Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: Tom/David, Tom/Bill.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Incest, Language, Lemon, Slash.
- Il sesso raccontato da Tom Kaulitz. In tutte le sue possibili sfumature.
Note: Okay, un attimo fa stavo parlando con Yul e lei mi stava graziosamente ricoprendo di immeritati complimenti, poi sono andata a controllare il pollo per la cena e, nella strada fra la cucina e lo studio, al ritorno, ho realizzato che in questa storia Tom è l’uke. Cioè. Ho scritto sette pagine di porno – più o meno – senza accorgermene. No, sul serio, la mia testa ha dei problemi. Gravi °_°
A parte queste facezie, comunque, è una storia cattiva e sporchissima, e perciò ovviamente io la amo XD Credo di aver superato perfino la schiettezza della Favola Storta. Probabilmente perché quella storia era narrata da Bill che un po’, nelle favole, voleva ancora crederci. Qui, invece, pur non essendoci prima persona, la narrazione è talmente… influenzata, diciamo così, dal POV di Tom, che è… insomma, a me sembra quasi squallida XD In realtà non lo è, però lo sembra. Brr. XD
Il twincest s’è infilato a tradimento. Mi sa che c’è qualcosa di serio da parte di Bill per Tom XD Non lo so con certezza perché in realtà questa storia non l’ho pensata. L’ho sentita, scritta e basta XD Comunque tendenzialmente voleva essere una Tost (per Yul, ovviamente), solo che poi, boh. Cioè, Tom è più Tom così. *abbraccia pansessuale!Tomi*
Altro da dire non c’è XD Se non che nelle intenzioni doveva essere più spinta che cattiva. Ha finito per essere, credo, più cattiva (esibita?) che spinta, ma non me ne pento è_é Spero vi sia piaciuta :*
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WET DREAM WALKING

Tom adorava i sogni bagnati.
Nell’incoscienza del sonno, poteva quasi sentirsi sorridere, quando ne viveva uno. Adorava la sensazione che gli si spandeva per il corpo, riempiendogli il petto, stirandogli le gambe, arrossandogli le guance, inumidendogli le labbra. Adorava sentirsi pieno e teso al limite.
Una volta David l’aveva svegliato nel bel mezzo di uno di quei sogni, chiedendogli di malo modo se si stesse masturbando.
Ancora rintronato, lui gli aveva sbraitato in faccia che non stava facendo niente del genere, stava solo sognando.
David aveva sgranato gli occhi, sconvolto.
“Sembravi a un passo dal venire, giuro…”, aveva balbettato incerto.
Ero ad un passo dal venire”, aveva confermato lui con uno sbuffo infastidito, tornando a dormire.
Era consapevole del fatto fosse una cosa che nessuno riusciva a capire. Perfino Bill – che viveva i sogni erotici nello stesso identico sporchissimo e splendido modo – se ne vergognava come un ladro. Tom lo sentiva, quando succedeva, ed andava ad infastidirlo apposta, chiedendogliene i dettagli. Bill si nascondeva pudico e gli dava del pervertito.
A Tom quel tipo di piacere non causava il benché minimo imbarazzo. Il sesso gli piaceva in ogni forma. Da solo riusciva ad amarsi bene. Quando scopava con qualcun altro, amava ancora meglio. Ma nei sogni non partiva tutto da lui, nei sogni era amato e basta. Non doveva fare niente, dare niente, pensare a niente.
Bastava prendere. Prendere tutto. Fino in fondo. Ed era stupendo.
Adorava in particolar modo il momento in cui entrava nel dormiveglia e continuava a trattenere le sensazioni del sonno profondo, stringendole quasi fra le dita. Aveva un controllo maggiore del proprio corpo, però, e questo significava una mobilità più consapevole, più mirata. Significava che, se c’era qualcosa di morbido contro cui strusciarsi, lo si poteva fare. Significava inarcare la schiena e sentire la tensione accumularsi e poi sciogliersi di colpo in tutti i muscoli. Significare spingere i piedi contro – cos’era quello? Lo scheletro del letto? Il bracciolo del divano? – e sentire quel misto di dolore e piacere che anticipa i crampi e che si scioglie nell’orgasmo quando non puoi più frenarti.
Significava socchiudere gli occhi con un sorriso soddisfatto. Il sorriso di chi se l’era goduta proprio tutta.
Dalla scrivania, per metà nascosto dallo schermo del computer, David lo guardava con palese divertimento, un sopracciglio sollevato ed il sorriso stronzo col quale condiva ogni commento sarcastico.
- Lo stavi facendo di nuovo. – commentò infatti l’uomo, incrociando le braccia sul petto.
Ancora troppo compiaciuto per potersi davvero arrabbiare, Tom sorrise e si stiracchiò, intrecciando poi le mani dietro la nuca e sistemandosi meglio sul divano.
- Avresti dovuto esserci. – rispose invece, guardando il soffitto bianchissimo, - Il miglior fottuto orgasmo della mia vita.
David sbuffò, socchiudendo lo schermo del portatile ed alzandosi in piedi.
- Sai che questa mania è frustrante?
Tom sollevò gli occhi nei suoi, sorridendo furbo.
- E perché mai?
David sorrise a propria volta, chinandosi a baciarlo sulle labbra.
- Come si fa a competere coi sogni?
*
Inizialmente, David gli era piaciuto proprio per quel motivo. Il sesso era stato la ragione principale della loro relazione. L’unica ragione, per meglio dire.
Era successo casualmente – come sempre: il sesso non è mai preventivato; quando lo è, fa schifo – non avevano né bevuto troppo né voglia di provare qualcosa di nuovo, né soprattutto nulla da dimostrare l’uno all’altro o a chiunque altro al di fuori di loro. Era semplicemente successo che Tom sollevasse lo sguardo su David che prendeva il caffè sul tourbus al mattino, e trovasse sexy la rada barba che gli copriva il mento e le guance.
Era stata la suggestione di un attimo, ma gli aveva impegnato il cervello, tutto, per un sacco di tempo. Aveva finito il latte, s’era alzato dal proprio posto, l’aveva raggiunto, afferrato per la nuca e baciato. Non era mai stato tipo da farsi particolari problemi sul chi baciare e sul perché farlo. Lo faceva e basta. Ricordava di una volta in cui le ragazze al liceo l’avevano costretto a giocare al gioco della bottiglia, ed era casualmente capitato gli toccasse di baciare Bill. Se suo fratello non fosse letteralmente scappato in giardino, abbandonando la festa, lui l’avrebbe baciato e basta. Anche Bill era sexy, quella sera. Era un motivo sufficiente.
David s’era separato da lui dopo qualche secondo di confusione. Il bacio era stato sofferto – David non aveva voluto saperne di abbandonarsi e basta – ma il sapore del caffè sulla sua lingua era piacevole sulla propria, perciò poteva dichiararsi soddisfatto.
- …è vero che i ragazzini sanno di latte. – era stato il commento dell’uomo, quando aveva ritrovato il fiato.
Tom aveva riso e l’aveva baciato ancora.
- Stavolta sapeva di cappuccino. – aveva commentato a propria volta, leccandogli malizioso le labbra, prima di staccarsi da lui e tornare a mangiare biscotti un secondo prima che Bill uscisse dalla propria cuccetta, lamentoso a disfatto come ogni mattina.
La giornata era passata in maniera incredibilmente divertente: David aveva continuato a tempestarlo di occhiatacce stranite per tutto il tempo, Bill se n’era accorto ed aveva a propria volta cominciato a tempestare entrambi di domande apparentemente semplici e intimamente complicatissime, al punto che entrambi avevano ritenuto molto più saggio non rispondere.
Alla fine, Bill aveva messo il broncio. Tom gli aveva regalato un polsino. Bill era tornato a sorridere e tutto aveva ripreso a girare secondo il suo giusto corso.
Tranne le occhiatacce di David, che erano rimaste le stesse fino a sera.
- Si può capire perché mi fissi come se ti avessi violentato? – aveva chiesto quella sera stessa, digerendo faticosamente la pizza coi peperoni che Bill aveva provveduto ad ordinare per cena, - Ti ho solo baciato!
David aveva lanciato un’occhiata allarmata al Kaulitz dormiente contro la spalla di quello che gli stava parlando, e Tom aveva risposto con un ghigno consapevole.
- Dorme davvero. – l’aveva rassicurato, - Tranquillo.
Il manager aveva annuito compitamente, intrecciando le dita sul tavolo, di fronte alla tastiera dell’immancabile portatile, e poi aveva deglutito con palese imbarazzo.
- Tom, quello che è successo stamattina…
Tom s’era alzato, adagiando Bill sul divanetto e dirigendosi verso David. Aveva fatto ruotare la sedia e gli si era seduto in grembo.
- …era solo una pallida introduzione rispetto a quello che succederà stanotte. – aveva concluso per lui.
David non aveva risposto.
S’era limitato a deglutire ancora.
*
Le prime parole che gli aveva detto, ancora attorcigliato a lui su quell’indecenza di letto minuscolo nell’area notte del tourbus che divideva con suo fratello, erano state qualcosa di profondamente maleducato e profondamente stronzo, se ne rendeva conto. Qualcosa tipo “vali molto più di quello che ti pagano per contratto!”. Lo disse ridendo e lesse negli occhi di David un tale senso di mortificazione che per un secondo – uno solo – si sentì quasi perfino in colpa.
- Adesso non prenderla male. – si sentiva scemo a dover fare discorsi simili. Di solito è l’adulto del caso che rassicura il ragazzino del caso, non il contrario. – Intendevo che è stato bello.
- È stato… - aveva cominciato David, incerto, - Tom, ma che cazzo stiamo facendo? Che cazzo stai facendo?
Tom era rotolato su se stesso, piantando i gomiti sul materasso ed inarcando la schiena per guardare David dall’alto.
- Mi piace come scopi. – gli aveva detto, - Avevo pensato che mi sarebbe toccato fare fatica, per prendermi ciò che volevo. Sembravi così riluttante… - aveva sospirato e sorriso, chinandosi a scrutarlo da vicinissimo, - Ed invece poi è stato come se volessi darmi tutto senza chiedere nulla in cambio.
David l’aveva afferrato per i dread, allontanandolo con violenza.
- Il mio cazzo stava su per il tuo culo. Ecco cosa mi sono preso in cambio. – aveva detto con una secchezza incredibilmente fastidiosa.
Tom gli aveva regalato il sorriso più storto della sua intera esistenza.
- Bene. – aveva commentato, - Allora non ti sei preso niente più rispetto a quello che volevo darti.
David aveva deglutito a fatica.
- Tu stai scherzando, mi auguro.
Tom aveva riso forte.
Dall’area-giorno del tourbus, Bill aveva mugolato un “Tomi…” piagnucoloso. Tom s’era sollevato sulle braccia, aveva indossato i boxer e l’aveva raggiunto senza una parola di più.
*
Quando, dopo un paio di giorni, Tom era tornato a pretendere soddisfazione, David s’era mostrato sinceramente stupito. Doveva aver davvero pensato che fosse stato un errore, o al massimo una cosa da una sola volta.
Tom gli si era strofinato contro. Era già duro da impazzire.
- Tom?! – aveva strillato David, guardandosi intorno allarmato, - Dove sei stato, fino ad ora? – aveva chiesto poi, indicando l’orario sullo Swatch che indossava.
- Scopavo. – aveva risposto lui senza pensarci, continuando a strusciarsi contro la sua gamba.
- …con chi? – era stata la sofferta domanda del manager.
Tom aveva sorriso.
- Bionda, figa e buona a niente. Non sono venuto. Provvedi tu?
- Cristo… - aveva sussurrato l’uomo, passandosi una mano sugli occhi, - Tuo fratello?
- Importuna Georg. – aveva risposto lui, salendogli letteralmente addosso, - Vuoi darti una calmata, riguardo a Bill? Quando sarà un pericolo, ti avvertirò.
David aveva sorriso stancamente.
- Come se t’interessasse.
- M’interessa.
- Di Bill. Non che sia un problema per me.
Tom aveva sbuffato.
- Queste sono menate che accetto da mio fratello e basta. – s’era lamentato, zittendolo con un bacio rude e violento, - Perché sì, lui è Bill. Tutto il resto è sacrificabile. Se non ti sta bene, mandami a fanculo e smetti di scoparmi. Per me è okay.
Fortunatamente, David aveva trovato molto più piacevole infilargli una mano sotto i millemila strati di magliette che indossava.
Ecco un altro motivo per cui David gli piaceva tanto: molte domande, ma poche che valessero davvero qualcosa.
*
Quando Bill li aveva scoperti, Tom era riverso sul letto e si stava masturbando. David l’aveva preso da dietro e lo stava fottendo con una violenza squisita. Avevano litigato furiosamente perché David era dell’avviso dovesse tornare prima la notte, mentre Tom era fermamente intenzionato a continuare a fare esattamente il cazzo che gli pareva. Aveva giocato la carta della gelosia, gli aveva detto “non stiamo insieme, David, non ti aspettare fedeltà”, ma era stata una furbata e basta: sapeva che David non stava parlando per gelosia ma solo perché addormentarsi alle cinque del mattino in tour e con il soundcheck fissato alle sette poteva non essere una scelta saggia.
Tom non era tipo da scelte sagge, altrimenti non avrebbe mai cominciato a farsi scopare dal proprio manager.
Non avrebbe saputo spiegare esattamente come dal litigio si fosse passati al sesso, comunque era stata un’ottima scelta.
Stava lì, chino sul materasso, David spingeva da dietro schiacciandolo verso il cuscino e Tom poteva sentire solo gli ansiti di entrambi, il dolore netto alla base della schiena per la posizione scomoda ed il piacere del tutto personale della propria mano attorno al cazzo.
E poi, all’improvviso, aveva sentito il profumo della lacca per capelli.
Bill aveva quel profumo lì. Veniva prima del suo sciccosissimo dopobarba, prima dell’odore pastoso dei trucchi, prima del detersivo neutro che usava per lavare i vestiti, prima dello zucchero appiccicaticcio del lucidalabbra e di quello altrettanto fastidioso delle caramelle che teneva perennemente in bocca.
Bill profumava di donna perché Bill profumava di lacca.
- Oddio…
Quando aveva sentito quell’invocazione disperata, Tom sapeva già che Bill era lì. L’aveva sentito eternità prima.
David non avrebbe potuto dire altrettanto, però. Tom lo sentì pietrificarsi, mormorare un’imprecazione sconvolta e cercare di separarsi da lui. L’aveva afferrato per i fianchi, spingendoselo contro fino in fondo, fino a farsi male.
- Se ti fermi ti ammazzo. – aveva minacciato con un ringhio insofferente. Poi s’era rivolto a Bill, che era ancora fermo sulla soglia della zona notte, gli occhi spalancati e le mani serrate attorno alla bocca, - Bill, ti dispiacerebbe aspettarmi fuori? – aveva chiesto, cercando di recuperare la calma, - Ne parliamo, promesso.
Bill aveva annuito, ancora in evidentemente stato confusionale, ed era scivolato oltre le tende, verso i posti a sedere sul retro del tourbus.
Chiaramente, non c’era stato verso di concludere. David aveva cominciato ad agitarsi come un’anguilla nel momento esatto in cui Bill era sparito, e non c’era più stato modo di convincerlo ad andare avanti. Con un grugnito di disapprovazione, Tom gli aveva dato del buono a nulla e l’aveva fermato quando David aveva fatto cenno di volere uscire per raggiungere Bill.
- Se ci vai tu ora, ti cava gli occhi. – l’aveva avvertito atono, - Lascia perdere, è una cosa fra noi.
David aveva protestato vagamente, ma s’era arreso ed era ricaduto sul letto – il letto di Tom. Faceva strano vederlo lì, ansioso teso e nudo, una mano fra i capelli e le lenzuola buttate svogliatamente addosso. Era abituato a vederlo fra quelle lenzuola quando scopavano, ma così no. Era un po’ troppo intimo, per i suoi gusti.
- Vado di là. – aveva annunciato con una scrollatina di spalle, - Ti dispiacerebbe rivestirti e non farti trovare, quando torno? Probabilmente Bill sarà con me.
David gli aveva alzato addosso uno sguardo infuocato, l’aveva mandato a fanculo, si era rivestito ed era uscito ancora prima che Tom potesse infilare i boxer. Tom l’aveva sentito strepitare “fermati!” all’autista con una tale enfasi che il pover’uomo aveva inchiodato all’improvviso, e dal fondo del tourbus s’era sentito qualcosa rotolare e qualcuno mugolare un piagnucolosissimo “ahi”.
Mentre David abbandonava la vettura, facendo ampi cenni al tourbus di Georg e Gustav – che li seguiva a qualche metro di distanza – perché si fermasse, Tom s’era reso vagamente presentabile ed aveva raggiunto Bill. L’aveva trovato ancora per terra, sulla moquette rossa e impolverata che rivestiva tutto l’ambiente, mentre fissava con aria sconsolata una macchia di gomma da masticare sul pavimento, le gambe ripiegate sotto il sedere e le braccia molli a ricadere lungo le cosce.
- Fatto male? – aveva chiesto con un mezzo sorriso, porgendogli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Bill l’aveva guardato con un misto di insofferenza ed imbarazzo.
- Sono ancora insensibile al dolore fisico. – gli aveva risposto, sbuffando platealmente.
Tom si era seduto tranquillamente su una delle poltroncine attaccate alla parete, ed aveva fatto segno a Bill di accomodarsi sulle sue ginocchia.
Bill aveva obbedito, arrotolandoglisi addosso come faceva sempre quando era mortalmente triste.
- Sai di lui… - gli aveva sussurrato nell’orecchio, sfiorandogli una guancia con la punta del naso, - È sexy. Eravate sexy, sul letto.
- Ti è piaciuto lo spettacolo? – aveva chiesto lui di rimando, sorridendo furbo.
Bill aveva sospirato, scrollando le spalle e distendendosi sul suo petto.
- David sembra forte. È bravo?
- Ti risulta che mi conceda meno del meglio?
- Mi risulta tu sia un pervertito e basta. È bravo o no?
Tom aveva sospirato e l’aveva baciato su una guancia.
- È forte davvero. Se vuoi te lo presto un po’. – aveva commentato con una risatina divertita.
Bill l’aveva schiaffeggiato sul braccio.
- Non parlarne così. Io voglio bene a David.
- Anche io.
- Tu vuoi bene solo a te stesso.
- È vero. – aveva riso Tom, stringendolo alla vita, - Ad entrambe le parti di me stesso.
Bill aveva sospirato ancora, mugolandogli sul collo.
- Cosa ti devo dire, Tomi?
- Non lo so. – aveva risposto lui con un’altra scrollatina di spalle, - Per te va bene?
- Mi stai chiedendo il permesso? – aveva chiesto Bill, ridendo forte.
- Non dirlo come fosse una novità. – s’era lamentato Tom, aggrottando offeso le sopracciglia, - Lo faccio sempre.
Bill gli si era rivoltato fra le braccia, salendogli addosso a cavalcioni ed incrociando le gambe dietro alla sua schiena. I loro bacini si erano scontrati con forza e Tom aveva ricevuto chiarissima la percezione fisica di quanto lo spettacolo di poco prima dovesse avere impressionato suo fratello.
- Io vengo sempre prima? – gli aveva sussurrato Bill, fissandolo cupamente ad un millimetro dal suo viso.
- Prima e dopo. – aveva risposto Tom, lasciandogli scivolare una mano fra le cosce. – Sssh. – aveva sussurrato, quando Bill aveva provato a tirare fuori una protesta, - Ti aiuto e basta.
Bill aveva reclinato il capo contro la sua spalla e Tom l’aveva preso per un “ok”.
*
- Che cosa diamine vorrebbe dire che hai risolto la questione?
Erano state queste le prime parole di David quando, l’indomani – dopo aver dormito in poltrona, con Bill, il suo profumo ed il suo orgasmo addosso – era andato a dirgli che non c’erano più problemi di sorta ed avrebbero potuto scopare allegramente senza preoccuparsi di nessuna ritorsione da primadonna offesa.
- Non esiste, Tom, ci siamo divertiti, è durata quanto è durata, ma tuo fratello-
- Mio fratello non ha problemi in merito.
- Tuo fratello ieri stava davanti alle cuccette e ci guardava come fossimo assassini!
- David, e che cazzo, tu non c’eri, non puoi saperlo!
- C’ero, Tom, Cristo santo, c’ero eccome!
Tom aveva incrociato le braccia sul petto, sbuffando sonoramente.
- Non dentro la sua testa. – aveva risposto piano.
David s’era lasciato andare contro il portatile, abbattendosi letteralmente sul monitor che aveva ripiegato sulla tastiera.
- Senti, Tom, questa faccenda della telepatia gemellare era già poco credibile come stronzata da dare in pasto alle fangirl, se tu pensi che me la beva-
- È la verità. – aveva ribadito lui, piccato. Poi, rendendosi conto che, continuando sulla via dell’ostilità, non avrebbe cavato un ragno dal buco, aveva sorriso e gli si era avvicinato, abbracciandolo da dietro e strofinando il naso contro la sua nuca. – Avanti… non succederà niente, Bill l’ho calmato io… non ti piaceva scoparmi? – aveva riso a bassa voce, leccandogli il collo e godendo del sapore salato della sua pelle, - A me piaceva sentirti dentro…
- Tom, smettila. – l’aveva pregato David, chiudendo stancamente gli occhi.
Lui aveva sorriso più apertamente e gli aveva sfiorato l’inguine.
- Sei già duro. – aveva constatato, concedendosi una risatina. S’era separato da lui il minimo indispensabile per sfilarsi le magliette ed osservarlo ruotare sulla sedia, cedendo al bisogno di guardarlo. – Allora? – aveva chiesto, lasciandosi scivolare una mano lungo il petto, - Vieni o no?
David s’era alzato e l’aveva letteralmente inchiodato alla parete.
- Non puoi permetterti di trattarmi così. – gli aveva sibilato addosso.
Tom aveva riso ancora e gli aveva leccato le labbra.
- Insegnami un po’ di buona educazione. Vuoi?
David l’aveva baciato con tanta forza che Tom s’era ritrovato più volte a sbattere la testa contro il muro, dietro. Ed era stato tutto meno che spiacevole.
*
Fosse stata una questione di abitudine, il gioco non sarebbe durato per più di un mese. Tom era un abitudinario in molti ambiti della propria esistenza: i vestiti, i capelli, la musica, Bill, ma sicuramente non nel sesso. Il sesso doveva variare. Il più spesso possibile. O diventava noioso.
Il problema del sesso per abitudine era anche che provava a convincerti ci fosse qualcos’altro sotto. Prendere una groupie e trasformarla in una scopata regolare sarebbe stato un errore madornale, per esempio, perché la tipa poi avrebbe cominciato a pensare “magari torna perché mi ama”, e quella sì sarebbe stata la fine.
No, il sesso funzionava – ed era bello – proprio quando dietro non c’era nulla.
Era per questo che, a parte qualche raro caso, tra lui e Bill non ce n’era. Perché non c’era sesso, okay, ma c’era tutto il resto.
Con David, invece, di sesso ce n’era proprio tantissimo. Sempre, poi. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Era una cosa divertente e pure abbastanza stupefacente, ricordava di aver commentato la sua iperreattività una volta con una risata ed un “sei molto più arrapato di un adolescente, credimi” che David aveva preso malissimo, peraltro.
Ma non era neanche per la quantità che continuava a tornare da lui. Non era per la quantità, non era per presunta tenerezza, non era per affetto e non era nemmeno per capriccio.
David sapeva farlo sentire amato.
Era una cosa che Bill gli aveva detto spesso, in passato. Gli aveva detto “vedrai, troverai qualcuno che ci riuscirà. Ti farà sentire amato”. Dietro gli occhi di Bill c’era anche un “ti darà quello che non posso darti io” che era una delle poche cose nella sua esistenza che fossero state in grado di farlo sentire triste come se l’avessero frantumato, ma non era qualcosa cui potesse pensare con superficialità – non era qualcosa cui potesse pensare e basta – perciò alla fine aveva smesso.
Aveva smesso anche Bill. Di dirglielo. “Rassegnati, cucciolo, nessuno a parte te può farmi sentire amato, perché nessuno a parte te potrà mai sentirsi amato da me”, gli aveva detto un giorno, e Bill aveva sorriso e scosso il capo, prima di baciarlo timidamente all’angolo della bocca.
Alla fine, però, era successo.
Tom non stava facendo niente per far sentire amato David. Perché non lo amava.
Ma David… David sembrava che neanche ci provasse, ma lo faceva sentire amato comunque.
Era il suo modo di muoversi, il suo modo di guardarlo… non era neanche qualcosa che Tom percepisse con nettezza, la maggior parte delle volte, però c’erano dei momenti ben precisi – quando erano completamente soli, o poco prima di addormentarsi – in cui lo sentiva chiaramente sulla pelle. Per esempio, ogni tanto David lo abbracciava. E non lo faceva per sesso né per abitudine né per chissà che altro motivo, erano lì e lo abbracciava, punto. Gli faceva passare un braccio sulle spalle e lo stringeva a sé. Il che era anche un po’ ridicolo, a volte, visto il divario d’altezza che li separava, ma il più delle volte finiva con l’essere tenero e basta, ecco.
Oppure, era perfettamente in grado di capire quando avesse voglia di farsi scopare con foga e rabbia, piuttosto che con una pigra e rilassante lentezza. O viceversa. Intuiva alla perfezione i suoi desideri e li realizzava senza la minima difficoltà.
Forse era proprio per questo che continuava a tornare. Continuava a raggiungerlo.
Ne sentiva perfino la mancanza.
Durante l’ultimo tour europeo s’erano mossi senza di lui, che aveva da fare in Germania a causa dei preparativi per l’uscita del DVD e poi dell’album, ed in effetti a Tom era un po’ mancata, la sua presenza. Nessuno riusciva a dargli quello che gli dava David. Ed a Bill non poteva chiederlo, perché il solo pensiero di fargli male a quel punto lo nauseava.
A David non doveva chiedere nulla. David dava e basta. David era il suo sogno erotico vivente, merda. E non c’era.
Appena rimesso piede in Germania, la prima cosa che aveva fatto era stata salutare Bill e dirgli che si sarebbero rivisti più tardi. Bill non aveva avuto bisogno di chiedergli niente. Aveva riso e poi dato direttive perché la crew portasse a casa i bagagli.
Tom era talmente esausto che, appena arrivato a casa di David, era crollato addormentato sul divano. Ma non era pentito di trovarsi lì, in quel momento.
- Stanotte dormo qui. – annunciò tranquillamente, balzando in piedi e dirigendosi a passo svelto verso la cucina.
David sollevò un sopracciglio e si accomodò meglio sul divano, accavallando le gambe.
- E tuo fratello? – chiese incerto.
- Anche lui. – rispose naturalmente Tom, rubando una scatola di biscotti dalla credenza, - Lo chiamo più tardi.
David sospirò e scosse il capo.
- Posso chiedere il perché di tale onore?
- Mi va di dormire con te, che domande. – mugugnò fra un boccone e l’altro.
- E tuo fratello? – ripeté David, incapace di trattenere un mezzo sorriso.
- No, a lui non va di dormire con te. – disse Tom, scuotendo il capo.
- Intendo… - spiegò l’uomo, esasperato, - perché deve venire qui?
- Abbiamo passato insieme l’ultimo intero mese! – strillò lui, tirandogli addosso un biscotto, - Come pretendi che ci stacchiamo da un momento all’altro?! Sei ingiusto!
David si tirò in piedi e lo raggiunse, sorridendo rassegnato.
Tom lo allacciò alla vita appena entrò nel suo raggio d’azione.
- Sei tu che sei ingiusto, Tom. – disse David, posandogli una mano sulla nuca ed attirandolo a sé.
Tom ridacchiò e lo prese un po’ in giro, avanzando in cerca di un bacio e ritirandosi subito prima di concederglielo.
- Avanti… non ho mica detto che deve dormire nel letto con noi.
David rise e lo tenne fermo per il mento, prendendosi ciò che gli veniva promesso e che si meritava pure, in fondo.
- Non è quello che dici, il problema. È quello che non dici.
Tom gli saltò addosso, stringendolo alla vita con le gambe.
- Tanto quello che vuoi sentirti dire non te lo dirò mai. – concluse con un altro bacio.
David scosse il capo e, senza una parola di più, lo portò in camera.
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