Fandom: Originali
Genere: Introspettivo.
Rating: PG.
AVVERTIMENTI: Gen, (lieve) Slash, AU.
- "Adoro il profumo di questo posto, mi fa sentire a casa."
Note: Al solito, l'universo di riferimento è quello descritto in questa storia della Tab che tutti voi dovreste leggere ed amare. Mentre la storia in sé è il seguito della mia The Reason di qualche tempo fa.
Scritta per la sesta settimana del COW-T @ maridichallene (Missione 2, prompt: primavera).
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LOVELY ON MY HAND

La sera primaverile è ancora fresca, nonostante ci si avvii ormai verso maggio. Perfino i cimiteri, pensa Dimitri, seduto a gambe incrociate sulla lastra di marmo che chiude la tomba di Miguel, perfino un cimitero sconsacrato come questo, si tinge di colori più dolci, durante questo periodo dell’anno.
I grandi alberi lungo i viali sterrati, ancora ingombri di foglie secche – i cadaveri che si lasciano alle spalle l’autunno e l’inverno –, sono tutti in boccio. I fiori impregnano l’aria del loro profumo ipnotico e rilassante, che si mescola naturalmente con l’odore della pioggia, della terra e dell’erba ancora bagnate dopo l’acquazzone, e Dimitri potrebbe restare ore in contemplazione silenziosa dell’equilibrio perfetto che ordina tutto questo. La mano del pittore, dietro un quadro così splendido, è talmente evidente da commuoverlo fin quasi alle lacrime.
In momenti come questi tutto sembra sempre quasi troppo bello per poter essere tollerato. Anche le ombre e i tetri mausolei di un cimitero sconsacrato.
Il sole fa ancora capolino oltre la linea netta dell’orizzonte, ma non è più un sole caldo, né minaccioso, e Dimitri conosce Matias ormai abbastanza da sapere quanto gli piaccia osservarlo quando non può più nuocergli, perciò non si stupisce quando, pochi istanti più tardi, percepisce la sua presenza alle spalle. Non si scompone e in realtà neanche si volta a guardarlo, concedendosi però un breve sorriso nell’osservare come, nonostante gli anni trascorsi dalla morte di Miguel, il ragazzo non riesca a rassegnarsi alla sua scomparsa, proprio come lui, dopotutto.
- Adoro il profumo di questo posto, mi fa sentire a casa. – commenta Matias, avvicinandosi lentamente alla tomba e sedendosi proprio accanto a Dimitri. Si danno le spalle l’un l’altro, ma la distanza che li separa è talmente insignificante da costringerli a sfiorarsi ogni volta che Dimitri respira. Non che nessuno dei due voglia davvero sottrarsi a quel contatto ormai così raro. – Adoro anche il tuo calore. – aggiunge con una mezza risata, lasciandosi finalmente andare ed appoggiando la propria schiena alla morbidezza invisibile delle ali di Dimitri, - Somiglia al suo.
- Il calore di tutti gli angeli è lo stesso. – gli fa notare Dimitri, sorridendo a propria volta e sostenendo il suo peso senza sforzo.
- Non m’importa. – scuote il capo Matias, una mano a scivolare in una carezza leggera sopra la lastra di marmo senza nome, - Il vostro è l’unico che abbia mai conosciuto. Il suo era tutta la mia vita, e il tuo… - sospira, ripensando alle mille volte in cui, in passato, prima che la guerra finisse e la distanza fra loro cominciasse a diventare incolmabile man mano che il nero cupo del manto del lutto cominciava a stingere, ha cercato il calore delle sue braccia solo per poter chiudere gli occhi e rifugiarsi nell’ultimo ricordo di Miguel che gli rimanesse attaccato alla pelle, - Il tuo mi è stato caro. – conclude, annuendo a se stesso, - Quindi mi permetterai di ricordarlo con affetto.
Dimitri sorride ancora, lanciando un’occhiata intenerita oltre la propria spalla, cercando di scorgere il profilo di Matias. Pur con qualche difficoltà, riesce quantomeno a intuirlo, stupendosi una volta di più di come riesca a trovarlo diverso anno dopo anno.
Matias non cambia per davvero. La sua vita è incastrata per sempre in un’immagine eterna la cui giovinezza non sfiorirà mai, ma Dimitri ha imparato ad osservarlo.
Matias cresce, invecchia, solo non esteriormente. Dentro non può fermare lo scorrere del tempo, né gli effetti che ha su di lui. Un sorriso dolce, nostalgico ma tutto sommato sereno, come quello che gli piega adesso le labbra, solo cinque anni fa, quando ancora il solo posare gli occhi su quella tomba lo costringeva a crollare sulle ginocchia e a piangere urlando, sarebbe stato del tutto impensabile.
Adesso non lo è più, e Dimitri lo nota con gratitudine. Ha sempre rivisto troppo di se stesso, del proprio dolore, nel dolore di Matias. Il suo modo di esprimerlo era quello che, per abitudine e per educazione, Dimitri non poteva permettersi, e questo portava ogni singola lacrima insanguinata di Matias a fare male come fosse propria. Dimitri non ha mai capito come la morte di Miguel abbia potuto generare fra loro un legame simile, ma così com’è certo di non comprenderne il mistero è sicuro che, morendo, Miguel sapesse già che sarebbe accaduto.
Dimitri ricorda l’istante in cui il cielo ha perso Michele una volta per tutte. Quando quello che restava di lui è morto, ridotto in polvere. Ricorda l’istante in cui l’onda d’urto di quella perdita è esplosa investendoli tutti, rendendoli deboli e quasi indifesi per giorni. E ricorda anche di aver sentito una grande, incomprensibile pace, poco prima di quell’istante.
È sicuro che fosse l’ultima emozione che Miguel ha provato. Non rabbia o paura, non rimorso o disperazione. Solo una pace infinita, una serenità senza pari. E Dimitri è sicuro che Miguel sia potuto morire in una tale pace soltanto perché, in qualche modo, già immaginava che Matias non sarebbe rimasto solo.
Dopo averne raccolto le ceneri in un’urna, e dopo la prima settimana in cui Matias ha preteso di non separarsi da quel contenitore neanche per un istante, Miguel è stato portato qui, nel cimitero sconsacrato, e sepolto in una tomba senza nome come il popolo dei vampiri ha sempre sepolto i propri morti. È un’usanza che Dimitri comprende, che trova in qualche modo perfino encomiabile, tutto ciò che resta a dimostrare che anche i vampiri, in fondo, sono creature di Dio, o ciò che ne resta. Matias dice che non è così, che non è per qualche stupida superstizione che seppelliscono i loro morti, ma solo per avere un posto dove andare per piangerli. Dimitri suppone che possa essere stato vero un tempo, durante la guerra, quando dovevi per forza assicurarti che il tempo che ti davi per piangere i tuoi cari fosse ben racchiuso entro cancelli che fosse possibile attraversare e chiudere, per lasciarti alle spalle un dolore che sarebbe stato fuori luogo su un campo di battaglia.
Ora non è più così, naturalmente. Ora, Matias potrebbe piangere Miguel anche senza venire a trovarne le spoglie sepolte tre metri sotto terra, ma continua a presentarsi, anno dopo anno, e ad intrattenersi con lui per qualche ora, anche se ormai a legarli non resta più neanche il desiderio di vendetta.
Non hanno mai trovato i colpevoli dell’omicidio. Li hanno cercati, e Matias ha pianto a lungo per la frustrazione quando ogni tentativo si è rivelato un buco nell’acqua, ma alla fine il tempo è passato anche sopra quello, ed entrambi hanno smesso di darsi pena quando, alla fine della guerra, con solo pochi esponenti delle quattro razze ancora in piedi, si sono resi conto del fatto che, a quel punto, i colpevoli avevano molte più probabilità di essere morti in battaglia che ancora a piede libero e in attesa di essere trovati.
Lasciare andare la rabbia è stato più semplice del previsto, come liberarsi di un fardello troppo grande, ingigantitosi ed appesantitosi con gli anni. Dimitri ricorda perfettamente il momento in cui lui e Matias, guardandosi negli occhi, hanno deciso di lasciar perdere. Ricorda di aver sentito Matias tirare un sospiro di sollievo, anche se a rigor di logica non ne avrebbe dovuto avere nemmeno bisogno. Ricorda di avergli sorriso, di averlo abbracciato e di averlo poi salutato convinto che non l’avrebbe rivisto mai più.
Ora guarda le loro dita intrecciate e ringrazia qualunque sia il sentimento che spinge Matias a tornare alla tomba anno dopo anno, perché è l’unica cosa che resta loro a ricordo del passato che hanno condiviso, e nonostante tutto questa non è una cosa alla quale Dimitri si senta ancora pronto a rinunciare.
Si allontana da lui dopo un po’, la luna è ormai alta nel cielo e comincia a fare più fresco di quanto la sua temperatura corporea, per quanto superiore rispetto alla norma, possa sopportare. Si alza in piedi, spolverando la tunica che è tornato ad indossare da quando ha dismesso la divisa, e si volta a guardare Matias, che continua a dargli le spalle.
- Resti ancora un po’? – gli domanda. Lui annuisce. – Bene, - sorride, - allora all’anno prossimo.
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