Fandom: RP: Musica
Personaggi: ,
Genere: Erotico, Introspettivo.
Pairing: ChakuzaxBushido.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Lemon, Slash.
- "Manca qualcosa, da questa parte. Non sei simmetrico."
Commento dell'autrice: Una roba che non avrei mai scritto, non fosse stato per una serie di coincidenze e di aiuti dall’esterno XD Tutto è cominciato nel momento in cui ho scoperto che il tatuaggio sull’avambraccio destro di Chakuza recita “Silvia”, che è il nome di sua madre. Ne ho parlato con Tab – squittendo come la fangirl che sono, peraltro – e mi sono messa a riflettere sul fatto che Bushido ha un tatuaggio col nome della propria madre (Luise Maria) anche lui sull’avambraccio destro. Insomma, la cosa mi ha fatto fangirlare, Tab mi ha strillato di scriverci su ed io l’ho fatto. Ora, lei al 90% voleva del Bikuza, ma… insomma XD Erano secoli che volevo scrivere Chakushido. Sono contenta di averlo fatto e sono contenta di aver potuto scrivere una lemon (e poco altro XD) da poter rifilare felicemente al P0rn Fest di Fanfic_Italia <3 Su prompt “tatuaggio” <3 *gioia e tripudio* Infine! Tante grazie a Meg per avermi plottato l’interazione Chakushido/frigorifero XD Ed a Tab (che ancora se ne pente, lo so) per il titolo. Spero non vi abbia fatto troppo schifo, nel complesso XD
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Water Temperature


- Manca qualcosa, da questa parte. Non sei simmetrico.
Chakuza solleva gli occhi abbandonando controvoglia il cuscino, e si piega un po’ per guardarlo in faccia e cercare di capire cos’è che intenda dire. I suoi occhi castani brillano ma non dicono niente di speciale, lui non vuole lasciarsi leggere. Chakuza sospira e lascia perdere i tentativi, tornando ad abbattersi sul cuscino.
- Qualcosa cosa? – chiede con un certo fastidio, - E dove?
Lui ride, una risata divertita, e si rigira sul fianco.
- Un tatuaggio. – risponde, - Qui. – conclude tracciando con due dita un ghirigoro immaginario lungo l’interno del suo avambraccio destro.
Chakuza deglutisce silenziosamente e distoglie lo sguardo.
- E che dovrei scriverci? – chiede a bassa voce, sistemandosi meglio sul materasso.
Lui scrolla le spalle.
- Potrei suggerirti qualcosa. – propone con un mezzo sorriso.
- Il tuo nome? – lo prende in giro Chakuza, ridendo sonoramente, - Neanche se mi paghi.
Lui ride ancora, compiaciuto.
- No, non credo sarebbe una buona idea. – gli fa notare, mettendosi seduto, - Però forse possiamo pensare a qualcosa di simile. Scrivere qualcosa che-
- Tu ti ci scrivi i temi, addosso. – protesta Chakuza, vagamente irritato, - Non voglio niente di uguale a quello che hai scritto sul corpo tu.
Lui inarca le sopracciglia e sorride ancora.
- Ho detto simile. – precisa, - Non uguale.

*

È andato nel posto che gli ha consigliato lui. Gli altri tatuaggi li ha fatti sempre altrove – per la verità non gli è mai interessato il posto, bastava fosse pulito, ecco, per il resto poteva adattarsi a tutto. Però stavolta è andato nello stesso posto in cui ha fatto il tatuaggio lui, non sa neanche bene perché, lui nemmeno gliel’ha chiesto. Ha detto soltanto “magari vai lì”, e Chakuza ha risposto “magari, sì” e poi c’è andato davvero. Non s’è nemmeno fermato a rifletterci su. Non è che ci fosse qualcosa su cui riflettere.
Eppure adesso – adesso che sta in sala d’aspetto e guarda le pareti gialle e vede ovunque le foto degli altri che sono passati di lì prima di lui, e scorge anche le sue, tutta una serie, inchiodate al muro una di fianco all’altra – adesso un po’ se lo chiede, se non ci sia qualcosa su cui riflettere.
Alla fine decide che no, non c’è niente: è già abbastanza assurdo accettare di trovarsi nella situazione in cui si trova, senza dover necessariamente andare a cercarci un senso dentro. Le situazioni nemmeno ce l’hanno, un senso, il più delle volte.
Il tatuatore si affaccia dalla porta dello studio e lo invita ad alzarsi in piedi ed entrare, tutto un sorriso.
- Ce l’hai un disegno o vuoi guardare il catalogo? – si informa, già porgendogli un’enorme raccoglitore pieno zeppo di fogli e foglietti ripieni di disegni e ghirigori. Chakuza scuote il capo e rifiuta l’offerta. E poi gli dice cosa vuole.

*

Si presenta a casa sua col braccio avvolto nella pellicola trasparente. Sembra una coscia di pollo, con la differenza che ci sono macchie di sangue misto a inchiostro un po’ ovunque e che fa un male fottuto. Sa che chiunque altro lo prenderebbe in giro, per una cosa simile, ma lui no, lui lo sa che dopo un tatuaggio simile è sempre meglio metterci intorno la pellicola trasparente, così si evitano infezioni mentre le ferite si cicatrizzano intrappolando l’inchiostro sottopelle.
- L’hai fatto oggi? – lui sorride e Chakuza mostra il braccio fasciato con orgoglio. Lui lo afferra immediatamente e lo porta in basso, torcendolo un po’, per guardare il tatuaggio. Chakuza lo osserva corrugare le sopracciglia ed aguzzare lo sguardo. – Cos’è che c’è scritto?
- Silvia. – risponde lui, seccamente, mentre libera il braccio e s’intrufola in casa, dirigendosi spedito verso la cucina per svuotare il frigorifero.
Lui rimane immobile sulla soglia, per un po’, come non capisse cosa c’entri quel tatuaggio con tutti i loro discorsi di quella mattina. Poi realizza. Chakuza lo osserva sorridere – meglio: osserva il sorriso aprirsi sulle sue labbra mostrando la chiostra bianchissima dei denti e scavandogli le fossette sulle guance, mentre le sopracciglia si distendono e gli occhi si socchiudono, brillando di divertimento.
- Tua madre! – dice infine, avvicinandosi a lui e battendogli una pacca mastodontica sulla spalla, - Cazzo se è un pensiero carino! La signora Pangerl sarà commossa.
Chakuza ride e beve un po’ di birra, richiudendo il frigorifero e cercando di allontanarsi verso il soggiorno. Lui, però, gli stringe il braccio attorno al collo e lo trattiene contro di sé, spingendoglisi addosso.
- Una cosa simile. – si sente sussurrare all’orecchio, e rabbrividisce. – L’hai fatto davvero.
- Perché non avrei dovuto? – cerca di darsi un tono, ma la voce trema e non può nasconderlo. Non a lui.
Il braccio dell’uomo scende dal collo lungo il petto e lo stringe alla vita, Chakuza è in trappola e sente la sua eccitazione premere dietro di lui. Si ritrova schiacciato contro il frigorifero l’attimo dopo, le mani premute con forza contro lo sportello argenteo ghiacciato come la neve, i palmi bene aperti per cercare di puntellarsi sulla superficie liscissima senza scivolare. Il suo fiato sul collo è bollente e lo confonde. Sta mediamente bene, comunque, col freddo davanti e l’inferno alle spalle.
- Bushido… - lo chiama, e lui gli morde la nuca in risposta. Chakuza chiude gli occhi e lo lascia fare, allontanandosi dal frigorifero per permettergli di liberarlo dei pantaloni e poi lasciandosi schiacciare nuovamente contro lo sportello con un lamento soffocato, - Cristo, è freddissimo.
Bushido si libera della cintura ed abbassa la zip dei jeans.
- Si scalderà. – gli sussurra all’orecchio prima di mordergli il lobo.
Chakuza non ci crede granché ed in realtà non gli importa, china lateralmente il capo e gli lascia campo libero perché sa che a Bushido piace sentire il suo sapore sulla lingua, gli piace almeno quanto a lui piaccia lasciarsi assaggiare, e quelli sono gli unici momenti in cui la loro disastrata situazione non gli pesa: perché sa che piace a entrambi, si stanno come scambiando un favore, per certi versi – io do a te ciò che vuoi, tu lasci che mi prenda ciò che voglio io – sono pari, sono allo stesso livello, e per quanto possa sembrare assurdo è davvero così. Chakuza si sente molto più passivo quando sono fuori dal letto – quando resta la notte a casa sua, quando risponde sì ad ogni richiesta, quando si fa tatuare sul fottuto braccio il nome della madre per farlo contento – che non quando scopano.
Bushido si spinge dentro di lui con una forza improvvisa e incontenibile, tanto che Chakuza è costretto a piegarsi in avanti per agevolare il suo ingresso e non opporre troppa resistenza, perché lo sa, se stringe i muscoli, se si chiude, se anche solo tenta di fermarlo, Bushido non obbedisce, Bushido avanza comunque, Bushido lo spezza. Poi si scusa. Poi dice che non voleva. Ed è anche vero. Nel frattempo, però, l’ha devastato, e per quanto possa pentirsi dopo, Chakuza sa che di quel rimorso non c’era traccia durante, perciò sono scuse che non gli servono. Preferisce lasciarlo fare e stringere i denti inseguendo l’aspettativa di un momento che arriva solo più tardi, mentre Bushido stringe con forza la sua erezione fra le mani e spinge, spinge, spinge, facendosi strada dentro di lui alla ricerca di un punto che hanno scoperto da poco e che, per quanto erano andate male le loro prime volte, avevano perfino perso la speranza di trovare.
E invece bastava solo abituarsi, prenderci la mano: scavarsi un posto dentro di lui ed aspettare che i muscoli si accomodassero attorno alla sua virilità, imparare il modo giusto di muoversi e di spingere, il modo giusto di stringere, il modo giusto di toccare. Ed eccolo lì.
Chakuza ansima con forza e getta indietro il capo, le mani vagano alla cieca sullo sportello del frigorifero, che sta cominciando a scaldarsi davvero, e ad un certo punto Bushido comincia ad affondare con talmente tanta forza che Chakuza si ritrova completamente schiacciato sulla superficie in acciaio. Ed è vero, è calda.
Bushido si svuota dentro di lui con un grugnito e Chakuza lo segue un paio di spinte dopo, geme e chiude gli occhi e quando li riapre il povero sportello s’è sporcato del suo piacere. E c’è una lucetta rossa che lampeggia.
- Che cazzo…? – ha appena il tempo di esalare fra gli ansiti, che subito il frigorifero lo interrompe.
Inserire temperatura desiderata. – chiede una voce di donna, metallica e affascinante, e Chakuza si irrigidisce mentre Bushido gli si abbatte contro, ridendo e respirando sulla sua spalla.
- Ma che hai fatto?
Chakuza cerca di voltarsi – respira ancora affannosamente – e solleva le mani in segno di difesa.
- Io non ho fatto niente! – protesta, mentre il frigorifero ripete pazientemente la propria richiesta.
Bushido ride ancora e gli lascia un bacio ruvido sul collo.
- No, in effetti ho fatto tutto io. – ed è il suo saluto, perché Chakuza lo sente uscire ed allontanarsi da sé pochissimi secondi dopo, e poi lo osserva anche uscire dalla cucina dopo aver esaudito le implorazioni del frigo, e rimane lì, i pantaloni calati e lo sguardo assente, mentre Bushido mormora “Ti spiacerebbe pulire lo sportello?”, prima di sparire in corridoio, verso il bagno.
Silenziosamente, Chakuza si riveste ed afferra uno strofinaccio appeso sullo schienale di una sedia. Lo inumidisce appena, prima di cominciare a lavare via la traccia del loro amplesso.
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