Titolo originale: id.
Autrice: Little Muse.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste, Erotico.
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Angst, Language, Lemon, Slash, Traduzione.
- Storia di un irrefrenabile desiderio e di una relazione riluttante.
Note: WIP.
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Il posto è affollato.
A Bill, generalmente, il posti affollati piacciono; i posti stretti ripieni di persone sono spesso quelli in cui si sente più a proprio agio, è per questo che adora tanto la città ed è per questo che adora tanto stare sul palco. Persone vuol dire pubblico, e lui lavora bene col pubblico. Ma tutto ciò che vorrebbe adesso sono gli orsetti gommosi e la Pay-Per-View che lo aspettano in hotel.
È abbastanza sicuro di non aver mai sollevato gli occhi dal proprio drink negli ultimi dieci minuti circa, ed in realtà l’ha appena sorseggiato da quando ha raggiunto il fondo ricco di sedimenti della bevanda. La conversazione che Tom e Georg stanno portando avanti lo interessa appena, ma non abbastanza da impedirgli di contare i secondi prima che sembri abbastanza ragionevole chiedere di nuovo a David se può andare via. Estrae il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans a fissa il display luminoso. Gli occhi ci mettono un po’ a focalizzarlo. Le uniche luci che rischiarano il patio nel quale si trovano adesso sono deboli lanterne ciondolanti (piuttosto precariamente, secondo lui) non troppo in alto sopra le loro teste. Il classico stratagemma che i padroni di casa utilizzano per rendere un ambiente invitante, finendo poi per raggiungere l’obiettivo opposto. Bill s’è seduto lì solo perché anche Tom l’aveva fatto. Ha il sospetto che la decisione del suo gemello abbia qualcosa a che fare con la vicinanza della piscina e della grande quantità di donne che la circondano. Ma non chiede.
- È presto. – lo informa Tom, poggiandogli una mano sul polso e spingendolo ad abbassare il cellulare. Non si era neanche accorto che suo fratello lo stesse guardando. – Rilassati.
- Voglio andarmene. – lo informa di rimando Bill, come se Tom non lo sapesse già. Si solleva un po’ per riporre il cellulare al proprio posto.
Tom lo guarda comprensivo, ma scuote il capo.
- Un’altra mezz’ora, più o meno. – ricorda a Bill, lanciando un’occhiata oltre le porte ed osservando le persone in eccesso riversarsi in cortile. È più affollato, dentro. Forse è per questo che Tom ha deciso di rimanere fuori, suppone Bill. – Credo che David stia facendo la guardia all’uscita.
- E dov’è Gustav? – chiede Bill; è una cosa stupida sulla quale concentrarsi, non gli interessa neanche, in realtà, ma gli dà una buona scusa per arrabbiarsi. – Il minimo che potrebbe fare è rimanere infelice qui con noi.
- Ehi, non è così male. – protesta Georg, sollevando il proprio drink, - Open bar. Vedi il bicchiere mezzo vuoto.
Bill sente lo sguardo che Tom gli lancia senza neanche bisogno di vederlo davvero, giusto per assicurarsi non sia nelle sue intenzioni mettersi a litigare con lui solo per aver fatto ironia su qualcosa che Bill ritiene serio. Ma Bill non può davvero prendersela con Georg. Non è mai stato particolarmente sensibile riguardo cose simili. Tende a scherzare per tirarsi fuori dalle situazioni poco piacevoli; una tattica che ha insegnato anche a Tom, con suo gran dispiacere. Almeno, comunque, il suo gemello sembra ancora in accordo con lui, stasera. Ancora qualche drink, però, e Bill non potrà più contare granché su questo.
- Non mi va di ubriacarmi. – è tutto ciò che dice. Quando beve diventa frivolo, e fa cose stupide quando è frivolo. Preferisce tenersi stretta la propria lucidità mentale. Si accontenterà del suo unico piccolissimo rum e coca, grazie mille. – Voglio solo tornarmene in albergo.
- Ce ne andremo presto. – lo rassicura Tom, sollevando la bottiglia di birra fino alle labbra. È di buona qualità, una marca che Bill sa suo fratello non sia abituato a bere, ed infatti lo vede sussultare un po’ mentre la manda giù. – Prova a divertirti. Non ti ucciderà.
- Infatti, non siamo così male come compagnia, no? – chiede Goerg, e Bill cerca di sorridergli.
- Immagino di no.
- Sicuro di non volere un altro drink? – inquisisce Tom, indicando il suo bicchiere ormai quasi vuoto. Bill s’è ritrovato a succhiare solo cubetti di ghiaccio ogni volta che ha provato a tirare su un po’ di liquido con la cannuccia, negli ultimi dieci minuti. – Te lo vado a prendere.
Bill forza con decisione un sorriso per questo, perché Tom sta diventando disgustosamente gentile nei suoi confronti, ma rifiuta, ticchettando distrattamente con le unghia sul bicchiere. Non che non voglia farsi un giro all’interno del locale, o almeno, non è solo questo il problema. È che proprio non vuole bere altro. Vuole andarsene.
Bill ridacchia e saltella involontariamente sulla propria sedia quando il cellulare che ha appena riposto comincia a vibrare violentemente, solleticandolo in posti strani. Tom gli lancia un’altra occhiata stranita e Bill tira timidamente fuori il telefonino, poggiandosi una mano in grembo ed osservando il display. Un nuovo messaggio.

Bel party, mh?


Bill inspira pesantemente e fissa le tre parole, corrucciando le sopracciglia. Tom lo sta ancora guardando, ma lui non ricambia lo sguardo né spiega niente. Piuttosto, preme il pulsante per chiudere il messaggio e ripone il cellulare al proprio posto. Quando Bill solleva lo sguardo su lui e Georg, Tom lo fissa ancora, sorseggiando la birra direttamente dalla bottiglia, ma non gli chiede quale sia il problema.
Georg ha ricominciato a parlare, nel frattempo, e Tom lo segue annuendo. Bill guarda la bocca di Georg, ma non lo sta ascoltando. Vuole davvero andare via.
Il telefono vibra ancora e Bill salta di nuovo, stavolta infastidito. Con un sospiro esasperato, lo riprende fra le mani. Tom sta guardando lui più di quanto non ascolti Georg, adesso. Un altro nuovo messaggio.

Ti trovo bene.

Bill esita, il pollice sopra il pulsante per cancellare, stavolta. Deglutisce. Dovrebbe premerlo. Invece, sospira ancora e clicca Rispondi, allontanandosi di parecchio dal proprio giudizio.

Dove sei?

Non gli piace l’idea di essere osservato, anche se la cosa non lo sorprende affatto. Tiene il telefono fuori dalla tasca, stavolta, in attesa della risposta. Che arriva velocemente.

Al bar.

Bill guarda di traverso il cellulare, cercando di lanciare un’occhiata anche a ciò che lo circonda e notando come gli occhi di Tom seguano la traccia dei suoi, perplessi. Il bar è all’interno, vicino al centro della casa, in cucina. Bill sta già per scrivere la domanda che gli ha appena attraversato la mente, quando arriva un nuovo messaggio a coprire il proprio testo sullo schermo.

Sei sempre bello.

Bill rotea gli occhi per la previsione e si sposta a disagio sulla sedia. Odia che cose come questa siano ancora in grado di fargli sentire le farfalle nello stomaco, e scaccia via la sensazione, comprimendola sul fondo del proprio corpo con una facilità che deriva dalla pratica, mentre stringe le labbra fino a renderle sottili come linee. Ed arriva un altro messaggio.

…e ti ho visto entrare ;)

In realtà la cosa comincia ad irritarlo un po’. O molto. È fastidiosa ed insensibile. Non è più come un anno prima, quando era divertente. Il messaggio successivo arriva velocemente.

Dove sei?

A quel punto, Bill spegne il telefono, pressando un pollice rabbioso contro il pulsante finché lo schermo non si oscura e tutto ciò che può vedervi riflesso è la sua espressione tesa che lo fissa di rimando. Getta il cellulare dentro la borsa bianca ai suoi piedi e torna ad affondare nella poltrona con uno sbuffo, portandosi dietro il bicchiere e ricominciando a succhiare cubetti di ghiaccio. Sono ancora dolci di rum.
Tom sembra in attesa di qualcosa, ma Bill si limita a scuotere il capo, chiudendo le labbra attorno al blocco congelato.
- Voglio andare via. – ripete, la lingua intirizzita dal freddo. – Non stiamo neanche facendo pubbliche relazioni. Qual è lo scopo di tutto ciò?
- Be’, allora vai a fare pubbliche relazioni. – suggerisce Tom, ma è l’ultima cosa che Bill abbia voglia di fare. Ciò che vuole fare è prendere David a pugni in faccia.
Rimane seduto lì, esattamente come ha fatto fino a quel momento, le braccia incrociate sul petto mentre fissa il vuoto di fronte a sé e Tom e Georg parlano fra loro, cercando di coinvolgerlo ogni tanto per ottenere solo di vederlo ricadere nuovamente nel silenzio dopo due parole. Sa che sta facendo preoccupare Tom, che suo fratello pensava lui avesse superato questa cosa, ma non riesce a dispiacersene.
Anche Bill pensava di averla superata.
La suoneria di Samy Deluxe del cellulare di Tom lo tira fuori dai propri pensieri, e guarda in alto per osservare il fratello portare il telefono all’orecchio.
- Sì? – lo sente dire, per fermarsi subito dopo in ascolto della persola dall’altro lato della cornetta. – Sul patio. – risponde dopo un momento, lanciando un’occhiata alle porte. – Non lo so. – abbassa il ricevitore dalle labbra e fa un cenno a Bill. – Perché il tuo cellulare è spento?
Bill scrolla le spalle. Ha le sue ragioni.
Tom smette di guardarlo.
- …sì, siamo pronti. Bill ci ha fatto impazzire. – solleva un piede e gli tira un calcetto giocoso. Bill risponde con un altro calcio, un po’ più forte, ma viene ignorato. – Quindi possiamo…? Sì. Sì, okay. Okay. Stiamo arrivando. – Tom abbassa il telefono ed interrompe la chiamata prima di riporlo in tasca, poggiando la birra sul tavolo di fronte a sé. – David dice che possiamo andare. Saki ci sta aspettando di fuori.
- Dove? – chiede Bill, alzandosi ansiosamente in piedi.
- Qui di fronte. – risponde Tom, richiamando l’attenzione di Georg con un cenno del capo. – Manda un messaggio a Gustav, così possiamo andarcene da qui.
- Ma avevi il cellulare in mano fino a poco fa! – protesta Georg, mettendosi in piedi a propria volta e recuperando comunque il proprio telefono dalla tasca. Bill li segue, sistemando la giacca ed abbassandosi per riprendere la borsa.
- Pronti? – chiede Tom ad entrambi, ma guarda solo Bill. Lui annuisce e lascia che sia suo fratello a fare strada attraverso le porte, all’interno della causa ed in mezzo alla folla degli ospiti presenti alla festa. I membri dello staff dell’etichetta e vari artisti parlottano e si muovono attorno a loro, tutti i suoni diventano uno e ronzano nelle orecchie di Bill. Le persone si fondono in un’unica entità, e per una volta questa sensazione non è eccitante, solo opprimente. Non vede l’ora di raggiungere la porta. Improvvisamente si ricorda del perché si sia unito a suo fratello nel cortile sul retro.
Bill non realizza che il modo più veloce per uscire da quel posto è passare per la cucina, almeno fino a che non ci si ritrova dentro. Tom non sapeva che portarlo in quella direzione era un errore. Bill tiene il capo chino, felice di stare stretto fra suo fratello e Georg, che chiude la breve fila dietro di lui.
Non vuole sollevare lo sguardo, davvero non vuole. Ma sente i suoi occhi addosso, scavano dentro di lui, e solleva la testa, lanciando un’occhiata al di là della propria spalla proprio mentre stanno per raggiungere la porta sul lato opposto della stanza.
Ci sono un sacco di persone affollate attorno al bar, ma una sola lo sta fissando.
Bill si ferma bruscamente, senza pensare davvero a cosa stia facendo, e Georg gli sbatte addosso.
- Cosa cazzo…? – butta fuori, spintonandolo un po’ e cercando di convincerlo a muoversi. Bill lo guarda, poi guarda di nuovo in avanti, verso la figura di Tom che si allontana velocemente.
- Devo, uh… devo tornare indietro un attimo. – dice a Georg, mentre ancora guarda Tom farsi strada fra la gente.
- Devi tornare indietro un attimo? – gli fa eco Georg, incredulo. – Dopo tutta la merda che hai detto fuori? Pensavo non vedessi l’ora di uscire!
- Infatti. – annuisce Bill. Torna a guardare il bassista. – Dì a Tom che non ci metterò molto. – aspetta che Georg scuota il capo e si muova oltre lui con un sospiro, prima di concedersi un’altra occhiata in direzione del bar. Sta facendo una cosa stupida, una cosa molto stupida, sta facendo ciò che ha evitato di fare per tutta la sera, ma non può semplicemente vederlo e passare oltre senza dire niente.
Sarebbe maleducato, se non altro.
Anche se è lui che si sta per intrufolare nella festa di qualcun altro, lo sguardo intenso che gli focalizza addosso fa sentire Bill come una preda. Un tempo adorava potersi arrendere sotto quegli occhi nel modo in cui non poteva arrendersi nei confronti di nessun altro che conoscesse. Adesso, si ritrova ad odiarli.
Perché non può più farlo.
- Ehi, bellezza. – dice Bushido quando Bill si ferma di fronte a lui, un sorrisetto a tirargli le labbra. Bill si fa minuscolo, a disagio per il nomignolo. – Che piacere incontrarti qui.
- Sapevi che ci sarei stato. – replica Bill, incrociando le braccia sul petto come una barriera.
- Già. – Bushido guarda in basso, verso la mano con cui stringe la birra. – Non pensavo che mi avresti parlato, comunque.
- Infatti non era nei miei piani.
Solleva di nuovo il capo per guardarlo.
- Ma lo stai facendo.
- Sì, be’. – Bill abbassa gli occhi, sollevando una spalla e scrollandola, sperando di sembrare a proprio agio. Non vuole guardare Bushido, ma lui sembra non avere nessun problema nel guardarlo a propria volta. Attentamente.
- Come va?
La parola bene è lì pronta per uscire, ma Bill la sopprime in favore di un “okay” decisamente più accurato.
- Tu?
Bushido imita la sua scrollata di spalle, prendendolo un po’ in giro. Ma la sua risposta è più onesta.
- Di merda.
Qualcuno diretto all’ingresso sbatte contro Bill e lo costringe a muoversi un po’ in avanti. È un modo molto poco elegante di ricordarsi che la stanza è piena di persone, tantissime persone. E quando l’attenzione di Bill torna a focalizzarsi su ciò che gli interessa di più, trova una mano posata sul proprio fianco destro, che lo tiene fermo. Sia lui che l’altro uomo fissano quella mano per un secondo, mentre Bushido lascia scorrere gentilmente un pollice sopra il tatuaggio che fa capolino dall’orlo della maglietta e dei pantaloni di Bill, prima di tirarla via.
Bill deglutisce e decide saggiamente di ritirarsi d’un passo. Perciò lo fa. Se non lo facesse, potrebbe avvicinarsi ancora.
Bushido si schiarisce la gola, distogliendo finalmente lo sguardo dalla figura di Bill, e lui si chiede vagamente se l’altro si sente anche solo un po’ a disagio come si sente lui.
- Penso che ti stiano aspettando, ragazzino.
- Probabilmente sì. – concede Bill, chiedendosi perché semplicemente non si decida ad allontanarsi e andarsene. Ma il perché lo sa. Non sono stati così vicini in mesi e la sensazione che sta provando è sia familiare che eccitante. Gli è mancata. Gli è mancato lui. Vorrebbe riuscire a parlargli e rendere di nuovo le cose semplici com’erano un tempo, per riuscire a restare nella stessa stanza senza danzarsi attorno. Anche se è sempre stata un po’ la loro specialità.
Bushido solleva lo sguardo, ma non su di lui – oltre la sua spalla. Ridacchia un po’, e c’è del biasimo nei propri stessi confronti, in quella risata.
- Decisamente sì. – dice, sollevando un sopracciglio in direzione della porta.
Bill si volta per trovare Tom che li fissa. Quando i suoi occhi trovano quelli del fratello, lo richiama con un rude cenno del capo. Bill serra le labbra e scuote il capo. Non è dell’umore di accettare la proiettività di suo fratello, anche se non può veramente biasimarlo per questo. Tom solleva un sopracciglio e si volta, scomparendo in mezzo alla folla.
- Merda. – mormora Bill. Conosce troppo bene suo fratello per illudersi che gliela dia vinta così facilmente.
- C’è qualche problema?
Bill torna a voltarsi verso di lui. Gli occhi di Bushido gli stanno nuovamente addosso.
- Sta andando a chiamare Saki.
- Ah, sì, la babysitter. – Bushido solleva la propria birra, come stesse facendo un brindisi in onore della guardia del corpo. – Quasi mi manca trovare sempre nuovi modi per dirgli di non rompere le palle. Salutamelo.
Bill torna a fissare la porta. Tom non è ancora tornato. Prima di pensare troppo a cosa sta facendo, chiede “Te la senti di evitarlo adesso?”.
Il sorriso soddisfatto svanisce dalle labbra di Bushido per la prima volta quella sera.
- Bill…
- Per parlare. – taglia corto lui, prima che l’altro possa protestare.
Bushido fa scorrere un pollice contro l’etichetta sulla bottiglia di birra.
- Non penso sia una buona idea.
- Perché? – chiede Bill con una smorfia insolente, anche se il perché lo conosce benissimo. È quasi una sfida. Bushido sospira e posa la birra, sporgendosi a stringergli nuovamente un fianco. Le sue dita sono ruvide e bagnate per la condensa sulla bottiglia. Bill lascia andare un ansito involontario mentre l’altro lo tira verso di sé fino a posizionarlo fra le proprie ginocchia.
- Perché non lo è. – dice a bassa voce, sfiorandogli il collo ad ogni respiro. Sfiora la guancia di Bill con la punta del naso, strofinandolo lungo la linea della sua mascella e poi lasciandolo andare. Torna a sedersi, i gomiti sul tavolo del bar. Allunga una mano verso la birra, ma Bill è più svelto e la prende prima che possa raggiungere la bottiglia, intrecciando le dita con le sue e tirandolo.
- Vieni con me. – ordina Bill, voltandosi e cominciando a camminare, felice di non incontrare nessuna resistenza quando lo fa. Non ha la minima idea di dove stia andando, ma suppone che le scale siano il posto più sicuro e privato possibile in una casa come quella. È lì che si dirige, trascinando Bushido dietro di sé e facendo strada ad entrambi attraverso la folla. È bello sapere di avere ancora tanto potere sul tuo ex quanto ne ha lui su di te.
Raggiungono finalmente le scale e Bill comincia a salire, spingendosi fra gli ospiti. Sta ancora stringendo la mano di Bushido, ma più mollemente. L’altro lo sta seguendo di sua spontanea volontà, adesso, per tutta la strada fino al primo piano, di fronte alla prima porta a destra.
Quando Bill la apre si trova di fronte un bagno e rotea gli occhi, uscendone e richiudendosi la porta alle spalle.
- Hai almeno la più pallida idea di dove stai andando?
- Non so neanche di chi sia questa casa. – risponde Bill, provando la porta successiva. Si apre su una camera per gli ospiti, e Bill si ritrova ad esitare sulla soglia. Bushido è ancora immobile dietro di lui, aspetta che si muova così da poter entrare entrambi. Le sue mani, una delle quali ancora stretta alla sua, si posano sui suoi fianchi e lo aiutano a fare un passo in avanti. Si lascia spingere. Una delle mani lascia la sua vita e Bill sente il click che annuncia la chiusura della porta. Lascia cadere la borsa per terra.
Una guancia si posa sulla sua spalla e lui si appoggia di schiena al petto dell’altro uomo. Il naso di Bushido si fa strada fra i suoi capelli, mentre le sue mani scivolano lungo i suoi fianchi per stringerlo nuovamente alla vita.
- Dannazione, profumi di buono.
Bill può sentire quelle parole caracollare giù lungo la sua schiena e farsi strada fino alle punte dei suoi piedi.
Rimangono immobili in quel modo per molti minuti, ondeggiando un po’ avanti e indietro. Bill solleva una mano e la posa sul collo di Bushido, chiudendo gli occhi.
- Cominceranno a chiedersi dove sei.
- E tu lasciaglielo fare.
Bill sente un sospiro sulla pelle.
- Per quanto mi piaccia fare arrabbiare tuo fratello, li starai davvero facendo preoccupare.
Bill scrolla le spalle.
- Tom sa che sono con te.
- Appunto.
- Da quando ti frega qualcosa di ciò che pensa Tom? – chiede Bill, sfilandosi le scarpe.
Un altro sospiro, e le braccia che lo stringono gli si chiudono addosso con più forza.
- …se non ti trovassi più, io mi preoccuperei.
Le sue labbra si posano sulla nuca di Bill, e lui trema quando continuano a scivolare lungo lo scollo della maglietta.
- Che stai facendo?
- Mi hai trascinato tu fino a qui – cosa pensi stia facendo?
- Non ti ho trascinato fino a qui per questo.
- Certo che no.
I suoi denti gli si chiudono attorno al lobo dell’orecchio e Bill riesce a recuperare abbastanza lucidità da allontanarsi da lui e sfuggire alla sua stretta. Bushido non molla la presa e Bill ricade all’indietro contro il suo petto.
- Ehi, chi è che ha scaricato chi altri? – chiede Bill.
- È irrilevante.
- Be’, non per me. – Bill spinge più forte e Bushido lo lascia andare, guardandolo poi attraversare la stanza fino a raggiungere l’altro lato del letto. Bill si muove silenziosamente per un po’, raccogliendo i pensieri. Improvvisamente realizza che è per questo che ha portato Bushido in questa stanza. È passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta in cui s’è concesso di sentirsi arrabbiato per questa storia, e non è mai riuscito a dirigere la sua rabbia contro l’unica persona che la meritasse. Torna a guardarlo, braccia incrociate. – Intendo, non mi toccavi quando stavamo insieme ma vuoi farlo adesso?
- Ti ho toccato un sacco quando stavamo insieme. – protesta lui, piuttosto offeso, come se Bill avesse insultato la sua mascolinità o qualcosa di simile.
Bill sbuffa ma non dice niente. Non può davvero contrastarlo su questo punto. Il fatto non si siano spinti fino ad un rapporto completo non dà torno a Bushido.
Bill vorrebbe chiederglielo. Vuole chiederlo fin da quando è successo. Vuole sapere esattamente perché fra loro è finita, cosa ci sia di sbagliato in lui e se, tanto per cominciare, è davvero colpa sua, ma chiedere avrebbe come unico effetto il rendere ufficialmente noto lui sia una ragazzina. Cazzo.
- Senti, piccolo. – comincia Bushido, infilandosi le mani nelle tasche e dandosi un’aria abbastanza rilassata da far venire a Bill voglia di gridare. – Io sono il tipo d’uomo… a cui non piace attaccarsi troppo. Tu vuoi scopare, e questo è okay. Ma questo non è tutto ciò che vuoi. – Bill apre la bocca, ma Bushido prosegue prima che lui possa dire niente. – E questo va bene. Funziona per te, d’accordo. Ma non funziona per me. Lo sapevi fin dall’inizio, d’altronde, no?
- E tu sapevi che a me non andava bene fin dall’inizio. – replica Bill, - Quindi perché sei stato con me?
Rimangono a fissarsi per un momento, e Bill è abbastanza sicuro che stiano entrambi aspettando che l’altro ceda per prima. Si rifiuta di essere lui a cedere. Fortunatamente, non deve: Bushido sospira e gira attorno al letto, avvicinandoglisi lentamente. Ed ecco di nuovo quella strana sensazione, quella che lo fa sentire come una preda, e Bill si allontana di un passo. Bushido sorride furbo e si ferma di fronte a lui, allungandosi per stringerlo alla vita.
- Perché non potevo impedirmelo. – spiega, avvicinandosi abbastanza da permettere a Bill si sentire il suo respiro sulle labbra, ma non di più. - …perché tu mi hai lasciato fare?
Questa domanda lo sconvolgerebbe, se fosse ancora in grado di prestarle attenzione. Ma Bushido è così vicino che lui non riesce a registrare niente oltre alla mano che gli posa sul collo, alle dita che gli toccano la mascella, alle labbra che sfiorano le sue. Perché lo sta lasciando fare anche adesso?
- …perché non potevo impedirtelo. – confessa alla fine. E, apparentemente, è la risposta giusta, perché le labbra di Bushido scendono improvvisamente sulle sue, e la mano che lo stringe al collo lo spinge vicino quasi fino all’impossibile. Bill si dice che non può impedire al sospiro vagamente imbarazzante che sfugge alle sue labbra di andare dove vuole, così come non può impedirsi di rispondere al bacio. È più facile decidere di non poter controllare le cose. È quasi un sollievo.
Non cerca di fermare niente di quanto sta accadendo. Non cerca di fermare le mani di Bushido mentre scendono sul suo sedere e lo tirano su. Non cerca di fermarsi quando il suo corpo viene steso sul letto della stanza degli ospiti di un produttore esecutivo a caso. E non ferma Bushido quando si stende sopra di lui. È una posizione familiare, ma in qualche modo sembra decisamente differente. Sta per succedere dell’altro, lo realizza chiaramente anche se è ancora accecato dal desiderio, e qualsiasi cosa sia, Bill intende lasciarlo accadere. È abbastanza sicuro che lascerebbe accadere qualsiasi cosa in assoluto, in questo momento.
- Nessuna promessa, ragazzino. – ansima Bill contro la sua bocca, lasciando scivolare una mano decisa sotto la sua maglietta.
Bill scuote il capo e solleva le braccia per aiutare Bushido a sfilargliela.
- Non mi interessa.
Ed è vero. Se si trattasse di chiunque altro forse gli interesserebbe, domani forse gli interesserà, ma adesso lo vuole e basta. È stufo di controllare ogni cosa e Bushido è troppo bravo a reggere il comando al posto suo. Bill deve ancora capire perché si senta così bene quando glielo lascia fare, ma è stufo anche di provarci. Se non c’è riuscito per tutto il tempo in cui la loro strana relazione s’è tenuta in piedi, perché dovrebbe continuare adesso? E comunque, per ora… è okay. Per ora, nemmeno vuole sapere di più.
- Merda. – dice Bushido all’improvviso, scostandosi da lui abbastanza da lanciare un’occhiata al resto della stanza.
- Cosa? – chiede Bill, imbarazzato ed anche un po’ intossicato di desiderio. Se Bushido si fermerà troppo a lungo, lui riprenderà a pensare, e non ha alcuna voglia di farlo.
- Il lubrificante.
Un’improvvisa fitta di paura lo scuote tutto. Inizialmente, deriva solo dal realizzare che sta davvero per lasciarsi scopare dal proprio ex. Ma poi Bushido scende a baciarlo sul petto, mordicchiando uno dei suoi capezzoli, ed allora l’ansia per la situazione si scioglie e viene rimpiazzata dal terrore puro che non c’è nulla che possano usare e che, per questo, forse dovranno fermarsi per davvero. Grugnisce, spostando una mano sulla sua nuca e trattenendolo fermo.
- La mia borsa. – ansima, colpito da un’immediata ispirazione. La bocca di Bushido rilascia il suo capezzolo abbastanza da mormorare un “mh?”, ma continua a leccarlo. Le dita di Bill si stringono contro il suo collo. – C’è… la cosa idratante dentro.
Bushido ride contro il suo petto, accarezzandolo dolcemente sui fianchi nudi.
- Molto mascolino.
Bill solleva la testa del cuscino per lanciargli un’occhiataccia.
- Vuoi farlo o no?
Gli occhi di Bushido si fanno più cupi, ed ogni traccia di giocosità scompare mentre scivola lungo il suo corpo per divorare nuovamente le sue labbra, più rudemente di prima, come stesse cercando di dimostrargli qualcosa. Bill lo prende per un sì.
Poi Bushido si allontana, così bruscamente che Bill si sente quasi disorientato prima di realizzare che sta semplicemente abbandonando il letto per cercare la sua borsa, ancora afflosciata sul tappeto davanti alla porta. Bushido afferra gli orli della propria maglietta, sfilandola con un gesto veloce e gettandola di lato sul pavimento. Poi si china accanto alla borsa e comincia a rovistare all’interno, prima di estrarre una bottiglia e tenerla fra le dita, mostrandola a Bill in attesa di una conferma.
Lui scuote il capo. Uomini.
- Fondotinta.
Bushido lo lascia ricadere nella borsa e ricomincia a scavare. Il tubetto successivo è quello giusto, e Bill annuisce. L’altro si rimette in piedi e torna vicino al letto, fermandosi quando lo raggiunge e gettando la bottiglietta sul materasso accanto a Bill. Poi comincia lentamente a sbottonare i pantaloni, sostenendo lo sguardo dell’altro mentre lo fa. Non c’è niente che Bill non abbia già visto prima, quando li lascia cadere, ma si sente adesso molto più vergine di quanto non sia mai stato. Quando Bushido non lo bacia e si limita a pressarlo col proprio corpo sul materasso, Bill è quasi abbastanza lucido da avere paura.
Spinge via la sensazione quando l’uomo ricomincia a toccarlo.
Può sentirsi addosso la sua erezione mentre lo bacia, a separarli ci sono solo i suoi jeans aderenti, ed inarca la schiena, piagnucolando un po’.
Bushido sorride sulle sue labbra.
- Lo vuoi.
Bill tira su col naso, un po’ esasperato. È eccitato, lo sa già, non ha bisogno che Bushido glielo ripeta. Più parole sono coinvolte nel processo, maggiori sono le possibilità di rimettersi a pensare. Perciò allunga una mano verso il basso ed avvolge le dita attorno all’erezione prominente dell’uomo, muovendole avanti e poi di nuovo indietro. Questo gli fa guadagnare un mugolio strozzato, e Bill sorride soddisfatto.
- Sta’ zitto. – ordina, ripetendo il movimento e baciandolo ancora.
Bushido grugnisce e comincia a maneggiare maldestramente la chiusura della sua cinta. Ha avuto un mucchio di problemi le prime volte che s’erano ritrovati a pomiciare, ma Bill è felice di notare che ricorda molto bene come scioglierla adesso, rilasciando le fibbie rapidamente tanto quanto Tom si vanta sempre di saper fare coi reggiseni delle ragazze. I pantaloni di Bill sono spariti assieme ai suoi boxer, gettati senza cura sul pavimento assieme a tutti gli altri indumenti, prima che lui abbia il tempo di pensarci, e subito dopo un’erezione si sta strofinando contro la sua e questo è semplicemente fantastico.
- Sì… - esala, spalancando le cosce il più possibile per facilitare il movimento.
- Dio, sei così… - Bushido si china per leccarlo lungo il collo, - Cristo, non hai idea di quanto sei bello in questo momento.
È carino, decide Bill. Sentirsi desiderato, anche se non si sente amato. Essere comunque voluto in qualche modo. Perciò lascia che il suo commento sia spingere i fianchi verso l’alto. Questo sembra far scattare qualche scintilla, perché Bushido comincia immediatamente a cercare la crema idratante.
- Ti voglio scopare. – dichiara, come se si aspettasse una protesta da parte sua.
Bill non protesta affatto.
Lascia che le sue dita ricoperte di lubrificante scendano giù lungo la sua coscia, fino alla sua apertura, così come ha lasciato accadere tutto il resto stasera. Lo incoraggia, anzi, spostandosi verso il basso quando cominciano ad accarezzare in cerchio l’anello di muscoli.
Bushido solleva il capo e si disinteressa per un attimo di ciò che sta facendo.
- Vuoi farti male? – lo avverte, - Stai fermo.
Bill obbedisce, per quanto faccia quasi male restare immobile. Hanno già fatto qualcosa con le dita, prima, ma non si sono mai spinti oltre. Sa di poterne prendere almeno due, anche se è passato un bel po’ di tempo, ed aspettare non è esattamente una cosa che gli venga bene fare. Bushido si sta comportando in maniera fottutamente meticolosa e, nella sua frustrazione, Bill ci mette diversi minuti a capire che lo sta anche torturando un po’.
Torna ad afferrare il suo membro, deliziato dai suoni che sente provenire dalla bocca dell’uomo.
- Di più. – comanda, lasciando una scia di baci sulla linea della sua mascella.
Bushido mormora qualcosa sulle dive impazienti, ma si spinge contro la stretta di Bill ed aggiunge un altro dito. Lo piega dentro di lui, in ciò che Bill riconosce essere una ricompensa, e Bill lancia un gridolino, sollevando involontariamente i fianchi dal materasso ed allentando la stretta.
- È lì, mh? – sospira Bushido, chinando il capo per catturare le labbra di Bill fra le sue. Si fa strada a forza con la lingua, stavolta, leccando quella di Bill con lo stesso ritmo col quale spinge le dita dentro di lui.
Mesi fa, questo sarebbe stato abbastanza. Avrebbero continuato in questo modo fino a venire entrambi. Ma stanotte Bill vuole di più, e sa di non essere il solo. Perciò tira Bushido verso di sé tornando a stringere attorno alla sua erezione, finché quest’ultima non batte contro la mano che ancora si spinge dentro al suo corpo.
Non ha bisogno di dirlo ad alta voce. Le dita di Bushido si ritirano e Bill si lamenta momentaneamente per la perdita, prima di sentire il tubetto di crema idratante che viene nuovamente aperto. Dannazione, quella merda è pure costosa, oltre che francese, e dovrà ordinarne ancora dopo stanotte.
Ma quando sente Bushido afferrarlo per i fianchi e spingersi in avanti, la punta della sua erezione che si fa strada dentro di lui, non può impedirsi di disinteressarsene completamente.
È grande, e questo è il suo primo pensiero. Più grande delle dita, decisamente. Non è tanto il fatto che sia doloroso, quanto che gli sembra semplicemente troppo. Si sente teso più di quanto il suo corpo non possa sopportare, come un palloncino un attimo prima di scoppiare. È la pressione, ed un dolore lancinante.
E poi Bushido si sposta. Lo colpisce nello stesso modo in cui l’hanno colpito le dita, un movimento verso l’alto, e la pressione non diminuisce, ma si intensifica in un’esplosione di bianco e caldissimo piacere. Le sue unghie affondano nelle spalle di Bushido, probabilmente lo graffiano. Bill si sente mugolare, ma è un suono lontano. Loro sono lontani. Tutto ciò che importa è come si sente adesso, il modo in cui il suo stesso pene pulsa ogni volta che Bushido si spinge più a fondo.
- Oddio. – mormora Bill prima che la bocca dell’uomo torni a coprire la sua, - .
- Cazzo, sei così stretto. – Bushido ringhia, spingendo ancora, sollevandolo un po’ per aiutarlo a venirgli incontro, come se già non lo facesse più che bene.
Bill si stringe attorno a lui per zittirlo; se Bushido grugnisce, non parla, e questo è esattamente ciò che vuole.
- Ti fa quasi pensare che non l’abbia mai fatto prima, mh? – sussurra Bill contro il suo orecchio, sarcastico, stringendo ancora. Bushido si spinge di nuovo contro di lui, e Bill getta indietro il capo, contro il cuscino, dimenticando di essere stizzito.
- Non mi stavo affatto lamentando. – lo prende in giro, entrando quasi per tutta la sua lunghezza e poi uscendo di nuovo. I fianchi di Bill prendono vita propria. Non s’è mai sentito così. È quasi un’esperienza extracorporea, eppure allo stesso tempo si sente incredibilmente presente. È come essere sotto l’effetto di qualche droga. E non è mai stato sotto l’effetto di una droga, ma suppone che la sensazione potrebbe essere simile a questa.
Una mano larga si chiude attorno alla sua erezione e questo, combinato con il resto, è quasi abbastanza da costringerlo a venire proprio in quel momento, ma vuole durare. Stringe ancora la presa sul membro di Bushido, inavvertitamente stavolta, e l’uomo sospira di piacere.
- Dio, dimmi che stai venendo.
Bill non può neanche pensare di prendere in giro la disperazione che Bushido sta mostrando, perché se la sente addosso.
- Sì. – ansima, un po’ perché il piacere lo stordisce ed un po’ perché sta effettivamente per venire. Manca davvero poco. Può già sentire i primi tremiti pulsare alla base del suo pene, può sentire i testicoli contrarsi, e sarà intenso, è una certezza.
E poi, siccome non vuole arrivarci da solo, si stringe ancora attorno all’asta che lo sta penetrando. La bocca di Bushido si apre in un urlo silenzioso, e Bill lo sente immobilizzarsi per un istante; può sentire anche la sua eccitazione contrarsi dentro di lui, prima di rilasciare l’orgasmo all’interno del suo corpo, e rimane fermo esattamente nel punto in cui Bill ha bisogno che stia. Si inarca e viene, il liquido cola lungo il suo ventre. Ricade indietro sul letto, si sente ipersensibile ed assonnato, respira a fatica. Il petto di Bushido gli pesa addosso ed i suoi fianchi sono collassati sui propri; si regge solo sugli avambracci.
Sta guardando in basso, verso di lui, e la sua espressione è stranissima. È abbastanza per fargli venire voglia di un po’ di tenerezza, perciò solleva una mano e la poggia sulla sua guancia, seguendone la linea con un dito fino al labbro inferiore. Gli occhi di Bushido si chiudono per un momento, come stesse cercando di godersi quel contatto il più profondamente possibile. Bill sta per sollevare esitante il capo per un bacio, ma poi lo sguardo di Bushido scompare e Bill lo sente tirarsi indietro e fuori da lui.
Bill sussulta nel rendersi conto di quanto vuoto si senta all’improvviso. Era troppo all’inizio, ma adesso si sente troppo vuoto senza. Se sia effettivamente solo una questione fisica o no, non gli è chiaro.
Bushido gli volta le spalle adesso, sta seduto sul bordo del letto e sta indossando i pantaloni; Bill si sente fastidiosamente nudo e non c’è nulla con cui coprirsi. Non hanno neanche disfatto il letto. I suoni della festa che vengono da sotto stanno cominciando a risvegliare i suoi sensi, e lui deglutisce. Tom sarà furioso.
- Dovresti tornare di sotto. – lo avverte Bushido, come riuscisse a sentire ciò che sta pensando. O forse la realtà sta cominciando a farsi pressante anche per lui.
- Sì. – annuisce Bill, fissando la sua schiena tesa. Ha come la sensazione che Bushido stia cercando di non guardarlo.
- …e dovrei anche io.
La frase ha un’inflessione strana, ma Bill si limita a dire nuovamente sì. Non crede che Bushido si stia riferendo alla festa.
L’uomo si alza in piedi e si china a recuperare la maglietta e le scarpe, facendo scivolare la maglia a maniche lunghe sopra la testa. Si volta a fronteggiare Bill ancora una volta dopo un attimo, gli occhi nervosi che si agitano attorno a lui che resta ancora disteso sul letto. Esita e poi dice semplicemente “Ci vediamo in giro, piccolo”.
Bill è abbastanza sicuro che non fosse ciò che voleva dire davvero, ma è comunque ciò che ha detto alla fine, per qualche ragione.
- Sì. – annuisce, - Certo.
Sente la porta aprirsi e poi richiudersi, ma tiene gli occhi bassi. Si arriccia su un fianco, senza recuperare i propri vestiti. Si sente disfatto e scomposto, e sta anche cominciando a ricordare perché non si lascia andare fuori controllo tanto spesso. Gli fa sempre desiderare di tornare indietro e fare l’esatto contrario.
Un tale livello di vulnerabilità dovrebbe essere illegale quando non c’è nessuno con cui puoi condividerlo.
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