte. Matias si spezza in un altro singhiozzo mentre stringe con forza le mani attorno alla maglia che Dimitri indossa, strattonandola confusamente. Non sa neanche cosa gli sta chiedendo, o forse lo sa troppo bene, ma ha paura di dare voce al suo desiderio. Perciò si limita a dargli corpo, a chiudere le proprie labbra sul collo di Dimitri, a sfiorare la sua pelle sottile con la punta dei canini e con quella della lingua, in una richiesta affamata alla quale Dimitri non risponde se non con tocchi lievi delle dita. Sul suo viso, sul suo collo, sulle spalle lasciate scoperte dalla canottiera che indossa.
- Cosa vuoi fare? – gli domanda, mentre Matias allontana le zanne dalla curva del suo collo e si limita a poggiarvi sopra le labbra, sfiorandone il profilo con attenzione quasi esagerata.
- Non lo so. – ammette, schiudendo gli occhi. Le ali di Dimitri sono ancora elegantemente ed accuratamente ripiegate, ma tremano impercettibilmente, e Matias può sentirne le vibrazioni fin nelle vene. Che pulsano violente, come la sua fame. – Forse dovresti dirmi tu cosa posso fare.
Dimitri chiude gli occhi, appoggiandogli una mano sulla nuca per tenerlo stretto a sé.
- Io sono qui per te. – dice quindi, ed è una resa incondizionata che Matias non è in grado di ignorare, un invito languido al quale non è capace di resistere.
Si solleva sulle ginocchia, aderendo al corpo di Dimitri, avvolgendolo in un abbraccio stretto, quasi soffocante. Dimitri piega il capo, gli occhi ostinatamente chiusi, le ciglia chiarissime che tremano impercettibilmente. Matias può sentire ogni singolo sussulto del suo corpo, l’onda quieta del suo respiro, il rombo furioso del sangue nelle sue vene. Ricorda il sapore del sangue di Miguel, ne ricorda la dolcezza esagerata, quasi stucchevole, ricorda l’effetto che aveva su di lui, il calore che gli diffondeva sottopelle, come ridava colore alle sue guance.
Affonda i canini dove fa più male, quel punto incredibilmente sensibile poco sotto l’orecchio, e succhia con forza. Il sapore del suo sangue gli invade la bocca con violenza, pompato al doppio della velocità dai battiti furiosi del suo cuore. Dimitri si inarca, geme, piega il collo, schiude le ali dietro di sé, ed ogni singola piuma brilla forte del riflesso di milioni di soli.
Matias serra le palpebre, abbagliato. Lancia un lamento piagnucoloso, ma non si ritrae. Anzi, affonda le zanne sempre più in profondità, si scava un posto nella sua carne, sperando di potergli lasciare addosso un segno indelebile, anche se sa già che non riuscirà. Ricorda bene i segni sulla pelle di Miguel, quanto poco durassero. Quanto detestasse la velocità con cui quei segni gli scomparivano dal corpo, quanto poco tempo servisse perché addosso non gli restasse più neanche una traccia di lui.
Si allontana da Dimitri ansimando pesantemente, due rivoli di sangue che gli scivolano giù dalle labbra dischiuse, fino al mento. Il sangue degli angeli è più chiaro di quello degli esseri umani, di un rosso più acceso, di una consistenza più lieve, meno viscosa, è liquido quasi come l’acqua. Scivola fuori dai fori gemelli sul collo di Dimitri con una naturalezza disarmante, due gocce, poi altre due. La luminosità della sua pelle è meno accentuata, adesso. Le sue ali tremano con forza, come quelle di certi uccelli feriti. Matias lascia le proprie mani libere di scorrere lungo i fianchi dell’angelo, saggiando la consistenza delle sue ossa sottopelle. Sono fragili, proprio come quelle degli uccelli. Erano così anche quelle di Miguel? Matias non riesce più a ricordare.
Ringhia appena, tornando ad appoggiare le labbra sulle due ferite fresche. Le lecca piano, le stuzzica più per il proprio piacere che per quello di Dimitri, ma quando lo sente cominciare a gemere – ansiti forti ed incredibilmente sporchi che gli riempiono le labbra e ne gocciolano fuori, liquidi e densi – riprende a succhiare con forza, riempiendosi la bocca del suo sapore, lasciandosi guidare dall’istinto.
È l’istinto a condurre le sue mani sotto i vestiti di Dimitri, l’istinto a spingerlo a liberarsi dei propri, l’istinto – arrabbiato e crudele, l’istinto del cacciatore – a spingerlo dentro di lui. Famelico e imprudente, come una bestia troppo a lungo privata del proprio pasto – no, non di un pasto, solo della soddisfazione del sangue, della placida calma che regna incontrastata nel cuore degli atti più violenti – si avventa su di lui, rabbioso e veloce; se potesse, lo farebbe a brandelli, e non perché lo odia, e neanche per quello che gli ricorda, solo perché è qui, nel momento sbagliato, e gli si è arreso fra le dita. Solo perché può fargli del male, lo farebbe, ed è ad un passo dal farlo quando l’oscurità dorata ed evanescente delle ali di Dimitri si chiude attorno a lui, e Matias spalanca gli occhi, solleva il capo, e deglutisce disperatamente.
Dimitri lo guarda, gli occhi azzurri placidi e trasparenti. Sorride, anche se le sue labbra sono così pallide da essere a malapena distinguibili dal resto della sua pelle. È una macchia bianca sullo sfondo cupo e brillante delle sue ali, avvolte attorno ai loro corpi come un nido.
- Va tutto bene. – dice. La sua voce suona vicina e distante allo stesso tempo. È come un’eco lontana, ma è dentro di lui, dentro la sua testa. – È tutto a posto. – continua, accarezzandogli le guance, ondeggiando il bacino contro il suo in movimenti lenti, dolci e sensuali. Matias nasconde il viso nell’incavo del suo collo, stringendogli entrambe le braccia attorno alla vita, premendoselo contro mentre scivola lento dentro e fuori dal suo corpo, protetto dal guscio morbido e profumato delle sue piume.
È un attimo. Il lampo di fame che prima c’è, e dopo non più. Matias geme con forza, spingendosi dentro di lui un’ultima volta, e quando viene gli si accascia addosso come privo di forze. In realtà si sente bene, non si sente neanche un po’ stanco, semplicemente non vuole dargli l’impressione di potersi alzare ad andare via. Non sa nemmeno se Dimitri lo farebbe, potendo, ma non vuole scoprirlo, non stanotte, perciò gli si drappeggia addosso come una coperta, il capo sulla sua spalla, un braccio spiegato sul suo petto, le gambe attorcigliate alle sue.
Fissa un punto casuale nel buio, fino a mezz’ora prima l’avrebbe definito vuoto, ma ora sa che non è più così. C’è Dimitri, adesso. Riempie lo spazio con la stessa forza vigorosa e inutilmente invadente con la quale lo riempiva Miguel. Sono differenti, ma non c’è nessuna differenza fra loro in questo. Non c’è nessuna modestia, nessuna discrezione nel modo in cui si appropriano dello spazio e del tempo. Forse è una caratteristica tipica delle creature eterne, pensa in un lampo fugace, prima di ricordare che non c’è stato niente che lui abbia conosciuto che sia stato meno eterno della presenza di Miguel al suo fianco.
Fra cent’anni, se sarà ancora vivo per ricordarlo, cosa sarà rimasto di Miguel sul suo corpo? Proprio lui che odiava tanto la facilità con cui i marchi dei propri morsi sparivano dalla sua pelle, adesso non ha altro che i ricordi a cui attingere per non dimenticare quello che ha avuto. E li sente già sbiadire, li sente diventare trasparenti giorno dopo giorno.
L’istinto di sopravvivenza avrà la meglio su di lui, alla fine, questo lo sa già. C’è solo una quantità limitata di dolore che un corpo umano più sopportare, superata la soglia del quale non resta altro da fare che scrollare le spalle, scrollarselo di dosso, ed andare avanti.
Lui è già scandalosamente vicino a quel momento, e nel realizzarlo nasconde il viso contro la curva dolce del collo di Dimitri, sperando che lui lo lasci piangere in pace.
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