Genere: Introspettivo/Drammatico
Pairing: Maryl/Vash
Rating: PG13
AVVISI: Angst, Death.
- Vash torna nel paese dal quale è partito con un pesante fardello sulle spalle. Non solo il cadavere che si porta dietro come monito, ma tutti i sensi di colpa, le debolezze e gli errori di una vita iniziata nel modo sbagliato.
Commento dell'autrice: Una ff che ho scritto un po' di tempo fa ^_^ Comunque... io adoro com'è venuta fuori questa fic *.* E spiego anche perché. Praticamente, come suggerisce il titolo, all'inizio questa fic doveva essere allegra e spensierata come l'omonima puntata di Karekano. Poi però è successo qualcosa. Non saprei dire esattamente cosa, ma ad un certo punto mi sono ritrovata a parlare di sensi di colpa e ricominciare a vivere O_O. E mi piaceva anche!
Nota: Questa fanfic ha partecipato alla sesta edizione del concorso dell'EFP.
Pairing: Maryl/Vash
Rating: PG13
AVVISI: Angst, Death.
- Vash torna nel paese dal quale è partito con un pesante fardello sulle spalle. Non solo il cadavere che si porta dietro come monito, ma tutti i sensi di colpa, le debolezze e gli errori di una vita iniziata nel modo sbagliato.
Commento dell'autrice: Una ff che ho scritto un po' di tempo fa ^_^ Comunque... io adoro com'è venuta fuori questa fic *.* E spiego anche perché. Praticamente, come suggerisce il titolo, all'inizio questa fic doveva essere allegra e spensierata come l'omonima puntata di Karekano. Poi però è successo qualcosa. Non saprei dire esattamente cosa, ma ad un certo punto mi sono ritrovata a parlare di sensi di colpa e ricominciare a vivere O_O. E mi piaceva anche!
Nota: Questa fanfic ha partecipato alla sesta edizione del concorso dell'EFP.
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La tua voce mi cambia
- Capo, aspetta! Ti do una mano!!!
- Milly... quante volte dovrò ripeterti ancora che non mi devi chiamare in quel modo?
La ragazza dai capelli castani si limitò a sorridere e si diresse verso di lei.
- La signora Edey mi ha chiesto di prendere un po’ d’acqua anche per lei, così ti do una mano, dato che tu devi provvedere anche all’acqua per il locale.
Il locale... il bar che lei e Milly avevano aperto una volta stabilitesi nella città dalla quale era partito Vash. L’ultima volta che l’aveva visto...
- Milly, hai lasciato Isabel sola al locale?
- Si capo, te l’ho detto! Volevo aiutarti!
La mora montò immediatamente su tutte le furie.
- COOOSA??? Milly, ti ho detto centinaia di volte che non mi fido di quella ragazza! Torna subito al locale e tienila d’occhio!
- M-Ma... è una brava ragazza, capo...
- VAI! È un ordine!
Una forestiera... era arrivata da una settimana... l’aveva assunta, ma solo perché svolgere tutti i lavori di manutenzione in due era diventato troppo faticoso, nonostante la forza di Milly.
Ma non si fidava. Non riusciva a fidarsi.
Era diventato difficile riporre la propria fiducia in qualcuno, nell’ultimo periodo. Se n’era resa conto fin troppo bene.
- V-Va bene... sicura di farcela da sola?
- Si, certo. Tu vai...
Disse addolcendo lo sguardo e salutandola con un sorriso.
Milly parve tranquillizzarsi, perché si voltò e canticchiando tornò al bar. Maryl osservò i tre secchi d’acqua ai suoi piedi. Due per il locale, uno per la vecchietta, la signora Edey... ne attaccò uno al cavo e lo fece scendere giù, per il pozzo, attendendo il rumore dell’acqua. Dopo aver aspettato qualche secondo tirò su, e posò per terra il secchio colmo d’acqua. Ripeté la stessa operazione con gli altri due secchi, uno per volta, lentamente. Poi arrivò il problema del trasporto. Insomma... erano tre secchi da una decina di litri l’uno, come doveva fare? Di solito le si presentavano davanti una decina di uomini ad offrirle il loro aiuto, ma stavolta non venne nessuno. E non sembrava esserci nessuno neanche in giro. Si guardò intorno per cercare di capire il perché. Tutto il popolo della piazza sembrava essere attratto da qualcosa o da qualcuno, che rimaneva in piedi ed immobile all’entrata del paesino.
Ma... era un essere umano? Era altissimo!
Si avvicinò anche lei, disinteressandosi dei secchi.
Maledetta insulsissima statura... non riusciva a vedere niente.
- Scusi... che succede?
Un uomo si accorse di lei e la fece passare avanti.
Di spalle, proprio di fronte alla ragazza, si trovava un uomo alto, coperto da un mantello rosso che ormai aveva ben poco di integro. Sulle spalle reggeva un altro uomo, con un’aderente tuta strappata in più punti.
Presumibilmente morto.
L’uomo rimaneva in piedi ansimante, senza proferire parola e reggendo il corpo. E fu allora che Maryl lo riconobbe.
- Vash...
Sentendosi chiamato da una voce conosciuta, il biondo si voltò barcollando vistosamente sotto il peso del cadavere che portava.
Accorgendosi di chi fosse che l’aveva chiamato spalancò gli occhi, e poi tornò tranquillo.
- Ma che fortuna...
Poi, svenne.
- Non si è ancora svegliato?
- Penso che lo farà tra poco...
Milly annuì e tornò nella sala.
Maryl cambiò la pezza bagnata sulla fronte dell’uomo privo di sensi nel letto di fronte a lei. Il cadavere dell’altro giaceva immobile dall’altro lato della stanza. Stava cominciando a puzzare. Ma non aveva avuto il coraggio di toglierlo.
- Vash...
Era svenuto da troppo tempo, stava cominciando a preoccuparsi.
- Vash...
Non la sentiva... per niente.
- Vash...
Quando non si svegliò neanche al terzo richiamo, la ragazza si alzò ed andò davanti alla finestra. Aveva cominciato a piovere piano, ma presto sarebbe scoppiata una tempesta. Le nuvole nere all’orizzonte lo lasciavano intuire.
Rimase ad osservare le gocce di pioggia scivolare giù lungo il vetro, come i giorni che erano volati via senza di lui... lenti... ma inesorabili... noiosi... vuoti... trasparenti come una goccia di pioggia, quasi impalpabili. Ogni giorno passava nel nulla, di ogni giorno non restava niente. Niente che valesse la pena di essere ricordato... rivissuto...
- Che fortuna, avervi trovate qui...
Si voltò di scatto verso l’uomo biondo, che si era risvegliato e nel più assoluto silenzio si era messo seduto.
Lei gli sorrise.
- Non ti ho sentito...
- Non volevo disturbare.
- Disturbare?
Lo guardò diffidente per qualche secondo.
- Scusa... ho sete... andrei da solo, ma... la gamba...
Se la guardò in quel momento. Era completamente fasciata.
Lei rispose alla sua muta domanda.
- C’erano parecchi proiettili. Non potrai muoverla per molto tempo, mi sa... comunque ne parlerai più tardi o domani col dottor Bellow.
Lui annuì e lei uscì per prendergli un bicchiere d’acqua.
Rientrò pochi minuti dopo, con una bottiglia in una mano ed un bicchiere nell’altra. Lo trovò a fissare il cadavere dell’uomo.
- Non l’hai portato via da lì?
- No...
Rispose lei.
- Vuoi che o faccia?
- ...No.
Gli porse il bicchiere che lui vuotò in un sorso. Se ne staccò con un sorriso.
- Aaaaah! Che buona l’acqua!
Si sedette sulla sedia accanto al suo letto, dove ancora stava seduto, ed abbassò lo sguardo.
Lui guardò fuori dalla finestra, tenendo una mano sulla gamba bendata.
- Cosa...
Dissero all’unisono.
- Prima tu...
Gli disse.
- Cosa... è successo mentre ero via?
Lo guardò incuriosita.
- Nulla... ci siamo annoiate un po’... abbiamo aperto un bar - ristorante qui... insomma, si tira avanti.
- Capisco...
- E tu che mi dici?
- Mh?
- Si, bè... tocca a me farti la mia domanda. Cosa sei andato a fare?
Vash guardò il corpo di Knives senza vita.
- Dovevo occuparmi di una faccenda...
- L’avevo intuito...
Rimasero in silenzio una manciata di minuti.
- Non mi chiedi altro?
Lei alzò il capo rassegnata.
- Mi dirai ciò che vorrai, quando lo vorrai... adesso dormi.
Uscì dalla stanza in punta di piedi. Erano le otto di sera.
- Devo dedurre che si è svegliato?
- Si... abbiamo parlato un po’... presumibilmente ora dorme.
- Uhm... cosa vi siete detti?
- Nulla di particolare...
- Ma il signor Vash ti ha spiegato il motivo per il quale è andato via? E chi è quell’uomo morto? E perché lo tiene ancora nella stanza? La puzza si sente fino a qui, alcuni clienti sono già scappati via! Senza contare che avere il tifone umanoide come ospite non ci fa certo una grandiosa pubblicità...
- Milly!
- Il tifone umanoide? Vale a dire Vash the Stampede? È qui?
- Isabel, che ci fai ancora qui? Dovresti essere già a casa, oggi avevi il turno solo di mattina, o sbaglio?
- Non sbaglia, ma pensavo che avrebbe potuto darmi un piccolo extra...
- Sai che non posso. Non ho abbastanza soldi. Hai fatto del lavoro in più inutilmente.
- Non ha abbastanza soldi? Però per ospitare quel criminale ci sono soldi abbastanza, vero?
- ISABEL! NON MANCARMI DI RISPETTO!
- RSIPETTO? A CHI?
- Avanti adesso, fate le brave...
Milly si intromise fra le due separandole.
- Il signor Vash sta dormendo, non vorrete disturbarlo, vero?
Disse sorridendo.
Isabel sbuffò, raccattò le sue poche cose ed uscì dal locale, assieme agli ultimi clienti che avevano appena finito di pagare. Maryl si dedicò alla pulizia del bancone, mentre Milly a quella dei tavoli.
- Mi dispiace, capo...
- Quella ragazza! Mi manda su tutte le furie, non riesco a sopportarla! Che cose pretende? Ed ogni giorno mi chiede extra, aumenti... come se io fossi milionaria! Ma perché l’ho assunta, eh, Milly? Perché non mi hai fermata???
L’alta donna scoppiò a ridere.
- Capo sei un capolavoro quando fai così!!!
- Uff...
Milly terminò di pulire e poi mise il giaccone, coprendosi poi ulteriormente con un impermeabile pesante.
- Milly! Cosa hai intenzione di fare?
La ragazza si mostrò sinceramente stupita, mentre finiva di mettere il cappuccio.
- Che domanda è? Alla chiesa, no?
Ogni sera, da quando Nicholas era morto, Milly si recava nell’enorme chiesa in cui lui aveva esalato l’ultimo respiro, e rimaneva lì anche ore, a parlare mentalmente con lui. Una volta anche Maryl l’aveva seguita. Ma era stata una visione troppo triste, era andata via dopo pochi minuti.
- Non se ne parla, vedi come diluvia!?
- Scherzi capo? Come potrei parlare più con lui se mancassi anche una sola sera?
Non seppe come rispondere, perciò la lasciò andare. Non sarebbe tornata prima di tre ore o giù di lì.
Chiuse il locare e si diresse in cucina, pensando a cosa avrebbe potuto prepararsi, senza però trovare nulla che la convincesse.
Un urlo distolse la sua attenzione dal cibo. Proveniva dalla stanza di Vash.
Si gettò di gran corsa nel corridoio e spalancò la porta.
- VASH!
Lo trovò sudato come se avesse appena finito di correre, ansimante, seduto sul letto, che stringeva forse la coperta e fissava il cadavere, che era ancora lì.
Si precipitò al suo fianco, mettendogli una mano sulla spalla.
- Cosa è successo?
Ci fu un momento di silenzio assoluto. Non si sentivano i loro respiri, né tantomeno il rumore della pioggia fuori dalla finestra. Solo... silenzio.
- Io... ho ucciso degli uomini...
Lui si voltò a guardarla.
- Ne ho uccisi molti...
Scoppiò in lacrime come un bambino, piangendo forte, singhiozzando e stringendosi al petto della ragazza, che dopo un attimo di smarrimento iniziale prese a carezzargli i capelli e le spalle cercando di tranquillizzarlo.
- Vash... sono qui... è tutto a posto...
Maryl si riempì il cuore dei singhiozzi di Vash. E pianse anche lei.
- Va un po’ meglio?
La ragazza posò il bicchiere che lui le porgeva sul tavolino.
Vash scosse la testa in senso negativo.
Sorrise comprensiva.
- Me lo aspettavo...
Versò dell’altra acqua nel bicchiere, e poi la bevve lei stessa.
- Posso fare qualcosa per te?
Lui non rispose, continuando a fissarsi le mani accigliato.
- Tolgo quel cadavere.
- No...
- Lo tolgo.
- No, ti prego...
- Zitto, Vash.
Si alzò, guardandolo con durezza. Uno sguardo che lui non potè vedere, perché aveva chiuso gli occhi.
Comunque, lui non osò replicare.
Maryl camminò verso il corpo esanime, lo caricò sulle spalle e, cercando di non pensare al fetore che sprigionava, lo portò fuori dalla stanza. Era troppo pesante per portarlo da qualche altra parte, ed era troppo tardi per chiamare qualcuno che la aiutasse. Lo lasciò lì, in corridoio. Erano le dieci e mezza quando rientrò nella stanza di Vash chiudendosi la porta dietro le spalle.
- L’hai portato via...
- Si.
- Mi hai lasciato senza punizione?
- Non ti meriti altre punizioni...
- SI INVECE! HO AMMAZZATO LEGATO, KNIVES, E MOLTE ALTRE PERSONE SONO MORTE SOLO A CAUSA MIA! ANCHE WOLFOOD...
Non riuscì a terminare la frase, perché lei lo schiaffeggiò con forza. Subito dopo si massaggiò la mano, portandola all’altezza del cuore.
- Smettila.
I suoi occhi verdi... erano ancora lucidi per via delle lacrime, probabilmente avrebbe pianto di nuovo prima di mattina.
Maryl si sedette di nuovo.
- Devi smetterla di auto punirti... ti distruggerai...
Perché, meritava qualcos’altro?
Avrebbe voluto dirlo, ma si trattenne. Probabilmente avrebbe preso un altro schiaffo. Anche se era il minimo, davvero...
Abbassò nuovamente lo sguardo sulla coperta bianca.
Cercò di calmarsi, con scarsi risultati.
- Allora... Milly?
No, aveva fatto la domanda sbagliata.
- Sta bene... più o meno... insomma, bisogna capirla...
- Già...
Era anche per colpa sua che adesso lei si ritrovava senza l’uomo che aveva amato. Senza Nicholas. Guardò fuori dalla finestra.
- Piove...
Sembrò accorgersene solo in quel momento.
- Senti, Vash... non dobbiamo parlare per forza di qualcosa... possiamo anche... stare in silenzio.
- ...
Lui in un primo momento non disse niente.
- Preferisco parlare: il suono della pioggia mi angoscia.
- E’ buona... grazie mille.
- Di niente... insomma, dovevo mangiare anche io...
Stringevano tra le mani la ciotola calda di minestra. Non c’era particolarmente freddo, ma era una sensazione piacevole... il calore sulle proprie mani... assomigliava un po’ al calore che si prova stringendo le mani degli altri.
Solo era meno dolce.
Il rumore dei cucchiai copriva quello della pioggia, che si era fatto un po’ più debole, per il sollievo di Vash.
- Vuoi che chiuda le tende?
Chiese lei.
- No, va bene così... mi basta non sentire le gocce che sbattono sul vetro...
Le venne improvvisamente da ridere, ma si frenò ingoiando ancora una cucchiaiata di minestra. Erano le undici e un quarto. Fra poco Milly sarebbe tornata.
- Adesso va meglio?
- ... adesso si.
- Nico... è tornato il signor Vash... saresti contento di rivederlo! Cioè, io non l’ho ancora visto... era ancora scosso... ma il capo si! Probabilmente va tutto bene, adesso tornerà tutto come prima, vero?
Le parole di Milly risuonavano silenziose nella chiesa vuota. Ormai il prete conosceva le sue abitudini e le lasciava la porta sul retro sempre aperta.
- Adesso tornerà tutto come prima...
Si mise a piangere piano.
Piano e tanto, la lacrime cadevano dalle sue guance sbattendo sul legno del poggiaschiena della panchina davanti a lei, e generavano un rumore simile a quello della pioggia... la triste pioggia.
- Non tornerà più come prima...
Si alzò in piedi, avvicinandosi all’altare.
- Tu non tornerai più...
Cadde in ginocchio nello stesso punto in cui era caduto lui, e si strinse forte le spalle con le braccia.
- VOGLIO RIVEDERTI, PERCHE’ NON TORNI?
Singhiozzò tanto che le fece male lo stomaco.
- Torna da me...
Dopo essersi calmata si rialzò in piedi, senza dimenticare prima di sfiorare con le dita l’iscrizione per terra...
Qui muore il reverendo Nicholas D. Wolfood. Lastra alla memoria.
L’indomani avrebbe sicuramente chiesto al signor Vash dove trovare la sua croce. Voleva almeno quel ricordo, di lui.
Era letteralmente nauseata. Si chiese come facesse Vash a dormire con quella puzza insopportabile di cadavere.
Ormai neanche la porta chiusa poteva frenarla. A minuti sarebbe tornata Milly... avrebbe chiesto aiuto a lei, non poteva più sopportarlo. Le veniva da vomitare, ormai sempre più spesso... e non poteva neanche uscire dalla stanza, perché il fetore l’avrebbe investita in pieno...
Affondò il viso tra le coperte di Vash per tamponare l’odore nauseante e chiuse gli occhi.
Chi era quell’uomo? Perché Vash non aveva voluto che lei lo togliesse dalla sua stanza? Cosa aveva fatto Vash mentre era via?
Erano domande che non le lasciavano pace... ma non voleva chiederle direttamente a lui... doveva essere lui a volersi liberare del peso del suo passato, lei non poteva né voleva costringerlo a nulla.
- Capo! Dove sei??? Bleah! Che puzza insopportabile, capo! Ah...!!!
Milly doveva essersi accorta del cadavere...
- Sono nella stanza di Vash, Milly!
Disse cercando di farsi sentire senza urlare.
- Capo! Come faccio ad avvicinarmi!? Che puzza...
- Ho bisogno del tuo aiuto per portare via questo coso, Milly!
La ragazza, dall’altro lato della porta, rifletté qualche secondo.
- Va bene, aspetta solo un attimo!
Si diresse verso la sua stanza, prese un fazzoletto e se lo annodò attorno alla bocca ed al naso.
- Ok, capo, io sono pronta.
Meryl fece uno sforzo immane per uscire da quella stanza. Le girava la testa e sentiva che prima o poi avrebbe vomitato.
Un fazzoletto intriso di acqua alle rose le venne premuto sul naso.
- Copriti con questo, capo!
Lei seguì il consiglio senza farselo ripetere due volte. Dopodiché, insieme, si caricarono sulle spalle il corpo e lo portarono fuori dalla casa, sotto la pioggia battente, abbandonandolo al centro del boschetto appena fuori del paesino. Lì si sarebbe decomposto in fretta, grazie anche alla pioggia ed alla terra, così se ne sarebbero perse le tracce per sempre.
Appena tornate a casa sparsero deodorante un po’ dovunque, e Meryl poté concedersi il lusso di vomitare, alla fine.
- Come è andata?
- E’ andata...
- Avete parlato?
- Un po’... ma niente di che...
- Capisco... capo... senti... ti disturba se io vado a coricarmi? Sono un po’ stanca...
Aveva gli occhi rossi. Sicuramente per via delle lacrime che doveva aver buttato in chiesa. Sorrise.
- No, và pure... tranquilla!
Milly le sorrise di rimando e si diresse verso la sua stanza, senza nemmeno chiederle se non aveva bisogno d’altro.
Era evidentemente distrutta.
Maryl tornò da Vash. D’altronde quella era la sua stanza, non sapeva dove altro andare a dormire. Quando si richiuse la porta alle spalle, notò che il respiro di Vash non era più lento e regolare come prima, ma decisamente più accelerato. Era sveglio.
- Pensi di poter fingere di dormire, con me?
Lui si rimise seduto di scatto, fissandola incredulo.
- Come...?
- Non sai fingere...
- ... cosa è successo?
- Milly è tornata a casa...
- ... e...?
- Mi ha aiutato a gettare via il cadavere.
Avrebbe voluto alzarsi. Alzarsi e correre fuori per recuperarlo, ma la gamba non gli dava tregua.
- Perché? Era il corpo di un uomo, aveva diritto ad una degna sepoltura! Perché l’avete gettato via come spazzatura?!
Lei non cambiò espressione di un millimetro.
- Puzzava.
Non seppe come rispondere.
- Puzzava, Vash. Chiunque fosse, quell’uomo era morto, e da parecchio tempo. Non puoi pretendere che lo lasciassi lì, era igienicamente pericoloso e mi faceva star male!
- E così... ti senti in diritto di gettare via il corpo di un uomo... semplicemente perché non ti piace il suo odore?
- Vash...
- A me poteva piacere, magari! Magari io desideravo che lui stesse ancora lì! Ed invece no... tu l’hai buttato via...
La situazione le stava sfuggendo di mano, Vash aveva preso a dimenarsi nel letto, come a volere scendere. Aveva uno sguardo sconvolto ed arrabbiato nello stesso tempo. Per la prima volta, ebbe paura di quell’uomo.
- Tu non capisci! Non sapevi nemmeno chi fosse e l’hai gettato! Te ne sei sbarazzata! Se fossi stato io avresti fatto lo stesso?
- Ma che dici?
- T’importa della vita e della morte degli altri? Io... ho delle colpe! DEVO essere punito! Ed invece tu butti la mia punizione! Con che diritto mi dici di non auto - punirmi? Eh?
- Ma... Vash... io...
Sentì le lacrime correre veloci verso i suoi occhi, che di conseguenza cominciarono a bruciarle.
- ADESSO BASTA, SIGNOR VASH!
Milly apparve sulla porta in vestaglia, si mise accanto a lui e lo bloccò per le mani e per l’unica gamba che poteva muovere. Maryl ne approfittò per controllargli la temperatura.
- Oh, mio Dio... è bollente! Deve avere almeno trentanove!
- Devo andare a prendere il termometro?
- Non c’è tempo, non vedi che delira? Aspetta.
Aprì un cassetto del comodino e tirò fuori una siringa ed un flaconcino con un liquido giallo. In pochi secondi l’iniezione di tranquillante fu pronta. Un minuto dopo, Vash dormiva pesantemente.
Maryl si sedette sulla solita sedia e Milly ai piedi del letto.
- Cosa ti ha detto?
La mora alzò lo sguardo.
- Come?
- Se sono venuta qui è perché l’ho sentito urlare. Cosa ti ha detto?
- Non ha importanza... sono cose che neanche si ricorderà più al suo risveglio...
Disse con un sorriso triste sul volto.
- Capo... io non ho ancora perdonato Vash per averti fatto piangere... se la cosa dovesse capitare di nuovo... lo ucciderò con le mie mani.
- M-Milly...
- Tu sei la mia famiglia. Non lascerò che ti faccia soffrire.
Si alzò ed uscì dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Adesso si, dormiva...
Maryl si stava facendo cullare dal respiro morbido di Vash già da parecchi minuti, quando si accorse che lui bisbigliava qualcosa nel sonno. Nomi... alcuni conosciuti, altri meno.
- Legato...
Lo conosceva.
- Knives...
Non lo conosceva. Ma era presumibilmente il cadavere che avevano gettato nel bosco.
- Rem...
Un altro nome sconosciuto...
- Wolfood...
Sensi di colpa... ecco cos’erano. Cambiò la pezza sulla fronte ancora una volta, e fissò il volto dell’uomo schiacciato dai rimorsi. Contratto, teso... quasi irriconoscibile.
Sorrise con un misto di tristezza e tenerezza, carezzandogli una guancia. Era ancora caldo... meno di prima, indubbiamente... ma non andava ancora bene.
Stava passando una notte insonne, erano già le due. Si alzò in piedi. Non aveva ancora smesso di piovere.
Davanti a quelle gocce di pioggia decise: quando Vash si sarebbe svegliato gli avrebbe cavato fuori dalla bocca la verità, anche controvoglia. Non gli faceva bene tenersi tutto per se, chissà cosa stava combinando in quella testa, chissà quanta tristezza, quanto rancore, quanta confusione... non voleva vederlo in quello stato, non lo accettava.
Non da lui. Si girò. Erano già quattro ore che dormiva, fra mezz’ora o giù di lì si sarebbe svegliato. Cercò di assumere la determinazione più grande che le fosse capace.
- Ben svegliato...
Lui le sorrise, stringendosi la fronte con una mano.
- Ho mal di testa...
Le disse chiudendo gli occhi per un attimo.
- E’ normale, credo... ti ho dato un calmante...
- Ho... delirato?
- Mh...
- Mi dispiace.
Lo guardò incuriosita.
- Ma se non ti ricordi neanche quello che hai detto?! Durante il delirio non si ha coscienza di sé!
- E’ vero... ma non devo aver detto cose piacevoli...
- E da cosa lo capisci?
- I tuoi occhi. Hai degli occhi sinceri, ci leggo dentro...
Si ritrovò ad arrossire.
No, non era quella la situazione, era partita con ben altri scopi!
- Vash...
Lo chiamò debolmente, e lui le rivolse la sua attenzione.
- Io... non so cosa ti sia successo... ma non va bene così...
Il suo sguardo si incupì.
- Non è successo niente.
- Ti ho già detto che non sai fingere. E come “finzione” si intendono anche le menzogne...
Non disse niente, neanche la guardò. Strinse la coperta con una mano.
- Hai bisbigliato dei nomi, durante la notte... Knives, ad esempio... è... il “morto”?
- Prima di risponderti... non mi ricordo bene, è vero che tu e Milly l’avete buttato via?
Lei annuì. Lui aggrottò le sopracciglia.
- Era lui, il morto.
- Perché l’hai ucciso?
Alzò lo sguardo spaventato.
- Potrei non essere stato io!
- ...
- ...
- Perché l’hai ucciso?
- E’ una storia lunga.
- Abbiamo l’intera nottata...
Lui annuì.
- Non posso sottrarmi a questo, vero?
- No.
- Sai quanti anni ho io?
La domanda la prese alla sprovvista.
- Ehm... non più di una ventina, no?
- Sbagliato... più di trecento.
- T-Trecento???
- Vedi, in realtà io non sono un essere umano... io non provengo nemmeno da questo pianeta... ma in effetti... tutti gli abitanti di questo pianeta hanno avi che vengono da molto lontano...
- Spiegati meglio...
Inspirò, come ad infondersi coraggio da solo.
- Centinaia di anni fa, il pianeta Terra venne ridotto al limite dalla popolazione che lo abitava. Le risorse naturali erano completamente finite, e l’inquinamento aveva stravolto il clima in maniera irreparabile. Gli ultimi superstiti, poche migliaia di persone, crearono una gigantesca astronave. Poi la maggior parte di loro venne ibernata e caricata a bordo, mentre poche persone, una decina rimasero per fare da equipaggio.
- Ma... perché tutto questo?
- Ricreare la vita su un posto più ospitale. Trasferirsi da qualche altra parte per poter continuare ed andare avanti.
Maryl abbassò lo sguardo corrucciando le sopracciglia.
- Qualcosa non va?
- Si. Parassiti.
- Come?
- Non sapevo niente di questa storia. Credevo che la popolazione di questo pianeta fosse da sempre vissuta qui. Ma... prosciugare le risorse di un intero pianeta... poi spostarsi su un altro... ed arrivare a prosciugare tutto anche di questo... è un comportamento da parassiti.
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
- Insomma, Vash, sai anche tu che il settanta per cento del pianeta è ormai deserto! Cosa ha intenzione di fare l’umanità? Ed una volta distrutto anche questo pianeta andremo alla ricerca di un altro?
Lui non rispose.
Maryl si passò una mano fra i corti capelli neri.
- Uff... scusa, ho divagato.
- Io... non so dirti quanto quell’azione fosse stata giusta o sbagliata. So solo che per gli abitanti di quell’astronave finì in tragedia. Vedi... assieme al capitano, ad un uomo ed una donna, c’eravamo anche io, Knives ed una ragazza... Rem Savoren... probabilmente la prima persona che avessi amato più della mia stessa vita... anzi, forse la seconda.
- Avevi amato qualcun altro, prima?
- Knives. Mio fratello. L’unico essere così simile a me. Io e lui non eravamo persone normali. Due bambini... non assumono l’aspetto di due ragazzi quattordicenni in pochi giorni. Eravamo esseri potenziati, superiori... ciononostante Rem ci trattava normalmente, mentre gli altri ci vedevano quasi come mostri... lei ci crebbe cercando di insegnarci il valore della vita, dell’amore, della dolcezza... a me tali insegnamenti sembrarono giusti, e, anche per via dell’affetto che provavo per lei, li acquisii come legge di vita. Ma...
- Questo non valeva per lui, vero?
- ...
- Il primo essere a cui avevi dimostrato di volere davvero bene, non agiva come ti aspettavi, anzi. Era tutto il contrario... era lui...
Lui annuì sconsolato.
- Di lì a pochi giorni, da quando lo capii, successe il finimondo. Knives non si limitava a non rispettare gli insegnamenti di Rem... lui odiava gli esseri umani. Per lui erano parassiti, proprio come hai detto tu. Inoltre veniva considerato mostro al pari di me...
- Aveva tutte le ragioni per odiare gli esseri umani.
Lui alzò lo sguardo con le lacrime agli occhi, arrabbiato.
- Ma questo non giustifica quello che fece dopo!
Di fronte a tale scatto di rabbia, Maryl spostò la schiena indietro, spaventata.
Lui lo notò e si calmò.
- Sapeva... manipolare le menti, Knives. Usò questa sua facoltà per sterminare l’equipaggio, e programmò il computer centrale per fare in modo che essa precipitasse sul nuovo pianeta.
- Per distruggere tutti gli esseri umani ibernati...
- Esatto.
- Una strage...
- Avrebbe potuto esserlo. Knives aveva previsto di salvare solo me e Rem, oltre a sé stesso, su una navicella, visto che aveva visto quanto io la amassi... ma lei si sacrificò e rimase sulla nave maestra fino all’ultimo, per deviare la traiettoria ed impedire la catastrofe. Muore così Rem.
- Per te deve essere stata una sofferenza indicibile...
- Lo fu ancora di più dopo, quando Knives mi confessò che era stato lui ad organizzare tutto... provai l’immenso impulso di ucciderlo. Ma non ci riuscii. Anzi, lo seguii per tanto, tanto tempo ancora... fino a quando, un giorno, non lo abbandonai, per cercare la nave che Rem aveva salvato. Lui non mi ha mai perdonato per questo, per averlo tradito. E mi ha dichiarato guerra.
- ...
- Due settimane fa sono partito per occuparmi di Knives, proprio come mi aveva detto Rem prima di morire. “Vash, occupati di Knives...”. Lei sapeva che era stato lui... lo sapeva... probabilmente già da prima... e non ha fatto nulla per salvarsi...
- Credeva in voi due.
- Oh, si... eravamo la sua speranza di vita per il futuro. Ma questa fiducia l’è costata cara...
In silenzio, Vash ricominciò a piangere. Maryl riflettè sulle parole dell’uomo. Una storia difficile.
- Allora, adesso che conosci tutto hai cambiato idea?
Disse lui quando si fu finalmente calmato.
Lei rimase in silenzio, per pochissimo tempo.
- No. Il passato è passato. È solo un mucchio di ricordi che portano nostalgia, o malinconia, qualche volta. Ma il passato non può uccidere. Non devi lasciare che il tuo passato ti distrugga. Rem si è sacrificata, per voi, per fare in modo che voi poteste vivere il futuro come meglio avreste creduto... gli avvenimenti ti sono indubbiamente sfuggiti di mano, ma...
- Ma cosa? Adesso che dovrei fare?
- Dimenticare.
Lui la guardò esterrefatta per un minuto che sembrò un secolo.
- D-Dimenticare... dimenticare gli uomini che sono morti a causa mia?
- Dimentica...
Gli carezzò dolcemente una guancia.
- Dimentica, Vash... rilassa i muscoli... apri il cuore... sciogli i pensieri... fai luce nell’anima... dimentica...
Lui chiuse gli occhi e si fece cullare da quelle parole che, in quel momento, gli sembravano così dolci... la medicina per le sue ferite... e quella mano... respirò con calma. E poi si scostò.
Aprendo gli occhi vide lo sguardo stupito di Maryl.
- Dimenticare tutto, dici? Tutto? Anche di te?
La domanda l’aveva effettivamente colta alla sprovvista.
- Ehm...
- Si vede che non eri completamente sicura del tuo ragionamento.
- No, ti sbagli!
Disse lei ritrovando la grinta.
- Io sono certa di quello che ho detto! Non distruggerti, dimentica! Però...
- Però?
La ragazza abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore. Dopo qualche secondo di silenzio, finalmente, parlò.
- Dimentica anche me.
Lui non seppe come controbattere. Si stupì. E spalancò gli occhi.
- Dimentica anche me, se questo ti rende sereno... perché anche io sono il tuo passato.
Cosa stava dicendo? Cosa? No, non voleva...
- No... non voglio dimenticare anche te... no... no!
Sollevò il viso guardando nei suoi occhi pieni di lacrime. Un sorriso triste che non lasciava scampo.
- Maryl, dì qualcosa! Non voglio dimenticarti!
- Aspetta... aspetta... calma.
Lui abbassò lo sguardo. Adesso avrebbe seriamente cominciato a piangere.
- Tu... puoi anche dimenticarmi, davvero... non c’è problema. Perché tanto... io non voglio fare più parte del tuo passato.
Vash la guardò incredulo.
- Io non sono il tuo passato.
- Cosa intendi?
Lei sorrise, asciugando le lacrime istantaneamente.
- Allora, mi hai dimenticato?
Disse prendendogli la mano.
- Ma... cosa...?
- Dimmi si!
Ma... cosa aveva intenzione di fare?
- S-Si...
- Bene! Piacere, mi chiamo Maryl Strife, e sono il tuo futuro!
Malgrado la tristezza della situazione, gli venne da ridere. E rise. “Mi chiamo Maryl Strife, e sono il tuo futuro!”... il suo futuro.
Erano le cinque e mezzo. Il sole sorgeva. Cominciava una nuova vita.