Genere: Malinconico/Romantico.
Pairing: Dieyi/Xiaolou.
Rating: PG13
AVVISI: Boy's Love.
- Dieyi e Xiaolou si ritrovano dopo ben undici anni di lontananza, e trovano un modo un po' contorto e poco esplicito di chiarificare il loro rapporto.
Commento dell'autrice: E finendo questa le shots incomplete rimaste a languire nella mia cartella rimangono davvero pochine. Il che non può che farmi piacere, comunque XD Non molto da dire sulla storia in sé. A parte il fatto che nella scena notturna in camera di Dieyi doveva esserci un accenno un attimino più spinto, ma all’ultimo momento m’è sembrato che se l’avessi davvero fatto avrei come… tolto grazia alla cosa o.o Non so, magari sono pazza XD Comunque sono ragionevolmente soddisfatta di com’è venuta fuori alla fine ù_ù E’ romantica ma non è melensa, è risolutiva ma non chiusa e mi pare anche abbastanza ben congegnata. Toh è_é!
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Undici Anni


Dieci anni e forse più, e sul viso di Dieyi non sembrava passato un giorno. Macché, neanche mezzo minuto. Xiaolou fu profondamente turbato dalla sua vista.
Eppure quello era Dieyi. Non c’era alcun dubbio in proposito. I suoi capelli erano sempre corti allo stesso modo, con la riga di lato, ed un ciuffo ribelle sulla fronte. La sua carnagione olivastra era sempre la stessa. Neanche una ruga. Ed erano passati DIECI ANNI, e forse più.
Dieyi era rimasto ragazzo. Anzi, no, era rimasto bambino. Sempre. Nonostante fosse cresciuto in altezza manteneva lo stesso portamento e la stessa gracilità. Questo suo rimanere uguale era spaventoso.
Mosso da sentimenti simili, Xiaolou non riuscì ad avvicinarsi subito, e rimase a guardarlo da lontano profondersi in sorrisi e battere disinvoltamente un dito sul tavolo, perorando la causa dell’opera tradizionale.
Impressionante: le sue convinzioni erano rimaste le stesse, al pari dei suoi lineamenti.
Lo guardò parlare per tutta la conferenza, quasi cercando di nascondersi fra la gente del pubblico, compostamente seduta, come volesse fuggire lo sguardo che il suo antico fratello faceva saettare in giro per l’aula con un sorriso, probabilmente divertito da quella moltitudine che pendeva dalle sue labbra e che, riguardo ciò che diceva, fino a qualche anno prima l’avrebbe assalito e lapidato nella pubblica piazza. Bè, era successo davvero.
Dopo circa un’ora, tutti i relatori si alzarono e, dopo aver ringraziato gli astanti per l’attenzione, si ritirarono. Solo allora Xiaolou si risvegliò dal suo torpore e, alzatosi in piedi di scatto, si diresse verso il retro del palcoscenico.
Una serie di eminenze grigie del mondo dello spettacolo si congratulava con Dieyi, che dimostrava di poter essere figlio di ciascuno di loro, quanto ad aspetto esteriore. Sorrideva a tutti tranquillo. Bè, era uguale nell’aspetto, ma aveva perso qualsiasi traccia dei movimenti nervosi cui spesso si abbandonava in gioventù.
Mosse qualche passo avanti, avvicinandosi a lui.
Pronunciò il suo nome, ma dapprima si sentì solo lui, perché invece del forte e chiaro richiamo che aveva programmato riuscì solo a borbottare qualcosa di incomprensibile in una tonalità così bassa che si sentì mancare l’aria. Prese un respiro profondo e riprovò.
- Dieyi.
Lo vide irrigidirsi, mentre tutti i vecchietti che lo circondavano si giravano repentinamente verso di lui. Dieyi fu l’ultimo a voltarsi. Ed anche quando lo fece, non gli disse nulla. Xiaolou dovette quindi arrendersi e cominciare lui il discorso. Anche se non sapeva *esattamente* cosa dire.
- Posso parlarti un attimo?
Non avere niente da dire una volta rimasto solo con lui sarebbe stato sicuramente meno imbarazzante che non avere niente da dire in mezzo a tutta quella gente.
- Ciao, Xiaolou. – si limitò a dire l’altro, laconico.
Poi si voltò verso gli altri uomini e chinò il capo, scusandosi. Un minuto dopo, lo condusse in una stanzetta privata nascosta chissà dove all’interno dell’edificio.
- Che dovevi dirmi? – disse sedendosi compostamente su uno sgabellino di fronte ad un grandissimo specchio.
- Ehm… ecco… come stai?
- Sto bene. Sai il perché di questa conferenza oggi?
Xiaolou annuì.
- Lunedì rappresentate “Addio mia concubina”, vero? Sono dieci anni che…
- Undici. – lo corresse Dieyi. – Undici anni.
- Immagino che tu avrai sempre il solito ruolo…
Dieyi rise forte.
- Non ti nascondo che mi piacerebbe… ma no, la mia voce non è più quella di un tempo. In compenso ho messo su una mia compagnia, saranno i miei allievi ad esibirsi.
- Ah, già… ho sentito spesso parlare della tua Compagnia d’Arte… se ne dice un gran bene…
- Vedo che hai continuato a tenerti informato, nonostante tu abbia lasciato perdere tutto molto tempo fa…
Sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Ma non trovò nulla da rispondere.
- Comunque… - proseguì Dieyi, - ho portato due biglietti per te.
Xiaolou sollevò lo sguardo, sorpreso.
- Sapevi che sarei venuto qui?
- No, non lo sapevo. Lo speravo, però.
Gli porse i biglietti.
- Per te e lei.
- Lei…?
- Juxian.
Lo sguardo di Xiaolou si fece scuro.
- Juxian non è più mia moglie da molto tempo.
- Davvero? Bene. – commentò Dieyi con un sorriso.
- “Bene”…?
- Sì. Non ti aspetterai che io finga di essere dispiaciuto per questo; sai bene cosa penso di lei…
- Sì, lo so… non sei cambiato affatto, Dieyi.
- In realtà lo sono. Ma molti non lo notano. – concluse lui sferzandolo con lo sguardo più gelido del mondo.
*

Nello smoking nero da gran gala faceva un gran figurone. Si era tirato bene a lustro per quella serata. Sicuramente Dieyi sarebbe stato al massimo dell’eleganza, ed avrebbe sfoggiato un meraviglioso vestito tradizionale bianco decorato che avrebbe attirato l’attenzione più che se fosse stato completamente nudo.
Se lo vide spuntare davanti d’improvviso, e francamente la sua vista deluse ogni sua aspettativa: ecco Dieyi che si presentava al mondo in giacca e cravatta. Elegantissimo, sì, come sempre, ma abbigliamento occidentale rimaneva. Rimase a guardarlo in silenzio.
- Xiaolou. Buonasera.
- B-Buonasera a te, Dieyi…
La domanda gli bruciava sulla punta delle labbra, doveva chiedere.
- Ehm… come mai vestito così?
Lui intuì e ridacchiò.
- Mi ci vedi a camminare in mezzo ad una folla di persone con un vestito bianco decorato?
Xiaolou arrossì.
- Bè, veramente era esattamente il modo in cui pensavo ti saresti presentato stasera…
Lo sguardo dell’altro si fece severo per qualche secondo.
- Non voglio avere problemi. – disse concludendo il discorso. – Adesso, Xiaolou, sarebbe il caso che ci sedessimo. Lo spettacolo sta per cominciare.
- Tu… vai da loro dietro le quinte?
Dieyi rise di cuore.
- I ragazzi sanno cavarsela da soli, li ho addestrati per bene. Starò qui accanto a te… - e Xiaolou potrebbe giurare di aver visto una luce tenera nei suoi occhi, - se non ti dispiace.
L’uomo scosse vigorosamente la testa.
- No, no! Resta pure! Mi fa piacere starti accanto.
Si sedettero, e pochi secondi dopo le luci abbaglianti del teatro vennero spente per lasciare posto al colore rossastro soffuso dalle lanterne tradizionali. L’atmosfera, nonostante il teatro fosse almeno quattro volte più grande, era la stessa che lui aveva respirato mille e mille volte da attore. Socchiuse gli occhi ed assaporò il momento, sentendosi felice. Dieyi gli sfiorò una mano con l’indice.
- E’ molto tempo che non parliamo, Xiaolou… hai impegni dopo lo spettacolo?
Lui scosse la testa senza parlare.
- Bene. – rispose Dieyi, e tacque. Pochi secondi dopo, entrarono in scena la concubina e la sua serva.
**

- Ragazzi, ho una sorpresa per voi.
Dieyi sorrise amabilmente ai suoi giovani attori, mentre con la mano spingeva un po’ avanti Xiaolou, imbarazzato.
- Buonasera… siete stati magnifici…
- Maestro, - disse uno dei ragazzi, - chi è quest’uomo?
- Egli è colui di cui spesso vi ho parlato. Fengyi, ricordi chi ti dissi di guardare e riguardare per essere un buon re?
Il ragazzo chiamato si riempì di luce negli occhi.
- E’ Duan Xiaolou?
- Sì, è lui.
Pochi secondi dopo, Xiaolou venne circondato da una miriade di ragazzi che parlavano, si complimentavano con lui, chiedevano autografi, consigli e quant’altro. Si sentì smarrito. Dieyi gli sorrise oltre il gruppo.
- Sono ragazzi, cerca di perdonarli… - disse accorrendo a salvarlo dall’assedio pochi secondi dopo.
- Oh… non mi hanno infastidito, tranquillo!
Ancora, Dieyi sorrise, prima di rivolgersi ai ragazzi.
- Bene. Sarete felici di sapere che Duan Xiaolou ha giudicato lo spettacolo meraviglioso, me l’ha confidato un momento fa.
- Oh, sì. E’ assolutamente vero, siete stati perfetti. – disse Xiaolou battendo le mani un paio di volte. I ragazzi esultarono. Poco dopo, fu Dieyi a riportare la calma.
- Bene, adesso andate a struccarvi e cambiarvi, e poi tornate a casa. Fate i bravi.
Quando furono spariti, Xiaolou si avvicinò all’amico di vecchia data.
- Ti comporti dolcemente con loro…
- Solo quando hanno fatto un buon lavoro. Non penseresti lo stesso se mi vedessi addestrarli. – disse ridendo.
Xiaolou fece spallucce.
- D’altronde è risaputo che per venire su bravi attori ci vuole il pugno di ferro. Noi ne siamo la prova vivente.
Dieyi annuì.
- Allora, stasera dove intendevi andare?
- Mi sono liberato di tutti quanti nonostante fosse una prima importantissima, e solo per passare una serata con te. Se ne deduce che mi devi portare nel ristorante più costoso della città.
- Oh… ehi! Tu sarai pure uno che nuota nei soldi, ma quanto al tuo povero Xiaolou cerca di non spremerlo troppo, non è in condizioni…
Dieyi rise di nuovo. Xiaolou si ritrovò a chiedersi quando aveva cominciato a ridere così. E così spesso.
- Su, scherzavo. Andiamo in un posto tranquillo, dove potremo parlare.
**

- …qui…?
Un piccolo baracchino all’aperto, il classico venditore di ramen. Era questo il posto tranquillo per parlare?
Xiaolou gettò uno sguardo a Dieyi, cercando di capire. Lui sembrava al massimo della felicità, sorrideva beato osservando gli sgabelli di fronte al tavolo e quasi batteva le mani per l’agitazione.
- Non sai da quanto tempo non mangio in un posto simile!
Xiaolou rise.
- Mamma mia, Dieyi… qui posso anche offrire io, se vuoi!
L’altro annuì.
- Sì, voglio. Credo che tu non mi abbia mai offerto un pasto in vita tua… mi sembra un buon momento!
Non c’era malizia né risentimento nella sua voce. Dieyi sembrava un bambino entusiasta e basta. E lui, più che altro, si sentiva terribilmente disorientato. Per vari motivi, soprattutto perché rivederlo dopo tanto, dopo dieci anni – “undici, undici”, lo corresse la voce di Dieyi nella sua testa – così uguale a prima e così cambiato, così allegro eppure malinconico, lo aveva scosso. Ma d’altronde, Dieyi lo scuoteva sempre. Perché avrebbe dovuto stupirsi? Sarebbe stato molto più strano se, rivedendolo, non avesse provato niente.
- Allora, che hai fatto in tutto questo tempo? – gli chiese lui addentando un po’ di ramen fumanti.
- Ho continuato a vendere cocomeri, per un po’. Però poi la cosa ha cominciato a diventare davvero poco remunerativa, e con il bambino…
- Hai avuto un figlio?!
- Oh, sì. Adesso non lo vedo da anni, però, è voluto andar via con sua madre, quando ci siamo separati.
- E non ne senti la mancanza?
- Sarò sincero, all’inizio è stata dura. Ma credo fosse più che altro perché ritrovarsi soli in casa, intendo, completamente soli, è strano.
- Sì, ne so qualcosa. – commentò Dieyi con voce tagliente.
- Scusa. – si affrettò a dire Xiaolou, - Non volevo rigirare il coltello nella piaga…
- Bè, ma non pensare che io sia chissà che emarginato sociale, sempre solo a rotolarmi nella sporcizia di casa mia… - disse, ridacchiando, - Ho i miei allievi, ed un sacco di persone che mi vengono a trovare ogni giorno. E poi, modestamente, sono famoso! – concluse facendo una smorfia altezzosa e soffiandosi sulle unghie.
- Sì, signor famoso, ti ricordo che stai mangiando ramen da un ambulante…!
Risero insieme, e Xiaolou cominciò lentamente a sentirsi più a suo agio.
- Comunque, - riprese dopo un altro boccone, - la situazione andava male, e quando il bambino compì sedici anni Juxian andò via, ed io lasciai perdere i cocomeri e mi feci assumere come commesso in un supermercato. Lavoro ancora lì, anche se adesso il supermercato è molto più grande ed io sono stato promosso a cassiere. – disse ridendo amaramente.
Lo sguardo di Dieyi si fece cupo e triste.
- Ma ci pensi? – chiese, - Eri il più grande Re del teatro. Non avevi pari, nel tuo ruolo. E fai il cassiere.
Xiaolou fece spallucce.
- Cosa vuoi che ti dica? Il tempo passa.
- Sì, ma questo non significa che tu debba piegarti alle sue frustate.
- Il fatto che tu sia riuscito a resistere dimostra solo quanto in realtà tu sia molto più portato di me a vivere onorevolmente…
- Non parlare così, Xiaolou. Non siamo a teatro, non stiamo recitando adesso.
Xiaolou rise.
- Ho sempre avuto difficoltà a distinguere il teatro dalla realtà, quando ero con te. Starà succedendo anche adesso, immagino.
Dieyi gli diede un pizzicotto fortissimo sul fianco, e lui gridò dal dolore.
- Fa male, no?
- Accidenti se fa male! Ma che ti è saltato in testa?
- E’ per farti capire che è reale.
- Ma questo non si usa per distinguere il sogno dalla realtà? Che c’entra col teatro?
- C’entra, perché il pizzicotto è come la spada. Sul palco, la spada non taglia mai, ed anche il pizzicotto è dato per finta. Invece io ti ho fatto male, significa che avevo l’intenzione di farlo e l’ho fatto. E questo succede solo nella realtà. Ora capisci?
Esitò un attimo.
- Sì, capisco. Ma non cambia la realtà. Io sono sempre un commesso e tu sei sempre una grande personalità.
- …ecco, adesso dovrei rimproverarti, ma sono troppo attirato dal complimento…
Risero ancora, e finirono di mangiare in silenzio.
Dopo aver pagato, Xiaolou realizzò che erano ormai giunti al momento del saluto. La cosa lo infastidì. Anzi, più che altro gli fece male.
- Pensavo… potresti salire un po’ da me. Ci prendiamo un caffè, ok? L’albergo dove sto è qui vicino… - propose Dieyi con naturalezza.
- Sicuro che non è un disturbo? – chiese con fin troppo entusiasmo, felice dell’opportunità che gli era stata data di prolungare più a lungo quell’incontro.
- Ma no… anche perché, sai, domani riparto… non potremo rivederci facilmente…
Annuì, allegro.
“Facciamo ancora due chiacchiere!”, pensò con ingenuità.
Poi gli tornò in mente Juxian, la sua ex-moglie. Poco prima che lei andasse via, lui s’era ritrovato immerso in una pesantissima nuvola di malinconia che lo faceva sospirare, ed almeno una volta al giorno lo faceva pensare a Dieyi e bisbigliare quanto gli mancasse. E lei ad un certo punto gli aveva detto di odiarlo, perché malgrado loro si trovassero in quella brutta situazione – già da un po’ passavano il tempo a litigare – lui non faceva che pensare a Dieyi, e l’aveva rimproverato perché non era mai riuscito a metterla al primo posto. Dopodiché aveva insinuato qualcosa riguardo al loro rapporto di concubina e re… ed allora lui l’aveva schiaffeggiata.
L’aveva completamente rimossa, quella discussione. Però ora, ripensando all’invito di Dieyi, immaginando di entrare nella sua stanza e magari sedersi sul suo letto… no, non riusciva più a pensare di chiacchierare con tanta ingenuità.
***

- Da quanto tempo ci conosciamo, Xiaolou? – gli chiese Dieyi sorseggiando lentamente il te che s’erano fatti portare dal servizio in camera.
Lui rise.
- Sono sicuro che lo sai meglio di me… io non sono affatto bravo a ricordare queste cose.
- E’ vero… - commentò l’altro sorridendo lievemente, - Infatti ricordo perfettamente che sono ventisette anni.
- Accidenti, così tanto?
Dieyi annuì.
- E sai, in ventisette anni, quante volte ho desiderato che una situazione del genere si evolvesse in un modo diverso che non con te che tornavi nel tuo letto appisolandoti?
Si aspettava, più o meno, un’uscita simile da Dieyi. E s’era preparato una battuta con cui rispondere. Ma in quel frangente non riuscì a tirar fuori neanche un sorriso imbarazzato. Sembrava che l’immobilità si fosse impadronita di lui, rendendolo una bambola di carne.
- Non vedo stupore nei tuoi occhi. L’avevi capito, per caso?
Si riscosse.
- Non quando passavamo insieme la maggior parte del nostro tempo. Non facevo finta di ignorarlo per respingerti, se è questo che pensi. Semplicemente… quando me ne sono accorto era tardi. Ma tardi a livello assoluto.
- Che intendi?
- Bè… ad essere precisi, fino a qualche secondo fa non è che ne sapessi niente. Diciamo che l’avevo intuito senza neanche accorgermene. Diciamo anzi che era nel mio cuore ma non nel mio cervello.
Dieyi rise.
- Per portarla sul poetico…
- Eh, sì. Comunque posso dire di saperlo solo ora che me l’hai confermato tu.
- Ed effettivamente non sono mai stato tanto esplicito come ora… questo fa di te una zucca vuota, sai?
- Bè, non è esattamente una novità…
Neanche si toccavano, ma gli sembrava non potesse esistere un’intimità maggiore.
E comunque, cos’avevano fatto? S’erano dichiarati amore reciproco?
- Io non so cosa… - azzardò, incerto.
Dieyi lo zittì con uno sguardo.
- Devi per forza dire qualcosa che distruggerà tutto? – gli chiese.
Che rapporto incredibile era, quello? Si amavano, si comprendevano, si proteggevano e si leggevano negli occhi, ma non osavano sfiorarsi. Si fossero toccati… sarebbe davvero scoppiato il putiferio? Sarebbe stato davvero così inconcepibile ed inaccettabile?
Xiaolou si disse che doveva staccare la mente dal periodo in cui era un ragazzo, frequentava i bordelli ed il solo pensare di avere un rapporto con un uomo era abbastanza per essere marchiato a vita.
Dieyi gli stava di fronte, tranquillo e beato. Sembrava quasi che la situazione lo divertisse.
- Dunque vai via, domani?
- Già. Perciò se hai qualcosa da dirmi ti conviene farlo subito.
- Scusa, cosa vorresti che ti dicessi?
- Io? Ho una serie di desideri, ma sinceramente in questo momento preferirei che mi dicessi cosa vuoi tu.
Sì, e cosa voleva lui?
Ogni tanto si sentiva dominato dallo slancio, e voleva abbracciarlo. Ogni tanto ne aveva paura e voleva scacciarlo, o scappare via. Quale dei due desideri doveva seguire? A quale donarsi senza rimpianto?
“Stasera deve per forza succedere qualcosa. O non cambierà niente, fra noi.”



“E se davvero non succedesse niente? Se potesse rimanere tutto com’è ora, così, speciale?”
***

Aveva dormito con lui, lì accanto, e non aveva mosso un dito. Anche Dieyi, per quanto deluso ed amareggiato, era rimasto buono e bravo, quasi ai suoi ordini, la qual cosa l’aveva fatto perfino un po’ sorridere. Quando, l’indomani, s’era svegliato, lui stava giù preparando le valigie, e vedendo che apriva gli occhi, s’era messo seduto accanto a lui sul letto.
- Non posso ancora crederci, sai? – aveva mormorato divertito, incrociando le braccia sul petto.
- A cosa? – aveva chiesto lui scacciando il sonno stropicciandosi gli occhi.
- Al fatto che ieri sera non abbiamo fatto un bel niente. Eppure, eravamo partiti così bene…
- Ma smettila! – gli disse lui ridendo e tirandogli un cuscino sul viso.
- E adesso come facciamo?
Xiaolou scrollò le spalle.
- Sta a te. Se vorrai rivedermi, ti basterà trovare un modo per venire qui più spesso possibile…
- Sì, e mi dici come? Ho la scuola a Shangai, non posso mica trasferirla qui di punto in bianco… come potrei spiegarlo ai miei alunni ed ai loro genitori?
- Ah, non è un problema mio. Il mio unico compito è stare qui ad aspettarti.
- Molto comodo, devo dire!
- Sempre stato pigro, io.
Risero un po’, mentre Dieyi si alzava dal letto e tornava a sistemare i suoi indumenti nella valigia.
- E se ci perdessimo di nuovo di vista per i prossimi undici anni?
- Almeno adesso sappiamo che anche dopo tutto questo tempo possiamo continuare ad essere sempre gli stessi, quando siamo insieme…
- Sì, ma fra undici anni saremo due vecchi e non potremo combinare un bel niente…!
- Devi proprio finirla con questi pensieri, tu… ma non dovevi partire?
- Sì, sì, adesso vado, ho il taxi che mi aspetta di sotto.
Questo lo prese di sorpresa.
- Credevo che ti avrei accompagnato io in aeroporto…
- Uh, che bel faccino deluso… vuol dire che quando verrò la prossima volta m’accompagnerai tu.
- Allora ci conto.
- Sì, ma non credere sarà davvero fra altri undici anni. Io non ho mica tutta questa pazienza.
- Non è vero… hai aspettato fino ad ora…!
- Bè, allora diciamo che non voglio aspettare più. – gli sorrise Dieyi chiudendo la valigia e salutandolo con un bacio.
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