Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Brontolo/Biancaneve.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Het, Lemon, Non-Con, Angst, Underage.
- "So che è sbagliato. So che queste mani ruvide non dovrebbero permettersi di sfiorare la perfezione del suo corpo di fanciulla, ma non riesco a farne a meno."
Note: Io vorrei solo dire che questa è la terza fic che scrivo per il P0rn Fest #5 @ fanfic_italia (prompt: Biancaneve/Brontolo, torta di mele), ed è la terza non-con. Prima o poi anche io diventerò un bambino vero sarò capace di tornare a scrivere porno consensuale. Nel mentre, piango lacrime di sangue.
E già che ci sono dedico questa storia (tremenda) alle compagne del Disney Sunday che con me combattono per far riconoscere il Brontoneve come coppia canon dell'immaginario Disney. GENTE, ANCHE VOI SAPETE CHE E' VERO.
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WHATEVER HURTS YOU THROUGH THE NIGHT

Sono rimasto sveglio con lei fino a tardi. Mentre tutti gli altri andavano a dormire, io sono rimasto qui in silenzio ad ascoltarla canticchiare mentre rimetteva a posto la cucina dopo la cena. Sono rimasto appollaiato sullo sgabello, le braccia incrociate sul petto, masticando una mezza spiga di grano mentre lei rassettava le stoviglie, riponeva il centrotavola al proprio posto e poi si lasciava ricadere stremata su una delle poltroncine sistemate attorno al caminetto, sospirando soddisfatta.
- Spero che ti piaccia la torta. – ha sussurrato, gli occhi già chiusi, le labbra rosse e tenere piegate in un sorriso sonnolento, - L’ho fatta per te.
- L’ho visto. – ho risposto io, guardando altrove, - C’è il mio nome sopra.
Lei ha sorriso ancora, dolcemente, come se questa risposta celasse in sé chissà che premura. Non ha detto altro, si è semplicemente sistemata meglio contro lo schienale della poltrona e dopo un po’ ho sentito il suo respiro farsi più pesante.
Ed allora mi sono avvicinato.
Ora tengo lo sguardo basso, rifiutandomi di osservarla in viso mentre le sollevo lentamente la gonna sulle gambe, scoprendo centimetri e centimetri di pelle bianca come la luna. Ha le cosce dischiuse, si è abbandonata al sonno così scompostamente che non ci avrà nemmeno fatto caso. Io sbircio il biancore del pizzo della sua biancheria, e sento qualcosa di orribile crescere dentro di me.
So che è sbagliato. So che queste mani ruvide non dovrebbero permettersi di sfiorare la perfezione del suo corpo di fanciulla, ma non riesco a farne a meno. Le stringo dolcemente le ginocchia fra le mani, schiudendole le gambe per quanto posso senza svegliarla, e tiro giù la biancheria, lasciandogliela scivolare oltre le caviglie, fino a terra. Lei mugola qualcosa, si lamenta, forse del freddo, ma è esausta e non si sveglia. Io slaccio il corpetto che comprime la curva appena accennata dei suoi seni, e me ne riempio lo sguardo, le mani e la bocca subito dopo, aggrappandomi al suo corpo giovane e fresco come un disperato mentre, puntando i piedi a terra, mi allungo il più possibile.
Non è mai abbastanza. Sono consapevole di non essere il tipo di creatura adatta per accompagnarsi ad una ragazza così giovane, così bella, così buona, ma non riesco a farne ad impedirmelo. Più volte ci ho provato, ma anche quando riuscivo a fuggire fuori dalla casa, per dormire in magazzino, fra le pale e i picconi, raggomitolato al freddo e al gelo su una carriola arrugginita, non sono mai riuscito a trattenermi. Presto o tardi, mi sono sempre ritrovato a rientrare in casa, sgattaiolare al piano di sopra, scivolare con lei sotto le coperte per godere del calore del suo corpo e del suo profumo ancora infantile che mi annebbia la vista e la mente, impedendomi di pensare razionalmente.
Sfioro la sua intimità con la lingua, godendo del suo sapore selvaggio e acerbo, e le stringo forte i seni fra le dita, osservando la pelle sensibile arrossarsi mentre sfioro i capezzoli con la pelle ruvida dei pollici, stuzzicandoli abbastanza da inturgidirli.
Biancaneve geme nel sonno, serra le gambe attorno alla mia testa, dondola il bacino in su e in giù nel seguire i movimenti lenti e languidi della mia lingua, ed io non mi fermo finché non la sento irrigidirsi ed esplodere in un mugolio più lungo e liquido degli altri. Poi la osservo ricadere sulla sedia, la ascolto respirare affannosamente e mi allontano da lei, insoddisfatto e disgustato da me stesso. Non riesco a farle ciò che davvero vorrei, perché già così mi sembra di insozzarla abbastanza. Di ferirla abbastanza. Anche se non se ne accorge.
Le risistemo i vestiti addosso per quanto posso. So che, domani mattina, si sveglierà, e nel vedere la gonna così stropicciata e la biancheria così fuori posto arrossirà e si sentirà in colpa. Passo accanto al tavolo, mentre attraverso la stanza per raggiungere la porta che conduce alla camera che io e i miei fratelli adesso usiamo per dormire dopo le scomodità della prima notte di permanenza di Biancaneve in questa casa, e nel vedere la torta ancora intatta mi si stringe il cuore, e fa male.
Vorrei riuscire ad assaggiarla, ma il sapore che ho sulla lingua voglio conservarlo per tutta la notte.
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