Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Karkat/Gamzee.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, Lemon, Dub-Con, Violence.
- "Terezi ogni tanto gli dice che, anche per essere troll, lui e Gamzee hanno una relazione fottutamente incasinata."
Note: Dunque, tanto per cominciare questa storia partecipa alla seconda Badwrong Week @ maridichallenge, a tema BDSM, Non-Con, Dub-Con e Violence. Poi partecipa anche al quinto round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole, a tema Angst. Il tutto! essendo ispirato contemporaneamente al tema #4 della 500themes_ita (Ballando col diavolo) ed al tema #6 della tabella wTunes - Desires di diecielode (The undisclosed desires in your heart). BEHOLD MY MULTITASKING POWERS.
*cough* A parte questo, è ormai notorio che io mi ostino da mesi a scrivere sempre la stessa Gamkat con parole e pesantezza variabili ad ogni tentativo XD Quindi sostanzialmente sapete già cosa aspettarvi se aprite questa storia. Chi ha parlato di sober!Gamzee? *cough*
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WICKED

Gamzee sa che gli piace. È il motivo principale per cui, ogni volta che accade, Karkat non riesce a guardarlo negli occhi. È consapevole di essere già abbastanza palese, nel modo in cui il suo corpo reagisce al tocco delle sue mani, ed è certo che, se Gamzee avesse la possibilità di guardarlo negli occhi, la verità sarebbe ancora più evidente. E lui non potrebbe sopportarlo, perché quello che succede è già abbastanza imbarazzante così.
Terezi ogni tanto gli dice che, anche per essere troll, lui e Gamzee hanno una relazione fottutamente incasinata.
Terezi parla senza conoscere neanche la metà del casino in cui lui e Gamzee sono invischiati. E se già coi pochissimi elementi a sua disposizione riesce comunque ad intuire quanto sbagliata e confusa sia la loro situazione, allora deve essere sbagliata e confusa per davvero, e parecchio.
Il loro non è odio, non è amore e non è amicizia. Karkat non lo sa davvero, cosa cazzo è. Sa come funziona, però. Perché funziona sempre nello stesso modo.
- Gamzee? – lo chiama piano, attraversando i corridoi del laboratorio. Si è allontanato da un pezzo dalle stanze che lui e gli altri frequentano più abitualmente, quelle che restano sempre illuminate, quelle che non restano mai vuote. Gamzee non ama frequentarle, in realtà, anzi, non le frequenta affatto. Preferisce i luoghi più periferici, quelli più bui, silenziosi e solitari. Ed è lì che Karkat lo cerca, quando lo stomaco gli si stringe in un nodo doloroso e tutto quello che riesce a realizzare coscientemente è che lo vuole.
Che Gamzee è lì lo sente nell’aria ancora prima di vederlo. L’odore di sangue è talmente forte da dargli quasi la nausea.
- Gamzee… - sospira, entrando all’interno della stanza buia e richiudendosi la porta alle spalle con cura, di modo che non faccia rumore, - L’hai fatto ancora.
- Karkat. – la voce di Gamzee è un ringhio basso e uniforme, viene da abissi che scavano nelle profondità del passato, nel richiamo del suo sangue, nella storia della sua casta. – Levati dai coglioni.
Karkat si sente scuotere da un brivido violento, le punte delle dita che prudono, il calore diffuso che gli inonda il bassoventre mentre si morde un labbro, i denti appuntiti che feriscono la pelle e la carne con una facilità che imita soltanto quella con cui Gamzee farà la stessa cosa nel giro di pochi minuti. Le ferite che Gamzee gli lascia addosso sono sempre molto più profonde e dolore si quelle che riesce a infliggersi lui stesso. Forse perché l’istinto di conservazione gli impedisce di affondare con troppa violenza. Gamzee, invece, quando è in questo stato risponde ad un solo istinto primario, ed al solo pensarci Karkat sente i pensieri confondersi, le guance arrossarsi e le tempie pulsare man mano che i battiti del proprio cuore aumentano d’intensità, pompando il sangue nelle vene con una forza che cresce e cresce e sembra non dover scemare mai.
Questi sono i momenti in cui comincia a fare troppo male. Sta peggio in un momento come questo, in cui si tiene tutto dentro e questa massa enorme di sentimenti che gli devastano l’equilibrio interiore si gonfia e si gonfia senza freni, che non quando finalmente passa sotto le dita di Gamzee, ed allora il dolore diventa una questione solo fisica, ed è gestibile, perché lui sa di volerlo. In momenti come questo, in cui anche la pelle sembra stargli troppo stretta addosso, il pensiero di sentirla spaccarsi sotto gli artigli di Gamzee è liberatorio. È come lasciare scivolare via un po’ di quella tensione insopportabile con ogni goccia di sangue che riesce a perdere.
- Gamzee… - mugola avvicinandosi e inginocchiandosi al suo fianco. Gamzee perde ancora sangue, deve essersi riaperto le ferite sul volto. A volte pensa che forse il motivo per cui sono talmente sincronizzati anche in quei bisogni – non è mai capitato che Karkat volesse qualcosa e Gamzee non fosse già pronto a darglielo – sia proprio che in realtà il bisogno che provano, di base, è lo stesso. L’irrazionale spinta verso il dolore, che sia subito o inferto. In realtà, almeno nella loro situazione, la differenza fra le due condizioni è veramente troppo labile per avere una qualche importanza. Karkat sa che Gamzee non vorrebbe ferirlo, sa che si sente in colpa per quello che gli fa, quando torna in sé. Forse anche questo è una parte dei motivi per cui costringerlo a farlo gli piace tanto. Gli piace subire il dolore fisico, e gli piace provocare quello emotivo. Esattamente come a Gamzee piace provocare quello fisico, e subire quello emotivo.
- Vattene. – insiste Gamzee. Trema così tanto che, quando Karkat gli posa una mano sul braccio, lo sente vibrare sotto le dita.
È un secondo, e basta quello. Gamzee l’ha avvertito, Karkat non ha voluto ascoltarlo, ha preferito toccarlo, ed ora, come ogni volta, ne paga le conseguenze. Gamzee lo afferra per il polso e tira, tira fino a costringere Karkat a sbilanciarsi in avanti. Lui punta le ginocchia, ma non è sufficiente: cade in avanti, quasi frana addosso a Gamzee, e disorientato dal movimento improvviso e dall’altrettanto improvvisa mancanza di equilibrio è completamente alla mercé di Gamzee, che gli piega il braccio dietro la schiena, costringendolo a voltarsi e poi a piegarsi sul pavimento con un lamento basso che assomiglia a un gemito nascosto.
- Gamzee. – lo chiama piano, cercando di voltare il capo, ma Gamzee lo spinge ancora più in basso, sollevandosi in ginocchio e sfruttando tutto il proprio peso per schiacciarlo contro il pavimento. Karkat si sente il sangue di Gamzee addosso, ne sente l’odore farsi strada nelle narici, la viscosità sporcargli le guance. C’è sangue ovunque, e Karkat chiude gli occhi ed assapora la sensazione.
- Ti avevo detto di andartene. – borbotta Gamzee, intento a piegargli il braccio con forza sempre maggiore, per sentire i suoi lamenti trasformarsi in urla, - Ma tu non hai voluto. Io ti ho avvertito, ma tu non mi ascolti. Tu non mi ascolti mai, e ora devi essere punito, Karkat. Lo sai anche tu che devi essere punito.
Karkat sente le ossa del braccio scricchiolare pericolosamente ed inarca la schiena, gettando indietro il capo in un urlo improvviso. Lo chiama ancora per nome, Gamzee, Gamzee, e suona a metà fra un no, ti prego e un sì, per favore. Si preme all’indietro, contro di lui, e Gamzee soffia, e poi ringhia, e poi Karkat lo sente armeggiare con i suoi pantaloni ed anche con i propri, e sente le lacrime che gli scorrono lungo le guance, le sente mescolarsi al sangue di Gamzee che ora copre anche il suo viso, e poi ne accoglie il sapore salato e metallico sulla lingua, la voce ridotta a un lamentio roco ininterrotto.
Non lo implora di fermarsi, perché ormai sono ben oltre quel punto. I primi tempi, sì, lo faceva. I primi tempi aveva paura di se stesso, di quello che provava, aveva paura dell’intensità con cui lo desiderava, con cui desiderava sentirsi male in questo modo, e perciò fingeva di implorare, fingeva di pregarlo di smettere, e quelle preghiere suonavano alle sue orecchie perfino più indecenti e sporche di qualsiasi lamento di dolore tramutato in gemito di piacere, perché erano false. Venivano pronunciate come no, e suonavano come sì, di più, dammi di più, e quelle richieste lo portavano ad odiarsi ben più di quanto non potesse tollerare. E perciò ha smesso.
Ora non implora più, ora le parole non servono e Karkat le tiene lontane perché non fanno che peggiorare la situazione. Geme senza fiato quando sente Gamzee insinuarsi dentro di lui senza averlo preparato prima, sente il vigore con cui si spinge dentro il suo corpo, si scava uno spazio al suo interno e si pianta più in profondità che può, per prendersi tutto di lui, ogni centimetro, sia lui disposto a concederglielo senza combattere o meno.
Il suo corpo si rifiuta di collaborare, i muscoli si contraggono attorno all’erezione tesa e pulsante di Gamzee e rendono i suoi movimenti più ruvidi e dolorosi, carichi di un attrito che Karkat dovrebbe rifuggire, e invece cerca disperatamente, stringendosi attorno a lui non più soltanto per riflesso, ma per studiato desiderio.
Intrappolato dentro il corpo di Karkat fin quasi a non potersi muovere più avanti e indietro, Gamzee non ha altra scelta che muoversi più velocemente e con maggiore furia. Con una mano continua a torcergli il braccio, ma l’altra è libera, e la utilizza per stringere il fianco nudo di Karkat fra le dita. Karkat sente le punte dei suoi artigli graffiare la pelle e poi affondare nella carne, sente il dolore pulsante delle ferite fresche e lancia ancora un altro urlo, in risposta al quale Gamzee spinge il suo braccio ancora più in alto. Karkat non lo sente quasi più, ormai, ha perso sensibilità sull’avambraccio e nella zona attorno al gomito, ma la spalla, la spalla brucia ancora, e ad ogni strattone di Gamzee sembra scivolare fuori dai suoi cardini e poi tornare a posto in un movimento secco e doloroso. Inizialmente, Karkat urla, ma poi il dolore diventa sopportabile, diventa un’abitudine, Karkat lo sente entrare in circolo e comincia a sentirlo trasformarsi in scariche di piacere che lo colpiscono al bassoventre, e più fa male più è intenso, più brucia più Karkat ne vuole, ed è lui a cercare le spinte di Gamzee adesso, è lui che, pur continuando a stringersi attorno a lui per forzarlo a spaccarlo in due con ogni colpo, spinge indietro il bacino, incontrando ogni suo movimento, invitandolo ad arrivare sempre più in fondo e poi rompendosi in un gemito liquido quando Gamzee lo penetra con tanta violenza da piantarsi dentro il suo corpo tutto intero, fino alla base.
Karkat non lo sente venire, ma lo sente uscire da lui in un movimento rapido e secco, che lo lascia vuoto e confuso. Lo sente accasciarsi contro la parete, il volto fra le mani. Piange silenziosamente, scuotendo il capo.
- Vaffanculo, Karkat. – gli dice, - Sei un bastardo figlio di puttana.
Karkat resta sulle ginocchia per minuti interi, appoggiato al pavimento sull’unico gomito sano. L’altro braccio è ancora privo di sensibilità, ma si muove. Karkat lo vede spostarsi pigramente avanti e indietro, a destra e a sinistra, e sa che non è rotto. Stavolta non si è rotto, la prossima chissà. Forse la prossima volta spingerà abbastanza da spaccarselo in due pezzi. Gamzee non gli ha mai rotto nessun osso, ma Karkat riesce a sentire dentro di sé che è quello il punto verso il quale si sta muovendo. Forse, quando sentirà le ossa scricchiolare e frantumarsi, allora sarà abbastanza. Perché per adesso, di certo non lo è.
Si solleva dopo un po’, ed anche il solo rimettersi dritto è doloroso. Gli piace avere a che fare con tutti i piccoli e grandi dolori che Gamzee gli lascia addosso anche quando non è più dentro di lui. È come prolungare il sesso anche dopo l’orgasmo. Karkat si sente avvolto da una membrana calda ed accogliente, all’interno della quale ci sono solo lui e il suo dolore, e lui è tranquillo. Non c’è odio, non c’è rabbia, solo una grande calma.
Il bruciore diffuso fra le gambe e dentro il suo corpo lo intontisce, ed è con aria un po’ confusa, quasi perfino assonnata, che gattona fino a Gamzee e si accuccia al suo fianco, contro il suo corpo. Gamzee solleva un braccio e glielo gira attorno alle spalle, stringendoselo addosso e premendogli un bacio umido sulla tempia prima di nascondere il viso fra i suoi capelli.
- Lo sai qual è l’unico fottuto miracolo in cui credo in questo momento, Karkat? – gli chiede a bassa voce, parlando contro la sua pelle, - Che sei ancora vivo. – continua. Karkat sorride appena, e lo stesso sorriso debole e stanco si dipinge anche sulle labbra ferite di Gamzee, - Non so come cazzo fai, ma sei ancora vivo.
Ed è vero, lo è. Ha solo bisogno di farsi male ancora un po’ per esserne del tutto sicuro.
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