Genere: Introspettivo, Commedia.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Slash, Flashfic.
- "L’uomo indietreggia quanto può, ma le sue spalle incontrano presto la resistenza solida e tiepida del legno intagliato della testiera del letto, e non può scappare oltre. Non potrebbe neanche se quella stanza non avesse pareti né confini."
Note: Dunque... XD Dal momento che la mia dignità è una leggenda metropolitana, diciamo pure che questa storia parla del padre della Mika e del di lei gatto, Inverno, e che nel postarla, adesso, io non mi sto neanche vergognando abbastanza. D'altronde, l'ho scritta per il terzo turno della Coppa delle Lande, che ci chiedeva di scrivere su qualcosa di cui ci vergognassimo un pochino, ma non abbastanza da non voler nemmeno scriverla. Per cui, come dire, perfetto. XD
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Slash, Flashfic.
- "L’uomo indietreggia quanto può, ma le sue spalle incontrano presto la resistenza solida e tiepida del legno intagliato della testiera del letto, e non può scappare oltre. Non potrebbe neanche se quella stanza non avesse pareti né confini."
Note: Dunque... XD Dal momento che la mia dignità è una leggenda metropolitana, diciamo pure che questa storia parla del padre della Mika e del di lei gatto, Inverno, e che nel postarla, adesso, io non mi sto neanche vergognando abbastanza. D'altronde, l'ho scritta per il terzo turno della Coppa delle Lande, che ci chiedeva di scrivere su qualcosa di cui ci vergognassimo un pochino, ma non abbastanza da non voler nemmeno scriverla. Per cui, come dire, perfetto. XD
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WINTER IS COMING
L’uomo apre gli occhi a fatica, le palpebre ancora pesanti di sonno, infastidito dalle folate di vento gelido che gli accarezzano la pelle. Ricorda di aver chiuso la finestra, prima di andare a dormire, lo fa sempre. Chiude gli scuri, le imposte, abbassa il ferro fino a sentirlo conficcarsi al proprio posto nel davanzale, poi tira le tende e solo allora si consente di riposare sereno.
Forse ha dimenticato il ferro, si dice, nel tentativo di razionalizzare l’impossibile, forse l’ha dimenticato e il vento, lo stesso vento che adesso gli scorre addosso, lungo la spina dorsale, in brividi inarrestabili, ha soffiato forte abbastanza da riuscire a spalancare le imposte.
Si solleva a sedere, le coperte gli scivolano di dosso arricciandosi in un mucchietto scomposto fra le sue gambe, e seduto sul davanzale della finestra c’è qualcosa, una sagoma minuta e tondeggiante, no, adesso è slanciata e snella, un uomo, forse?, no, un ragazzo.
“Chi sei?” domanda, ma le sue labbra non si muovono. Un sogno, pensa, dev’essere un sogno. “Come sei entrato?”
Il ragazzo si allontana dal davanzale, muovendosi verso il letto in passi lenti, sinuosi, perfettamente silenziosi. Non indossa niente, è completamente nudo. I suoi piedi contro il pavimento piastrellato dovrebbero sicuramente fare rumore. Invece si muove come se neanche toccasse terra, come uno spirito, o un fantasma.
“Sei un fantasma?” gli domanda, ed ancora una volta la sua voce risuona all’interno della stanza buia, ma le sue labbra non si muovono. Può sentire qualcosa di gelido e umido posarglisi sulla pelle in sbuffi argentati, quasi morbidi. Sembra neve. “C’è freddo,” commenta con tono quasi casuale. Le labbra del ragazzo – ora che è così vicino può notare i suoi occhi, sono di due colori diversi, e la sua pelle, così pallida da sembrare quasi trasparente – si piegano in un sorriso sornione.
Il ragazzo non dice una parola mentre si arrampica sul materasso, muovendosi a gattoni verso di lui. L’uomo indietreggia quanto può, ma le sue spalle incontrano presto la resistenza solida e tiepida del legno intagliato della testiera del letto, e non può scappare oltre. Non potrebbe neanche se quella stanza non avesse pareti né confini: il ragazzo è troppo vicino, adesso, i suoi occhi – uno dorato, l’altro azzurro, sono così familiari, dove li ha già visti? – lo tengono inchiodato sul posto, e non c’è niente che lui possa fare per sottrarsi a quel che sta per accadere.
“Mia figlia…” pigola pietosamente, in un pallido (e vano) tentativo di difesa, “Sta dormendo nella stanza accanto… potrebbe sentire.”
Il ragazzo non risponde, e forse è meglio così.
“Non dovremmo farlo,” protesta lui in un ultimo, flebile respiro ansioso, mentre il ragazzo posa le mani sulle sue spalle – le sue unghie, le sue unghie sono lunghe, graffiano con estrema facilità, come artigli – e gli si sistema in grembo. Per un attimo, all’uomo pare che si stia acciambellando fra le sue gambe, e che dalla sua gola si diffonda un rumore sordo e vibrante, come le fusa di un gatto. È solo un attimo, però, prima di sentire le sue labbra sulle proprie, e di lasciarsi andare alle ruvide carezze della sua lingua.
L’uomo si rende conto di respirare a fatica e di sentire incredibilmente freddo. Ha il cuore che batte forte, ed Inverno lo guarda con aria divertita, dal pavimento.