Genere: Introspettivo, Romantico, Commedia, Triste.
Pairing: Chakuza/Fler.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, AU.
- Una sera, Fler torna a casa propria e trova un uomo sconosciuto e palesemente ubriaco steso sulle scale all'ingresso del proprio palazzo. L'uomo puzza e non sembra intenzionato a passare la notte restando in vita, se abbandonato a se stesso, e per tale motivo, dopo una discussione vagamente surreale, Fler decide di accoglierlo in casa propria, almeno per la notte. La cosa, però, avrà conseguenze di un certo spessore, conseguenze che cambieranno per sempre la vita di tutti i protagonisti di questa vicenda.
Note: Dunque, che questa storia esista, a partire da una foto in cui Chakuza era vestito come un pezzente, è già una cosa abbastanza allucinante XD Non contenta di aver dato il via ad una cosa simile partendo da un pretesto abbastanza ridicolo, ho scritto a lungo. Molto a lungo. Nel senso che la storia è lunga quasi trentamila parole ed ho perciò saggiamente deciso di dividerla in tre parti per evitare che chiunque voglia leggerla (se mai qualcuno vorrà o_ò) debba smazzarsi una roba infinita. Per cui niente, spero che vi piaccia e spero anche di ricordarmi di aggiornare con frequenza, visto che comunque è tutto già scritto XD (Tra l'altro, senza parole: ho cominciato a scrivere questa storia il giorno stesso in cui è scaduto il BBI... bastarda, potevi plottarti/scriverti tutta prima è.é Almeno avrei portato tre fic come avevo promesso ç.ç)
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EVERYTHING I OWN

You taught me how to cry
I don`t know why, just don`t know why
You told those lies to me
You set me free, set me free

Non erano neanche le nove di sera quando bussò alla sua porta. Indossava ancora gli sessi vestiti del giorno prima – i vestiti che lui gli aveva dato – ma aveva cercato di darsi una rinfrescata che fosse sufficiente a non renderlo del tutto sgradevole. Quando stava per strada e qualcuno gli si avvicinava, generalmente quel qualcuno non aveva alcun interesse a verificare che lui fosse pulito o profumasse; tutto ciò che gli interessava era una scopata veloce, di buona qualità, per un buon prezzo e senza conseguenze troppo drammatiche, tutte cose alle quali lui poteva provvedere senza la minima fatica.
Per qualche ragione che non gli era ancora molto chiara, comunque, ci teneva che a Fler non sembrasse che tutto il lavoro che aveva fatto il giorno prima fosse andato perduto, anche se non riusciva neanche da sé a capire cosa il suo cervello intendesse per “tutto il lavoro fatto da Fler”, visto che Fler, a conti fatti, a parte spalancargli come un idiota le porte di casa sua, non è che avesse fatto molto altro.
Forse, in realtà, era solo preoccupato dalla possibilità che lui lo trovasse ripugnante e ciò mandasse a monte il progetto che tanto faticosamente lui e Nyze avevano delineato mentre Kay li osservava e, di tanto in tanto, poneva domande inopportune tipo “ma se non ci sta lo drogherai e lo prenderai nel sonno?” e “e se Bushido entra in camera mentre lo state facendo, scappi dalla finestra coprendoti con un lenzuolo?”. Sì, era una possibilità.
Decise di credere a quello, mentre una fastidiosa vocina nel fondo della sua testa gli ripeteva che no, non c’entrava niente il piano, e il motivo per cui si sentiva così teso e a disagio era lo stesso per cui s’era sentito quasi sporco quando, il giorno prima, aveva pensato, anche solo per un attimo, di approfittarsi di lui, come in effetti adesso stava per accadere. La mise a tacere, quella fastidiosa vocina, ed attese pazientemente dietro la porta, senza bussare ancora. Non voleva dare l’impressione di essere di corsa, voleva che Fler pensasse alla sua visita improvvisa come a qualcosa di assolutamente casuale.
Quando sentì una serie di passi strascicati avvicinarsi alla porta e poi la serratura scattare, mise su il migliore dei suoi sorrisi fascinosi, e quasi cadde all’indietro dentro l’ascensore con gli sportelli ancora spalancati quando, al posto della faccia di Fler, nello spiraglio che s’era appena aperto apparve la faccia di uno degli uomini di fiducia di Bushido fra i più famosi: Eko Fresh.
Ekrem Bora, conosciuto ai più come Eko Fresh, appunto, era turco. O meglio, era nato in Germania, ma era di origini turche, esattamente come Bushido, invece, era il tunisino più tedesco del mondo. A Bushido piacevano le persone così, i senza patria, li chiamava. Era convinto di avere su di loro un’influenza di un certo tipo, e a giudicare da quelli che lo circondavano non si poteva dire che avesse torto. In ogni caso, Eko Fresh era conosciuto perché aveva fondamentalmente cominciato a fare l’assassino per Bushido a sedici anni, e non aveva più smesso. Sembrava difettasse un po’ in materia grigia, ma ciò che gli mancava in intelligenza era decisamente compensato in capacità di risolvere problemi di una certa entità. L’aveva sempre fatto con discrezione, e in maniera pulita. Bushido si fidava ciecamente di lui, e Chakuza deglutì a fatica nel chiedersi per quale motivo l’avesse mandato proprio da Fler, proprio quella sera.
- Ehm… - abbozzò incerto, grattandosi nervosamente la testa sotto il berretto nero, - Ehm, pensavo che Fler fosse solo stasera, se disturbo magari posso… ripassare, suppongo.
Eko lo squadrò per molti secondi con interesse quasi scientifico, le sopracciglia inarcate e l’espressione sul volto vagamente ebete. Poi, del tutto inaspettatamente, scattò in avanti, spalancando la porta e raggiungendolo oltre la soglia con un solo passo. In meno di due secondi, Chakuza se lo trovò addosso, e lo afferrò per le spalle nel tentativo di allontanarlo il più velocemente possibile, senza peraltro riuscirci. Il piccoletto era tenace.
Smise di tentare solo quando si rese conto che Eko non stava cercando di fare niente di pericoloso: semplicemente, aveva preso ad annusarlo come un cane, con estremo interesse. Il braccio, la spalla, l’incavo del collo su fin sotto l’orecchio, e poi il muso, con una naturalezza disarmante, come se fosse in quel modo che prendeva confidenza con tutti gli sconosciuti che gli si presentavano alla porta, per un motivo o per un altro.
- Aaaah! – disse quindi, con sollievo evidente, tornando ad allontanarsi da lui di sua spontanea iniziativa, - Tu devi essere quello di cui Bushido mi ha parlato. Cazzo, sei demente come ha detto, allora!
- …come, prego? – chiese infastidito, inarcando un sopracciglio nella sua direzione.
- Ma sì, la puttana! – proseguì Eko, adesso perfettamente a proprio agio, - Come ti chiami… - gesticolò per qualche secondo, roteando una mano all’altezza della tempia come se quel movimento potesse aiutarlo a tirar fuori il pensiero dal pozzo della sua testa, - Chakuza! – concluse infine, trionfante. – Bu mi ha detto che c’era la possibilità che ti facessi vivo di nuovo. Mi ha detto “non so se è davvero così idiota, ma mi è parso di sì”. E aveva ragione, perdio.
- Scusa, ma come fai a sapere che sono proprio io quello di cui ti ha parlato Bushido? – insisté lui, incrociando le braccia sul petto ma già consapevole del fatto di doversi arrendere, prima o poi, perché Chakuza era lui davvero ed Eko aveva indovinato, per cui c’erano poche storie da fare, al riguardo.
- Be’, puzzi. – rispose comunque quello, stringendosi nelle spalle come gli dispiacesse dover dar voce ad una verità tanto ovvia.
- Io non— - balbettò Chakuza, annusandosi sbrigativamente sotto le ascelle, - Io non puzzo!
- Sì, come vuoi. – annuì Eko, scostandosi dalla soglia con un passo indietro, - Vuoi entrare?
- …posso? – biascicò lui, sinceramente stupito, spalancando gli occhi. Eko lo fissò di rimando con la stessa espressione sconvolta che doveva trovarsi anche sulla sua faccia.
- Be’, certo, se vuoi. – rispose con ovvietà, - Non posso mica buttarti giù dalla tromba delle scale. O meglio, potrei anche, ma non vedo perché dovrei farlo, al momento.
Chakuza sudò freddo per un secondo, prima di riacquistare il controllo sul proprio corpo e darsi una calmata.
- Credevo che fossi qui per tenermi lontano da Fler, o che so io… - ipotizzò facendo il proprio ingresso nell’appartamento ed appendendo il berretto ad uno dei ganci affissi alla parete proprio accanto alla porta.
- Come se fosse possibile tenere Fler lontano da qualcosa. – sospirò Eko, roteando teatralmente gli occhi, - L’uomo che si divertiva a frullare la roba senza tappare il frullatore per vedere quanto in alto arrivava lo schizzo. Ehi, immagino che tu ne abbia di aneddoti da raccontare, sugli schizzi. – aggiunse poi in tono cospiratorio, ridacchiando stupidamente e dandogli qualche gomitata allusiva proprio in mezzo alle costole.
- …non così tanti, in realtà. – rispose con una punta di disgusto. Eko lo mandò a cagare, spintonandolo appena.
- Dio, sembri noioso come una cosa molto noiosa. – stabilì, disinteressandosi completamente della sua persona ed infilando la testa in salotto, - Fler, il cucciolo di cane di cui ti sei occupato ieri notte è tornato per un’altra dose di cibo in scatola. – annunciò. Chakuza aggrottò le sopracciglia, ma la sua espressione non poté che distendersi nuovamente quando Fler si affacciò dal salotto, sorridendo speranzoso, e poi scoppiò in un gridolino felice quando capì che sì, era proprio lui.
- Chaku! – esultò, gettandogli le braccia al collo, - Sei tornato! Vuoi farti una doccia?
- Io non puzzo! – ribatté lui, estremamente offeso, senza però riuscire ad impedirsi di circondargli i fianchi con le braccia e stringerselo contro in un abbraccio distratto ma caloroso. Fler rise di gusto, allontanandosi da lui poco dopo, senza il minimo imbarazzo.
- Ma non ti ho detto che puzzi, - precisò, - solo che immaginavo ti andasse di farti una doccia. Ma se non vuoi per me è ok. Ti stavo aspettando per la cena! – proruppe poi, allegro. Chakuza gli lanciò un’occhiata dubbiosa.
- Non sapevi che sarei tornato. – gli fece notare, - Io non ti avevo detto che l’avrei fatto.
- No, infatti non lo sapevo. – rise ancora Fler, stringendosi nelle spalle, - Però ci speravo, siamo stati bene insieme ieri. E sei un sacco bravo a cucinare. Questo tonto qui – disse indicando Eko, - è un disastro, e quando Bushido non può venire a cenare con me finisce sempre a mandarmi lui, che ai fornelli è un impiastro e mi rifila sempre roba orrenda.
- La mia è alta cucina turca. – borbottò Eko, palesemente oltraggiato, infilandosi in salotto e prendendo il posto di Fler alla Wii, - Non è colpa mia se non ti piace il cumino.
- Lo senti? – chiese Fler, indicandolo col pollice, - Cumino! Che roba sarebbe?
Chakuza rise di gusto, prendendo mentalmente nota della necessità di eliminare il cumino da qualsiasi pietanza avrebbe deciso di preparargli dal quel momento in poi, e poi stabilì che magari una doccia gli avrebbe fatto bene. Lo disse a Fler, il quale gli suggerì di fare esattamente come fosse a casa propria. Chakuza annuì, rifugiandosi immediatamente in bagno, spogliandosi e concedendosi una lunga doccia tiepida rilassante – una cosa cui gli sarebbe piaciuto poter fare l’abitudine, in realtà – prima di uscire, avvolgersi sommariamente un asciugamano attorno ai fianchi – badando di lasciarlo perlopiù aperto sull’anca – e prepararsi a comportarsi come il suo mestiere gli imponeva.
- Fler! – chiamò a gran voce, - Fler, ti dispiacerebbe avvicinarti un attimo?
Fler bussò pochi secondi dopo.
- È tutto a posto, lì dentro? – chiese con gioviale preoccupazione. Chakuza sospirò ancora e spalancò la porta.
- Sì, non riesco a ricordare dove sono le mutande. – disse, con la maggior naturalezza possibile, lasciando andare l’asciugamano e tenendolo fermo davanti all’inguine ma lasciando del tutto scoperti i fianchi. Fler gli lanciò un’occhiata sbadata ed arrossì vistosamente, distogliendo immediatamente lo sguardo.
- Ma Chaku, sei nudo! – lo indicò incerto, - Le mutande sono lì, nel cassetto!
- Ah, già! – biascicò lui, fingendo di allungare una mano per riafferrare l’asciugamano e coprirsi, - Ti spiacerebbe recuperarmene un paio tu? Sono un attimino impedito nei movimenti, adesso. – chiese con un sorriso di scuse. Le guance di Fler tornarono a infiammarsi all’improvviso.
- Ma… - balbettò spaventato, adocchiando lo stretto passaggio che lo conduceva alla cassettiera ingombrato già per metà dal corpo di Chakuza, - Ma cioè, basterebbe allungarti e—
- Eddai, è solo un favore, non vedi che se mi muovo mi casca tutto, qui? – insistette lui, con una mezza smorfia. Fler deglutì a fatica, cercando di schiacciarsi il più possibile contro la parete per riuscire a passare senza dover sfiorare lui nel movimento, ma Chakuza, dandosi mentalmente dell’imbecille, del ridicolo e anche un po’ del pezzo di merda, fu bene attento a scivolargli inavvertitamente addosso proprio quando Fler si ritrovò esattamente davanti a lui, e già cercava di sporgersi il più possibile verso la cassettiera senza doversi muovere oltre.
- Chaku!!! – strillò immediatamente Fler, agitandosi al punto che Chakuza ci provò davvero a recuperare l’equilibrio, ma non ci riuscì.
Tre secondi dopo l’urlo, Eko era già sulla porta, le mani appoggiate alla cornice per frenare lo slancio che l’aveva portato a macinare il corridoio in tre secondi netti e lo sguardo fisso su di loro.
- Cosa succede?! – chiese preoccupato. Poi li guardo più attentamente. – Oooh. – disse quindi, annuendo compito, - Bushido non sarà contento di questa cosa. – notificò, scuotendo lentamente il capo.
- Non sta succedendo niente! – si affrettò a precisare Chakuza, rimettendosi dritto e recuperando l’asciugamano da terra per coprirsi sbrigativamente, - Sono solo scivolato.
Fler non disse una parola. Aggrottò le sopracciglia e lo allontanò da sé con uno spintone deciso, andandosi a trincerare in camera propria.
Eko lo osservò sfilare lungo il corridoio quasi correndo in prossimità della porta, e poi tornò a guardare Chakuza, incrociando le braccia sul petto e sorridendo quasi con pietà.
- No, dico, nano, a che gioco stai giocando? – chiese, inarcando un sopracciglio.
Chakuza aggrottò istantaneamente le sopracciglia.
- A nessun gioco. – rispose secco.
- Aha. – annuì Eko, senza credere ad una sola parola, - Lo sai che è proprietà privata, sì o no?
- …sta con Bushido? – chiese quindi, sinceramente stupito. Eko spalancò gli occhi e lo fissò incredulo per qualche secondo, prima di piegarsi in due dalle risate.
- Ma no! – disse quando gli riuscì di riprendersi, - Ma è di sua proprietà lo stesso. E tu farai meglio a stare bene attento a cosa tocchi, perché—
- Fammi indovinare: - lo interruppe con una risatina amara, - potrebbe essere l’ultima cosa che toccherò?
Eko rise, allungandosi a battergli una pacca sulla spalla.
- Esattamente, amico. – concluse, - Rivestiti, dai. Ti accompagno alla porta.
Chakuza immaginò non dovesse esserci più molto da fare, per quella sera. Dalla camera di Fler giungeva il suono un po’ ovattato della musica ad alto volume, e lui immaginò che, da lì dentro, almeno fino a domani, non sarebbe uscito. Si rivestì, e poi si fece accompagnare alla porta. Salutò Eko in risposta al saluto che lui per primo gli aveva offerto e scese a piano terra facendo le scale, giusto per schiarirsi un po’ le idee. Di fuori pioveva così tanto che non si riuscivano a vedere che le sagome dei palazzi dall’altro lato della strada. Rabbrividendo un po’, Chakuza si strinse nelle spalle e si sistemò al riparo sotto la tettoia, in posizione defilata, lontano dalla luce, in attesa che spiovesse.
Fu facile, da quella posizione, osservare Eko andare via un’oretta dopo, senza che lui si accorgesse della sua presenza. Restando nell’ombra, Chakuza ponderò per qualche secondo le proprie possibilità: poteva restare lì fino a quando non avesse smesso di piovere, ma questo avrebbe implicato il dover restare là in piedi fino all’alba dell’indomani, nella migliore delle ipotesi. Oppure poteva correre dietro ad Eko Fresh e chiedergli un passaggio fino a casa, sperando che lui non lo intendesse come un invito a sgozzarlo e buttarlo nel canale alla prima occasione favorevole. Infine, poteva correre il rischio e provare a parlare di nuovo con Fler, rischiando di mandare a monte tutto facendolo irritare ancora di più e ponendo prematuramente fine alla loro relazione mai iniziata.
Deglutì, ascoltando il proprio cuore battere più forte di quanto le gocce di pioggia non facessero schiantandosi sull’asfalto in strada, e poi si avvicinò al citofono.
Fler rispose subito.
- Ohi, Freezy. – disse con naturalezza, - Ho visto che piove, vuoi mica un ombrello? Sali, dai. – stabilì da solo, aprendo il portone. Chakuza, che vi era appoggiato, si ritrovò improvvisamente senza una superficie fissa alla quale puntellarsi, e quasi cadde in avanti. Dovette aggrapparsi con tutte le proprie forze alla maniglia per non rovinare ignominiosamente a terra.
Dopodiché, si morse un labbro. Il suo primo istinto era stato quello di tornare indietro e dire a Fler che si trattava di lui, ma l’aveva trattenuto, ed alla fine decise di chiudersi il portone alle spalle ed imboccare la via per l’ascensore: era molto probabile che, se avesse saputo che era Chakuza l’uomo al quale aveva aperto, Fler si sarebbe barricato in casa. Così, invece, magari aveva ancora la possibilità di vederlo. Di provare a dirgli qualcosa, anche se non avrebbe saputo immaginare cosa.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, la prima cosa che Chakuza vide fu il corpo di Fler. Non prestò attenzione al suo sorriso e nemmeno all’ombrello che, piuttosto incautamente e in barba a qualsiasi superstizione, teneva già aperto in mano, si concentrò direttamente sul suo corpo nudo che si stagliava contro la luce giallastra che veniva dall’interno dell’appartamento, perfettamente centrato nello spazio della cornice della porta. Indossava soltanto un paio di slip, e quando vide che si trattava di lui e non di Eko spalancò gli occhi e fece un passo indietro, portando l’ombrello spalancato davanti al corpo di modo che lo coprisse almeno per metà. Chakuza notò subito che era arrossito.
- Ehm. – balbettò incerto, - Ehm, pensavo che avremmo potuto parlare.
Fler si strinse nelle spalle, avvampando più di quanto non avesse già fatto.
- Credevo che fossi Eko! – disse, a mo’ di giustificazione.
- …e sarebbe stato normale farti trovare in mutande, se fosse stato lui? – chiese Chakuza, sbattendo le palpebre con aria un filino allucinata. Fler spalancò gli occhi. Gli diventarono rosse perfino le punte delle orecchie.
- No! – strillò rientrando in casa di corsa, - È che ero a letto e non sarebbe stato un gran problema vedermi così, per lui! – spiegò, afferrando velocemente la porta con entrambe le mani per provare a chiuderla il più velocemente possibile. Chakuza, però, si fece avanti, piantando una mano contro la superficie in legno e facendo forza, per impedirgli di riuscirci.
- E invece è un gran problema se ti ci vedo io? – chiese, guardandolo direttamente negli occhi.
Fler arrossì ancora, e Chakuza si chiese distrattamente se avrebbe mai smesso, se ci sarebbe stato, prima o poi, un tono di rosso sulle sue guance che fosse quello definitivo. In ogni caso, era abbastanza incredibile che, invece di risultare semplicemente inguardabile e paonazzo come tutti gli altri esseri umani normali così portati all’arrossamento, lui sembrasse ad ogni vampata d’imbarazzo sempre più carino. Chakuza si accorse all’improvviso di stare sorridendo con aria un po’ persa e, immaginò, francamente ebete, e cercò di tornare alla normalità, provando a spingere la porta per vedere se gli riusciva di aprirla abbastanza da consentirsi un ingresso. Fler, in effetti, aveva smesso di fare forza da un po’, e si limitò ad arretrare silenziosamente – i suoi piedi nudi non producevano alcun suono sulla moquette che ricopriva l’ingresso e tutto il corridoio – mentre Chakuza, invece, avanzava, senza mai lasciare andare il suo sguardo.
- Vado… vado a mettermi qualcosa addosso. – borbottò confusamente, mettendo giù l’ombrello e coprendosi il più possibile con le braccia. Chakuza dovette faticare per non scoppiare a ridere, da quanto si sentiva divertito e intenerito da quei suoi stravaganti gesti da essere umano totalmente inetto nei rapporti sociali.
- Ti dà fastidio che ti veda così? – chiese invece, avanzando di un passo. Fler non si ritrasse, ma probabilmente solo perché non sapeva che, in una situazione del genere, ritrarsi è d’obbligo se non vuoi essere toccato. Era così palesemente impreparato, da quel punto di vista, che Chakuza non riuscì proprio a non sentirsi profondamente arrabbiato con se stesso per quello che stava per fare.
- Non lo so. – rispose lui in un mugugno cupo, - Credo di sì, perché non mi sento a mio agio.
Chakuza annuì, avanzando ancora. Fler rimase immobile, come pietrificato.
- E ti ha dato fastidio vedermi nudo prima, in bagno? – chiese ancora, la voce più bassa, ridotta quasi ad un sussurro carezzevole.
Fler arrossì per l’ennesima volta, e la sua pelle, che stava cominciando a tornare del suo colore naturale negli ultimi minuti, tornò ad accendersi di rosso vivo tutta in una volta.
- …non era fastidio. – rispose sinceramente. Dio, era così perso da non riuscire nemmeno a comprendere che, per il proprio bene, in quella situazione sarebbe stato molto meglio mentire. – Era… qualcosa di caldo. – precisò distogliendo lo sguardo. Chakuza si morse un labbro. Avrebbe voluto afferrarlo per i fianchi e ribaltarlo contro la prima parete senza attendere neanche un minuto di più, ma si trattenne.
- Era anche qualcosa di piacevole? – domandò, chiedendosi come riuscisse a reggere il suo sguardo pur sentendosi così incredibilmente cattivo nel comportarsi così. Riusciva a percepire il suo imbarazzo sulla pelle, era una sensazione incredibilmente potente, totalizzante. Fler stava bruciando e lui voleva sentirselo bruciare addosso.
Fler annaspò per qualche secondo, evitando il suo sguardo e mordendosi un labbro.
- Perché mi fai questa domanda? – balbettò confusamente, - Non lo so, non è una cosa normale, questa.
- Non è una cosa normale? – Chakuza sollevò un sopracciglio, allontanandosi appena. Solo di qualche centimetro. Di più, non avrebbe potuto, né voluto. – Cosa, che ti piaccia un ragazzo?
Fler aggrottò le sopracciglia e tornò a guardarlo, improvvisamente arrabbiato.
- Senti, Bushido mi ha detto chi sei e cosa fai. – disse d’un fiato, - Non fare giochetti con me, io non—
- Tu non? – lo interruppe lui, tornando ad avvicinarsi e avanzando di un passo. Stavolta, Fler indietreggiò, probabilmente spaventato dall’immediatezza improvvisa del suo movimento. – Tu non cosa?
Fler serrò le labbra, incapace di parlare ancora. Chakuza si avvicinò ulteriormente, era così vicino che avrebbe potuto semplicemente sporgersi ancora per un paio di millimetri e baciarlo. Era lì, per lui, e sapeva che se avesse posato le proprie labbra sulle sue poi sarebbe stato tutto molto più semplice, niente più discorsi da fare, giustificazioni da dare, imbarazzo da sostenere. Avrebbe potuto perdersi nel piacere di sentire le linee forti e nette del suo corpo sotto i polpastrelli, e Fler, Dio, l’avrebbe toccato in posti che gli avrebbero fatto urlare il suo nome senza freni, l’avrebbe baciato su ogni centimetro di pelle disponibile, l’avrebbe scopato con tanta forza da fargli dimenticare il proprio nome. Ma si ritrasse. Improvvisamente come si era avvicinato, quando si accorse della macchia di puro smarrimento nei suoi occhi azzurrissimi, si tirò indietro, abbassando immediatamente lo sguardo e grattandosi la nuca.
- Scusami. – disse quindi, allontanandosi un po’ per non dover continuare a subire il supplizio del suo petto che, ad ogni respiro concitato, sfiorava il proprio, - Non so cosa mi è preso. Volevo solo— non lo so nemmeno io. Ora me ne vado.
E sarebbe andato via davvero se Fler non avesse allungato una mano, afferrandolo per un polso e trattenendolo con decisione.
- Resta. – gli chiese con un filo di voce, - Per favore, abbiamo— non lo so, ma fuori piove, è tardissimo, e puoi dormire sul divano, se vuoi.
Chakuza si voltò a guardarlo, un po’ smarrito.
- Sicuro che posso? – chiese inumidendosi le labbra. Fler distolse immediatamente lo sguardo, come non riuscisse proprio a guardarlo in viso.
- Voglio che resti. – disse, fissando insistentemente un punto a caso sul pavimento, - Vorrei… che mi preparassi tu la colazione domani. E… no, non era questo quello che volevo dire. – ridacchiò imbarazzato, grattandosi il collo con la mano libera, mentre le dita dell’altra mano restavano serrate attorno al suo polso. – Mi fa piacere averti intorno, è bello.
Chakuza strinse forte i pugni, cercando di trovare la forza per non muoversi. Resta immobile, si disse, resta immobile, anche se ti sembra impossibile. Riuscì a trattenersi abbastanza a lungo da concedere a Fler il tempo di capire che era proprio il caso lo lasciasse andare.
- Allora io… mi sistemo qui sul divano, mh? – disse, indicando l’ampio divano foderato blu accanto a lui. Fler annuì velocemente.
- Ti porto subito un cuscino e una coperta. – lo rassicurò, - Starai comodo, è un bel divano, molto morbido. Sai quante volte mi ci sono addormentato io? – ridacchiò, scomparendo in corridoio e tornando poco dopo con quanto gli aveva promesso. Gli passò il cuscino e lo aiutò ad appuntare gli angoli della coperta, fermandosi poi per qualche secondo a rimirare il lavoro compiuto con le mani sui fianchi, apparentemente dimentico di essere ancora in mutande. Chakuza si forzò a distogliere lo sguardo, altrimenti non aveva idea di come sarebbe riuscito a resistere alla tentazione di inginocchiarsi davanti a lui, spogliarlo e prenderglielo in bocca, accarezzandolo lentamente con la lingua al solo scopo di sentirgli gemere il suo nome con quel tono un po’ svagato che lo faceva assomigliare ad un ragazzino sprovveduto.
- Starò benissimo. – disse sorridendo. Fler annuì con un mugolio di assenso, e Chakuza non lo guardò allontanarsi, facendo in modo di girarsi dall’altra parte quando immaginò che di lì a poco, attraversando la porta per uscire in corridoio, sarebbe apparso all’interno del suo campo visivo.
Scostò la coperta e si sedette sul divano, sfilando le scarpe, le calze, i pantaloni e la maglietta, restando a propria volta in mutande e ripetendosi di darsi una mossa a stendersi, chiudere gli occhi e addormentarsi, per smetterla di pensare a quanto stava accadendo e a quanto vicino fosse Fler, solo qualche metro più in là. Non ci riuscì. Rimase in quella posizione per chissà quanto tempo, contratto su se stesso e terrorizzato all’idea di sciogliere i muscoli perché aveva l’impressione che, appena avesse mollato un po’ la presa, il suo corpo sarebbe scattato automaticamente a cercare quello di Fler, e non si sarebbe fermato finché non avesse ottenuto soddisfazione.
Smise di piovere. Il cielo notturno si schiarì poco a poco, mostrandogli una schiera infinita di stelle oltre la serranda aperta per metà. Si vedeva perfino uno spicchio di luna, emanava un bagliore quasi surreale, inondando la stanza di luce azzurrata.
Quando la porta della camera di Fler si schiuse, lui non la sentì. O meglio, la sentì ma si sforzo di credere di averla solo immaginata, perché se invece l’avesse creduta reale non sarebbe riuscito a mantenersi immobile, avrebbe semplicemente dovuto alzarsi in piedi per corrergli incontro.
Lo vide semplicemente apparire di fronte a sé qualche secondo più tardi, il corpo che disegnava una sagoma scura contro la luce che veniva da fuori. Si stringeva nelle spalle, tremava un po’, respirava a fatica.
- Toccami. – disse in un sussurro, - Non so neanche perché lo voglio così tanto, ma— toccami.
- …sei sicuro? – gli chiese, deglutendo forzatamente. Fler sollevò una mano, accarezzandogli lievemente una guancia e poggiandogli il pollice sulle labbra, un po’ per zittirlo e un po’ solo per sentirlo sotto le dita.
- Non chiedermelo più. – disse, abbassandosi sulle gambe e mettendosi in ginocchio davanti a lui. – Io non so che cosa devo fare, sicuramente farò un sacco di casini. Per favore, puoi provare a non farci caso? Perché sto impazzendo a pensare a te, e non so più cosa fare per fermare questa cosa.
Chakuza si mosse un po’ sul divano, scivolando sul cuscino per avvicinarsi un po’ a lui, e gli appoggiò una mano sulla nuca, accarezzandolo piano.
- Non fare niente. – disse quindi, un secondo prima di trarlo a sé e poggiare le labbra sulle sue. Fler mugolò arreso, aprendosi immediatamente per lui e seguendo i movimenti della sua lingua quando, lentamente, cominciò ad accarezzare la propria. Chakuza lasciò scivolare l’altra mano lungo la sua spalla e il suo braccio, stringendogli brevemente la mano prima di accarezzargli un fianco ed insinuare la punta delle dita oltre l’orlo dei suoi slip, a sfiorare appena la curva delle natiche. Ne strinse una fra le dita, sentendo Fler mugolare di sorpresa fra le sue labbra e cercare per qualche secondo di scostarsi prima di arrendersi definitivamente alle sue carezze quando cominciarono a insinuarsi nel solco fra le sue natiche, cercando la sua apertura.
- Piegati un po’. – gli sussurrò sulle labbra, interrompendo il bacio solo per i secondi sufficienti a pronunciare quelle poche parole, e riprendendo immediatamente da dove si era interrotto non appena ebbe finito. Fler obbedì senza fare storie, sporgendosi in avanti ed appoggiandosi al suo corpo mentre spingeva il sedere indietro, lasciandogli una maggiore possibilità di movimento. Chakuza ritrasse la mano, sollevandola all’altezza delle labbra ed inumidendosi velocemente le dita prima di ripercorrere la curva della sua schiena e tornare lì ad accarezzarlo profondamente, spingendo appena contro la sua apertura, senza forzarla.
Fler mugolò più forte, appoggiandogli le mani sul petto e scostandosi con decisione di qualche centimetro, cercando i suoi occhi.
- Farà male? – chiese incerto, - Non è che abbia mai chiesto in giro, però… pare che faccia male, e io—
- Farà un po’ male, sì. – rise Chakuza, appoggiando la fronte contro la sua e sporgendosi a coprirgli le labbra di baci umidi e brevi, - Farò in modo che il dolore duri poco. Se davvero vuoi andare fino in fondo. Ma possiamo— fermarci prima, se vuoi, o se non te la senti ci sono tanti modi per… stare bene insieme senza dovere per forza—
- Voglio sentirti dentro di me. – lo interruppe Fler, poggiandogli l’indice sulle labbra, - Farà male, va bene. Ma voglio sentirti dentro di me lo stesso. Ci sto pensando da prima e lo voglio tantissimo. Per favore. Potresti— per favore, fai l’amore con me.
Chakuza si sentì sciogliere qualcosa dentro, ed ebbe la chiara impressione che, se non fosse stato seduto, le gambe non sarebbero riuscite a reggerlo. Si spostò lateralmente sul divano, afferrando Fler da sotto le ascelle come fosse stato un bambino per aiutarlo a mettersi in piedi e sedersi al suo fianco. Si sollevò sulle ginocchia, invitandolo a schiudere le gambe ed insinuandosi fra le sue cosce, strusciando appena il proprio bacino contro il suo, sentendo la sua erezione prepotente contro la propria, nonostante il tessuto degli slip.
Si inumidì le labbra, spogliandosi e finendo di spogliare anche lui, prima di premersi contro il suo corpo. Fler, caldissimo, si mosse appena sotto di lui, un movimento istintivo, volto a cercare soddisfazione nell’unico modo che gli sembrava plausibile in quel momento. Chakuza sorrise ancora, intenerito fino alla debolezza, scostandosi un po’ per tornare ad accarezzarlo fra le natiche, stavolta spingendosi un po’ più a fondo, entrando per qualche centimetro dentro di lui.
Fler serrò le palpebre, trattenendo il respiro per una manciata di secondi e poi rilasciandolo tutto assieme, con uno sbuffo un po’ infantile. Chakuza si piegò a baciarlo lievemente sulle labbra, entrando un po’ più a fondo e muovendo le dita in gesti brevi e morbidi, scavandosi un posto dentro di lui.
- Quando ti senti pronto… - gli sussurrò sulla pelle, - dimmelo e basta.
Fler forzò una risatina imbarazzata, guardando altrove. Chakuza sentì i suoi fianchi muoversi appena, andando incontro ai movimenti delle sue vita.
- Non saprei capirlo neanche se mi si illuminasse l’uccello al momento giusto… - ridacchiò stringendosi nelle spalle, - Ti voglio così tanto che mi fa male la pancia, - disse quindi, abbassando la voce fino a ridurla ad un sussurro roco, - perciò immagino di essere pronto.
Chakuza gli sorrise addosso, sfilando le dita e puntellandosi con un gomito sul divano per sistemarsi meglio contro di lui. Realizzò in un colpo solo di non avere con sé né un preservativo né del lubrificante, e pregò perché il lavoro svolto dalle sue dita fino a quel momento fosse stato sufficiente per aprire la strada anche al suo cazzo. Fler chiuse gli occhi con la forza di un bambino che aspetta la puntura dal dottore, e Chakuza gli lasciò un bacio sulla fronte, uno sul naso ed uno sulle labbra mentre entrava lentamente dentro di lui, incontrando fortunatamente meno resistenza di quanto non immaginasse. Fler lasciò andare un singhiozzo mozzato, terribilmente doloroso, sollevando le braccia ed aggrappandosi alle sue spalle, affondando le unghie nella sua pelle.
- Chaku. – annaspò incerto, e Chakuza gli accarezzò il collo e la testa, muovendosi appena, giusto per farsi sentire.
- Va tutto bene. – lo rassicurò baciandolo ovunque e stringendoselo contro, - Va tutto bene. È solo per qualche minuto. Cazzo quanto sei stretto. – ansimò, muovendosi un po’ più profondamente.
Fler singhiozzò ancora, chiudendogli le gambe attorno ai fianchi e muovendosi con lui, sperando di alleviare il dolore seguendo i suoi gesti.
- È— È un complimento? – chiese incerto, mordendogli distrattamente una spalla.
Chakuza rise, abbracciandolo un po’.
- Sì, è un complimento, - spiegò dolcemente, - vuol dire che sei bellissimo, mi stai facendo vedere le stelle.
Riuscì a vederlo arrossire furiosamente anche nel buio. Rise di gusto, incapace di trattenersi nonostante il solo trovarsi dentro di lui gli togliesse il fiato fin quasi a sentirsi mancare, e Fler si nascose goffamente contro il suo petto. Era incredibile che, grande e grosso com’era, riuscisse comunque a dare una simile idea di infantilismo semplicemente muovendosi.
- Chaku… - lo chiamò ancora, ansimando faticosamente. Chakuza abbassò gli occhi sulla sua espressione tesa e vagamente addolorata e lo baciò lentamente, scivolando con una mano lungo il suo fianco fino a sfiorare la sua erezione svettante fra le cosce. Quando la strinse fra le dita, tutto il corpo di Fler ebbe un sussulto, e l’anello di muscoli attorno al suo cazzo si strinse in uno spasmo di piacere che sembrò quasi risucchiarlo interamente dentro al suo corpo. Chakuza gemette con forza, stringendo maggiormente la presa attorno alla sua erezione e pompando velocemente, scatenando in Fler una serie di reazioni che lo riempirono di un entusiasmo mai provato. Da tanto tempo non aveva per le mani un corpo vergine, e Fler non era solo questo, era un sacco di cose di più, la sola parola non bastava a contenerlo, e d’altronde quella caratteristica era solo una parte di ciò che lo rendeva così incredibilmente assurdo e speciale, e Chakuza si ritrovò a dimenticarsi completamente di Nyze e Kay, del piano, del baraccone e della sua vita schifosa: per tutti i minuti in cui rimase profondamente nascosto dentro il corpo di Fler, si sentì come se fosse nato per stare con lui, per dargli proprio quel piacere in quel preciso momento.
Quando, stretto fra le sue dita, Fler venne con un singhiozzo potente e finalmente privo di freni, Chakuza si ritrovò a venire a propria volta all’istante, una cosa che non gli era mai successa. Era come se il suo corpo avesse finalmente compiuto la missione che gli era stata assegnata quando era stato generato. Non c’era più nessun motivo per il quale dovesse restare in tensione, poteva lasciarsi andare.
Gli ricadde addosso respirando pesantemente sulla sua pelle, e Fler rimase assolutamente immobile per molti secondi prima di sollevare un braccio ed allacciarlo al collo, disegnando ghirigori privi di forme precise sulla sua nuca con un dito.
Rimase in silenzio a lungo, chiedendosi quando sarebbe arrivato il momento d’imbarazzo che alla fine, inevitabilmente, l’avrebbe costretto a parlare, magari alzarsi in piedi per rifugiarsi una mezz’ora nella doccia e lasciar passare abbastanza tempo perché Fler arrivasse a sentirsi abbastanza stupido rimanendo sdraiato sul divano completamente nudo, decidendo quindi di tornarsene in camera propria e facendo in modo che Chakuza, tornando in salotto, non dovesse guardarlo nuovamente negli occhi, ma quel momento non arrivò mai. Senza provare neanche un filo di disagio, Chakuza si abbandonò alle sue carezze e, pochi secondi dopo, chiuse gli occhi. Continuò ad ascoltare il suono soffice del suo respiro fino a quando non si fu addormentato.
*
Fu in quella stessa posizione che li trovò Bushido il giorno dopo, quando verso le sette aprì la porta col proprio mazzo di chiavi e si diresse speditamente in cucina, tenendo stretto fra le dita un sacchetto di plastica bianca dalle trasparenze del quale era possibile scorgere svariati tipi di frutta diversa. Con le maniche già rimboccate fino ai gomiti, attraversò il salotto con passo marziale senza degnarli di uno sguardo, e questo nonostante il rumore improvviso della porta avesse svegliato Chakuza, portandolo a spalancare gli occhi di colpo e sollevare istantaneamente il capo. La sua testa e la sommità del suo sedere sporgevano oltre lo schienale basso del divano, l’espressione disegnata sul suo volto era vuota, quasi ebete, venata da un pizzico di puro terrore che il sonno ancora forte negli occhi gli impediva di comprendere a fondo, ma che nondimeno era lì, in agguato, pronta a costringerlo a scattare in piedi e saltare nudo fuori dalla finestra al primo accenno violento da parte di Bushido.
Lui, comunque, non sembrò neanche notarli. Attraversò la stanza e imboccò disinvoltamente la porta per la cucina, fischiettando discretamente un motivetto allegro. Chakuza lo ascoltò armeggiare col sacchetto di plastica e con alcune stoviglie per un paio di minuti, prima di interrompersi bruscamente e restare del tutto immobile più o meno per lo stesso quantitativo di tempo.
Dopodiché, vide la sua faccia scura fare capolino oltre la soglia della porta, e lì restare a fissarlo con aria sconcertata per una serie infinita di secondi.
Era abbastanza convinto del fatto che Fler stesse ancora dormendo placidamente, ma non poteva esserne sicuro al cento percento perché, per esserlo, avrebbe dovuto guardare in basso, verso di lui, e invece non riusciva a staccare i propri occhi da quelli spiritati di Bushido. In parte doveva essere il terrore a pietrificarlo in quel modo, la paura irrazionale di sapere intimamente che se avesse distolto lo sguardo Bushido gli sarebbe saltato addosso e l’avrebbe divorato. In parte doveva essere semplicemente la carica ipnotica di quegli occhi così scuri e così palesemente arrabbiati, a tenerlo immobile lì dov’era, le braccia ancora strette attorno al corpo nudo di Fler, il bacino pressato contro il suo.
- …cosa. – esalò Bushido in un fiato, probabilmente l’ultimo che gli fosse rimasto in corpo.
Chakuza rabbrividì dalla punta dei piedi alle punte dei capelli che non aveva più, e scattò in piedi come gli avessero tirato un pizzicotto particolarmente forte, piegandosi in due per recuperare le mutande ed indossarle il più celermente possibile mentre Fler, dal divano, mugolava, sbadigliava, si stiracchiava, si stropicciava gli occhi e poi, finalmente, si svegliava.
- Che succede, Chaku…? – chiese nel mezzo di un altro sbadiglio, dimostrando di essere molto più presente a se stesso di quanto non potesse dire Chakuza.
- Sì, è quello che vorrei sapere anch’io. – disse Bushido, gelido, incrociando le braccia sul petto. Al sentire la sua voce, Fler si mise seduto e gli lanciò un’occhiata un po’ confusa, prima di aprirsi in un sorriso sereno.
- Oh, ma sei già arrivato! – disse, salutandolo con un gesto gioviale, - Stai preparando la colazione? Cosa fai di buono?
- Intendevo preparare una macedonia di frutta. – rispose lui, lo sesso tono algido di poco prima, - Ma suppongo che penserò direttamente al pranzo. Spezzatino, che ne dici?
Fler rise divertito, mentre Chakuza si ricopriva di sudori freddi. Scattò in piedi e gli diede una pacca sulla spalla.
- Non preoccuparti, Chaku, - lo rassicurò, - scherza. – concluse, prima di attraversare il salotto e, nudo com’era, sparire in corridoio alla volta del bagno.
- No, per tua informazione non stavo scherzando. – precisò Bushido quando lo sentì chiudersi a chiave in bagno canticchiando distrattamente Vamos a La Playa, – Ho fatto cose che tu nemmeno puoi immaginare, Chakuza. So quello che si dice in giro di me e ti assicuro che non è che un pallido riflesso di ciò che ho fatto realmente e potrei fare in futuro se adeguatamente stimolato. Perciò, con questo pensiero ben chiaro nella tua mente, dammi una spiegazione per ciò che ho appena visto. Una spiegazione che non mi costringa a sventrarti e seppellirti nel cemento, possibilmente. Odio sporcarmi le mani di prima mattina.
Chakuza tremò vistosamente, incassando la testa nelle spalle col petto stretto in una morsa d’ansia e terrore. Aveva due possibilità: poteva gettarsi in terra ai suoi piedi e supplicarlo perché gli risparmiasse la vita, e quindi forse a quel punto Bushido l’avrebbe guardato con pietà e l’avrebbe lasciato andare, oppure poteva rispondere a muso duro, magari morire ma farlo a testa alta. E se invece fosse andata bene, se invece la sua reazione avesse convinto Bushido che c’era in lui qualcosa da temere e da rispettare – era una possibilità vaga, ma c’era – magari sarebbe riuscito a mandare in porto il piano di Nyze.
Decise di provare. D’altronde, aveva solo la propria vita, da perdere. E non è che fosse poi questa gran cosa.
Sorrise sprezzante, dimenticando per un secondo di essere quasi completamente nudo e anche parecchio ridicolo ed appendendo una mano ad un fianco, lasciando l’altra penzolante lungo la coscia. Lo guardò negli occhi e vide qualcosa nell’espressione di Bushido cambiare, una sorta di consapevolezza che lo invase all’improvviso, e seppe che Bushido aveva già capito cosa lui stava per dire prima ancora che lo dicesse davvero.
- Il tuo Fler, qui… - cominciò ridacchiando divertito, - è veramente perso per me, sai?
Bushido inorridì, e silenziosamente, dentro di sé, lo fece anche Chakuza.
- Che cosa cazzo stai dicendo? – chiese seccamente. Chakuza rise ancora.
- Sto dicendo che s’è innamorato proprio di brutto. – precisò, soffiandosi sulle unghie e smettendo subito quando, grazie all’occhiata incredula che Bushido gli lanciò, capì quanto idiota ed esagerata fosse una posa del genere. – È stato facile, sai? Col fatto che l’hai sempre tenuto sotto una campana di vetro, è bastato fargli un sorriso e due moine e mi era già caduto ai piedi. Hai idea di quanto soffrirebbe se mi facessi fuori? Non ha mai sofferto in vita sua e vuoi davvero essere tu il primo a infliggergli un dolore simile?
- Smettila immediatamente. – disse Bushido, cupo. Tremava di rabbia, i pugni serrati contro i fianchi con tanta forza da rendere le nocche bianchissime.
- E perché dovrei? – continuò Chakuza, lanciandogli un’occhiata divertita e stabilendo che fosse molto meglio, per la propria sanità mentale, spegnere il cervello ed affidarsi al pilota automatico, - Forse ti è sfuggito, ma qui sono io che reggo il coltello dalla parte del manico. Tengo in pugno la cosa più preziosa che hai. È divertente, devo dire.
Bushido serrò le labbra, cercando di calmarsi un po’ ed aprendo e chiudendo le mani come a voler rilasciare la tensione in quel gesto.
- Non ho creduto neanche per un attimo che tu potessi essere diverso da tutta la feccia che ti circonda, ma spero che in questo momento tu riesca almeno a farti schifo. – disse atono. Chakuza si inumidì le labbra. Bushido non aveva nemmeno idea di quanto si stesse facendo schifo in quel momento.
- Quello che penso di me stesso non importa. – sorrise ancora, chinandosi a recuperare i propri pantaloni piegati sul tavolino e sedendosi poi sul divano per indossarli, - Al più importa quello che pensi tu di Fler. So che lo proteggi da una vita, quindi la domanda cruciale è: vuoi continuare a proteggerlo anche adesso? Da me?
Bushido deglutì e poi la sua espressione cambiò all’improvviso, come se fino a un secondo prima stesse insultando pesantemente il proprio peggior nemico ed il secondo dopo quest’ultimo gli avesse proposto un accordo molto vantaggioso. Lo osservò ponderare sulle sue parole per un po’, prima di rispondere.
- Che cosa vuoi?
Chakuza sorrise, mostrando una soddisfazione che non rispecchiava neanche in parte ciò che, nella parte più profonda di sé, stava pensando realmente.
- Io e i miei amici, sai, abitiamo in una catapecchia disgustosa. – rispose scrollando le spalle, - Io potrei restare a vivere con Fler, naturalmente, ma loro hanno davvero bisogno di un’abitazione più consona.
Bushido annuì, come stesse prendendo mentalmente nota delle sue richieste.
- Un appartamento. D’accordo. Altro?
Chakuza spalancò gli occhi, e la sua maschera di sicurezza s’incrinò per qualche secondo nel realizzare quanto profondamente Bushido dovesse tenere a Fler. Deglutì a fatica, cercando di riprendere il controllo della situazione e rimettendosi in piedi giusto per darsi qualcosa da fare.
- Per ora diciamo che può andar bene così. – stabilì annuendo, - Vediamo come funziona, e poi ne riparliamo. Che ne dici?
- Dico che sei uno stronzo, e che se ti azzardi a fare del male a Fler allora devi solo pregare che lui non smetta mai di amarti, perché nel momento stesso in cui lo farà… - si prese una pausa, tornando a serrare i pugni lungo i fianchi, - nel momento stesso in cui lo farà, Chakuza, io ti ammazzerò a mani nude, e non sarà una cosa lenta e indolore. – Chakuza si morse l’interno di una guancia, provando con scarso successo a respirare. – Ciò detto, - proseguì lui, dirigendosi speditamente verso la porta, - vado a sistemare le pratiche per l’appartamento. So che cucini, - concluse con un sorriso amaro ma, per certi versi, anche crudelmente divertito, - la macedonia per Fler preparala tu.
Uscì, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo pesante, e solo allora Chakuza si permise di rilasciare un po’ della tensione accumulata fino a quel momento, lasciandosi ricadere come un peso morto sul divano, un braccio sugli occhi ed una gamba appesa al bracciolo, mentre l’altra pendeva giù dal divano, strisciando per terra.
Fler uscì dal bagno proprio in quel momento. Aveva smesso da un pezzo di cantare Vamos a La Playa per dedicarsi a Shewolf, e fu ancheggiando come Shakira che fece il suo ingresso in salotto e si sporse oltre lo schienale del divano, cercando gli occhi di Chakuza.
- Ohi, - sorrise, - dormi? Senti, io devo uscire, che ho da fare. Tu prenditi il tuo tempo, fatti un bagno— non dico che puzzi, però magari vuoi farti un bagno, poi ti riposi, ti guardi un po’ di tv, che ne so, e poi mi prepari il pranzo perché quando tornerò avrò un sacco fame e vorrò mangiare qualcosa di tuo. – si chinò su di lui, lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra. – D’accordo?
Chakuza lo fissò con aria un po’ ebete per qualche secondo. Dopodiché allungò entrambe le braccia e lo afferrò per le spalle, riportandolo in basso e baciandolo profondamente.
- Senti, mi sa che mi sono preso una cotta spaventosa per te. – gli disse, sorridendo sulle sue labbra, - ho paura che questo ci creerà una serie di casini. Sei preoccupato?
Fler gli spalancò addosso gli occhioni azzurri, fissandolo incerto.
- No. – rispose quindi, - Non ho capito metà di quello che hai detto, ma no.
Chakuza rise e lo lasciò andare, rimettendosi in piedi e tirandogli una pacca giocosa sul sedere, alla quale lui rispose con un gridolino acuto e con un saluto strillato dall’ingresso poco prima di uscire.
Quando fu rimasto solo, il sorriso larghissimo sulle labbra di Chakuza si smorzò in un sorriso più debole, venato da una certa nostalgia quasi fuori luogo per il momento in cui si presentava. La realtà era che Chakuza si sentiva profondamente in bilico, ed aveva la chiara percezione che quella situazione pericolosa, che peraltro aveva contribuito a creare, non potesse che esplodere in fretta.
Si passò una mano sulla testa e sulla nuca, sospirando pesantemente e fermandosi a metà del corridoio, in prossimità della colonnetta che ospitava il telefono. Esitò solo qualche istante prima di sollevare la cornetta e comporre a memoria il numero di casa. Avevano risolto il problema del telefono non più di un paio di mesi prima, era bastato passare una notte a fare casino coi fili collegando la linea a quella della villetta bifamiliare sgangherata a qualche metro di distanza dal loro baraccone, ed era un po’ triste pensare che, fra poco, tutto quel lavoro non sarebbe servito più a niente, perché probabilmente di lì a qualche giorno non avrebbero avuto soltanto un vero tetto sopra la testa, ma anche una linea telefonica a loro intestata e due o tre cellulari ciascuno con cui trastullarsi quando erano in giro.
Era triste solo un po’, comunque, perché l’idea di avere una casa vera batteva un po’ tutto il resto in importanza.
Quando Nyze rispose, Chakuza immaginò che quella linea, comunque, dovesse essere controllata.
- Ehi, - salutò, - sono a casa di Fler.
Poté quasi sentire Nyze cominciare a brillare di luce propria, nonostante i chilometri che li separavano.
- Sul serio? Atze, dimmi com’è andata.
Chakuza si morse un labbro, pensieroso.
- È meglio se ne parliamo di persona. – concluse infine, rigirandosi il filo del telefono fra le dita, - Venite qui, tu e Kay. Fler non tornerà prima di ora di pranzo, e sarò solo, fino ad allora.
Nyze annuì e prese nota dell’indirizzo, prima di salutarlo con un “ben fatto, Chaku” ed interrompere la telefonata. Chakuza riappese la cornetta e sospirò pesantemente ancora una volta, prima di recarsi in bagno. Magari non puzzava, ma di una doccia aveva bisogno immediato lo stesso.
*
- Wow, ma è gigantesca! – esalò Kay, vagando per l’appartamento di Fler con gli occhi spalancati, toccando qualsiasi cosa entrasse nel suo raggio d’azione e chinandosi per osservare da vicino perfino le venature del legno dei mobili.
- Io invece me l’aspettavo più grande. – considerò Nyze, grattandosi pensieroso il mento, mentre Chakuza pensava che era probabilmente un bene che quell’appartamento fosse di quelle dimensioni e non un centimetro più ampio, perché se Fler avesse avuto ulteriore spazio in cui perdersi l’avrebbe sicuramente fatto.
Abbassò immediatamente lo sguardo nel perdersi in questo pensiero: la tenerezza che gli riscaldava il cuore in quel momento era terribilmente inappropriata se accostata alla presenza di Nyze e Kay in quel posto e in quel momento.
- Accomodatevi. – disse soprappensiero, indicando ad entrambi le due poltrone in salotto e sedendosi alla svelta sul divano per evitare che lo facessero loro.
- Ti comporti già come se fossi a casa tua? – chiese Nyze con un sorriso ironico, e Chakuza aggrottò le sopracciglia, lanciandogli un’occhiata infastidita.
- Potete anche restare in piedi, se volete. – rispose burbero, - Non fa alcuna differenza, per me.
Nyze rise divertito e, mentre Kay strillava “uuuh, una Wii!” e si sedeva sul pavimento a giocare, si chinò su di lui, battendogli una pacca amichevole sulla spalla.
- Rilassati, Atze. – disse con un sorriso sereno, - Se sei ancora vivo e sei ancora qui, la parte peggiore è passata. Adesso dobbiamo solo organizzarci perché la cosa vada in porto senza problemi.
- Tu non capisci. – borbottò lui, mordicchiandosi il labbro inferiore, - A parte il fatto che Bushido ha minacciato di uccidermi se solo provo a far del male a Fler, e mi ha esplicitamente detto che mi ucciderà comunque appena Fler smetterà di essere innamorato di me—
- Be’, allora devi soltanto assicurarti che lui non smetta mai, e non sarai mai in pericolo. – rise Nyze, e Chakuza gli tirò un ceffone sulla nuca.
- A parte questo, - insistette mentre Kay urlava “hiiii-haaaa!” e si lanciava all’inseguimento di una mandria di cavalli in un gioco non meglio identificato pescato a caso dalla massa accatastata accanto al televisore, - io non voglio che Fler— senti, non so perché e giuro che se riparti con la solfa dell’innamoramento ti butto fuori a calci in culo, ma ci tengo a lui. Ci tengo davvero.
- Continuo a non vedere dove stia il dramma. – scrollò le spalle Nyze, accomodandosi meglio in poltrona e accavallando le gambe, - Se anche fossi innamorato di lui, cosa che sarebbe una stronzata, ma io non posso farci niente, in ogni caso, ma dico, se anche fosse, in questo modo non solo fai qualcosa di buono per i tuoi migliori amici, e non solo garantisci un futuro migliore anche a te stesso, ma ottieni anche di rimanere con lui per tutto il tempo che vorrai. Per sempre, se non vuoi che Bushido ti faccia fuori! Fantastico, no?
Chakuza sospirò profondamente e guardò altrove, decidendo di lasciar perdere. Anche a spiegarglielo in termini ancora più chiari – cosa che non era comunque sicuro di poter fare – Nyze non avrebbe capito lo stesso.
- Allora. – riprese Nyze, piegandosi nuovamente verso di lui, - Avremo un appartamento nuovo?
- Sì, pare di sì. – rispose Chakuza, sorridendogli appena, - Bushido è uscito dicendo che stava andando a preparare la documentazione. Immagino sarà intestato a voi. Non so quando sarà pronto.
- Nel mentre possiamo restare qui? – chiese Kay, stendendosi per terra e continuando a giocare senza guardare lo schermo mentre rovesciava il capo per cercare Chakuza e fissarlo da sotto in su.
- No che non potete. – rispose lui, aggrottando le sopracciglia, - Cioè, potete se la cosa si risolve nelle prossime ore, ma non mettetevi in testa di restare per la notte perché non esiste.
- Tranquillo, tranquillo. – rise Nyze, stendendosi sullo schienale della poltrona, - Non disturberemo la vostra intimità di novelli sposi. Però dicci che possiamo almeno restare a pranzo, sento un profumino delizioso provenire dalla cucina. Immagino che ti divertirai, qui, non solo puoi scopare con un gran figo quando ti pare e piace, ma puoi pure cucinare tutto quello che vuoi. A questo proposito! – disse, come illuminandosi d’improvviso, - Com’è andata la scopata? Devi dirci tutto.
- Io non devo dirvi proprio niente! – strillò lui, oltraggiato, scattando in piedi.
- Perché no? – pigolò Kay, mettendosi a sedere e voltandosi a guardarlo, - Siamo curiosi! Siamo rimasti a pensarci tutta la notte perché io questo Fler non l’ho mai visto e Nyze me l’ha descritto e dopo per tirarmelo giù ci sono volute le ore! Chi è stato sopra e chi sotto?
- Kay, piantala! – rabbrividì Chakuza, afferrando un cuscino e tirandoglielo dritto in faccia, - Non intendo rispondere e non volevo sapere niente dei dettagli del vostro piccolo incontro notturno, ma ti pare?!
- Oh, e non ti ha nemmeno parlato del butt plug. – aggiunse Nyze con un mezzo ghigno soddisfatto.
Chakuza distolse lo sguardo, raccapricciato.
- Ok, stiamo davvero esplorando territori ignoti e poco raccomandabili, mentre il mio coniglio cuoce in forno. Possiamo fermarci qui? Vi prego.
- Coniglio? – strillò immediatamente Kay, distraendosi dal discorso principale con molta più facilità di quanta Chakuza non avrebbe mai immaginato, - Chaku, dobbiamo restare per forza, io il coniglio non l’ho mai assaggiato da che sono venuto al mondo, non so nemmeno di cosa sa!
- Sa di coniglio. – rispose una voce allegra alle loro spalle. Chakuza rabbrividì e, quando si voltò, vide Fler appoggiato con nonchalance allo stipite della porta, che lo guardava con aria palesemente divertita. – Sono tuoi amici, Chaku? – chiese quindi, avvicinandosi a lui e stampandogli un bacio sulle labbra, - Piacere, io sono Fler.
- E io sono Kay! – si presentò lui saltando in piedi e scavalcando il divano per stringergli calorosamente una mano, mentre Fler rideva, - E la tua Wii è fantastica, sei pieno di giochi! Ti va una sfida a qualcosa? Una cosa qualsiasi!
- Io sono Nyze. – disse anche l’altro, alzandosi in piedi e stringendogli la mano molto più sobriamente, - E sì, siamo amici di Chakuza. Amici che stanno per essere buttati fuori di casa perché il tuo ragazzo, qui, non vuole che restiamo a pranzo. – aggiunse con una risatina, mentre Chakuza lo fissava in cagnesco.
- Hai detto loro che sono il tuo ragazzo? – chiese Fler, tornando a guardarlo con gli occhi impossibilmente spalancati. Per un attimo, Chakuza temette il peggio. Vide gli occhi di Fler riempirsi di lacrime e poi lo osservò allontanarsi da lui, fuggire oltre la porta in un frusciare di gonne svolazzanti e cadere ai piedi del trono di Bushido, piangendo tutte le sue lacrime ed accusandolo di aver violato la sua verginità mentre il suo sovrano gli accarezzava i lunghi capelli biondi e boccolosi. Si toccò il collo, immaginandolo già stretto in un cappio, e poi Fler si mise a ridere e Chakuza capì che niente di ciò che aveva immaginato avrebbe mai avuto luogo. – Che cosa carina! – disse infatti il ragazzo, baciandolo ancora. – E certo che potete rimanere per pranzo! Chaku cucina benissimo, ma immagino lo sappiate già.
- Per la verità per noi non cucina mai. – rise Nyze, perfettamente a proprio agio. Chakuza lo fissò e pregò perché la sua sicurezza potesse travasarsi dentro di lui per volontà divina, nell’immediato.
- Già, anche perché non c’è niente da cucinare, dove stiamo noi. – aggiunse Kay, gli angoli della bocca tristemente piegati verso il basso.
- Immaginavo che viveste in qualche brutto posto. – annuì Fler, contrito come se la cosa lo offendesse in prima persona, - Dovrò parlare con Bushido per vedere se si può far qualcosa al riguardo! – concluse propositivo, annuendo a se stesso.
- Non credo ce ne sarà bisogno… - mugolò Chakuza, affranto.
- Infatti. – gli diede man forte Nyze, sorridendo rassicurante, - Stiamo per trasferirci in un bel posto. A giorni, direi.
- Oh, ma questa è una splendida notizia! – rise Fler, battendo le mani, - Non vedo l’ora di sapere tutto, di voi. Venite in cucina, così potremo parlare mentre apparecchio per il pranzo! – aggiunse, facendo strada ad entrambi come un perfetto padrone di casa. Proprio in quel momento, il campanello della porta si decise a squillare, e Fler si voltò verso Chakuza, sorridendogli teneramente. – Apri tu? – chiese, e Chakuza, per un secondo, si sentì mancare il respiro. Immaginò che di lì a poco Fler gli avrebbe regalato una copia delle chiavi di casa e desiderò intensamente un macchina del tempo per tornare indietro e cancellare quanto aveva fatto fino a quel momento. Stava accadendo tutto troppo velocemente, ed ogni cosa lo coinvolgeva troppo per non terrorizzarlo nel profondo.
Ciononostante, si fece forza ed annuì, pregando che Nyze e Kay riuscissero a trattenersi dal dire qualcosa di compromettente in sua assenza. Aprì la porta solo per ritrovarsi di fronte Eko, con le braccia incrociate sul petto e una cartellina di un bel rosso sgargiante sottobraccio.
- Oh, cercavo proprio te. – annuì entrando in casa e premendogli la cartella contro il petto finché lui non l’ebbe stretta fra le mani, - Questi sono i documenti per l’appartamento dei tuoi amichetti. Bushido mi ha già spiegato tutto. Ogni cosa è al suo posto, sono intestatari di un quadrivani dalle parti di Alexanderplatz, qui c’è l’indirizzo. – gli spiegò, tirando fuori da una tasca un foglio di carta spiegazzato e posandoglielo in mano, - Nessuno farà loro storie. Dovranno riarrangiare un po’ le stanze, se non vogliono dormire in un letto matrimoniale, ma non avranno problemi. E comunque la casa adesso è loro.
L’unica cosa che Chakuza riuscì a pensare razionalmente, dopo aver ascoltato tutto il discorso, fu che probabilmente a Kay e Nyze non sarebbe dispiaciuto dividere il letto. Si scrollò celermente il pensiero di dosso scuotendo la testa e poi tornò a guardare Eko, vagamente in imbarazzo.
- Grazie mille. – disse annuendo. Eko lo squadrò per qualche secondo senza lasciar trapelare alcuna emozione. Poi, quasi stancamente, cominciò a parlare.
- Sai com’è morto l’ultimo che ho fatto fuori? – disse, col tono di uno che vuole solo fare conversazione e ha appena pescato il primo argomento a caso dalla propria testa, - Ho preso quattro macchine e ho legato ad ognuna un braccio o una gamba. Dopodiché, quattro dei miei ragazzi si sono messi alla guida e sono partiti. Ma non velocemente. Piano. Molto piano. Scommetto che il tipo ha avuto perfettamente modo di sentire tutti i propri muscoli, i propri nervi, le proprie ossa, perfino le vene e i capillari tendersi e strapparsi, prima di morire. – gli lanciò un’occhiata cupa, che fece a Chakuza più paura di quanto non avesse fatto il discorso fino a quel momento. – Quello che intendo dire è che Bushido mi ha spiegato la situazione per bene, e ho un’idea molto chiara di come potrei risolverla se solo mi sentissi obbligato a farlo. Vedi di fare in modo che non mi senta obbligato, Chakuza. Lo dico perché mi stai simpatico, tutto sommato. Sono un uomo di mondo, so che ci sono cose che vanno fatte e immagino tu abbia delle ottime ragioni, per fare quello che stai facendo, ma stai attento a come ti muovi, ragazzo mio. Stai molto attento a come ti muovi.
Chakuza deglutì, annuendo forzatamente. Era chiaro, in quel momento più che in qualunque altro momento da quando quella storia era iniziata, che sarebbe morto con dolore. Decise di arrendersi e cominciare ad abituarsi all’idea.
- Chaku, ma quanto tempo stai perdendo? – chiese Fler, affacciandosi all’ingresso, - Ohi, Freezy! – aggiunse, illuminandosi all’improvviso quando vide Eko, - Pranzi con noi? Chaku ha preparato il coniglio!
- Ma sì! – rispose Eko, avviandosi giovialmente verso il corridoio, - Vediamo quanto è bravo questo cuoco austriaco. Per quanto io resti convinto della supremazia della cucina turca nel mondo.
Chakuza li osservò sparire entrambi oltre la porta e rimase fermo per qualche secondo, giusto per implorare il suo cuore di smettere di battere tanto velocemente, prima di seguirli.
*
La casa si svuotò solo svariate ore dopo. Per motivi che Chakuza non era oggettivamente riuscito a comprendere, Fler aveva invitato tutti a rimanere anche dopo che il pranzo si era concluso, e fra una chiacchierata e l’altra – Fler e Kay si erano immediatamente messi a giocare alla Wii e Nyze ed Eko avevano intrattenuto conversazioni piuttosto serie sulla vita nel ghetto e simili piacevolezze – s’era fatta quasi ora di cena; a quel punto Chakuza, drenato dalla noia delle ultime ore passato a rigirarsi i pollici perché lui, invece, non aveva piacevolezze da discutere con nessuno, s’era alzato dal divano sul quale era rimasto seduto immobile per le ultime ore e si era traslato in cucina, al flebile grido di “preparo qualcosa per cena”, cui erano seguite le più disparate richieste per i cibi più allucinanti. Alla fine, erano rimasti tutti fino a mezzanotte passata, orario in cui Fler aveva preso a sbadigliare come un bambino piccolo ed Eko, accorgendosene, aveva sfollato l’appartamento, prima di salutare educatamente e scomparire a propria volta giù per la tromba delle scale.
Sospirando pesantemente, Chakuza si abbandonò sul divano, incerto sulla propria posizione nel mondo e, in particolare, in quell’appartamento. Aveva dato per scontato che Fler l’avrebbe ospitato, ma non ne avevano davvero parlato, e ora che lui era chiuso in bagno e canticchiava Single Ladies sotto la doccia tutto il senso di disagio che non aveva avuto modo di provare nelle ultime ore tornava improvvisamente a farsi sentire, costringendolo a tenere gli occhi bassi come se si sentisse in dovere di scusarsi per la propria presenza – cosa, in effetti, non del tutto campata per aria.
- Ehi. – lo salutò Fler con un sorriso, abbattendoglisi addosso e sgomitando un po’ per guadagnarsi lo spazio sufficiente per poggiare il capo sulle sue gambe, - Stanco?
- Ho avuto serate più pesanti. – sorrise lui, mentre una delle sue mani andava automaticamente ad accarezzargli i capelli umidi, e l’altra veniva presa in ostaggio da Fler stesso, che prese a giocare distrattamente con le sue dita, rigirandosele fra le proprie.
- Cos’è che facevi la sera, prima? – chiese Fler, e Chakuza sorrise nell’accorgersi di quanto quel suo “prima” sembrasse riferirsi ad avvenimenti di secoli fa, mentre si parlava di non più di un paio di giorni.
- Be’, mi svegliavo intorno alle otto, - cominciò a raccontare Chakuza, senza smettere di accarezzarlo, - mi preparavo e uscivo in strada. Andavo nella mia zona e aspettavo che qualcuno mi abbordasse. Finivo intorno alle cinque del mattino, mi ritiravo a casa, crollavo a letto e dormivo fino alle otto. E da capo.
Lo sguardo di Fler si fece più cupo, mentre i suoi occhi si fissavano sulle punte delle sue dita.
- Per quanto tempo hai fatto questo lavoro? – chiese, quasi soprappensiero. Chakuza ci rifletté un po’ su.
- Perché vuoi saperlo?
Fler scrollò le spalle.
- Così. – rispose, - Ma non importa se non vuoi dirmelo.
Chakuza inspirò ed espirò lentamente, ponderando la situazione.
- Una decina d’anni. – rispose quindi, - Anno più, anno meno.
Fler gli sollevò gli occhi addosso. Erano enormi, sconcertati.
- Come hai fatto a sopravvivere? – gli chiese quindi, con un candore disarmante. Chakuza si sentì stringere lo stomaco in una morsa di dolore puro.
- Immagino di essere un tipo molto ostinato. – disse con una mezza risatina, che interruppe subito quando si rese conto di quanto il suono della sua voce fosse forzato e sgradevole. – Non volevo morire. – aggiunse poi, più seriamente. – Sapevo che molti erano morti, per i più svariati motivi. Si erano lasciati morire, nella maggior parte dei casi. Io non volevo lasciare che accadesse. Non ho mai voluto. – concluse, distogliendo lo sguardo.
Fler si mise seduto, rigirandosi sul divano e prendendogli il volto fra le mani, avvicinandosi abbastanza da sfiorare la sua fronte con la propria.
- Non ci tornerai mai più, per strada. – stabilì annuendo e coinvolgendolo nel movimento a causa della vicinanza, - Chiaro? Non ne avrai più motivo. Resterai qui con me. Sei stato coraggioso, per tutti questi anni. Ora non avrai più bisogno di esserlo.
Chakuza lo guardò con aria persa per qualche secondo, prima di stringere il suo viso fra le mani esattamente come Fler stava facendo col suo.
- Ne avrò bisogno, e parecchio. – disse piano, sulle sue labbra. Fler lo fissò come se non capisse niente di quanto stava dicendo. Chakuza gli sorrise addosso, prima di baciarlo lentamente. – Non ti preoccupare. – disse quindi, - Solo, dimmi se devo dormire sul divano o posso venire a letto con te, perché questi dettagli scemi mi mandano in paranoia. – concluse con una risatina divertita, molto più convincente dell’ultima che gli era sfuggita dalle labbra, probabilmente perché molto più vera.
- Ma che domanda sarebbe? – rise Fler, allontanandosi un po’ per guardarlo con aria in parte divertita e in parte sinceramente stupita, - Sei il mio ragazzo, no? Certo che dormi con me. Solo che… - aggiunse dubbioso, - Mi stavo chiedendo, ma non è che vuoi farlo anche stanotte? – Chakuza lo fissò con aria ebete, spalancando gli occhi più di quanto non avrebbe mai creduto rientrasse nelle proprie possibilità, e nel notare la sua espressione Fler si affrettò a mettere le mani avanti e spiegarsi meglio. – Nel senso, se proprio ritieni che sia necessario per me va bene, è che non ho proprio esperienza, in questo senso, e mi chiedevo se si debba fare tutte le sere per contratto o si possa saltare qualche volta, no perché sono un sacco indolenzito, sai, là sotto, e quindi magari se aspettiamo e rimandiamo a domani magari è meglio, però tu sicuramente sai meglio di me cosa fare, per cui—
- Fler! – lo interruppe lui, tappandogli la bocca con entrambe le mani e ridendo di gusto, - Non dobbiamo fare proprio un bel niente e non faremo mai niente che non ti vada di fare in primo luogo, per cui vuoi per piacere rilassarti?
Fler rilasciò il respiro tutto assieme, sgonfiandosi un po’ ed appoggiandosi alle sue mani prima di staccarsene ed alzarsi in piedi, afferrandolo per le braccia e tirandolo in piedi con sé.
- Andiamo a dormire. – stabilì con sicurezza, prendendolo per mano e trascinandolo verso la camera da letto, - Abbiamo palesemente troppo sonno per continuare a ragionare lucidamente.
Chakuza sorrise, annuendo brevemente. Sapeva che il sonno non aveva niente a che fare con la sua incapacità di ragionare lucidamente in quella situazione, che era solo a causa di Fler che ogni tanto gli sembrava di pensare ed agire come un dissennato, e continuava a trovare assurdo il fatto che, in così poco tempo, fosse riuscito a perdersi al punto da sentirsi in questo modo ogni volta che parlavano, si guardavano o si sfioravano, ma non era quello il momento di discutere la questione, con nessuno né tantomeno con sé stesso, per cui si limitò a lasciarsi trascinare, spogliarsi e stendersi accanto a Fler. Quando furono accanto, annodati sul materasso e fra le lenzuola e così incredibilmente a proprio agio da rasentare la pazzia, chiuse immediatamente gli occhi, e non lasciò a nessun pensiero negativo la possibilità di disturbare il suo sonno da quel momento in poi.
*
Quella fu più o meno la stessa politica che adottò nei giorni successivi, man mano che la convivenza con Fler cominciava ad ingranare, con una facilità che aveva dell’impossibile. Probabilmente dipendeva dall’assoluta impreparazione di Fler, dal fatto che la sua testa somigliasse in maniera preoccupante ad un enorme album da disegno nuovo, con tutte le pagine ancora bianche, aperte a mille possibilità. C’era da sentirsi sostanzialmente in colpa per ogni nuova macchia di colore a rovinare il candore di quelle pagine perfettamente intonse, ma d’altronde non era per essere colorato che quell’album era stato creato? Chakuza non era in grado di stabilire se fosse più ingiusto il fatto che Fler, a conti fatti, non avesse ancora fatto esperienza di niente fino a quel momento, rimanendo perfettamente bianco, o il fatto che tutte le esperienze che aveva cominciato a fare recentemente, tutte le piccole macchie di colore che cominciavano a dare un senso alla sua esistenza, fossero in realtà fondamentalmente delle menzogne. L’unica cosa di cui era certo, adesso che aveva avuto modo di rifletterci, era che, per quanto riguardava Fler, non aveva alcun motivo di sentirsi in difetto nei confronti di Bushido.
Era una cosa che l’aveva torturato a lungo, durante le prime settimane di convivenza, perché era evidente che tutto ciò che Bushido faceva, cedendo alle richieste di Nyze cui Chakuza faceva da intermediario, era fatto soltanto per il bene di Fler, mentre da parte sua la questione era molto più oscura. All’inizio era stato molto semplice, per Bushido, farlo sentire in colpa, ma da quando Chakuza aveva realizzato che, in fondo, sia lui che Bushido avevano manipolato Fler nello stesso identico modo – Bushido perché restasse candido, lui perché si sporcasse il più possibile – questo meccanismo aveva smesso di scattare, e alla fine Chakuza si era reso conto che perfino restare nella stessa stanza con lui senza sentire il bisogno di abbassare lo sguardo era possibile, e la qualità della sua vita – sia in generale che di coppia – era molto migliorata.
Di tutta quella serie di cose con cui Fler non aveva niente a che spartire, comunque, Chakuza poteva occuparsi solo marginalmente, perché Fler stesso tendeva ad occupare la sua mente in maniera totalizzante. Era quasi fastidioso, a volte, quanto fosse ingombrante la sua persona, non solo fisicamente e non solo a causa degli atteggiamenti così espansivi che aveva con lui. Non era un fastidio di quelli spiacevoli, comunque. Somigliava ad una sorta di solletico continuo, ma tenue. C’era sempre, non poteva ignorarlo, ma non gli toglieva il respiro facendolo diventare paonazzo, si limitava ad accarezzargli la pelle continuamente, costringendo gli angoli delle sue labbra a stare perennemente piegate all’insù.
Fler era un pensiero costante che lo accompagnava da quando si svegliava a quando tornava a dormire. Aveva sempre trovato ridicole tutte quelle storielle sull’amore romantico, stile “sei l’aria che respiro, ciò che vedo ogni volta che apro gli occhi, tutto quello che sogno la notte, la mia unica ragione di vita”, ma doveva ammettere di trovarsi esattamente in quella fase della cotta, in quel momento. Ai suoi occhi, Fler brillava. Non era solo bellissimo, divertentissimo e intelligentissimo – caratteristica che, da sola, avrebbe dovuto fungere da campanello d’allarme; stile, “ehi, Chakuza? Stai delirando” – era perfetto, non aveva difetti. Non c’era niente in lui che non andasse, niente che Chakuza non avrebbe accettato di continuare a rivedere uguale per tutti gli anni che ancora gli restavano da vivere.
Tutto sommato, nonostante i problemi di base che rendevano il tutto complesso e pericolante, non c’era dubbio alcuno sul fatto che quello che stava attraversando fosse il più bel periodo che Chakuza aveva vissuto da quando era venuto al mondo.
Pertanto, era evidente che non sarebbe durato.

continua...
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