Fandom: Originali
Seguito di All This And Heaven Too
Genere: Erotico, Romantico, Introspettivo.
Rating: NC-17.
AVVISI: Slash, Lemon, AU, Angst.
- Le cose fra Miguel e Dimitri vanno avanti, il che - con vivo dispiacere da parte di Jake e Antonio - non vuol dire però che vadano in qualche modo bene. Anzi, tutt'altro. Miguel continua a cercare di parlare con Dimitri per provare a vedere se c'è qualche possibilità di rendere la loro relazione una cosa seria, e Dimitri continua ad aggirare ogni tentativo di conversazione facendo uso creativo della propria bocca (e anche di tutto il resto del proprio corpo). Ma non si può andare avanti così per sempre, e di questo sono entrambi dolorosamente consapevoli.
Note: Prima di tutto, vi rassicuro (in anticipo): questa storia avrà un seguito, per cui non disperate, non finisce davvero così XD (Quando arriverete alla fine della storia sarete felici di esservelo sentiti dire.)
Per il resto, io ormai amo questo 'verse in modi che non sono spiegabili e che mi mettono in imbarazzo, ma non me ne frega niente perché Dimitri e Miguel sono i miei bimbi puccini e nessuno può portarmeli via. *li stritola*
Storia scritta per la prima settimana del COW-T #4 su prompt piuma ed anche per il prompt #21 della Maritombola (scuola).
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- Tu m’ammazzi, se continui così. – dice Miguel fra un respiro affannoso e l’altro, - Dico sul serio.
Dimitri si allontana da lui e, reggendosi alla scaffalatura metallica, si tira in piedi, asciugandosi la bocca col dorso della mano e poi togliendosi gli occhiali schizzati di sperma.
- Gesù. – uggiola Miguel, che alla sola vista della scena si sente subito tornare duro, - Ti prego, smettila.
- Non ho fatto niente. – risponde asciutto Dimitri, recuperando una vecchia pezza sdrucita da uno scaffale in alto ed utilizzandola per ripulire gli occhiali. Miguel osserva il suo movimento come ipnotizzato, pensando distrattamente che dovrà portarla via, quella pezza, quando usciranno dal ripostiglio. E poi bruciarla nel cortile sul retro o qualcosa di simile.
- Dimitri… - sospira, scostandosi i rasta da davanti al viso, - Senti, possiamo parlare, per favore?
Dimitri si interrompe a metà del proprio movimento, voltandosi a guardarlo con aria inespressiva. Naturalmente, senza occhiali non vede a due centimetri dal suo stesso naso, per cui Miguel sa che, anche se lo sta guardando, in realtà non vede altro che una macchia di colore sfocata. La cosa sarebbe divertente, se Miguel non sapesse perfettamente che in realtà Dimitri, quando lo guarda, vede solo una macchia di colore sfocata sempre. Anche quando gli occhiali ce li ha.
Il momento di immobilità non dura che pochi secondi, passati i quali Dimitri inforca gli occhiali dalle lenti ormai pulite egli lancia la pezza in faccia, uscendo dal ripostiglio senza nemmeno salutarlo.
Miguel si appoggia di spalle alla parete, guardando in alto con un sospiro stremato. Poi si tira su i pantaloni.

CLOSER TO WHERE I STARTED, CHASING AFTER YOU

Jake e Antonio si alzano in piedi prima ancora di aspettare di vederlo sedersi al tavolo della mensa. Basta loro adocchiarlo sulla soglia per decidere che il pranzo si è concluso ed è proprio il caso di ritornare in classe.
- Stronzi! – urla Miguel, fermandoli prima che possano essersi allontanati troppo, - Tornate qui. Vigliacchi traditori. Siete lammerda.
- Mado’, ma perché? – sospira Jake, lasciandosi ricadere sulla sedia e coprendosi il volto con entrambe le mani, - Perché? Cos’abbiamo fatto di male? Perché ci odi così?
- Io non vi odio affatto. – ribatte Miguel, imbronciato, - Io vorrei volervi bene, anzi. Ma voi fate schifo.
- Certo. – sbotta Antonio, incrociando le braccia sul petto, - È sempre colpa nostra.
- Non è sempre colpa vostra! – precisa Miguel, - Ma è vero che fate schifo quando vi alzate prima che arrivi perché non volete starmi a sentire.
- Sì, e poniti due domande, magari, visto che lo facciamo sempre. – suggerisce sarcastico Jake, rilassandosi contro lo schienale della sedia, o almeno provandoci.
- Non me lo porrò perché non me ne frega niente. – borbotta Miguel, accigliato, - Non voglio dare una motivazione al vostro essere stronzi. Mi interessa solo che lo siete.
- Certo. – grugnisce Jake, - Senti, vaffanculo.
- No, vaffanculo tu! – ribatte Miguel.
- Adesso ci calmiamo tutti quanti. – sospira Antonio, poggiando una mano sulla spalla di Miguel ed un’altra su quella di Jake e massaggiandole entrambe piano, - E la smettiamo di urlare e ingiuriarci come galline impazzite. – Solo quando gli sembra che i due amici siano entrambi tornati trattabili, sospira ancora e riprende a parlare. – Va bene, dai, tanto lo sappiamo che non si scappa. Miguel: dicci pure cos’è successo.
Miguel borbotta qualcosa di incomprensibile mentre torna a sedersi, incrociando le braccia sul petto e guardando altrove.
- Mi ha teso un agguato.
Jake inarca un sopracciglio.
- Un agguato. – ripete, - Okay, questo non me l’aspettavo.
- Seh. Nemmeno io. – sospira Miguel, - È il motivo per cui era un agguato. Mi ha trascinato nello sgabuzzino del bidello, si è messo in ginocchio e me l’ha preso in bocca.
- Whoa. – si fa indietro Antonio, sbattendo velocemente le ciglia un paio di volte, - That escalated quickly.
- Sì, eh? – sorride sarcastico Miguel, - Io non so più che fare.
- È tipo la, facciamo, decima volta che ti molesta in questo modo? – ride Jake, cercando di ricordare le volte precedenti, - C’è stata quella nello spogliatoio, quella in palestra, quella nel cortile sul retro, quella nella sala insegnanti quel venerdì pomeriggio dopo le attività extrascolastiche… le altre non me le ricordo. Comunque è surreale, fino a qualche mese fa avresti sacrificato il tuo primogenito al demonio per una cosa del genere, e ora te ne lamenti. Io boh. Non ti comprendo.
- Io non volevo niente del genere! – protesta Miguel, oltraggiato, - Io avrei voluto mettermici insieme, con quel figlio di puttana! Ma no, sarebbe stato troppo semplice! Lui doveva costringermi a stuprarlo, praticamente.
- Victim blaming. – ride Jake, - Siamo già a questo punto.
- L’hai capito che intendevo dire. – ringhia Miguel, frustrato, - Comunque sono convinto che tutto questo sia una specie di vendetta.
- Certo. – annuisce Antonio, - Chi non si vendicherebbe nei confronti del proprio stupratore offrendogli orgasmi gratis a giorni alterni nei momenti più inaspettati?
- Ma lo vedi che sei una testa di cazzo?! – sbotta Miguel, - Lo vedi che siete due straccioni incapaci di pensiero coerente?! Non mi ascoltate nemmeno! Minchia, che odio. Lui lo sa! Capite?! Lo sa! Che io ero innamorato di lui.
- Buon Dio… - mugola Antonio, coprendosi il viso, - Ricominciamo con questa vaccata dell’innamoramento.
- Ma non è una vaccata.
- Miguel, senti, - prova a ragionare Jake, - Se davvero l’avessi amato, amato come dici di averlo amato, non gli saresti saltato addosso in quel modo due mesi fa.
- Maccosa. – sbotta Miguel, aggrottando le sopracciglia, - Mi ha mandato fuori di testa! Era insopportabile!
- Guarda che le persone normali non reagiscono con uno stupro quando si trovano davanti uno che per hobby fa la punta alle matite e poi se le infila su per il culo.
- Sì, però insomma. – si imbroncia Miguel, offeso, - Che poi non è che lui proprio non lo volesse, andiamo, si era messo a strisciare sulle ginocchia due minuti prima. Cioè, se non vuoi farti scopare da uno non è che ti metti a succhiargli l’uccello. È un segnale confuso.
- Oppure, - suggerisce Antonio, - Gli succhi l’uccello proprio per non farti scopare, sperando che il pompino gli basti. È un’idea.
- Sì, okay, però stiamo andando fuori argomento, qui. – insiste Miguel, battendo il dito indice contro il tavolo un paio di volte, - Il punto è che, comunque sia andata quel giorno, adesso è lui che ogni due per tre mi trascina in un angolo buio e mi fa le peggio cose.
- Sì, ma la cosa veramente straordinaria è che io non ho ancora capito di cosa ti stai lamentando. – ride quasi istericamente Jake, - Fare le peggio cose col figlio della steppa era il tuo inconfessabile sogno segreto, adesso lo stai facendo e continua a non andarti bene niente. Cos’è, ti lamenti per hobby o c’è un motivo serio dietro? Tipo della schizofrenia o qualcos’altro che possiamo mettere a tacere con degli psicofarmaci?
Miguel sospira, gettando indietro il capo ed abbattendosi esasperato contro lo schienale della sedia.
- È inutile. – geme, - Non capite.
- Sì, ma se magari ci spieghi… - tenta Antonio, battendogli un paio di amichevoli pacche sulle spalle.
Miguel solleva il capo e li guarda entrambi. Sembra esausto.
- Io vorrei ancora mettermici insieme, con quel figlio di puttana. – confessa in un filo di voce, - È questo il mio cazzo di problema.
*
Manda il messaggio velocemente, prima di ripensarci, e poi, per toglierselo dalla testa, comincia a navigare pigramente YouPorn, ma lo fa senza passione, per noia. Quando ti tira il cazzo, quando ti tira per davvero, cercare un video porno davanti al quale farsi una sega è una gioia, una festa dei sensi. Hai voglia di masturbarti, lo faresti probabilmente anche senza l’ausilio del supporto visivo/sonoro, ma decidi di concedertelo, ti vizi un po’, inforchi le cuffie e ti lanci alla ricerca del video giusto, perché no, non tutti i video vanno bene, non sempre, almeno, c’è quando non ti va di vedere una squinzia bionda con le tette rifatte che lo prende su per il culo, e c’è quando non ti va di vedere un cazzo enorme costantemente in primo piano con una lingua che gli vortica intorno alla cappella in un mulinello che neanche i peggio uragani del Midwest, c’è quando ti va il contesto, c’è quando ti va il real life tentacle giapponese (una roba che quando l’ha scoperta gli ha esploso il cervello in modi che mai prima di allora), e poi sì, c’è anche quando ti vanno le tette rifatte e i pompini in primo piano, ma non sempre, ed è bello poter scegliere, e farlo con calma, valutando attentamente l’offerta del mercato, per dire così.
In quelle occasioni il porno è piacevole, sperimenti, ti diverti, provi e impari cose nuove, può perfino essere istruttivo. Quando lo usi come tappabuchi fra il pranzo e i compiti perché Facebook ti annoia e non c’è niente di bello da ripostare su Tumblr è diverso, diventa tutto più squallido, non ti sembra nemmeno più di giocare allo stesso gioco.
E quando poi lo usi per distrarti dal pensiero del tipo che ti manda fuori di testa, poi, è ancora peggio. Perché il cazzo non ti tira e l’unica cosa che riuscirebbe a fartelo tirare è lui – ma lui non c’è e, quando c’è, c’è sempre nei modi e nei momenti sbagliati. Ed è un gran casino.
Nel messaggio gli ha scritto che vorrebbe parlargli. Non è la prima volta che lo fa, suppone che ormai Dimitri ci si sia abituato. Il numero ha dovuto rubarglielo, naturalmente, approfittare di un momento in cui si stava pulendo la bocca, o asciugando la faccia dagli schizzi, o qualsiasi altra cosa tremenda fosse il risultato di uno dei suoi assalti sessuali a sorpresa, e rubargli il cellulare dalla tasca – e poi correre in tondo per minuti interi mentre Dimitri gli tirava addosso di tutto nel tentativo di abbatterlo, mandando il numero a mente così tante volte da inciderselo nel cervello, sospetta, visto che ancora lo ricorda a memoria.
Ha dovuto fare così al terzo rifiuto, alla terza richiesta negata di ottenere il suo numero in modo normale. Senza sembrare uno psicopatico. Non sa davvero cosa Dimitri si aspetti da lui. Continua a dire no a tutto. È naturale che alla fine Miguel decida di prendersi qualcosa con la forza.
Quando capisce la pericolosità del ragionamento, Miguel scuote con forza il capo e cerca di concentrarsi su YouPorn. Si fa strada a fatica fra una home invasion con casalinga bionda e una ragazzina giapponese che si struscia contro un enorme panda di peluche (“can’t stop rubbing”, bello il titolo, accurato, suggerisce l’inevitabilità del tutto, anche lui, d’altronde, non riesce a smettere di pensare a Dimitri, di inevitabilità ne sa qualcosa), e poi il cellulare vibra e si sposta impercettibilmente verso l’angolo della scrivania, ed a Miguel salta il cuore in gola.
“Mi legge nella mente,” pensa, dando per scontato che si tratti di Dimitri seguendo per un attimo le direttive del suo cervello obnubilato dal desiderio ed incapace di realizzare che se Dimitri già non lo caga di striscio a scuola è abbastanza improbabile che lo caghi di striscio a casa, “Sa che stavo per masturbarmi e ha voluto interrompermi. Ci gode a farmi del male.”
Poi allunga una mano verso il cellulare e ricorda quanto il suo cervello aveva preferito ignorare prima. Pensa “sarà uno di quei due cretini”, e invece no, è Dimitri.
Gli trema il pollice mentre sblocca lo schermo del telefono. Pochi istanti dopo ha sotto gli occhi il suo messaggio. “Lasciami in pace,” dice semplicemente. Si sente montare dentro una gran rabbia.
“Ma perché devi essere così stronzo?” risponde. E poi subito aggiunge, “Voglio solo parlare.”
Dimitri risponde abbastanza in fretta, tutto considerato. “Non abbiamo niente da discutere.”
“A parte il fatto che hai passato gli ultimi due mesi a molestarmi. Potrei denunciarti, per questo.”
“Non ti converrebbe.”
Miguel inspira ed espira faticosamente, cercando di mantenere la calma. Non ce l’ha nemmeno sottomano, in questo momento, non potrebbe neanche spaccargli la faccia a cazzotti. Deve mantenere il controllo su se stesso o finirà per scaricare la rabbia sul pc, e poi vallo a comprare uno nuovo.
“Senti, non mi sembra di aver chiesto tanto. Voglio solo parlare. Ho bisogno di dirti una cosa, ci tengo.”
“E questo dovrebbe importarmi perché?”
“Perché praticamente andiamo a letto insieme da due mesi ed è il caso di mettere le cose in chiaro!”
“Noi non andiamo a letto insieme.”
Miguel apre e chiude ritmicamente le dita a pugno, provando a controllarsi.
“D’accordo, forse non andiamo a letto insieme, ma ci siamo andati molto vicini.”
“Sì. Quando mi hai piegato a novanta sulla cattedra dell’aula di chimica. Mai più vicini di così.”
“Senti, mi sono scusato fino allo sfinimento, per quella cosa.”
“No, non l’hai fatto. Ed anche se lo facessi, il semplice scusarti non ti dà diritto ad essere perdonato. Ma in ogni caso è irrilevante, perché non voglio che tu lo faccia. Non sono arrabbiato con te.”
La nozione lo prende alla sprovvista. Per qualche secondo, fissa lo schermo luminescente del telefono chiedendosi se per caso non stia avendo un’allucinazione molto convincente dettata dal suo desiderio profondo di sistemare le cose con Dimitri. Poi realizza che no, è tutto vero, Dimitri gli ha davvero detto di non essere arrabbiato con lui. Gli sembra giusto insistere.
“Scusa, se non sei arrabbiato con me perché mi tratti così di merda?”
“Io non ti tratto di merda,” risponde Dimitri. Qualche istante dopo aggiunge, “Ti tratto e basta.”
Miguel aggrotta le sopracciglia, incerto.
“Che vuol dire che mi tratti e basta?” domanda.
Dimitri risponde con tre puntini di sospensione. Poi riprende. “Vedi, è per questo motivo che non voglio mai parlare con te.”
“E questo che vuol dire, adesso?!” chiede Miguel, esasperato.
Dimitri non si fa più sentire per cinque minuti pieni, al termine dei quali YouPorn, ancora aperto sul computer, ha ormai raggiunto agli occhi di Miguel la stessa attrattiva che avrebbe dover pulire il cesso di una discoteca.
“Dimitri?” domanda, “Non mi mollare qui così!”
Dimitri risponde semplicemente “Apri.”
“Da fuck?” domande ancora Miguel, sbattendo velocemente le palpebre.
“Ti ho detto apri. Sono davanti casa tua,” risponde Dimitri.
Miguel rotola giù dalla sedia, si lancia incontro alle scale e si spalma di faccia contro la porta d’ingresso. Ringrazia ogni dio ed ogni spirito minore per l’orario d’ufficio prolungato di suo padre ed apre.
- Ciao! – dice con entusiasmo chiaramente eccessivo. Sente risuonare la propria voce col trillo argentino che assocerebbe ad una ragazzina di dodici anni, e la cosa non gli piace. Ma è tanto felice di vederlo che al momento non gliene frega niente. – Vuoi entrare?
- No, ho camminato mezz’ora a piedi per venire fino a qui, guardarti in faccia e poi tornare indietro. – risponde Dimitri, inarcando un sopracciglio. Poi sospira, guardando in basso. Sembra quasi imbarazzato. È la cosa più carina che Miguel abbia mai visto e sta già pensando che vorrebbe farselo lì, sul portico, davanti casa, quando i suoi pensieri vengono interrotti dalla sua voce. – Fammi entrare. – dice. Miguel si fa subito da parte, lasciando libero l’ingresso.
- Prego. – dice, fin troppo cerimoniosamente. Si chiude la porta alle spalle mentre lo guarda ficcarsi a disagio le mani nelle tasche dei jeans dopo essersi sistemato gli occhiali sul naso. – Uhm, la mia stanza è di sopra, di qua c’è la cucina, per caso vuoi qualcosa da… - non finisce la frase, perché Dimitri sta già salendo le scale. – Okay, immagino che sia un no. – annuisce, seguendolo di sopra.
Dimitri non ha alcuna difficoltà a trovare la sua stanza – anche perché è l’unica con la porta aperta. Entra e, per prima cosa, fissa lo sguardo di ghiaccio sullo schermo del pc. Miguel ha lasciato il puntatore del mouse sulla preview del video della giapponese che si struscia contro il panda gigante di peluche, ed i frame dell’anteprima si susseguono svelti, mostrando la ragazzina che si struscia, poi il panda che tira fuori un enorme dildo nero dalle pieghe del costume e infine un primo piano della parte inferiore del corpo della ragazzina completamente inondata di liquidi di varia natura che Miguel, in qualunque altro momento della sua esistenza, troverebbe estremamente attraenti, ma che in questo preciso istante gli fanno solo venire voglia di urlare.
E lo fa, lanciandosi verso il computer con l’ansia suicida di un kamikaze, agitando le braccia per cercare di distrarre Dimitri dalla propria contemplazione attenta del sito porno sul quale stava per masturbarsi prima che arrivasse.
- Non è come pensi! – strilla. Non strilla “non sono stato io” solo perché, nella situazione contingente, non avrebbe molto senso, ma si riserva di utilizzare la formula in seguito se il primo tentativo dovesse andare male.
- No? – domanda Dimitri, inarcando un sopracciglio, - Quindi non stavi cercando un porno da guardare mentre ti facevi una sega?
Okay, piano B.
- Non sono stato io! – urla, del tutto a caso.
Dimitri rotea gli occhi.
- Ma piantala. – borbotta, sedendosi senza troppe cerimonie sulla sponda del suo letto, - Lo so cosa stavi facendo. Guarda che lo faccio anch’io.
- Che?! – uggiola Miguel, - No.
- Invece sì. – insiste Dimitri, aggrottando le sopracciglia, - E sei un idiota se pensi il contrario.
- Avevo un’immagine così bella, di te, prima di conoscerti bene. – sospira Miguel, lasciandosi ricadere stremato sulla poltroncina girevole.
- Tu non mi conosci affatto. – ribatte Dimitri a bassa voce, senza guardarlo.
Miguel gli solleva addosso un paio d’occhi che scioglierebbero un pezzo di cemento. Naturalmente, però, non sciolgono lui.
- Hai ragione. – ammette con un sospiro, appoggiando i gomiti alle ginocchia ed inclinando il capo. Gli cadono tutti i rasta davanti al viso e, per toglierseli di mezzo, si rimette dritto. – Com’è che sei venuto? – domanda.
Dimitri si è seduto da appena un minuto, ma si rialza subito in piedi. E poi comincia sistematicamente a spogliarsi.
- O… kay? – dice Miguel, scattando in piedi a propria volta e mettendo mano al primo bottone dei jeans. Poi realizza quello che sta succedendo e aggrotta le sopracciglia. – Aspetta un secondo, che vuol dire questa cosa?
- Vuol dire basta parlare e scopami. – risponde Dimitri, sfilandosi di dosso la maglietta a maniche lunghe dopo aver già lasciato cadere a terra quella a maniche corte che indossava sopra, - Non pensavo ti sarebbero serviti i sottotitoli.
- Aspetta solo un momento. – insiste Miguel, avvicinandoglisi e appoggiandogli le mani sulle spalle. Per un secondo, il calore della sua pelle sotto i polpastrelli lo manda in confusione, ma riprende il controllo di se stesso immediatamente. – Tu non hai idea di quanto io abbia sognato un momento come questo.
- No, penso di averne un’idea piuttosto chiara. – ribatte Dimitri tranquillo. Le mani di Miguel sulle spalle non lo fermano, mentre sbottona velocemente i jeans e ne abbassa la cerniera.
- Sì, okay, questo è evidente. – grugnisce Miguel, irritato, - Ma non cambia il fatto che non capisco perché sta succedendo e non intendo—
- Non potresti semplicemente essere grato perché sta succedendo e basta? – suggerisce Dimitri, inarcando un sopracciglio.
- Checcosa?! – sbotta Miguel, scansandosi come se Dimitri avesse improvvisamente preso fuoco, - No! No, cazzo! Ma per chi mi hai preso? Ma che cazzo c’hai nella testa? Per cui tutte le volte che mi hai tirato in un angolo e me l’hai preso in bocca a tradimento secondo te io dovevo semplicemente essere grato perché stava succedendo e non pormi nemmeno una domanda? Ma sei normale?!
Le sue parole sembrano colpire nel segno, e le mani di Dimitri si fermano a metà di un movimento. Miguel lo vede aggrottare le sopracciglia, e i suoi occhi brillano, per un secondo, di una luce che Miguel non gli ha mai visto dentro. È perfino più bello di quanto non fosse prima. Le sue labbra sono piegate in un broncio offeso e Miguel vorrebbe cancellarglielo di dosso a baci e morsi.
- Quindi devo andare via? – domanda gelido.
Miguel sospira, passandosi una mano sul volto.
- Non ho detto questo.
- Certo. – risponde Dimitri, sprezzante, - Certo, non hai detto questo. Perché non vuoi che vada via. Così come non volevi mandarmi via quando ti facevo un pompino a scuola. Tu vuoi scoparmi, ma vuoi farlo alle tue regole. Se si fa alle mie, non va più bene. Finché sono io che voglio prendertelo in bocca, è sbagliato, ma quando sei tu che mi metti a novanta e me lo sbatti dentro senza cerimonie allora funziona alla grande.
Interdetto, Miguel si irrigidisce, serrando i pugni lungo i fianchi.
- Ahi. – sbotta, - Colpo basso.
- Puoi chiamarlo così, o puoi chiamarla verità. – risponde Dimitri. Poi sospira pesantemente, rilassando le spalle. – Senti, non sono venuto per litigare. Davvero. Sono venuto per scopare. Sei con me? – domanda, avvicinandoglisi piano. Miguel prova ad indietreggiare, ma i suoi fianchi incontrano subito la resistenza della scrivania, e lui si appoggia contro il bordo mentre Dimitri gli si stringe addosso, si solleva sulle punte e gli preme un bacio invitante contro il mento.
- Sì… - risponde, prima di poterselo impedire. Poi però stringe di nuovo la presa sulle spalle di Dimitri e aggrotta le sopracciglia, cercando di trattenersi. – Però voglio sapere perché. – dice, - Perché vuoi scopare. Perché mi vieni addosso in corridoio e mi trascini negli angoli bui e mi fai tutte quelle cose. Devi dirmelo, perché io devo saperlo. Quindi, perché?
Dimitri lo guarda da sotto la curva perfetta delle ciglia bionde, gli occhi azzurri sembrano grandi il doppio a causa delle lenti degli occhiali, e lui è così bello che Miguel vuole solo chiudersi in camera sua per sempre e non lasciarlo andare mai più.
- Perché ti voglio. – risponde Dimitri.
E istintivamente Miguel lo sa. Sa che è una menzogna.
Ma ha anche diciassette anni e a trattenersi non ce la fa più.
Poggia le mani ai lati della testa di Dimitri, come volesse tenerlo fermo mentre si china a baciarlo. Sa che Dimitri non ha alcuna intenzione di andarsene, ma non è quello il punto e non è quello il problema. Il nocciolo della questione non è mai se Dimitri c’è o no, ma dov’è con la testa quando c’è. A quanti anni luce di distanza da lui si trova. E perché lui non riesce mai davvero ad afferrarlo, a trattenerlo. Nonostante lo voglia così tanto.
Davvero, non riesce a capire. Lo vuole davvero così tanto. E Dimitri non si fa mai prendere.
Dimitri che adesso indietreggia sicuro verso il letto, come conoscesse già la stanza a memoria dopo averle dato non più di mezza occhiata. Si piega appena e cerca il materasso dietro di sé a tentoni, ma le sue labbra non si staccano mai da quelle di Miguel, e la sua lingua non smette mai, neanche per un secondo, di accarezzare la sua, intrecciarsi con lei. Non si ritrae mai, non lo prende mai in giro, Dimitri non sembra il tipo che te lo fa venire duro finché non vuoi urlare e poi tirarsi indietro solo per prendersi gioco di te. Miguel gli è grato per questo, ma un po’ anche lo odia, perché vuol dire semplicemente che Dimitri, con lui, non gioca. Non si diverte. Non è un contatto intimo, è uno sfregamento necessario per rilasciare un po’ di tensione.
Ma non c’è amore, non da parte sua, e questa cosa gli spezza il cuore.
Dimitri si stende sul letto, di fronte a lui, e Miguel lo guarda tristemente per qualche istante, ma Dimitri sembra intuire dove vuole andare a parare quello sguardo, e spalanca subito le gambe bianchissime. Indossa solo un paio di piccoli boxer neri, e Miguel vorrebbe strapparglieli via di dosso a morsi.
Avanzando sulle ginocchia, coi pantaloni sbottonati che gli scivolano lungo i fianchi, si arrampica su di lui, risalendo ogni linea morbida e bianca del suo corpo in una scia di morsi e baci. Raggiunge le sue labbra, e morde e bacia anche quelle mentre Dimitri gli stringe le gambe attorno alla vita, trascinandolo verso il basso. Miguel si strofina contro di lui, lo sente duro al di là del cotone appena bagnato da qualche goccia di liquido preseminale, e tutto quello che riesce a pensare è che vuole sentirlo pelle contro pelle, che se questa è la moneta di scambio di Dimitri allora lui l’accetta, e non gli interessa niente di nient’altro. Sa che, quando tutto questo sarà finito, e Dimitri avrà attraversato quella porta e sarà tornato a casa propria, lui si sentirà triste per non avere ottenuto niente un’altra volta, niente a parte il ricordo dei suoi capelli soffici fra le dita, del sapore della sua bocca, del suono ovattato dei suoi gemiti, ma in questo momento non può pensarci, il suo cervello non riesce a processare l’informazione. Dimitri è lì, steso sotto di lui, e il suo corpo si muove lento e ipnotico contro il proprio, e Miguel non vuole altro.
Dimitri geme piano contro le sue labbra, il suo bacino si agita velocemente sotto quello di Miguel, e Miguel stringe l’elastico dei suoi boxer fra le dita e glieli lascia scivolare lungo le cosce. Dimitri li scalcia via senza farsi troppi problemi e resta completamente nudo sotto di lui. Miguel lo guarda in viso, le guance arrossate e gli occhi brillanti di voglia, e non l’ha mai visto più vulnerabile di così. Gli infila due dita in bocca, quasi sfidandolo, e Dimitri lo guarda dritto negli occhi mentre le succhia, poi schiude le labbra e le accarezza con la lingua, lentamente, apposta per fargli godere lo spettacolo.
Miguel ringhia quasi come un animale quando le allontana da lui, perché avrebbe potuto continuare a guardarlo fare solo quella cosa anche per tutto il resto della sua vita, ma non può rinunciare al pensiero di fargli anche tutto il resto, non ora che, per la prima volta, Dimitri gli concede la cosa più vicina a quello che realmente vuole.
Gli lascia scivolare le dita fra le natiche, e Dimitri risponde all’istante, sollevando il bacino ed allargando le gambe, esponendo la sua apertura. Miguel ringhia di nuovo e lo bacia affamato, quasi con violenza, mentre lascia scivolare entrambe le dita dentro al suo corpo. Lo scopa così, sentendo le nocche sbattere con rumori simili a piccoli schiaffi contro la sua pelle che si arrossa velocemente, sentendolo aprirsi attorno alle sue dita e poi richiudersi quando le ritrae, sentendolo gemere ad alta voce mentre gode di ogni spinta. E quando poi Dimitri lo afferra per i capelli e glieli tira in modo da costringerlo ad inclinare il capo abbastanza per parlargli direttamente all’orecchio, gli fa quasi male lo stomaco dal desiderio che ha di sentirsi dire quello che Dimitri sta per dirgli.
Lo vede arrivare, eppure lo colpisce, nonostante tutto.
- Scopami. – ringhia Dimitri, andando incontro alle sue spinte col proprio bacino, e Miguel annuisce svelto, come un bambino.
Sfila le dita e si sistema fra le sue cosce, tira giù i pantaloni, li scalcia giù dal letto e si stende sopra di lui. Ancora una volta, Dimitri serra le gambe attorno ai suoi fianchi, lo costringe ad avvicinarsi, e Miguel ha appena il tempo di allungare una mano verso il cassetto del comodino in cerca dei preservativi, che subito Dimitri lo ferma con un grugnito sommesso.
- Vaffanculo. – gli dice, - Non serve. – e poi se lo tira contro un’altra volta, con forza, e questa è la volta decisiva, perché Miguel si sente scivolare pianissimo dentro di lui, prima la punta, poi un centimetro dopo l’altro tutto il resto della sua erezione, e deve nascondere il viso contro l’incavo del suo collo perché lo sa, semplicemente lo sa che se non morde bacia lecca qualcosa – se non morde bacia lecca lui – si metterà a urlare.
Dimitri geme, sembra che la penetrazione non gli faccia male per niente, ed è una cosa bellissima. Miguel si muove svelto dentro di lui, si ritrae fin quasi a uscire del tutto e colpisce un’altra volta, scivolandogli dentro in un movimento secco, solo quando lo sente lagnarsi. È bello sentirlo così, così arreso e disperato, è bello sentirlo muoversi con tanta foga sotto di lui. È bello sentire il suo corpo affamato che si apre e si chiude attorno al suo cazzo, l’anello di muscoli che lo stringe alla base in contrazioni improvvise apparentemente fuori controllo, e Miguel continua a pensare “sono io, sono io che lo sto facendo sentire in questo modo, è per me che è così eccitato, è per me che è così duro e continua a strofinarsi contro la mia pancia, è me che vuole”, e fino all’orgasmo, davvero, è abbastanza.
Poi però Miguel viene, vengono entrambi. Miguel viene dentro di lui, prova a uscire ma Dimitri ringhia e stringe le gambe, tenendoselo piantato dentro finché non si svuota del tutto all’interno del suo corpo. E viene anche Dimitri, gli viene addosso, Miguel si sente gocciolare il suo orgasmo sulla pelle ed è la sensazione più bella di sempre, vorrebbe ripulirsi con una mano solo per poterselo leccare via di dosso, sentire il suo sapore sulla lingua, sentire se è buono come quello della sua bocca.
Non lo fa, però, perché la prima spinta che sente, quella più forte, è verso di lui. Si chiude attorno al suo corpo come a volerlo intrappolare, sperando che magari, così, non vorrà andare via. Almeno non subito.
Dimitri sospira profondamente. Il suo respiro è tornato subito normale, dopo l’orgasmo, ed anche le sue guance hanno perso colore, e i suoi occhi hanno perso quella brillantezza che li rendeva così vivi, quasi infantili. Fissa il soffitto, adesso, e la sua espressione è di nuovo indecifrabile.
- Che fai? – gli chiede.
Miguel stringe la presa attorno a lui.
- Cerco di trattenerti.
- Guarda che sono ancora qui.
- Sì. – sospira lui, - Ma per quanto?
- E che t’importa per quanto? – sbotta Dimitri, - L’importante è che ci sono adesso, no?
- No. – quasi si lagna Miguel, nascondendo il viso contro il suo collo, - Ma come fai a non arrivarci?
- No, sei tu che non ci arrivi. – borbotta lui, - Sei una piaga. Non capisci niente.
- No, è vero, non ti capisco. – ammette Miguel. Poi abbassa lo sguardo, e parla piano contro la sua pelle, - Non ti capisco e mi fai una paura del cazzo. Perché sei così distante e non riesco mai—
- Mollami. – ringhia immediatamente Dimitri, irritato, cercando di divincolarsi dalla sua stretta, - Ho detto lasciami andare!
- Cos— Dimitri, aspetta. – cerca di fermarlo Miguel con le buone, allentando comunque la presa attorno al suo corpo per lasciarlo libero di muoversi.
Dimitri non ha bisogno d’altro. Si siede sulla sponda del letto e recupera le mutande da terra. Le indossa, e poi passa a raccattare il resto dei vestiti dal pavimento. Lentamente, metodicamente, si riveste, e Miguel, ancora nudo, resta a guardarlo dal letto.
- Ti prego, - quasi lo supplica, e si odia da solo per il tono implorante che usa, - Possiamo parlare?
La risposta di Dimitri è la porta che sbatte.
*
Quella notte lo sogna. Non l’ha mai sognato, prima di quel momento, e farlo proprio adesso ha un che di comico. Se non fosse che niente riguardo Dimitri è davvero comico. Le cose con Dimitri possono partire in mille modi, possono essere divertenti, sexy, strane, spaventose, ma finiscono sempre in tragedia e sofferenza. Per lui, ovviamente, mai per la fottuta regina dei ghiacci con l’uccello. Dimitri non soffre mai, è impermeabile al dolore e anche a tutto il resto.
Lo sogna, comunque. Sono a letto ma non scopano – al suo cervello evidentemente piace prendersi gioco di lui. Non scopano, e come potrebbero?, perché Miguel lo sta prendendo a cuscinate in faccia.
È sicuro che se lo raccontasse ad Antonio e Jake gli riderebbero dietro per i prossimi vent’anni, ma in realtà il sogno non è divertente per niente. Non si stanno prendendo a cuscinate come in un telefilm per adolescenti rincoglionite, no, Miguel gli sta seduto addosso, schiacciandolo contro il materasso, e lo prende a cuscinate in faccia con una violenza tale che il cuscino sta perdendo tutte le piume, che gli cadono addosso come neve ogni volta che si muove.
Poi Dimitri parla, dice qualcosa che Miguel non riesce a capire. E pochi istanti dopo ripete le stesse parole, che stavolta gli rimbombano nel cervello con un’eco assordante.
“Perché insisti?” domanda, e Miguel sente qualcosa comprimergli il petto fin quasi a mozzargli il respiro.
“Perché ti voglio,” risponde, più onestamente che può, “Perché non vuoi essere mio?”
“Perché sono io a non volerlo,” risponde Dimitri. I suoi occhi sono freddi, il suo sguardo insondabile, fisso in quello di Miguel. La sua voce è pesante come un macigno. Gli cade una piuma sullo stomaco e Miguel vede solo quello. La faccia di Dimitri scompare, la sua voce si allontana sempre di più, tutto intorno resta solo bianco, il bianco delle pareti, il bianco delle lenzuola, il bianco della luce, della piuma e della pelle di Dimitri, e poco dopo non resta più nemmeno quello.
Si sveglia nel buio assoluto di camera sua. Sono quasi le cinque del mattino, e di Dimitri non è rimasta più nemmeno la traccia dell’odore attaccato alle lenzuola. Decide che domani, a scuola, gli parlerà. Lo legherà mani e piedi a una sedia per costringerlo ad ascoltarlo, se dovrà. Vorrebbe che ci fosse un modo più semplice, ma non c’è. Dimitri lo scansa, ma poi gli torna vicino come un fottuto yo-yo ogni dannata volta, e così non può continuare, o Miguel impazzirà.
Non chiude occhio per il resto della notte. Si alza dal letto puntuale come non è mai stato, infila un paio di jeans e una felpa a caso e lega i rasta dietro la testa. Quando scende al piano di sotto, suo padre, nascosto dietro il giornale di oggi, sta bevendo il suo caffè, e quando lo sente entrare in cucina lo fissa con un’occhiata sconvolta.
- Non ti ho mai visto sveglio così presto. – dice piano, - Anzi, a ben pensarci non ricordo un giorno da quando hai iniziato il liceo in cui non sia dovuto venire a buttarti giù dal letto personalmente. È tutto a posto?
Miguel scrolla le spalle. Spiegargli la situazione non servirebbe – suo padre non sa che gli piacciono i ragazzi. Nemmeno lui sapeva che gli piacevano i ragazzi, prima di Dimitri, d’altronde. E Miguel è certo che reagirebbe come uno si aspetta che un padre reagisca in una situazione come questa. Dove ho sbagliato, è perché non hai avuto una mamma accanto mentre crescevi, ti passerà, è solo una fase e via così. Tutte cose che Miguel non ha alcuna intenzione di stare a sentire mentre si prepara a lasciarsi frantumare il cuore dallo stronzo di cui s’è innamorato.
Arriva a scuola presto, sperando di trovarlo già lì. Lo cerca, ma naturalmente Dimitri non è da nessuna parte. Sapendo che è un secchione, Miguel ha sempre immaginato fosse uno di quelli che arrivano a scuola ancora prima che aprano i cancelli per poi uscirne solo quando il custode li butta fuori, ma evidentemente non è così. La voce di Dimitri ripete “tu non mi conosci affatto” dentro di lui, e qualcosa si contrae all’altezza del suo stomaco. Fa un male fottuto.
Jake e Antonio ci mettono quaranta secondi a capire che non è aria. Lo approcciano in mezzo al corridoio parlando di cose a caso a raffica come fanno sempre quando vogliono tastare il terreno, gli girano letteralmente attorno come due satelliti per qualche istante e poi Jake dice “okay, no. A dopo, coso,” ed entrambi scivolano lontano da lui, perdendosi come ombre in mezzo al marasma di studenti che affolla i corridoi del liceo. Miguel a stento se ne accorge. Ovviamente non cerca di trattenerli.
Il resto della giornata gli passa addosso praticamente allo stesso modo, senza lasciare traccia. Le lezioni non le ascolta, non parla con nessuno. Vorrebbe vedere Dimitri, ma non hanno lezioni in comune, ed anche allora sa che sarebbe impossibile parlare con lui. Si limita a sperare di riuscire ad incontrarlo dopo, ma non succede.
Almeno fino a che non è Dimitri stesso a venirlo a cercare.
Gli si avvicina deciso, senza neanche provare ad essere discreto, col solito atteggiamento della persona alla quale non interessa minimamente cosa pensi di lui. Si ferma di fronte a lui e Miguel lo guarda come fosse un’apparizione, senza neanche sapere come muoversi.
Dimitri lo trascina lungo i corridoi, verso i bagni. Lo spinge dentro, e poi oltre la porta di una delle cabine interne, schiacciandolo fra la parete e il cesso. Fa subito per mettersi in ginocchio, è quasi troppo veloce, ma Miguel lo afferra per le spalle, lo tira su e lo bacia pensando “no, questa volta no”.
Dimitri deve sentirsi quel pensiero sulla lingua, perché si divincola come se lo stesse minacciando con un ferro arroventato, ed arretra, schiacciandosi contro la parete opposta.
- Voglio solo parlare. – dice Miguel.
- Diocristo. – ringhia Dimitri, - Io no. Voglio farti un pompino.
- Non lo voglio. – risponde Miguel, asciutto.
Dimitri schiude le labbra ma per qualche istante resta completamente in silenzio, come non sapesse con cosa rispondere ad un’affermazione del tutto imprevista come quella. I suoi occhi sono pieni di rabbia. Miguel ripensa a com’erano nel sogno, così freddi e distanti. Ripensa alla piuma che gli cade addosso, alla sua pancia bianca e invitante. Vorrebbe essere lui a mettersi in ginocchio. Vorrebbe essere lui a prenderglielo in bocca. Vorrebbe prenderglielo in bocca e baciarlo ovunque e scoparlo fortissimo e poi vorrebbe chiedergli di sposarlo, tutto così, tutto insieme, e chi se ne frega.
- Dimitri, tu mi piaci. – dice col cuore in mano, - Mi piaci un casino.
- Non sai niente di me. – risponde Dimitri in un ringhio basso.
- Non m’importa, mi piaci lo stesso.
- Che cos’è che ti piace?! – ribatte Dimitri, alzando la voce, - Ti piace come te lo succhio? Come mi faccio scopare? Come lo prendo bene su per il culo? Perché queste sono le cose che conosci! Queste sono le uniche cose che ti possono piacere.
- Non è vero. – insiste Miguel, - Mi piace anche tutto il resto.
- Tutto il resto cosa?!
- Mi piace quando ti incazzi. – risponde lui, - E quando mi prendi a parolacce.
- Allora non sei solo stupido, sei uno psicopatico. – commenta Dimitri, duro, guardando altrove.
- Non mi interessa. – Miguel si avvicina piano, - Mi piaci lo stesso.
- Smettila! – urla Dimitri, piantandogli entrambe le mani sul petto, - Non ti voglio stare a sentire! A me non piaci! Ti odio, anzi, mi stai sul cazzo in modi che Dio mio, se ci penso mi viene da vomitare! Sei appiccicoso e invadente, non lo sopporto! Continui a dirmi che ti piaccio, ma di me non te ne frega niente, o l’avresti già capito che non voglio essere il tuo ragazzo!
- …Dimi—
- No, cazzo! Stai zitto, santo Dio! Non ti sopporto più! – esplode, le guance rosse e gli occhi lucidi di rabbia, - Vuoi sempre parlare, parlare, parlare, ma dici solo stronzate! Perché devi complicare tutto? Perché non ti basta questo?
- Ma questo cosa?! – grida anche Miguel, - Questo?! Le sveltine nei cessi? Le sveltine nei cessi dovrebbero bastarmi, secondo te?!
- Sì! – gli grida addosso lui, - Sì! Perché non puoi avere altro! – dice, e lo sputa fuori come se lo stesse capendo davvero solo in quel momento. Raddrizza la schiena, guardandolo con aria un po’ persa. Respira a fatica, mordendosi il labbro inferiore. Quando parla, lo fa con molta più calma. – Da me non puoi avere nient’altro. Questo è quello che ti posso dare, se vuoi di più è meglio finirla qua.
Miguel lo guarda smarrito per qualche istante. Schiude le labbra e prova a parlare. Gli trema la voce. È imbarazzante.
- Ma io voglio di più. – dice, e parla come se si stesse scusando implicitamente.
Dimitri gli dà le spalle.
- E allora è meglio finirla qua. – conclude, uscendo dal bagno.
*
Antonio e Jake non si alzano quando lo vedono arrivare, stavolta. Forse qualcosa nel modo in cui cammina o nella sua espressione li trattiene lì, col fiato sospeso. Lo osservano avvicinarsi e poi crollare sull’unica sedia libera al tavolo come se portasse sulle spalle il peso del mondo.
- …coso, - dice Jake, sporgendosi appena verso di lui, - Che cazzo è successo?
Miguel deglutisce, fissando il vassoio col pranzo. Gelatina di frutta nell’angolo in alto a sinistra, budino al cioccolato in quello in alto a destra, una fettina di carne striminzita e purea di piselli ai due angoli opposti in basso. Sa già che non toccherà niente. Gli dà tutto il vomito. L’idea di continuare a respirare gli dà il vomito.
- Mi ha lasciato. – dice a bassa voce. Poi stira le labbra in un sorriso amaro, - Cioè, mi avrebbe lasciato se fossimo stati insieme. In realtà mi ha detto no quando ho provato a chiederglielo. Ma lui è lui… - scrolla le spalle, sospirando, - E no non è semplicemente no, è mai più. Questo almeno l’ho capito.
Jake e Antonio si lanciano un’occhiata allarmata. Non l’hanno mai sentito parlare così. Segretamente, entrambi pensano che sia un bene che quella storia surreale sia finita. Ma non sono sicuri che Miguel sia preparato ad affrontare quello che succede dopo.
Jake inspira ed espira, e poi decide di aprire le danze.
- Va be’, coso, dai, meglio perderlo che trovarlo uno così.
- Sì, ma davvero. – annuisce Antonio, giocando coi broccoli sul vassoio, - Senti, seriamente, ti ha tenuto sulle spine per due mesi e l’unica cosa che è stato capace di fare è stato fotterti malissimo il cervello. Ti devi disintossicare. Te lo devi togliere dalla testa e basta.
- Che poi, veramente, ma ne valeva la pena? – continua Jake, scrollando le spalle, - Per due pompini e una scopata e mezzo praticamente ti teneva in pugno. No, ma lammerda che è, veramente. Non te lo volevo dire perché sapevo quello che provavi per lui, ma ora che s’è tolto dai coglioni te lo devi lasciare dire, Miguel, cioè, uno stronzo simile meritava di prendere fuoco, altro che.
- Ti dico, avresti dovuto mollarlo tu prima che potesse farlo lui. – commenta Antonio, - Non se lo meritava, lo stronzo, di essere il primo a mollare.
Miguel li lascia parlare. Il suono delle loro voci è stranamente consolante.
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