Genere: Introspettivo, Triste, Romantico.
Pairing: Zlatan/José.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash, Angst, Flashfic.
- "Non posso aspettare. [...] Dobbiamo vederci adesso."
Note: Scritta per la Notte Bianca @ maridichallenge, su prompt José Mourinho/Zlatan Ibrahimovic, "I can't wait to see Mourinho again".
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UNBALANCE

Nel rapporto assolutamente sbilanciato che lo legava a José, era sempre lui a chiedere, a esporsi per primo, a proporre un passo avanti. Non che la cosa gli piacesse più di tanto, non che ci fosse abituato, peraltro, ma si conoscevano ormai da quasi tre anni ed era sempre stato così. Si sarebbe potuto pensare che il controllo di quella relazione fosse suo, ma era soltanto una condizione apparente: niente si muoveva, niente accadeva davvero se non perché José aveva dato il proprio assenso, e un suo diniego era sufficiente per riportare la loro relazione a momenti preistorici in cui, guardandosi negli occhi, spesso s’erano chiesti perché stessero insieme, cosa trovassero l’uno nell’altro a parte il sesso che valesse davvero la pena di ingannare il mondo e correre un rischio più grande di loro, soltanto per scopare.
Zlatan decise di esporsi anche quella volta. Perché non lo vedeva da troppo tempo per concedersi una riflessione più lunga o un atto un tantino più ponderato. Rilasciò un paio di dichiarazioni di quelle che ancora, nonostante tutto, obbligavano la gente ad associare il proprio nome al suo, aspettò che gli venissero riferite, osservò le risposte sincere e tranquille che ne vennero e poi, in serata, lo chiamò al telefono.
- Non posso aspettare. – disse in un fiato, sentendosi mancare il respiro all’improvviso, - Dobbiamo vederci adesso.
José rise appena, dall’altro lato della cornetta.
- Non sei proprio capace, mh? – chiese a bassa voce. Zlatan provò ad immaginare la sua espressione, le linee delle sue labbra, il profilo del suo viso. Chiuse gli occhi, lo vide e desiderò non riaprirli più, anche se fu solo un attimo fugace.
- Di fare cosa? – chiese a propria volta con aria trasognata, l’immagine di lui ancora intrappolata nella retina.
José rise ancora, e lo stomaco di Zlatan rispose stringendosi in una smorfia d’impazienza.
- Di lasciarmi andare. – rispose. Zlatan spalancò gli occhi. Gli sembrò d’intuire qualcosa, nella sua voce. Una richiesta d’aiuto, forse, anche se non gli riusciva di interpretarne il senso.
- Tu non vuoi che lo faccia. – gli rispose, la voce incerta per un attimo. – Vero?
José si inumidì le labbra, Zlatan pensò alla sua lingua, alla sua lingua contro la propria, alla sua lingua sul suo corpo, alla sua lingua dentro di lui, e pregò intensamente come non aveva mai pregato. Pregò che rispondesse che era vero. Non voleva. Non avrebbe mai voluto.
José non rispose, comunque. Si limitò a dettargli brevemente l’indirizzo dell’albergo nel quale aggiornava, e terminò la chiamata. Zlatan dovette farsi forza, inaspettatamente, per ritrovare tutta la voglia che aveva di vederlo. Si mosse solo quando la sentì scaldargli le viscere ancora e, come ogni volta in cui José non rispondeva alle sue domande, cercò di farselo bastare.
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