Genere: Generale
Pairing: BrianxJustin, EthanxBrian.
Rating: R
AVVISI: AU, Boy's Love, Chanslash.
- Un giorno, all'improvviso, la vita di Justin decide di ribaltarsi senza chiedergli il permesso, e la sua ragazza lo lascia. Cosa? Justin ha una ragazza? Beh, non è l'unica cosa che cambia, in questo universo alternativo :) Justin frequenta il college e non sa di avere talento come disegnatore? Ed Ethan e Brian hanno un rapporto molto molto intimo? E, a proposito di Brian, almeno lui si sarà salvato da questa furia da stravolgimento? Be', almeno su una cosa possiamo stare tranquilli: l'OOC di questa storia non è lui ;D (Attenzione, varie situazioni sessualmente esplicite e linguaggio decisamente scurrile, siete avvertiti è_é")
Commento dell'autrice: Ci ho lavorato tanto per due lunghissime settimane >_< Ma alla fine ce l'ho fatta <3 Devo dire la verità, sulla trama non mi sono concentrata moltissimo, non è affatto originale XD Mi sono interessata molto di più della costruzione dell'AU *_* E non è stato facile XD Prima di tutto perché mi serviva, per esigenze di copione, che Ethan e Brian avessero quel rapporto (che io adoro, tra le altre cose) ù_ù E quindi comprenderete che ho dovuto superare una buona dose di ribrezzo per poter scrivere certe parti XD Certo, aiutava il fatto che Ethan fosse molto, molto, molto OOC (per usare un eufemismo), e quindi potessi anche smetterla di vederlo come "l'Ethan romaaaaaaantico e dolce che vuole osservare il sole albeggiare con Justin al suo fianco" e cominciare a vederlo come "il ragazzino incazzato e innamorato senza speranza", parte che, in questa storia, gli si addice decisamente di più XD In secondo luogo, è stato difficilissimo scegliere il destino di Justin O_O! Il progetto iniziale era che cedesse alla corte spietata di Brian e alla fine andassero a letto insieme e lui ammettesse di essere omosessuale. Ma era veramente troppo banale (:* Caska). Perciò, alla fine, ho optato per un "outing" di tipo diverso XD E' stata difficile anche la partizione della storia. Era nata per essere una oneshot; poi ho pensato che si potesse dividere in due parti; e quando ho pensato questo, già nella mia testa era divisa in tre XD Mi sono dovuta piegare è_é Ultima cosa, il bonus XD E' una cosettina abbastanza inutile, ma avevo fissa l'immagine di Micheal che urla a Debbie "Tu lo sapevi?!" e non ho trovato modo di inserirla nella storia principale, quindi ho dovuto, dovuto fare un capitolino a parte XD E vediamo se ne indovinate la particolarità :)
Scritta per la True Colors writing community.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
Outing
#7 A life lived in lies is a life in denial


Seconda Parte


- Ehi, non mi dicevi che ti serviva un lavoro…?
- Eh?
- Sì, me ne hai parlato ieri, mi pare…
- Mh… no. Ieri ti ho chiesto aiuto solo per andare a comprare un cd da regalare a mia madre… cosa che stiamo già facendo…
Ethan sollevò lo sguardo, continuando a camminare sul marciapiede.
- Eppure mi ricordo… non dicevi di avere bisogno di soldi?
- No, Ethan, non te l’ho detto.
Merda. Era così impossibile.
- …però, ora che mi ci fai pensare, è da un po’ che mia madre mi chiede di trovare un modo per guadagnare qualcosa, così non dovrebbe più darmi la paghetta…
- Già, immagino che le cose per lei non siano facili, da quando tuo padre è andato via… con tutto quello che deve pagare per la scuola per te e Molly, poi…
- Infatti.
Bingo.
- Senti, se ti interessa un posto c’è.
Justin lo fissò, dubbioso.
- Un posto tipo su un cubo?
- No! – disse Ethan, ridendo, - Solo che lavoreresti con me…
Justin sorrise. Quasi dolcemente.
- Beh, credo di poterlo sopportare. Di che si tratta?
- Fondamentalmente, servire ai tavoli.
- Ma dai…? Sai, con tutte le arie da artista che ti davi, ero convinto che fossi più snob. Invece…
- Teoricamente, - lo interruppe lui, - lo sono. Però il bisogno di soldi porta a chinare il capo. Anzi, questo è meglio di quello che facevo prima, dovrei ringraziare. Sai che suonavo per strada per pochi spiccioli?
Justin si strinse nelle spalle, imbarazzato.
- Sì. Ti ho visto, un paio di volte.
Ethan spalancò gli occhi, fermandosi d’improvviso e lasciandosi quasi travolgere dalla folla in movimento di Liberty Avenue.
- Sei pessimo! – disse a voce alta, - Non ti sei neanche fermato a chiedermi come stessi!
- Scusa, ma come ti aspettavi che reagissi dopo quello che mi avevi detto?
- Non so, con un po’ di cuore?
Justin rise, guardando per terra.
Per certi versi, gli piaceva essere tornato a frequentare Ethan. Non per il verso delle frecciatine piene di rancore che, ogni tanto, gli sfuggivano ancora dalle labbra, certo che no, ma per il verso delle passeggiate, delle confidenze, di quelle risate. Per quel verso, sì.
Era passato ormai un mese dalla sua prima – ed unica – uscita mondana gay, e altrettanto era passato da quel sogno che tanto l’aveva sconvolto.
Non aveva smesso, con quei sogni. Semplicemente aveva smesso di vederci dentro Brian. La qual cosa l’aveva molto, molto rassicurato sulla sua identità.
Ethan aveva ragione da vendere. Quando s’era sentito minacciato nella sua sessualità, aveva avuto una paura incredibile di perdere anche la sua identità. Forse perché sentiva qualcosa di diverso intorno a sé, forse perché i cambiamenti nella sua vita lo stavano confondendo, aveva paura che se si fosse modificato qualcosa di lui, qualcosa di più intimo di suo padre che se ne andava o di Daphne che lo lasciava, allora sì, sarebbe stato in guai grossi, si sarebbe perso. Non voleva perdersi. Doveva risalire la china di quel caos, doveva ritornare alla tranquillità in cui tanto bene aveva vissuto fino a quel momento. E per fare questo, non doveva assolutamente perdersi di vista.
- Guarda, è questo il posto.
- Cosa?
- Qui possiamo comprare qualcosa per tua madre. È grande, hanno musica di tutti i tipi.
- Ah… sì.
- Non preoccuparti, - sorrise Ethan, dandogli una pacca sulla spalla, - A vedere il locale ti ci porto dopo.
*

Era… colorato, più che altro. Vivace. Tutto un movimento.
E completamente saturo di uomini.
Lanciò uno sguardo a Ethan che, con estrema naturalezza, andava verso il bancone, ci girava attorno, spariva per un attimo e poi ritornava frettolosamente, allacciandosi un grembiulino nero attorno alla vita.
- Ethan… - lo chiamò, disorientato.
Lui sorrise tranquillamente, invitandolo a parlare.
- Hai dimenticato di dirmi qualcosa…?
- Mh? No. Dai, vieni, ti presento la proprietaria…
Lo prese per il polso, cercando di portarlo verso il bancone, ma lui puntò i piedi e rimase immobile.
- Che hai…? – chiese lui, voltandosi a guardarlo, un po’ stupito.
- Sono tutti gay, questi?
Ethan sospirò.
- Justin, questa è sempre Liberty Avenue, non siamo ritornati nell’universo etero di Pittsburgh. Quando avverrà, te ne accorgerai, perché mi scioglierò tra urla disumane. Ok?
Riprovò a tirarlo, ma Justin non si mosse.
- Senti, Justin, onestamente, mi sto rompendo le palle. Cosa c’è di male a lavorare in un locale frequentato da omosessuali? Ti si chiede di dargli da mangiare, non di dargli il culo.
Irritato, lo lasciò andare, muovendosi velocemente verso il bancone. Poco dopo, si voltò a guardarlo.
- Che hai deciso? Vieni?
Annuì.
*

Appena lo vide, la donna non poté fare a meno di sorridere.
- Oddio, quanto sei carino!
Justin fece un passo indietro, intimorito. Ethan sorrise, completamente a suo agio.
- Ciao, Deb.
- Ethan, tesoro! Non dirmi che questo splendore è il tuo ragazzo!
- Non te lo dico, Deb. Non lo è. È quel ragazzo di cui ti ho parlato, ricordi?
- Ah.
Il suo sguardo si fece tetro, quasi infastidito.
- Ricordo. Ethan, tesoro, posso parlarti un attimo?
Ethan annuì e la donna lo prese per un braccio, portandolo lontano da Justin.
- Voglio che tu sappia che non ho niente contro quel ragazzo, ma il solo pensiero di dover fare un favore a quel…
- Deb. – la zittì lui con un sorriso disarmante, - Fallo a me, il favore. E comunque… - soggiunse, abbassando la voce, - cerca di non farti sentire. Si suppone la cosa rimanga un segreto.
La donna sbuffò.
- Ok, va bene. – disse seria. Poi tornò a sorridere, rivolgendosi nuovamente a Justin, - Dolcezza! Vieni qui!
Justin si avvicinò, titubante.
- Allora, tu sei il ragazzo che ha bisogno di lavorare, no?
- Il realtà, - disse Justin scoccando un’occhiata dubbiosa verso Ethan, - non è che mi sia indispensabile, però, visto che c’è l’opportunità… guadagnare un po’ di soldi mi farebbe comodo…
- Bene! Siamo qui per questo. Puoi cominciare anche subito, Ethan, tesoro, dagli un grembiule e spiegagli come funziona la cosa. Buon lavoro… come ti chiami?
- Justin Taylor… signora…
- Debbie. Solo Debbie. O Deb, se preferisci. Chiamami un’altra volta signora e quel tuo sorriso bianchissimo perderà qualche dente, Raggio di Sole. Capito?
Justin sorrise annuendo.
- Ah, santo cielo, sei troppo bellino. Basta, è meglio che torni a lavorare, questo ragazzino adorabile mi distrae.
La donna si volatilizzò in uno sfavillare di spille colorate.
- Ma, Ethan… - disse Justin curioso, - quello è, tipo, una drag queen?
Ethan scoppiò a ridere.
- Scemo! – disse, - Guarda che è una donna vera!
- …non mi prendere per il culo…
- Non ti prende per il culo. - disse una voce sconosciuta alla sue spalle, - Quella è mia madre.
Spaventato, Justin si voltò, trovandosi di fronte un uomo bruno, sui trent’anni, non molto alto né molto robusto, ma con un’ostinata espressione bellicosa stampata sul volto.
- Scusi! Non volevo…
- Sì, sì. – disse l’uomo, squadrandolo da capo a piedi.
- Ciao, Micheal. – lo salutò Ethan sorridendo.
Era assurdo, quel ragazzo. Aveva un sorriso per tutti, era quasi irritante.
Anche l’espressione dell’uomo si addolcì, mentre lo salutava.
- Allora… - disse Micheal, tornando a guardarlo, - lui è quel ragazzo di cui…
- Sì, è Justin.
- Mh. Va be’. Vado a fare colazione, ci vediamo dopo.
Justin osservò l’uomo allontanarsi da loro, avvicinarsi al bancone e prendere posto, e solo dopo riportò lo sguardo su Ethan.
- Ehi, cosa succede? Perché sembra che tutto abbiano già sentito parlare di me?
- Ah, ma te l’ho detto! - spiegò Ethan, lievemente in imbarazzo, - Credevo mi avessi detto che ti serviva un lavoro, così ne ho parlato un po' con tutti per vedere se riuscivo a trovarti qualcosa...
- Mh... - annuì lui, pensoso.
Sentiva che c'era qualcosa sotto. Sentiva che avrebbe fatto meglio ad andare via subito. Sentiva di non potersi fidare completamente di Ethan, per quanto fosse piacevole farlo.
Si limitò ad allacciarsi attorno alla vita il grembiulino che lui gli porgeva, sorridere e cominciare a servire ai tavoli.
*

Quando Brian aprì la porta, già sorrideva, come se sapesse perfettamente che dietro ci sarebbe stato lui.
Ethan non disse niente.
- Ciao. - lo salutò lui, sempre sorridendo.
Lui continuò a stare zitto.
- Prego, accomodati. - disse Brian, scostandosi dall'entrata per lasciarlo passare.
Ethan sospirò e lo sorpassò, entrando in casa.
- Buone notizie? - chiese Brian richiudendosi la porta alle spalle e andandosi a sedere sul divano.
Ethan rimase in piedi a guardarlo.
- Ti sei mangiato la lingua, oggi? Strano, solitamente sei così loquace, anche se sempre a sproposito.
- Tu invece sei sempre così gentile, quando ti serve una mano.
- Ecco il nostro Ethan di ritorno dal mondo dei muti. Com'era? Non c'erano abbastanza risposte sarcastiche?
Rise amaramente, andandosi a sedere al suo fianco.
- E' andato tutto bene. Adesso lavora al Diner. A tua disposizione, quando vuoi.
- Bene, bene.
- ...tutto qua?
Brian lo guardò, sorrise, gli si avvicinò e lo baciò.
- Bravo.
Ethan inspirò profondamente e poi si abbandonò sulla spalliera del divano, guardando il vuoto.
Brian lo fissò per un po'.
- Avanti, parla. - disse infine dandogli una pacca su una coscia.
- Non ho niente da dire.
- Questa sì sarebbe una bella notizia.
Il ragazzo gli sferrò un'occhiataccia.
- Intendo, perché vorrebbe dire che non hai nulla che ti preoccupa. - sorrise lui, ruffiano, - Ma così non è, lo leggo in quei tuoi occhietti rabbiosi.
Ethan continuò a rimanere in silenzio, incrociando le braccia sul petto.
- Ah, giusto per dirtelo, - continuò Brian, - sappi che il silenzio misterioso non ti rende sexy.
- Che c'entra?
- Era nel caso in cui stessi cercando di renderti interessante.
- Non c'è bisogno di rendersi interessanti, con te, basta rendersi carini. A volte, se sei abbastanza ubriaco o drogato, non serve neanche quello.
- Oh, ma oggi non sei semplicemente sarcastico, sei caustico. Se l'avessi saputo prima, ti avrei lasciato stare zitto.
Con un gesto stizzito, Ethan si voltò a guardare altrove, imbronciato.
Non passarono due secondi, prima che le mani di Brian cominciassero a scorrergli sulle spalle e sulla vita.
Si sciolse subito.
- Parla col fratellone, sentiamo che problema c'è.
- A parte che ormai potresti anche essere zietto...
- Ok, esci da casa mia.
Rise, appoggiandosi a lui col capo.
- Mi ha dato fastidio fare quello che ho fatto a Justin. - disse, tornando serio.
Brian sollevò un sopracciglio.
- Non è come se l'avessi condannato a morte, eh...
- Sì, però lui si fida di me... e io lo sto spingendo nella tana del lupo.
- Non sono neanche lontanamente peloso quanto un lupo.
- Potresti essere serio, una volta ogni tanto, dal momento che mi hai spinto tu a parlare?!
Brian rise, stringendolo un po'.
- Ok, ascoltami. Mi stai ascoltando?
- Mh.
- Hai solo fatto un favore a un amico. E non parlo di me, parlo di lui. Gli stai permettendo di guadagnare qualcosa. Questo è sempre un favore. Quello che succederà dopo, beh, chi dice che tu dovresti saperlo?
- Lo dice il fatto che lo so.
- Più immaginazione, Ethan.
- Devo dimenticare tutto e, quando Justin verrà da me a pretendere la mia testa perché tu l'hai molestato nei bagni, fare finta di non sapere niente?
- ...meno immaginazione, Ethan.
Il ragazzo rise, sentendosi vagamente sollevato.
- Per curiosità: cos'è che vuoi fare con lui, esattamente?
Brian sorrise.
- Ok, capito. Sei quasi scontato, Bri.
L'uomo rise e, lentamente, fece scivolare le mani verso la chiusura dei suoi jeans.
- Anche questo è scontato...? - gli sussurrò in un orecchio prima di mordicchiargli il lobo.
Ethan ridacchiò.
- Certo che lo è.
Brian sospirò e fece per alzarsi, ma Ethan lo bloccò col suo corpo, afferrandogli la mano e invitandolo a scendere ancora più in basso.
- Non fermarti.
Lo capì chiaramente: Justin non aveva una sola possibilità di restare etero ancora a lungo.
*

Brian si alzò faticosamente dal letto, senza premurarsi di mettersi nulla addosso e, irritato, avanzò verso la porta, con la ferma intenzione di aprirla, mandare a fanculo il fastidioso visitatore e tornare fra le coperte a cercare di raggiungere l'obbiettivo che aveva fissato, ovvero avere un benedetto orgasmo.
Tutti i suoi sani propositi, però, si dissolsero quando vide che al di là della porta c'era Micheal, nella veste, così tipica di lui, del suo migliore amico venuto a fare domande sulla sua situazione personale. Lo capiva dalla curva delle sue sopracciglia, imbronciate e preoccupate, dalle sue labbra serrate, e dai suoi occhi da cucciolo devastati dall'apprensione.
- Micheal.
L'uomo lo squadrò da capo a piedi. Poi, scioccato, tornò a guardarlo in viso, e lasciò andare le braccia lungo i fianchi, in un gesto rassegnato.
- Potevi almeno vestirti!
- In realtà, vestirmi non rientrava nei miei piani per i prossimi trenta-quaranta minuti almeno.
- Oh, abbiamo qualcuno che si sopravvaluta, vedo! - disse Micheal sarcastico, entrando nell'appartamento e guardandosi intorno, - In questo caso, mi dispiace di avere disturbato. Preferisci che vada via?
Brian sospirò, roteando gli occhi.
- Dato che ormai sei qui, resta pure.
Subito dopo quelle parole, si sentì un lievissimo "cazzo" giungere dalla zona letto del loft, e un frusciare di coperte e di vestiti indossati frettolosamente anticipò l'apparizione di Ethan.
- Oh. - disse Micheal fissandolo, sconvolto, gli occhi spalancati e le labbra dischiuse.
- Riprenditi, Mikey. - sentenziò Brian sbuffando.
Ethan sorrise sarcastico, avanzando verso il divano, accanto al quale erano state abbandonate le sue scarpe.
- Non preoccuparti, Micheal, stavo comunque andando via.
- Cazzate. - disse Brian afferrandolo per un braccio e sussurrandogli qualcosa all'orecchio prima di rispedirlo in camera da letto.
- Adesso, Mikey, vuoi dirmi che c'è?
Micheal scosse il capo in un gesto rassegnato.
- Qualsiasi cosa potessi dirti adesso sarebbe completamente inutile. Sono stato al Diner, oggi, ho visto il ragazzo di cui mi hai parlato. E' un ragazzino, Brian. E' minorenne. Ma, come vedo, non ti fai problemi. Bravo, non sapevo che andassi anche con Ethan. Dev'essere una cosa importante, se l'hai tenuta così segreta.
- Non è affatto importante. - disse l'uomo scrollando le spalle. Dall'altra stanza giunse un "fanculo!" soffocato. - E l'ho tenuto nascosto, - continuò Brian fingendo di non aver sentito, - perché avevo immaginato una reazione simile da parte tua.
- Ah, bene, quindi hai infranto la legge consapevolmente. Questo mi rassicura.
- Mikey.
- Sappi comunque che non potrei disapprovarti più di così.
- Micheal.
- Sei sceso così in basso, sul serio... fartela coi ragazzini.
- Micheal, Cristo, stai zitto! - gridò Brian sbattendo una mano sul tavolo da pranzo. Micheal s'interruppe di colpo, spalancando gli occhi. - Me ne fotte una sega di quanti anni hanno e altre minchiate, non vado in giro appositamente per cercare i minorenni, non violento i bambini, non sono un cazzo di pedofilo! Capita che conosca dei ragazzi molto più giovani di me, e che questi ci stiano, tutto qua! Ma porca puttana, cosa devo sentire...
- Brian, - replicò Micheal tranquillamente, - quel ragazzo del Diner non "ci sta". Tu l'hai fatto assumere nel locale di mia madre così puoi andarlo a trovare continuamente e continuamente provarci con lui, finché non l'avrai rincoglionito al punto che potrai portartelo a letto.
- Finito?
- Sì.
- Ciao, Micheal.
- Fottiti.
Micheal uscì dal loft sbattendo la porta, e un secondo dopo Brian era ritornato a distendersi accanto a Ethan.
- Ti avevo detto di spogliarti di nuovo. - lo rimproverò, osservando che era ancora vestito.
Ethan lo guardò con un'espressione indefinibile sul volto.
- Non so come tu faccia, davvero.
- Tanto esercizio. Ti spogli o vai via?
Il ragazzo cominciò lentamente a sbottonare la camicia, mettendosi seduto sul letto. Brian sorrise compiaciuto, osservandolo.
- Non ti dirò niente. - disse Ethan, - Anche perché ti ho già detto abbastanza. Solo, vacci piano.
- Mi auguro tu non ti stia riferendo ad adesso.
Ethan rise, finendo di togliere la camicia e sbottonandosi i jeans.
- No, adesso no.
*

Non aveva sospettato di niente, fino a quel momento. E infatti doveva davvero rendere merito all'impassibilità di Ethan, alla prudenza di Debbie, al riserbo di Micheal. Non aveva sospettato niente, ma quando, dopo due settimane di lavoro, vide Brian entrare nel locale e sedersi su uno sgabello di fronte a lui, con un trionfante sorriso sulle labbra, comprese tutto in un attimo. E non riuscì neanche a stupirsi.
Lanciò uno sguardo di odio puro a Ethan che, poco distante da lui, si rifugiò nel servire una giovane coppia di ragazzi seduti a un tavolino.
- Che ci fai tu qui?
Brian continuava a sorridere, e lui avrebbe voluto prenderlo a pugni. E l'avrebbe fatto, se fosse stato solo un po' meno schifosamente vigliacco.
- Non te ne sei accorto? E' un licale gay, questo. Vengo qui a fare colazione.
- Non ti ho mai visto prima. - disse gelido.
- Sarai stato distratto. - affermò candidamente.
- Che vuoi da me?
- Latte macchiato.
- ...cosa?
- Sei un cameriere, - ridacchiò, - servimi.
Nervosamente, obbedì. Gli consegnò il bicchiere di cartone e rimase a guardarlo, irritato. Brian, perfettamente a suo agio, sorseggiava il latte con noncuranza. Dopodiché, come non fosse successo niente, si alzò, pagò e uscì. Justin lo osservò varcare la soglia, stupito, e rimase lì imbambolato fino a quando Ethan non lo riscosse dal suo torpore.
- Tu. - disse, guardandolo duramente, - Sei uno stronzo.
Ethan abbassò lo sguardo.
- Sapevo che questo momento sarebbe arrivato.
- Sapevo di non averti detto che mi serviva un lavoro. Bastardo. Hai architettato tutto tu o hai solo eseguito i suoi ordini?
- Guarda, Justin, so che il mio comportamento è imperdonabile...
- Infatti, lo è. Sapevo che ce l'avevi ancora un po' con me, ma questo va oltre!
- Lo so. Mi dispiace. Per quello che vale.
- Cioè niente.
Rimasero un po' in silenzio. Justin cominciò a lavare i piatti, ed Ethan, per rimanere lì, in attesa di una qualche reazione, si mise a pulire il bancone.
- Comunque mi aspettavo che ti saltasse addosso, come minimo. Invece è stato molto educato. - commentò con un sorrisino, comprendendo che Justin non avrebbe mai fatto il primo passo.
Justin sospirò.
- Non cambia niente. Non ce l'ho con te perché lui insiste a provarci. Per questo, ce l'ho con lui. Ce l'ho con te perché mi hai preso per il culo illudendomi di fare qualcosa per me.
- Beh, però, - disse il ragazzo, incerto, - anche questo è vero... ti ho aiutato a guadagnare un po' di soldi.
- Ethan. Ti ha insegnato Brian ad ignorare le intenzioni per concentrarti solo sul fine?
Tacque, sentendosi in colpa. Poco dopo, smise di pulire e tornò ai tavoli.

back to poly

Vuoi commentare? »





ALLOWED TAGS
^bold text^bold text
_italic text_italic text
%struck text%struck text



Nota: Devi visualizzare l'anteprima del tuo commento prima di poterlo inviare. Note: You have to preview your comment (Anteprima) before sending it (Invia).