Genere: Introspettivo.
Pairing: Alberto/Darla.
Rating: PG.
AVVISI: Het, Fluff, OC.
- "Evangelion è stato, prevedibilmente, causa di insanabile frattura fra Darla ed Alma. Ero lì, quando è successo, e si è trattato di una tragedia di proporzioni talmente immani che sono immediatamente state chiare perfino a me."
Note: Prima di tutto, tanti auguri, Caska! *ride* La follia. Giustamente, la Caska fa il compleanno e io le regalo fic su coppie che lei stessa in quanto autrice dell'opera originale disconosce. Sono sempre stata una pessima fan, in questo senso XD Però in realtà sono anche contenta perché nonostante la randomicità mi sono affezionata a questa storiellina, al ménage familiare di casa Darla ed anche ad Alma (che si chiama così per un motivo ben preciso, che volendo potreste provare a scoprire da soli ;D). Quindi niente. Ah, e poi sono felice perché quando l'ho iniziata non scrivevo da un sacco di tempo (= in lizzico, quattro giorni) (sono un sacco di tempo, per me!) e invece grazie a lei mi sono rimessa in pace con l'universo XD Ed è sempre una roba bella, quando accade. Eqquindi niente. Auguri di nuovo, Caska, ti vu bi ♥
La fic, già che c'è, partecipa alla Notte Bianca #8 con prompt "Sei uguale a tua madre.", e alla seconda missione della quinta settimana del COW-T3, su prompt piccolo. Potevo farla partecipare a un altro paio di robe, volendo, ma alla fine ho deciso di tenermi sul moderato andante. Lodate la mia morigeratezza, prego.
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IT’S LIKE FORGETTING THE WORDS TO YOUR FAVORITE SONG
(you can’t believe it)

Alma è cresciuta molto in fretta, ed io, con la mia solita perspicacia, ci ho messo degli anni a capire che questo, per Darla, stava cominciando a diventare un problema. Immagino che sentirle dire "vorrei un Eva per costringerla a salirci a bordo e restare una quattordicenne per sempre" subito dopo la conclusione della sua ultima festa di compleanno avrebbe dovuto essermi di un qualche aiuto, rappresentare una qualche indicazione, un segnale che anticipasse il disastro verso il quale stavamo andando a lanciarci pestando sull'acceleratore e senza nemmeno indossare le cinture di sicurezza, ma io no, ovviamente, io non potevo cogliere l'antifona e quantomeno prepararmi, no. Perché Alma per me è ancora la bimbetta col costume da bagno a fiori che correva per il giardino inseguendo il tubo quando annaffiavo il prato, per dire. E' ancora la mocciosa che si svegliava sei volte a notte, costringendo Darla a dirmi, intorno alla quarta, "se adesso non ci vai tu, prima ammazzo lei e poi te". E' ancora la ragazzina che, quando ha cominciato ad andare a scuola, dovevamo alzarci un'ora prima solo per cominciare a pettinarle i capelli, visto che coi ricci che ha tre quarti d'ora delle complesse operazioni di vestizione volavano via nel cercare di scioglierne i nodi.
Insomma, Alma viene da me quando vuole essere portata a pattinare alla pista. Viene da me quando le serve un passaggio per andare al cinema coi suoi compagni di classe e ha avuto la brillante idea di promuovermi autista di gruppo di sua spontanea iniziativa. Che ne so, io, che lei poi va da sua madre a chiederle consigli sui ragazzi e sui vestiti - mandando ovviamente Darla nel panico più assoluto e totale, perché insomma, stiamo parlando di Darla, quella che se potesse si vestirebbe con un generatore automatico e quella che come fulgido esempio di relazione funzionale ha la nostra, ed io, per dire, sono il migliore amico dell'eterno fidanzato di suo fratello, dove per eterno fidanzato di suo fratello si intende Alessandro, cioè un uomo con il quale condividiamo tutti, chi più chi meno, uno scabroso passato; quanto funzionale può essere una relazione simile?
Nel corso degli anni, la distanza fra Alma e sua madre si è andata allargando come, suppongo, sia normale che faccia. Io questa cosa l'ho vissuta un po' di riflesso, perché sono Il Padre ed io ed Alma non siamo mai stati particolarmente intimi. Naturalmente la adoro, potrei uccidere uomini a mani nude per lei e penso che sarà esattamente quello che farò quando mi porterà a casa il primo fidanzato, o quando dovrò andare a cercarla in qualche discoteca perché è lì che si portano i primi fidanzati adesso, e non a casa a conoscere i genitori, ma il punto è che, non lo so, forse è fisiologico, ma c'è solo un determinato massimo grado di intimità che puoi raggiungere con tuo padre da quando smette di cambiarti i pannolini in poi. Superati i sei anni, le bambine diventano misteri sconosciuti come le loro madri, né più né meno, ed al padre, in quel momento, non resta che ritirarsi nel suo angolo ad ammirarle da lontano senza più neanche provare a comprenderle. Come con le loro madri, insomma.
Non avrei mai creduto che per Darla la questione del distacco sarebbe stata un problema così grande, ma al solito sono costretto ad arrendermi e ad ammettere di non aver capito niente quando, a conclusione della festa per il quindicesimo compleanno di Alma, vedo Darla tutta mogia che si rifiuta di mettere a posto il salotto nonostante sia in condizioni tali da necessitare una bonifica, e, dopo aver spento tutte le luci, si raggomitola sul divano ed infila nel lettore il primo DVD di Evangelion.
Evangelion è stato, prevedibilmente, causa di insanabile frattura fra Darla ed Alma. Ero lì, quando è successo, e si è trattato di una tragedia di proporzioni talmente immani che sono immediatamente state chiare perfino a me.
Darla aveva stabilito - prima ancora che Alma nascesse, ovviamente - che quando la bambina avrebbe compiuto quattordici anni lei le avrebbe rivelato il Sacro Mistero di Evangelion, e quello sarebbe finalmente stato il momento in cui lo avrebbero guardato insieme integralmente - serie, End, Rebuild, il pacchetto completo, insomma - per la prima volta. Sottolineo l'espressione "per la prima volta" perché, appunto, Darla aveva già dato per scontato che sarebbe stata solo la prima, che poi ce ne sarebbero state numerose altre, probabilmente annuali, precedute e seguite da discussioni e approfondimenti e riletture di saggi tramite i quali lei e sua figlia avrebbero potuto instaurare un dialogo e basare parte della loro relazione interamente su Evangelion.
Ora, che la cosa possa a Darla piacere o meno, Evangelion è un anime di più di quarant'anni fa. Non so come abbia potuto pensare che ad Alma - una ragazzina che già l'anno scorso guardava stupide telenovelas argentine per ragazzine di dodici anni per sfotterle con le sue amiche, una ragazzina che considera la trilogia degli Avengers il massimo picco raggiunto dal cinema mondiale di tutti i tempi, una ragazzina il cui anime preferito di sempre è una roba uscita due anni fa in cui due ragazzini palesemente legati da una considerevole quantità di tensione sessuale omoerotica irrisolta allevano mostriciattoli dai nomi ridicoli per salvare il mondo dal collasso bioenergetico, una ragazzina che quando a dieci anni le hanno regalato Il Piccolo Principe non si è fatta scrupoli a rispondere "l'ho già letto l'anno scorso, è un libro stupido" - avrebbe mai potuto essere interessata ad una visione di coppia di un anime vecchio di quarant'anni che ha smesso di essere mondialmente rilevante più di vent'anni fa, mentre ancora Darla ne collezionava le action figure convinta che prima o poi l'Apocalisse sarebbe giunta e il criterio di smistamento fra inferno e paradiso sarebbe stato il numero di statuette di Rei Ayanami che eri riuscito ad acquistare nel corso della tua intera esistenza.
Quando, il giorno dopo il suo quattordicesimo compleanno, Alma si è sentita rivolgere da sua madre il gentile invito, senza neanche capire le proporzioni del dolore che le stava causando le ha risposto di no. "Non mi interessa, mamma," le ha detto, così, tranquilla, mentre io sudavo freddo in background, "E' vecchio. Possiamo andare insieme al cinema la settimana prossima, però, se ti va!"
Darla non si è più ripresa.
- Rewatch? - le chiedo, mentre la osservo avvolgersi una vecchia coperta attorno alle spalle e farsi minuscola in un angolo del divano. Lei si limita ad annuire. - Primi sei e poi vieni a letto? - chiedo per sicurezza. Lei si volta e mi lancia un'occhiata incerta da sotto i capelli arruffati sulla fronte.
- La notte è giovane. - dice quindi, tornando a guardare il televisore.
- Darla... dai! - sbuffo io, avvicinandomi al divano e lasciandomi ricadere accanto a lei, - Non vorrai davvero mica sparartela tutta stanotte?
- Non sarebbe mica la prima volta. - risponde lei, scrollando le spalle.
- E' vero. - annuisco, - Ma è sempre segno di depressione clinica, per cui se devo chiamare la neuro fammelo sapere prima che mi addormenti. Sai che palle svegliarmi e trovarti qui, morta di consunzione come una dama del Trecento.
Lei si volta a guardarmi con palese pietà, e io sospiro.
- Andiamo, - borbotto, - questa cosa non può essere salutare.
- Non vedo cosa ci sia di poco salutare nel mettermi qui tranquilla a riguardare Evangelion. - protesta lei, incrociando le braccia sul petto e facendosi ancora più piccola di prima, - Sarebbe molto meno salutare se non lo facessi e lasciassi fermentare la rabbia e la frustrazione fino ad esplodere, fare una strage e diventare la nuova notizia principale di Studio Aperto per le prossime due settimane.
Aggrotto le sopracciglia, scrutandola attentamente nel buio, il viso illuminato solo dal riflesso del televisore.
- Pensi questo? - le domando come un idiota, e lei si lascia andare ad un verso frustrato, afferrando il telecomando per spegnere la tv.
- No. - dice quindi, sospirando pesantemente, - Era per dire.
Io sospiro a mia volta, incerto. Potrei avvicinarmi, adesso. Magari circondarle le spalle con un braccio e stringerla a me. Il rischio di perdere un arto è alto, in questo momento, ma con Darla io sono sempre andato per tentativi, non ho mai saputo esattamente cos'è che stavo facendo e mi sono sostanzialmente limitato a muovermi a tentoni sperando prima o poi di beccare l'interruttore della luce nell'immenso seminterrato buio che Darla è. Il che suppongo sia il motivo per il quale a metterci insieme e mettere su famiglia ci abbiamo impiegato uno sproposito di anni.
Comunque, essere ancora qui quindici anni dopo, ed esserci arrivato tutto intero, mi consola. Ho fatto i miei errori, ma sostanzialmente, con Darla, in qualche modo, sono sempre riuscito a sfangarla. Magari ci riesco anche stavolta.
Siccome la sento emanare rabbia sotto forma di particelle di calore come una piccola stufa elettrica, rinuncio all'ipotesi dell'abbraccio e mi limito ad avvicinarmi appena, sfiorando la sua spalla con la mia.
- Ti va di parlarne? - domando a bassa voce.
- Se mi fosse andata di parlarne, ti avrei chiesto di parlarne. - sbotta lei, acida, - Invece mi andava di guardare Evangelion. Guarda, non l'ho neanche fatto apposta, ma la mia scelta non poteva essere più metaforica di così!
- Okay, okay. - rido, - Capito l'antifona.
- Un miracolo. - sospira lei, ma sento le sue spalle rilassarsi, e questo è già un segnale positivo. - Ti sembra che le sia piaciuto il mio regalo? - mi domanda quindi, di punto in bianco.
- Uhm, be'. - comincio io, lanciando un'occhiata al cofanetto di DVD di una serie sulle streghe adolescenti che ad Alma piace molto e che sospetto né io né Darla avremo mai la benché minima voglia di guardare, - Mi è sembrata piuttosto contenta, sì. - sposto lo sguardo su Darla, intuendo il suo profilo nel buio. - A te è piaciuto? - domando.
- Il punto non è se è piaciuto a me. - risponde prevedibilmente lei, di nuovo irritata, - Doveva piacere ad Alma, no?
- Madonna, Darla, - sbuffo, passandomi una mano sulla faccia e poi fra i capelli, - Basta, okay? Ho capito, ad Alma non interessa Evangelion e questa cosa ti fa sclerare, ma anche superiamola un attimo questa cosa, va bene?
- Non è Evangelion, il problema. - dice lei, secca.
- Sì, certo. - gesticolo io, roteando gli occhi. Lei mi guarda, di nuovo, con infinita pietà.
- Alberto, scommetto che all'asilo eri quello che quando i suoi amichetti gli dicevano di non mangiare la minestra perché era avvelenata ci cascavi. - dice. Io faccio per protestare, ma lei è più svelta di me. - Non sei mai stato il più sveglio della compagnia, dopotutto. Hai altri pregi. Ora non me ne viene in mente nemmeno uno, ma--
- Per arrivare al punto? - sbuffo, afferrando un cuscino e schiacciandoglielo sul viso. Lei si lascia andare alla prima risata della serata - forse addirittura della giornata - e sospira.
- Io e mio padre non avevamo mai argomenti di conversazione. - dice, - Lo sai che vuol dire questo? Che tutte le nostre conversazioni si riducevano a parlare del tempo e, quando eravamo forzati a passare insieme più di dieci minuti, delle notizie più importanti del telegiornale. E poi, naturalmente, c'erano i Grandi Momenti, quelli in cui diventava necessario parlare delle cose veramente gravi e importanti, e sai cosa? - mi guarda, e dai suoi occhi non riesco a capire se sia arrabbiata o semplicemente triste, - Non eravamo capaci. Non eravamo capaci di dirci niente, perché non sapevamo parlare l'uno con l'altra. Perché tu non puoi basare anni e anni di conversazioni su "fa caldo, oggi, eh?" e poi essere in grado di dire a qualcuno come ti senti e parlare liberamente con lui quando invece è necessario farlo. - sospira ancora, appoggiandosi indietro allo schienale del divano e scrutando con disinteresse il soffitto. - Pensavo che quando avessi avuto un figlio mio sarebbe stato diverso. E invece Alma sta già cominciando a diventare un'estranea, ed è ancora una bambina. Non capisco niente di quello che dice, Alberto! - si infervora tutta all'improvviso, tornando a guardarmi, - Ma che senso ha?! Dio, quando parlavo con mio padre era così evidente che non riusciva a capire una parola di quello che gli stavo dicendo. Era così frustrante. Ed io fra me e me pensavo "ma io non sarei mai così, io non potrei mai essere così. Io capirei mia figlia, al suo posto, come potrei non capirla?", e invece non la capisco. E' una cosa surreale. Parliamo la stessa lingua, ma è come se ci fosse una barriera che distorce i suoni, fra noi. Ha senso? - chiede quindi con un sospiro.
Sorrido un po', avvicinandomi ancora. Adesso non sono più solo le nostre spalle che si sfiorano, adesso siamo vicini abbastanza da poter condividere lo stesso calore. Per ora è abbastanza così.
- Quando Alma aveva sette anni, - comincio, prendendo una mano di Darla fra le mie e giocando con le sue dita. Lei la trova una cosa estremamente fastidiosa ma, a suo dire, me la lascia fare perché ha pietà della mia condizione di uomo alla disperata ricerca di contatto fisico affettuoso; io sospetto che in realtà le piaccia e basta ma preferisca far sentire in colpa me perché lo voglio piuttosto che sentirsi in colpa lei perché lo vuole ma non riesce ad abbandonarvisi completamente. - E' venuta da me brandendo quell'enorme coniglio rosa che le ha regalato tuo fratello quando ha compiuto cinque anni.
- Fragola. - mi ricorda Darla, incapace di trattenere un sorriso.
- Esatto, Fragola. Vedi, non me lo ricordavo neanche. Comunque, non è questo il punto. Insomma, viene da me brandendo questo enorme coniglio rosa, me lo agita davanti alla faccia, poi si siede e comincia a raccontarmi questa storia surreale in cui Fragola era in realtà l'eroina della favola e doveva salvare il suo regno da non mi ricordo che minaccia ridicola tipo la scomparsa delle carote. - mi interrompo, Darla ride, la sento appoggiarsi meglio alla mia spalla. - Tu eri in Giappone, in quel periodo lì. Eri via da meno di una settimana, e fino a quel momento io me l'ero cavata alla grandissima, e poi Alma mi si presenta con questa storia assurda, e mi chiede di continuarla. Panico.
Darla ride ancora, stavolta più apertamente, genuinamente divertita.
- Sei sempre stato un disastro, sotto stress. - commenta.
- Sì, è vero. - annuisco io, - Ma non è questo il punto.
- Smettila di dire cosa non è il punto, arrivaci! - ride ancora lei.
- Ci arrivo, ci arrivo! - sbuffo io, tirandole un mezzo schiaffo su una coscia. - Insomma, mentre lei era seduta lì per terra con quel coniglio in braccio e io mi chiedevo "ma quand'è che è impazzita così all'improvviso? Dove stavo guardando, mentre accadeva?", improvvisamente lei mi fa "Dai, papà! Mamma è molto più brava di te."
- Devo dire che, se non altro, siamo riusciti ad insegnarle il valore del tatto. - sospira Darla, scuotendo il capo. Stavolta rido io.
- Continua a non essere questo il punto. - dico, e non le lascio tempo di protestare ulteriormente. - Il punto è che in quel momento lì io ho capito che non è che Alma si fosse svegliata in quel momento decisa a farmi inventare una storia sul suo coniglio rosa così su due piedi. Voi eravate impegnate ad inventare quella storia da chissà quanto tempo, e io semplicemente non lo sapevo. Non ne avevo idea! E tutto quello che Alma mi stava dicendo era assolutamente incomprensibile, e non avevo idea di come fare ad uscirne perché, se pensavo all'eventualità di inventare qualche nuova avventura per Fragola, semplicemente non mi veniva in mente niente. Per cui, alla fine, ho preso il DVD di Chicken Little ed ho risolto la situazione evitando il problema.
- Dubito che il DVD di Chicken Little sarebbe abbastanza per risolvere la situazione adesso, Alberto. - sospira Darla, passandosi una mano fra i capelli corti per scostarsi la frangia dal viso.
- Quello che intendo dire... - borbotto io, - E' che per me Alma ha cominciato a diventare una cosa incomprensibile in quel momento, e non è più tornata una cosa comprensibile come invece era prima.
Darla resta in silenzio per un po', respirando piano nel buio della stanza.
- Quindi dovrei essere semplicemente grata per gli anni in cui l'ho avuta e rassegnarmi a cominciare a perderla? - chiede, - E rassegnarmi anche al fatto che fra dieci anni anche tutte le nostre conversazioni saranno ridotte al tempo e alle notizie del telegiornale, come lo erano quelle con mio padre?
- Minchia, non esiste nessuno più positivo di te, eh, Darla? - sbotto, lanciandole un'occhiataccia. Lei ride piano, sistemandosi meglio contro il mio fianco.
- Credo che tu abbia ragione, comunque. - ammette alla fine, - Non basta averne parlato perché io domani mattina possa svegliarmi magicamente e stare bene, ma grazie per averci provato.
- Da qualche parte dovevo pur cominciare. - dico, scrollando le spalle.
Lei sorride - sento la curva delle sue labbra contro la mia pelle, e il lieve sbuffo di fiato che mi soffia addosso - e cerca a tentoni il telecomando sul divano, riaccendendo la tv.
- Li guardiamo insieme, i primi sei episodi? - mi chiede a bassa voce, - E poi a letto, promesso.
Io sospiro, roteando gli occhi.
- Facciamo che arriviamo all'ottavo, - sbuffo, - almeno mi godo Asuka.
Lei mi tira uno schiaffo contro una spalla, spegne la tv e corre dritta in camera da letto.
Funziona sempre.
*
Per la verità, Alma e Darla si assomigliano molto. Se non altro caratterialmente. Sono molto attaccate l'una all'altra, e questo era particolarmente evidente quando Alma era ancora una bambina e, al di là della spaventosa ma sostanzialmente naturale cotta che aveva per me - e dell'altrettanto spaventosa ma sostanzialmente ovvia cotta che aveva per Alessandro, come tutti nel mondo, dopotutto -, sua madre era il suo unico punto di riferimento. Era lei che guardava quando stava per fare qualcosa ma non era sicura che si trattasse della cosa giusta da fare, era lei che guardava quando andavamo a pranzo fuori e le davano da mangiare qualcosa che non aveva mai assaggiato prima, aspettandosi che Darla invece già sapesse se a lei quella pietanza sarebbe piaciuta o meno. Anche adesso, come dicevo prima, è da lei che corre per chiederle consiglio su ogni minima cosa, nonostante l'evidente impreparazione di sua madre nei confronti di lei stessa e anche di tutto il resto del mondo.
A livello puramente inconscio si sono sempre capite alla grande, molto meglio di quanto non potessi capirle io. Sono entrambe cocciute al punto da rasentare la stupidità, sono entrambe piuttosto chiuse in loro stesse e fare amicizia non riesce a nessuna delle due particolarmente facile, sono entrambe vittime di quel particolare tipo di rabbia repressa che ti porta a sbottare senza pietà contro tutto e tutti al minimo errore perché pensano sostanzialmente entrambe di meritare molto più di quanto già abbiano. Ci sono stati dei momenti, anche recentemente - solo che a Darla in questo momento fa più comodo non ricordarli -, in cui a Darla è bastata letteralmente un'occhiata per intuire lo stato d'animo di Alma, ed in quei momenti, per quanto tristi potessero essere, è sempre stato bellissimo osservare gli occhi di Alma spalancarsi sorpresi e riempirsi di quella gioia, di quell'ammirazione del tutto infantile con la quale, a cinque anni, guardi i tuoi genitori, convinto che siano supereroi.
Sono momenti minuscoli, apparentemente privi d'importanza, sulle quali però spesso finiscono per poggiare le fondamenta di interi rapporti. E' evidente che in questo momento sono di più le cose che le separano, rispetto a quelle che le uniscono, ma mentre il giorno dopo facciamo colazione tutti insieme, ed io mi drogo di caffè mentre Alma annega nei cereali al cioccolato e Darla inzuppa biscotti come non esistesse un domani, io penso che sarebbe molto più facile se per un secondo entrambe riuscissero a ricordare che sono ancora tante le cose che le uniscono, e sono ancora di più le cose che le rendono simili.
Ed è in quel momento che la geniale idea si presenta.
- Ah, - dico con tono casuale, allungandomi a rubare a Darla un biscotto, - ieri mi sono dimenticato di dirvelo: mi ha chiamato Ale, dice che la settimana prossima è in Italia, non ho capito per che motivo, e gli farebbe piacere stare un po' da noi.
Le osservo entrambe illuminarsi d'immenso mentre nei loro occhi si fanno strada immagini perfette di Alessandro impegnato nelle più disparate attività - tagliare l'erba in giardino, annaffiare i roseti, lavare i piatti, lavare la macchina, lavare se stesso, il tutto naturalmente senza maglietta - e quando le vedo scattare in piedi da un lato mi sento mortalmente geloso, e dall'altro anche molto soddisfatto di me stesso. Ho anteposto il bene della mia famiglia ai miei bisogni egocentrici di maschio alfa. Sono un eroe!
- Devo pulire! - strilla Darla, - La casa è un porcile!
- Devo pulire! - strilla Alma, facendole il verso e poi scoppiando a ridere, - Camera mia è un porcile!
Mentre Darla la rimprovera brevemente, io scoppio a ridere a mia volta.
- Sei uguale a tua madre. - commento, finendo di sorseggiare sereno il mio caffè, un attimo prima che Darla mi strappi la tazzina dalle mani per infilarla nella lavastoviglie.
Ora farò meglio a telefonare ad Alessandro ed obbligarlo a riportare il culo in Italia per un po', se non voglio che la mia geniale idea mi si ritorca contro.
back to poly
  1. Aw, ma che meraviglia! È tanto dolce e divertente, e ho adorato il pov di Alberto. A dirla tutta mi ha fatto quasi pena, alle prese con Darla e la sua riproduzione in miniatura, poveraccio XD

    Shari
    24/02/2013 00:53

  2. Che fic adorabile e aw! Un win infinito per Alma, che direi si chiami così per Alma di AHS…? che è figa quanto e più di sua madre :3
    Alberto è adorkableness pura <3

    beesp
    24/02/2013 17:49

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