Genere: Introspettivo.
Pairing: (accenni di) Karkat/Terezi.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Gen, Fluff, Spoiler A6I2, Missing Moment.
- "Sulla parete di fronte a lui, Gamzee ha disegnato uno di quei suoi stupidi sorrisi. L’onda violacea del suo sangue si allunga sulla parete, infilandosi fra le crepe più o meno larghe, rendendo il sorriso inquietantemente distorto. D’altronde, anche il sorriso di Gamzee adesso è così."
Note: Scritta per la tabella wTunes Desires, prompt #01 (I don’t want you to hide) @ diecielode, per la quale ho claimato Karkat e Gamzee; e poi anche per sconfiggere il malvagio Balam durante il terzo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole (prompt: la parola macchia/macchie ripetuta per tre volte all'interno della storia).
Quando Kanaya - mi pare fosse lei. O Dave? XD - ha detto che probabilmente nessuno sull'asteroide era a conoscenza del luogo in cui Gamzee si nascondeva a parte Karkat, ho lanciato uno strillo ultrasonico XD C'è da dire che Hussie mi odia, ma io ogni tanto mi prendo le mie buone soddisfazioni. *cough*
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YOU CAN SEW IT UP BUT YOU STILL SEE THE TEAR
wTunes Desires, #01 – I don’t want you to hide

Ufficialmente, è passato quasi un anno da quando Gamzee è scomparso, portandosi dietro il suo trono di cadaveri. Sembra che si muova abbastanza per l’asteroide, o meglio, sembra che l’abbia fatto, ad un certo punto, perché a poco a poco anche gli altri corpi sparsi su tutta la superficie del piccolo pianeta lanciato nell’universo alla velocità della luce sono spariti, e non ne è rimasta traccia se non per le macchie di sangue rappreso sul pavimento. Ogni tanto a Karkat piace osservare quelle macchie, gli piace – in qualche modo contorto che non riesce a spiegarsi, che forse non vuole nemmeno spiegarsi – sedersi sul pavimento ed osservarne i contorni. Forse perché il sangue per lui ha sempre rappresentato un tipo di fissazione diversa rispetto a quella che rappresentava per i suoi amici, troppo impegnati a badare a ciò che il colore del loro sangue rappresentava a livello gerarchico per capire che invece era molto più importante ciò che quel colore diceva di loro, di chi erano, del luogo dal quale provenivano e della loro storia. Di chi dovevano ringraziare per essere quelli che erano.
Quelle macchie di sangue sul pavimento hanno un significato ben preciso, e Karkat lo sa. Sono il segno manifesto di chi non ce l’ha fatta, di chi magari può tornare, tramite una bolla, di chi può ancora parlare con te se lo incontri all’interno dei confini incredibilmente impalpabili di un sogno surreale, ma in realtà è morto, e non tornerà mai più per davvero. Di lui non resta nient’altro che lo schizzo sbavato della vita che si è lasciato alle spalle, la traccia sbiadita di chi è stato. Del modo in cui è finito.
Karkat stringe le ginocchia al petto e fissa intensamente la pozza del sangue verdastro di Nepeta, ai suoi piedi. Era di un bel verde brillante, all’inizio. Poi è andata rapprendendosi, giorno dopo giorno è diventata sempre più scura e meno vischiosa. Adesso bisogna stare attenti a non camminarci sopra, per evitare di grattarla via dalle mattonelle grigie sul pavimento.
Gamzee è sparito da quasi un anno. Ufficialmente. E c’è una voce dentro la testa di Karkat, una voce che parla una lingua sconosciuta, che gli suggerisce che dovrebbe odiarlo per ciò che ha fatto. È stupido, Karkat lo sa. Uccidere è nella loro natura, è così che sopravvivono, è così che solo le larve più forti riescono a svilupparsi. Un troll non smette mai di uccidere i propri simili, darsi la caccia a vicenda è guerra, divertimento, attrazione. Allo stesso tempo un hobby e una ragione di vita, una ragione che Karkat non riesce completamente a comprendere, ma che allo stesso tempo ha imparato a conoscere, perché è sempre stata lì, anche dentro di lui. Un richiamo del sangue, anche se il suo sangue è ben diverso da quello di tutti gli altri.
Karkat solleva il viso. Sulla parete di fronte a lui, Gamzee ha disegnato uno di quei suoi stupidi sorrisi. L’onda violacea del suo sangue si allunga sulla parete, infilandosi fra le crepe più o meno larghe, rendendo il sorriso inquietantemente distorto.
D’altronde, anche il sorriso di Gamzee adesso è così.
Karkat si alza in piedi, sospirando pesantemente. Gira su se stesso, infilando le mani in tasca e lanciando un’occhiata infastidita al cono d’ombra che si allunga sul corridoio dietro un angolo.
- Puoi anche venire fuori. – sbotta. Da dietro l’angolo, Gamzee ridacchia. Karkat può vedere l’onda scomposta dei suoi capelli muoversi lentamente, mentre lui scuote il capo.
- Vieni tu. – dice.
- Gamzee, non sono dell’umore. – sbotta lui, muovendo comunque un passo nella sua direzione, - Vieni fuori di lì, coraggio. Non è possibile dover fare così ogni volta, dovresti piantarla di nasconderti. È una cosa ridicola. – Gamzee non risponde, e Karkat muove un altro passo verso di lui. Odia il silenzio, lo trova pesante, specie quando è coinvolto Gamzee, perciò riprende presto a parlare. – Quella roba lì… è sangue fresco. Ti sei di nuovo ferito in qualche modo? Devi piantarla.
- Nessuna ferita nuova. – dice Gamzee, la voce ridotta quasi a un sibilo, - È quella vecchia che si riapre.
- Cosa?! – Karkat si lascia sfuggire dalle labbra un lamento frustrato, avvicinandosi ancora, - Cazzo, Gamzee, ti ho detto mille volte di non toccarti quelle cazzo di ferite! Ti rimarranno le cicatrici. – borbotta, affacciandosi oltre l’angolo. Gamzee lo afferra per il colletto del maglione che indossa, trascinandolo nell’ombra con sé. Karkat si lascia sfuggire un gridolino fra il sorpreso e l’imbarazzato quando gli cade in grembo, piegando poi le labbra in una smorfia disgustata quando si rende conto di essere atterrato su qualcosa di morbido. – Ti prego, dimmi che non sono cadaveri. – si lamenta, mentre Gamzee se lo sistema fra le braccia come fosse una bambola e poi gli sorride sul collo, allungando una mano a stringere fra le dita uno dei suoi corni, per farlo suonare. Karkat sospira, abbattendosi contro il suo petto. – Avrei dovuto immaginarlo. – borbotta mentre lentamente il suo corpo si rilassa contro quello di Gamzee. – Allora, cosa vuoi questa volta?
Gamzee non risponde alla domanda. Circonda le spalle di Karkat con le proprie braccia, schiacciandoselo contro il petto. Karkat sente il suo respiro fra i capelli, sulla pelle, sente l’odore del suo sangue, del suo corpo. Si morde un labbro e cerca di non lasciarsi andare. Non adesso, non così.
- Lo sai, sarebbe molto più semplice se la piantassi di nasconderti. Nessuno ce l’ha con te. – lo rassicura, circondandogli mollemente la vita con le proprie braccia e sbuffando quando sente qualcosa di umido contro la guancia. – Pulisciti la faccia. Finirò per avere tutto il tuo sangue addosso.
- Non importa. – decide Gamzee per entrambi, - E Kanaya ce l’ha con me.
- No, non è così. – Karkat scuote il capo, - Cerca solo di evitare che le cose degenerino. Si preoccupa.
- Mi ucciderebbe.
- Non se tu la piantassi di comportarti come un pazzo. – sospira ancora, sollevandosi appena per appoggiare il capo sulla sua spalla, rilassandosi lentamente. Gli occhi socchiusi, lascia scorrere le mani sulla schiena di Gamzee in lente carezze dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, respirando piano. – Sei nervoso? – gli domanda.
- Come fai a saperlo? – chiede Gamzee. Karkat può sentirlo sorridere, mentre scuote le spalle.
- Lo so e basta. – risponde, - Cos’è che ti rende nervoso?
Gamzee sospira, appoggiando la schiena alla parete dietro di lui, accogliendo Karkat più comodamente fra le proprie braccia.
- Non lo so, amico, non lo so. Tutto, credo. C’è quel tipo—
- Quel tipo?
- Strider.
Karkat rotea gli occhi.
- Gamzee…
- Dico solo che non mi piace, ok? Il figlio di puttana non mi piace, tutto qui. Non mi fa bene averlo intorno.
- E quindi è meglio nasconderti nell’ombra e comunicare solo con me tramite murales dipinti col tuo stesso sangue? – Karkat solleva il viso, lanciandogli un’occhiata decisamente poco impressionata, di fronte alla quale Gamzee non riesce a trattenere una risata sincera, - Seriamente, sei un’attention whore e una drama queen. Dovresti smetterla.
Gamzee ride ancora, scuotendo il capo mentre se lo tira contro, strusciando il naso lungo la curva del suo collo.
- Non so nemmeno cosa vogliono dire queste parole, amico. – lo prende in giro. Karkat arrossisce, guardando altrove.
- Le ho imparate dagli umani. – ammette in un borbottio appena intuibile.
- Se non è un fottuto miracolo questo… - ridacchia Gamzee, e Karkat gli schiaffeggia la nuca, risentito.
- Non ricominciare. – lo rimprovera, e poi sospira, - Dai, torna con gli altri. Con me.
- Con te ci sono già. – gli fa notare Gamzee, sollevando lo sguardo e fissandolo nel suo. Karkat piega le labbra in un broncio deluso, aggrottando le sopracciglia.
- Non è la stessa cosa. – brontola, - Ci sono cose per cui avrei bisogno di averti accanto per tutto il tempo, perché solo tu puoi aiutarmi, come io aiuto te. E invece, quando io ho bisogno di te, tu non ci sei mai. Ma io devo—
Gamzee si sporge in avanti, posando le proprie labbra sulle sue in un bacio dal sapore amaro, e non solo per il sangue che cola dalle sue labbra graffiate.
- Va tutto bene con Terezi, fratello? – domanda Gamzee con quel suo solito tono calmo, rilassato, che il più delle volte fa solo venire voglia a Karkat di afferrargli la testa e fracassargliela contro una parete. Ma questa volta no.
Sospira, tornando ad accucciarsi contro di lui mentre fissa il buio, i corni che si muovono appena sotto di loro, riempiendo l’aria della loro voce fastidiosa ma familiare abbastanza da tranquillizzarlo.
- Uno schifo. – comincia a lamentarsi. Non finirà tanto presto.
Gamzee sorride, accarezzandogli i capelli e la schiena. È vero che non è sempre al suo fianco, ma Karkat è ingiusto quando dice che non c’è mai quando ha bisogno di lui.
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