Genere: Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG.
AVVISI: Prequel, Pre-Slash, Angst.
- "Bass non sta bene, e questo Miles lo sa."
Note: Fic palesemente ispirata dal flashback ambientato al cimitero dell'episodio 1x10. Dal momento che, se non sbaglio, lì viene detto esplicitamente che quella non è la prima volta che Miles trova Bass in quel luogo e in quelle condizioni, ho voluto provare a immaginare la prima e scriverne \o\
La fic ha partecipato alla Notte Bianca #7 con prompt Revolution, Miles/Monroe, fratelli, e filla inoltre il prompt #83 (Luogo: Cimitero) della mia cartella della Maritombola di quest'anno.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG.
AVVISI: Prequel, Pre-Slash, Angst.
- "Bass non sta bene, e questo Miles lo sa."
Note: Fic palesemente ispirata dal flashback ambientato al cimitero dell'episodio 1x10. Dal momento che, se non sbaglio, lì viene detto esplicitamente che quella non è la prima volta che Miles trova Bass in quel luogo e in quelle condizioni, ho voluto provare a immaginare la prima e scriverne \o\
La fic ha partecipato alla Notte Bianca #7 con prompt Revolution, Miles/Monroe, fratelli, e filla inoltre il prompt #83 (Luogo: Cimitero) della mia cartella della Maritombola di quest'anno.
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GRAVEYARD CONFESSIONS
Gli basta guardarsi intorno per un paio di secondi per individuarlo, un minuscolo mucchietto d'ossa e vestiti stropicciati ammassati di fronte a quattro lapidi silenziose.
Bass non sta bene, e questo Miles lo sa. Lo sa perché lo vede (e lo vede perché sarebbe impossibile non vederlo, non notare quanto velocemente gli si asciughi la carne addosso, quanto più grandi diventino gli abiti che indossa giorno dopo giorno, quanto normale stia diventando vederlo svegliarsi ogni mattina con gli occhi pesti e iniettati di sangue e sapere che non è certo per mancanza di sonno), ma soprattutto lo sa perché lo sente. E' una consapevolezza sensoriale e fisica che gli pesa su tutta la superficie del corpo, quasi comprimendolo, facendolo sentire in gabbia.
Bass non sta bene, e questo Miles lo sa. Il problema è che non sa cosa fare per fermare questa catena di autodistruzione, questo processo apparentemente irreversibile al quale Sebastian s'è lasciato andare mentre lui non guardava.
Gli ha tolto gli occhi di dosso solo per qualche giorno. Solo qualche giorno, non dopo il funerale, naturalmente, neanche nelle prime settimane successive alla funzione, no, più di un mese dopo. Più di un mese dopo, un mese passato interamente al suo fianco, Miles si è allontanato da Bass, pensando che potesse servirgli un periodo di calma e tranquillità, un periodo sufficiente per venire a patti coi propri fantasmi, accettarne la scomparsa e passare loro oltre.
Invece, Bass si è comportato esattamente come quei prigionieri sorvegliati a vista perché a rischio suicidio: non aspettano che una distrazione del proprio carceriere (un colpo di sonno, una corsa in bagno, dieci minuti per una sigaretta) per appendersi alle sbarre della cella.
Miles non sa quanto Bass mangi, o se mangia affatto, tanto per cominciare. Bass è diventato schivo, non condivide più tutti gli spazi con lui. Quelle rare volte in cui i loro sguardi si incrociano, Miles può sempre leggervi dentro chiaramente la vergogna che Sebastian prova nel mostrarsi a lui in queste condizioni, ma al contempo la sua assoluta convinzione di non potersi comportare diversamente lo obbliga a continuare su quella strada, come se ne andasse della propria stessa incolumità.
E' tristemente, crudelmente ironico, pensa Miles, avvicinandoglisi con discrezione, che Sebastian debba cercare con tanta forza una maledizione come fosse la benedizione definitiva.
- Non saresti dovuto venire. - dice Sebastian. Nel buio, la sua voce risuona distante come un'eco del passato, così sottile che per un secondo Miles si chiede se l'abbia sentita davvero o se sia semplicemente la voce della sua coscienza ad utilizzare il timbro cupo e un po' strascicato di Sebastian per rimproverarlo della propria intrusione.
- Mi dispiace. - sospira Miles, sedendosi sul pavimento lastricato al suo fianco. Le lapidi della famiglia Monroe sembrano guardarlo con diffidenza e sospetto, anche loro infastidite dalla sua presenza, dalla faccia tosta con la quale si è permesso di intromettersi in una conversazione talmente intima e privata. - Ero preoccupato per te.
Le labbra di Sebastian si piegano in un sorriso appena abbozzato, come costasse loro troppa fatica distendersi in un sorriso vero e proprio.
- Lo sei sempre. - ribatte.
Miles approfitta della loro vicinanza per guardarlo da vicino, per studiare con occhi attenti i lineamenti duri del volto ed i contorni consumati di un fisico una volta saldo e roccioso sotto i vecchi vestiti consumati. Li riconosce subito, quei vestiti. Sono vestiti che usava da ragazzo, ai tempi dell'accademia militare. Vestiti che erano sempre rimasti a casa dei suoi genitori.
- Siamo fratelli, no? - risponde lui, come se fosse ovvio, sollevando una mano ed appoggiandogliela sulla spalla. Bass si volta a guardarlo con occhi spenti e bagnati di lacrime. All'inizio non sembra neanche riconoscerlo per davvero, come se, fino a quel momento, avesse pensato di stare parlando con un'illusione, o con l'ennesimo fantasma. Poi il suo viso si illumina di una specie di tristezza soffice, ed i suoi occhi finalmente accettano la realtà di ciò che ha di fronte.
E' per questo che non si volta a guardare le lapidi. Il suo sguardo resta fisso su Miles per tutto il tempo, da quel momento in poi.
Sebastian entra come in una realtà parallela, quando si trova davanti alle lapidi del resto della sua famiglia. E' inconsciamente convinto che si tratti di allucinazioni, che quelle tombe, le bare conservate al loro interno, i cadaveri che custodiscono, non siano reali. Per questo, quando qualcosa di reale si impone sulla sua coscienza, confermandogli che è tutto vero, Sebastian non riesce più a guardarle. Perché se le guardasse le vedrebbe, e vederle le renderebbe reali. E lui non è ancora pronto per questo.
- Non dovresti venire qui di nascosto. - gli dice Miles, - Non da solo, non di notte. Quante volte l'hai fatto? - domanda. Sebastian scrolla le spalle, perché non lo sa. Non le ha contate, non ha mai voluto contarle. A cosa sarebbe servito farlo, dopotutto? Conti quando hai un numero massimo da raggiungere, e lui ha sempre saputo che questo numero massimo oltre il quale tornare qui non sarebbe stato più necessario, lui non l'avrebbe mai raggiunto. - Avresti potuto chiedermi di accompagnarti. - aggiunge Miles, stringendo la presa sulle sue spalle e trascinandoselo vicino per abbracciarlo.
Sebastian si dibatte un po' nella sua stretta. "Non ho alcun bisogno di essere consolato", sembra volergli dire. Non riesce a dirlo a parole perché non è capace di mentirgli, e smette di agitarsi poco dopo perché anche il suo corpo non ne può più di bugie inventate ad arte per continuare a reggersi in piedi da solo.
Non ce la fa più a reggersi insieme da solo.
- Sono stanco. - esala in un sussurro arreso, ripiegando il capo contro la spalla di Miles e chiudendo gli occhi, - Non ce la faccio più, Miles.
Miles lo stringe a sé per qualche secondo, ascoltandolo piangere in perfetto silenzio, il corpo immobile, neanche scosso dai singhiozzi. Sente le lacrime cominciare a rotolargli lungo le guance, le sente continuare per un po' e solo dopo, sempre silenziosamente, fermarsi.
Allora lo aiuta ad alzarsi in piedi, reggendolo per le spalle, guidandolo verso la macchina posteggiata appena fuori dal cimitero.
Promette a se stesso che non glielo lascerà più fare. Bass non dovrà più affrontare niente, da solo.
Anni dopo, nell'infrangere quella promessa, cercherà di convincersi di non avere avuto altra scelta. Ma per tutto il tempo saprà di avere solo mentito per proteggersi dal senso di colpa.