Genere: Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Gen, Angst, Spoiler (post-Avengers).
- In qualità di nuovo sovrano di Asgard, è Thor che decide la punizione di Loki: l'esilio perpetuo a Jotunheim, il regno che lui stesso ha contribuito a distruggere e che, a causa delle sue azioni, è ormai disabitato, e ridotto a un cumulo di macerie.
E' sempre Thor a condurlo lì, nel loro ultimo viaggio insieme. Ed è l'ultima persona a dirgli addio.
Note: Eeeeeeeeeeeh. *ride istericamente* L'altroieri sono stata a vedere gli Avengers. La mia vita non sarà mai più la stessa. Il semino del Thorki, piantato in me da Thor, è ormai germogliato e, direi, esploso. Dicevo a Tab l'altroieri, "non è un baobab, più un bonsai". Le ultime parole famose -- adesso è un baobab. *sospira*
La storia partecipa al settimo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole, su prompt Caldo, SFW, ed alla challenge indetta da 500themes_ita, ispirata al prompt #7 (Ghiaccio nero).
Pairing: Nessuno.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Gen, Angst, Spoiler (post-Avengers).
- In qualità di nuovo sovrano di Asgard, è Thor che decide la punizione di Loki: l'esilio perpetuo a Jotunheim, il regno che lui stesso ha contribuito a distruggere e che, a causa delle sue azioni, è ormai disabitato, e ridotto a un cumulo di macerie.
E' sempre Thor a condurlo lì, nel loro ultimo viaggio insieme. Ed è l'ultima persona a dirgli addio.
Note: Eeeeeeeeeeeh. *ride istericamente* L'altroieri sono stata a vedere gli Avengers. La mia vita non sarà mai più la stessa. Il semino del Thorki, piantato in me da Thor, è ormai germogliato e, direi, esploso. Dicevo a Tab l'altroieri, "non è un baobab, più un bonsai". Le ultime parole famose -- adesso è un baobab. *sospira*
La storia partecipa al settimo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole, su prompt Caldo, SFW, ed alla challenge indetta da 500themes_ita, ispirata al prompt #7 (Ghiaccio nero).
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
WRECKAGE
Il vento di Jotunheim spazza con violenza le rovine fredde e ormai disabitate di quello che una volta era il regno di Laufey, e che ormai non è altro che terra ghiacciata coperta di neve, la cui unica voce è quella delle tempeste gelate che infuriano in superficie, e che anche adesso soffiano nevischio umido e fangoso sui loro volti.
È la prima volta che Thor vede Jotunheim, da quando Loki ha tentato di distruggerlo. Il regno è ancora in piedi, barcollante e traballante e in pezzi, ma lo stesso non può essere detto dei giganti di ghiaccio. Tutti morti – Thor può vederne i cadaveri (almeno, alcuni di essi, quelli che non sono stati polverizzati dal potere di suo fratello), spuntare da sotto le montagne di macerie disordinatamente accatastate negli angoli dei pochi edifici in rovina che ancora si rifiutano di crollare.
Loki è immobile accanto a lui, i polsi legati, la bocca coperta, impossibilitato a parlare. Non emette un suono, i suoi occhi sono freddi come il mondo in cui si trovano, e ne riflettono i colori. Thor osserva la sua pelle chiara, la vaga sfumatura bluastra di cui comincia a tingersi, e serra la mascella. Loki si volta a guardarlo, e per qualche secondo i loro sguardi si incrociano. Thor è il primo ad abbassare il proprio, però.
Loki sospira, gli porge i polsi incatenati. Thor li libera, pensando ad Asgard. È un pensiero confuso che si mescola con un ricordo, con una speranza che non ha ragione di esistere, col rimpianto, con Loki dritto di fronte a lui, con la sensazione di aver preso la decisione sbagliata, di aver preso solo decisioni sbagliate, di stare inesorabilmente continuando a sbagliare, con ogni decisione che prende, semplicemente perché, quando si tratta di Loki, Thor ha ormai imparato a capire che la decisione giusta non esiste.
Le mani finalmente libere di muoversi, Loki si libera del suo bavaglio. Thor lo osserva sciogliere i muscoli intorpiditi del viso, aprire e chiudere la bocca per riabituare la mascella a muoversi, sfiorarsi gli zigomi con la punta delle dita, negli occhi un’ombra di fastidio che assomiglia al dolore quando ne hai provato di così profondo che quello così superficiale non riesci più a considerarlo tale.
Non sa come farà a lasciarlo qui su Jotunheim.
- Falla breve, fratello. – dice Loki. La sua voce si incrina, esitando appena, quando si rende conto della parola che ha usato per rivolgersi a lui. Thor non ha mai perso l’abitudine a leggergli quella parola sulle labbra, a sentirgliela scivolare sulla punta della lingua. Che fosse per affetto o per dispetto, Loki non ha mai smesso di chiamarlo così.
Stavolta, per la prima volta, è suonata sbagliata, come se Loki non stesse pensando di utilizzarla e si fosse accorto troppo tardi di averlo fatto, guidato dall’abitudine. Dev’esserci qualcosa di sbagliato, in questo. Loki non ha mai detto niente che prima non avesse accuratamente calcolato, ponderato, soppesato e, in ultima analisi, fortemente voluto dire.
Thor deglutisce, guardando in basso.
- Io, Thor, figlio di Odino—
- Guardami almeno negli occhi, mentre lo fai.
La voce di Loki è una stilettata che lo colpisce dove fa più male. C’è sempre stata una parte di lui, una parte profonda di lui, invisibile agli occhi di chiunque ma evidente solo per quelli di Loki, e lui è sempre riuscito a raggiungerla ed affondare le unghie proprio lì. Ogni volta che Loki ha voluto ferirlo, ogni volta, gli è bastato prendere di mira quella porzione esposta del suo cuore, e attaccarla.
Thor non ha mai imparato a difendersi da questo. Non ci ha mai neanche provato, perché non ha mai voluto.
Ogni tanto – spesso, per dire la verità – pensa che sia colpa sua. Lui avrebbe potuto fermare Loki, in un modo o nell’altro. Un modo qualunque. Sarebbe bastato imparare a difendersi dai suoi occhi, dal veleno controllato delle sue parole, quel veleno che ti sconquassa dentro senza ucciderti, apposta per tenerti in vita con dolore il più a lungo possibile. Sarebbe bastato smettere di essere terreno fertile per tutti i suoi attacchi, perché è sempre a lui che Loki si è aggrappato per causare disastri, e Loki avrebbe probabilmente smesso. Sarebbe bastato capire che, quando ha lasciato la sua mano e si è lasciato cadere nel vuoto, l’ha fatto solo perché stava preparandosi a serrare le dita attorno a lui con maggior forza.
Sarebbe stato capirlo – volerlo capire.
Thor sa di amare Loki profondamente, tanto come solo un legame come il loro può giustificare. Da qualche parte dentro di sé – quella parte soffice, all’interno della quale Loki può muoversi come vuole, può fargli male come vuole – sa anche di amarlo soprattutto per la sua cattiveria, per la sua disonestà, per la sua vigliaccheria, per il suo odio. Per la sua solitudine, il suo dolore. E quindi è forse anche colpa sua, se ora Loki è qui, pezzetti di ghiaccio fra i capelli scuri, le vane celesti che risaltano appena in un complicato disegno, poco al di sotto della sua pelle chiara, e lo fissa senza pietà, pronto a restare per sempre da solo nella sua nuova, immensa, devastata e morta prigione di ghiaccio.
E Thor non ha idea di come condannarlo, sapendo di essere una delle cause maggiori che l’hanno portato a compiere i suoi crimini.
- Fratello… - comincia, dopo aver deglutito a fatica. Loki spalanca gli occhi, serra le labbra, gli volta le spalle e si allontana da lui. Non corre, si limita a camminare con una certa fretta, allontanandosi dallo spiazzo scoperto nel quale si trovano per avvicinarsi alle rovine di ghiaccio.
- Non voglio ascoltarti. – mormora nel vento. Thor si morde l’interno di una guancia, lo insegue, cerca di afferrarlo. Loki si dissolve fra le sue dita.
- Loki. – lo chiama, fermandosi per guardarsi intorno, nel tentativo di scorgere la sua ombra, o un segno della sua presenza, da qualche parte.
- Non ho bisogno che tu mi ripeta la mia condanna. – dice la voce di Loki, riecheggiando incorporea attorno a lui, - L’ho già ascoltata bene ad Asgard. Vai via e lasciami qui.
C’è qualcosa, nel tono di voce di Loki, che sembra suggerire un velato “come fai sempre”. Thor serra i pugni, uno dei quali ancora avvolto attorno ad uno dei manici dello scrigno di vetro che protegge il Tesseract. Fino a pochi istanti fa, c’erano le dita di Loki strette attorno all’altro manico. Basterebbe così poco, per riportarlo indietro. Per ricominciare da capo. Ma quel momento è già così lontano, nient’altro che un sogno, un’illusione che si sgretola nel vento, come le macerie di Jotunheim, come ciò che resta di loro due.
La presenza di Loki si fa improvvisamente di nuovo reale, fisica, e Thor ne segue la traccia, posando gli occhi sulla figura snella di suo fratello. È in piedi a qualche metro da lui, di fronte al trono gelato di Laufey.
- Fa uno strano effetto. – commenta quasi distrattamente, fissando la seduta con disinteresse troppo ostentato per essere vero. Thor non è infastidito da quella posa. Può comprenderla, e d’altronde ha sempre saputo riconoscere le menzogne nella voce di suo fratello, al punto che, a volte, era come se Loki non mentisse affatto. – Forse avrei potuto essere re, qui. Se non avessi odiato questo mondo, i giganti di ghiaccio… se non avessi amato tanto voi. Nostra madre, nostro padre, Asgard. Te. Forse qui avrei avuto una possibilità.
Thor deglutisce, avvicinandoglisi lentamente.
- L’avresti voluta? – gli chiede.
Loki si volta, poggia entrambe le mani sui braccioli del trono. Le sue dita diventano blu, coperte da una patina leggerissima di ghiaccio cristallino. Si siede, fissando dritto di fronte a sé. Anche tutto il resto del suo corpo assume quello stesso identico colore, e nella notte perenne di Jotunheim, per un secondo, Thor guarda suo fratello e lo vede brillare come una stalattite colpita dal riflesso abbagliante del sole.
- No. – ammette Loki con un sospiro, rifiutandosi di guardarlo, - Non avrei saputo che farmene. Io volevo distruggere questo posto, ridurlo in polvere. Lo distruggerei adesso, con le mie mani, se solo ne avessi il potere. Preferirei vagare senza posa nelle profondità dell’universo, piuttosto che trascorrere qui anche solo un istante della mia vita. È per questo, - aggiunge con un sorriso quasi crudele, voltandosi finalmente a guardare Thor, - che la tua punizione è così incredibilmente appropriata, fratello.
Thor rabbrividisce, gli occhi verdi di suo fratello gli scavano un buco nel petto, oltre l’armatura, sotto la pelle, fra le ossa e i muscoli. Il suo cuore batte più forte, e Thor riconosce che è la paura di perderlo a renderlo così nervoso.
- Mi dispiace che sia andata così. – sussurra. Poggia una mano su quella di suo fratello, le cui dita si stringono ancora saldamente al bracciolo del trono. La pelle di Loki torna pallida ma morbida, nel punto in cui le dita di Thor lo sfiorano. Dura solo un istante, ma il tepore del tocco di Thor rende caldo il suo intero corpo, ridà luce e colore alla sua pelle, restituisce brillantezza al suo sorriso. – Avrei dovuto fare di più.
Loki ride, distogliendo lo sguardo, sottraendo la mano a quel contatto. La sua pelle torna quella di un gigante di ghiaccio, i suoi occhi si colorano di rosso spento, mentre lui guarda altrove. La sua voce, però, è identica.
- Sì, avresti dovuto, fratello. – annuisce lievemente, appoggiandosi allo schienale del trono. – Ora va’.
Thor annuisce. Le sopracciglia aggrottate, volta le spalle a Loki sperando che lo attacchi, che lo colpisca alla schiena, che gli dia una ragione per restare, fosse anche solo per combattere con lui. Ma Loki non si muove, Thor torna al piazzale sul quale sono atterrati insieme pochi minuti fa, e dal quale ora partirà da solo.
Solleva il Tesseract, stringe attorno al manico anche le dita dell’altra mano. Le punte sono tanto fredde da fargli male.
*inonda Jotunheim di lacrime e frigni*
koorime_yu
25/07/2012 21:07