Genere: Erotico, Comico.
Pairing: MatthewxBrian. Totally <3
Rating: NC-17
AVVISI: CrackFic, Lemon, RPS, Slash.
- Un giorno, Matt Bellamy torna a casa e trova il suo uomo impegnato in quella che sembra una serissima telefonata di lavoro. In realtà, si tratta di ben altro.
Commento dell'autrice: Dio, voglio scrivere questa cosa da quando ho letto la storia di “Evil Dildo” XD Per chi non lo sapesse, è la traccia nascosta di Without You I’m Nothing, ed è praticamente una musicaccia (X’D) alla quale è stato applicato un messaggio che il povero Bri ha trovato nella sua segreteria telefonica (quando ancora aveva il numero sull’elenco) che, in sostanza, dice “so dove vivi, verrò a casa tua, ti taglierò il cazzo e me lo mangerò dopo averti scopato a sangue” è____é””” Povero tato ._. Chiaramente NON POTEVO scrivere una fic su Brian che ha a che fare con questa gentaccia <_< Per cui ho preferito scriverne una in cui avesse a che fare con ALTRA gentaccia X’D Ovverosia il suo uomo e quei traditori dei suoi migliori amici.
Perché Matt è un cretino, ecco >_<
A parte questo, volevo pure un’occasione per fare apparire tutti i miei tati ç___ç Non ricordavo più neanche da quanto non facevo agire il povero Chris! Continuo a riempire d’amore Matt e Bri senza che nemmeno se lo meritino (>_<) e non faccio fare nulla a quegli altri poveri tati che invece meritano tutta la comprensione e l’affetto del mondo. Oh. Se ve lo state chiedendo, sì, è questo il motivo per il quale sono tutti così totalmente fighi e intelligenti. Perché volevo dimostrare loro la mia profondissima devozione. Oh.
Fin dall’inizio ero indecisa se farla diventare lol o porno :O Alla fine mi sono adattata e ho fatto un porno-lolololol-porno che tra l’altro ha una struttura linearissima e quindi spero non sia noiosa XD
Dedicata con tanto amore alla Nai, alla Nacchan e alla Mika che l’hanno letta passo dopo passo assieme a me, di dieci minuti in dieci minuti, e alla Juccha e alla nee-chan che hanno letto in anteprima assoluta la prima scena di sesso XD Amo essere circondata da donnine perverse. Perché lo sapete, che siete perverse, vero? X3 *ama il mondo*
Pairing: MatthewxBrian. Totally <3
Rating: NC-17
AVVISI: CrackFic, Lemon, RPS, Slash.
- Un giorno, Matt Bellamy torna a casa e trova il suo uomo impegnato in quella che sembra una serissima telefonata di lavoro. In realtà, si tratta di ben altro.
Commento dell'autrice: Dio, voglio scrivere questa cosa da quando ho letto la storia di “Evil Dildo” XD Per chi non lo sapesse, è la traccia nascosta di Without You I’m Nothing, ed è praticamente una musicaccia (X’D) alla quale è stato applicato un messaggio che il povero Bri ha trovato nella sua segreteria telefonica (quando ancora aveva il numero sull’elenco) che, in sostanza, dice “so dove vivi, verrò a casa tua, ti taglierò il cazzo e me lo mangerò dopo averti scopato a sangue” è____é””” Povero tato ._. Chiaramente NON POTEVO scrivere una fic su Brian che ha a che fare con questa gentaccia <_< Per cui ho preferito scriverne una in cui avesse a che fare con ALTRA gentaccia X’D Ovverosia il suo uomo e quei traditori dei suoi migliori amici.
Perché Matt è un cretino, ecco >_<
A parte questo, volevo pure un’occasione per fare apparire tutti i miei tati ç___ç Non ricordavo più neanche da quanto non facevo agire il povero Chris! Continuo a riempire d’amore Matt e Bri senza che nemmeno se lo meritino (>_<) e non faccio fare nulla a quegli altri poveri tati che invece meritano tutta la comprensione e l’affetto del mondo. Oh. Se ve lo state chiedendo, sì, è questo il motivo per il quale sono tutti così totalmente fighi e intelligenti. Perché volevo dimostrare loro la mia profondissima devozione. Oh.
Fin dall’inizio ero indecisa se farla diventare lol o porno :O Alla fine mi sono adattata e ho fatto un porno-lolololol-porno che tra l’altro ha una struttura linearissima e quindi spero non sia noiosa XD
Dedicata con tanto amore alla Nai, alla Nacchan e alla Mika che l’hanno letta passo dopo passo assieme a me, di dieci minuti in dieci minuti, e alla Juccha e alla nee-chan che hanno letto in anteprima assoluta la prima scena di sesso XD Amo essere circondata da donnine perverse. Perché lo sapete, che siete perverse, vero? X3 *ama il mondo*
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TRY AND RUN
You make me sick
Because I adore you so
I love all the dirty tricks
And twisted games you play
On me
“Space Dementia” – Muse
Because I adore you so
I love all the dirty tricks
And twisted games you play
On me
“Space Dementia” – Muse
Quando entrò in casa, Brian era in piedi davanti alla finestra, e guardava Londra ai suoi piedi con grande interesse, annuendo di tanto in tanto.
- Mh. Sì. Capisco. – disse, mettendo una mano sul fianco.
Matthew capì che stava parlando al telefono, e in effetti il cordless non si trovava dove avrebbe dovuto essere, sul comodino.
Lo salutò con la mano, posando cautamente le chiavi sulla consolle all’ingresso, senza fare rumore, per non disturbarlo. Brian rispose al saluto e alla gentilezza con un semplice cenno del capo.
- Bene. Grazie e arrivederci. – disse infine, terminando la chiamata e gettando distrattamente il telefono sul divano.
- Era Alex? – s’informò Matt, che dal suo tono aveva ipotizzato potesse trattarsi di una telefonata di lavoro.
- Oh, no. – rispose Brian con un naturale mezzo sorriso, - Solo una telefonata oscena.
Matthew spalancò gli occhi.
- Prego?
- Una telefonata oscena. – ripeté Brian, come stesse parlando del tempo, - Di quelle con gli ansiti e i vocioni che ti dicono “entrerò in casa tua e ti sfonderò il-
- Ho capito!!! Ma che storia è?!
Brian ridacchiò.
- Non ti è mai capitato di assistere perché stai qui da poco, ma succede abbastanza spesso. Quando non sono oscenità sono minacce, e comunque preferisco le prime alle seconde.
- …ma scusa, - chiese incredulo Matt, - perché non gli chiudi il telefono in faccia? Perché ascolti?
- Be’, perché se non lo facessi richiamerebbe. Devo lasciarlo sfogare…
- Perciò aspetti che si faccia una sega e nel frattempo intrattieni un’amabile conversazione?! Perché parli? E cosa significa “grazie e arrivederci”?!
- Dovrò pur dire qualcosa, se non mi sente partecipe non si soddisfa mica…
- Grazie e arrivederci?!
- Mi ci vedi ad ansimare “sì, continua, così”?
- PER CARITA’ DI DIO!!!
- Ecco, appunto.
Esterrefatto, Matthew lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e si limitò a guardarlo come fosse pazzo.
- Oh, non c’è bisogno di angosciarti così! – sbuffò Brian, - È solo una telefonata, non mi hanno mica violentato!
- A parte il fatto che a quanto pare è un’abitudine, - replicò Matt adirato, - scusa se mi preoccupo per te!
- Ma non hai niente di cui preoccuparti… anche perché… insomma, diciamocelo, le telefonate oscene… - continuò Brian, il sorriso che diventava mano a mano lascivo, sulle belle labbra, - …possono essere parecchio interessanti…
Matthew, per un momento, davvero non seppe cosa dire.
- Se per interessanti intendi eccitanti, - dichiarò infine, il volto senza espressione, - sappi che ti ucciderò.
Per tutta risposta, Brian rise come una scolaretta, e a Matt venne quasi davvero voglia di ammazzarlo.
- No, senti. – disse invece, massaggiandosi le tempie, cercando di riacquistare padronanza delle sue facoltà mentali, - Non capisco. Come faccia tu a trovare eccitante il pensiero di un gigante nerboruto che si fa una sega ansimando oscenità al telefono, per me, è fuori da ogni logica.
Brian rise ancora, avvicinandoglisi con fare civettuolo.
- Non pensare al gigante nerboruto, adesso. – disse dolcemente, scivolando sulla sua spalla con un movimento falsamente casuale, - Prova a pensare alla mia voce.
Matthew inspirò profondamente, cercando di non pensare al bacino di Brian pressato contro la sua mano inerte lungo il fianco.
- Brian, senti- - cercò di controbattere, ma l’uomo glielo impedì, poggiandogli due dita sulle labbra.
- Ssssh. Chiudi gli occhi.
- Brian!
- Chiudi gli occhi. – insistette guardandolo, l’espressione del volto completamente indecifrabile.
Si ritrovò ad ubbidire, costretto neanche lui sapeva bene da cosa.
Brian sorrise – Matt poté percepire il movimento delle sue labbra – e lo guidò delicatamente a sedersi sul divano, accomodandosi poi al suo fianco.
- Immagina che io sia lontano da te. In un’altra casa. Un’altra città. Un altro universo. – sussurrò a un millimetro dalla pelle del suo collo.
Matthew rabbrividì e strinse le mani attorno al tessuto leggero del pantaloni di lino.
- Non puoi vedermi. Non puoi… - esitazione, sfregamento lievissimo, labbra contro pelle, un millisecondo, quasi impercettibile, sconvolgente, - non puoi toccarmi. Hai solo un telefono.
Matt deglutì.
Dio solo sapeva se non aveva voglia di saltargli addosso in quell’esatto momento.
- Mi chiami… io ti rispondo…
- Brian…
- Sssh… mi chiedi come sto, parli del più e del meno, sei gentile…
Lo sentì spostarsi. Adesso si trovava davanti a lui. Non poteva vederlo, ma sarebbe riuscito a indovinare la strada per la sua bocca al primo tentativo.
- A me manchi… mi manca il tuo corpo e non posso averlo… mi mancano le tue carezze e non posso sentirle… te lo dico… e tu rispondi che anche per te è così… che vorresti toccarmi, che vorresti baciarmi, che vorresti scoparmi…
- Brian… - lo chiamò, quasi implorante, l’erezione ormai fastidiosamente dolorante sotto i vestiti, - Brian, ti prego…
Provò ad allungare la mani nella sua direzione, ma Brian lo fermò, inchiodandogliele al divano con le proprie.
- Non puoi toccarmi… - gli ricordò, in un sussurro roco, - Puoi solo ascoltare la mia voce…
Matthew si leccò le labbra.
E dal momento che non c’era molto altro che potesse fare, in un impeto di frustrazione se le morse pure.
La cosa divertì molto Brian, che si lasciò andare ad un altro risolino da ragazzina maliziosa – facendolo morire.
- Sì, ti immagino fare una cosa simile… al telefono mi dici che mi stai immaginando nudo… sul letto… stai immaginando di sfiorarmi con le dita… di baciarmi sul petto, sulla pancia, di giocare con la lingua nel mio ombelico, come fai sempre…
- Cristo… - mormorò a mezza voce, provando a liberarsi dalla stretta di Brian, - lasciami andare… non ti tocco, giuro, lasciami le mani…
Lui lo lasciò andare con uno sbuffo divertito.
- E mentre tu continui a parlare al telefono, Matt, tesoro… io mi spoglio sul serio… e chiedo anche a te di farlo… e ti dico “toccati”, e tu rispondi che lo stai già facendo… allora lo faccio anch’io… mi senti ansimare…?
Come avrebbe potuto non sentirlo? Lì, a un millimetro da lui! Avrebbe potuto semplicemente sporgersi, gettarlo a terra e scoparselo, e invece stava lì, immobile, sul divano, ascoltandolo gemere mentre si masturbava.
- Puoi toccarti anche tu, Matt… - concesse Brian a mezza voce, e Matt non se lo fece ripetere due volte. Si rilassò contro lo schienale del divano e assalì bottone e lampo dei pantaloni, alla ricerca spasmodica di un po’ di soddisfazione per la sua eccitazione pulsante fra le gambe.
Brian si agitava sulle sue gambe, era così vicino… sentiva il tessuto ruvido dei loro pantaloni sfregare, rapido e insensibile, ah, quanto avrebbe desiderato che ci fosse pelle nuda e palpitante al suo posto…
- Matt- - gemette Brian un’ultima volta, e quando lo sentì inarcarsi e respirare più velocemente seppe che era venuto, - Matt, ti sto aspettando, vieni anche tu… - e immaginò che al posto della propria mano ci fosse quella di Brian, che lo stesse stringendo, deciso e delicato come l’aveva abituato, e il solo pensiero, il solo pensiero del suo tocco, del suo calore, del suo profumo lo costrinse a venire a sua volta.
Rovesciò il capo all’indietro, ansimando esausto, ancora incapace di aprire gli occhi.
Brian era pazzo.
Gli avrebbe fatto pagare quello scherzetto.
Solo… non in quel momento.
Lo sentì scendere dalle sue gambe e accucciarsi al suo fianco sul divano.
- Matt… - lo chiamò, - Matt, ti è piaciuto…?
- Mpf. – grugnì, irritato, - Non fare queste domande.
Brian rise.
- Lo possiamo rifare…?
- Adesso?
- No, adesso no… - ridacchiò l’uomo, - Un’altra volta.
- Senti, per me sarebbe molto più soddisfacente-
- Però… la prossima volta… lo facciamo davvero al telefono.
Si sentì come mozzare il respiro. Come se i suoi polmoni fossero stati compressi dalla sorpresa, e si fossero ritrovati incapaci di pompare sufficiente ossigeno per tenerlo in vita.
Dischiuse gli occhi e cercò Brian.
Lo trovò accanto a sé, una guancia graziosamente poggiata contro una mano, il gomito sulla spalliera del divano, le gambe accavallate.
Sorrideva.
Era serio.
Costringerlo a non poterlo toccare senza neanche poter sentire il suo dolce peso sulle gambe? Senza poter sentire la sua presenza, senza poter sentire il suo odore, costringerlo a masturbarsi al ritmo metallico di una voce lontana chissà quante miglia e deformata dalla cornetta del telefono?
Era serio.
Era pazzo!
Si alzò in piedi di scatto, e Brian lo osservò stupito, stringendo le labbra con disappunto.
- Tu stai scherzando, forse.
L’uomo spalancò un paio di enormi occhi grigi ed arricciò le labbra, scuotendo il capo.
- Non se ne parla. – disse Matt categorico.
- Avanti-
- Non se ne parla. – ripeté.
Stava già indietreggiando verso la porta, mentre risistemava i pantaloni senza neanche ripulirsi.
Brian incrociò le braccia sul petto.
- Non vorrai andartene? – chiese, incredulo e lievemente offeso.
Matt neanche rispose.
Sollevò stancamente la cornetta, il panino ancora pendente dalle labbra, e biascicò un incomprensibile quanto nervoso “pronto”.
- Dominic? – chiese la voce all’altro capo del filo.
Ciò che restava del panino cadde a terra, disfacendosi lungo il cammino.
- Brian? – chiese il batterista, - È successo qualcosa?
Era abituato a sentirsi chiedere cose simili, quando chiamava, perciò ridacchiò lievemente.
- Niente di particolare. Avevo solo voglia di sentirti.
- Sì. Ed io sono una pecora ed in questo momento sto belando. – rispose Dom con uno sbuffo divertito, mentre Brian si lasciava andare ad un’altra risatina delle sue, - Comunque, sul serio. Qualche problema?
Brian sospirò, prendendosi un attimo di tempo per riflettere.
- Senti, Dom. – disse infine, - So che non approverai quello che sto per dirti-
- Hai fatto del male a Matt?
- …be’, no. Non in senso stretto, almeno.
- Spesso il senso lato è molto più simile al senso stretto di quanto non si pensi.
Brian rise ancora.
Adorava il lato protettivo di Dom. Il lato protettivo di Dom metteva al sicuro Matt. E metteva lui in condizione di poter osare un po’ di più, quando era il caso.
- Non gli ho fatto del male. L’ho solo frustrato un po’.
- …in senso sessuale, chiaramente.
- Sì, chiaramente.
- E allora non vedo per quale motivo dovrei disapprovarti. – commentò Dom ridacchiando. Non la risatina derisoria che Brian si sarebbe aspettato – nei propri confronti per essere così ostinatamente infantile quando giocava? O nei confronti di Matt, per essere così succube dei suoi tentativi di renderlo pazzo?! – bensì una risatina comprensiva, quasi complice. - Cosa gli hai combinato?
- Uhm… - spiegò titubante Brian, - Qualcosa sulle telefonate erotiche.
- Dio! Sarà scappato!
- …complimenti. Hai vinto un pacco di biscotti.
- Lo conosco da tre vite e mezzo, figurati. Se voglio dei biscotti me li compro. Comunque povero Brian, spero che almeno ti abbia lasciato concludere!
- Sì. Be’, in effetti l’ha fatto perché per prima cosa doveva concludere anche lui, e per seconda cosa perché… non sapeva ancora cos’è che avevo in mente per l’esattezza, secondo me.
- Uuuh, l’hai proprio preso in giro, allora. Si sarà sentito usato e abbandonato come un moccioso trovato in discoteca!
Poteva sentire dei cuoricini malefici nella voce di Dom.
Era quasi inquietante.
- Dominic, sei sicuro sia tutto a posto?
- A parte il fatto che dovrei chiederlo io a te. Se lui si sente come un moccioso da una notte e via tu come minimo ti senti abbandonato all’altare.
- …mi sembri ubriaco.
- No, tranquillo, non lo sono. – disse gentilmente, - Sono solo estremamente divertito. Sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa di simile.
- …di simile a cosa?
- Di simile a te che chiami me per chiedermi di rimandarti Matt a casa appena lo vedo.
Sapeva che Dom era una persona intelligente.
Conosceva l’assoluta assenza di limiti della sua perspicacia. Era stato lui il primo a capire della relazione che era cominciata fra lui e Matt, ed aveva vero un talento per le risposte di “Chi vuol esser milionario?”.
Non avrebbe dovuto stupirsi.
Perciò sogghignò, rigirandosi il filo fra le dita.
- Grazie mille. – cinguettò allegro, - E se avverti anche Chris mi fai un favore.
Poté immaginarlo sollevare un pollice di approvazione verso di lui.
- Sarà fatto, mio capitano! – concluse Dominic prima di riappendere e chinarsi a raccogliere ciò che restava del suo pranzo.
Quando Matt apparve sulla sua soglia, disfatto, sudato, coi capelli scompigliati e con un’oscena macchia scura all’altezza del cavallo dei pantaloni, non poté fare a meno di impietrirsi e guardarlo da capo a piedi con una smorfia disgustata.
- Oh. – disse, incapace di dire altro.
- Sì, be’, - sbuffò Matt, contrariato, - “oh” è riduttivo. Mi fai entrare?
Ancora incapace di trovare voce per commentare, annuì e si scansò dall’uscio.
Quando Matt fu in casa, Dom si richiuse la porta alle spalle con uno scatto isterico e tornò a puntare gli occhi su di lui.
- Che… schifo, Matt! – fu la prima cosa che riuscì a trovare il fiato di dire.
Matt si guardò per benino e poi sospirò pesantemente.
- Non dire niente. Lo so.
Poi fece per sedersi sul primo divano che gli capitò a tiro, ma Dom lanciò un urlo disumano e lo tirò per entrambe le braccia, impedendoglielo.
- Tu sei completamente idiota se pensi che ti lascerò sedere sul mio divano con quei pantaloni! Adesso fila in bagno e datti una lavata, ed escine solo quando potrò guardarti senza vomitare. Ci siamo intesi?
Matt annuì, lievemente confuso, e si diresse a passo incerto verso il bagnetto, mentre Dom volava in camera propria per cercargli qualcosa di pulito da indossare. Quando il biondo ritornò in corridoio, la porta del bagno era già chiusa, e il tintinnare gioioso delle gocce d’acqua contro le pareti di plastica del box doccia lo rassicurò decisamente sullo stato dell’igiene intima di Matthew, cosa che gli fece tirare un enorme sospiro di sollievo.
Si sedette sul pavimento, la schiena contro il legno, e chiamò a gran voce il suo cantante, il quale rispose con un mugugno abbattuto.
- Cosa diamine ti è successo? – chiese, simulando stupore, preparandosi a sentire il racconto dal punto di vista di Matt.
- Brian è impazzito! – borbottò l’uomo al di là della porta, agitandosi al punto da provocare un considerevole smottamento del box.
- Sì, - ridacchiò Dom, abbandonando il capo contro la superficie liscia dietro di lui, - diciamo che vedendoti apparire con un orgasmo ancora fresco… o dovrei dire caldo…? …insomma, un orgasmo fra le cosce l’avevo immaginato.
- Non prendere per il culo adesso, eh?
- No, no, sia mai. Allora, mi racconti cos’ha fatto di così pazzo per farti fuggire da casa senza nemmeno darti il tempo di ripulirti?
- Be’! – disse Matt, e Dom si mise comodo: nei lunghi anni di conoscenza aveva imparato a capire che quando Matthew Bellamy iniziava un discorso con un “be’” ne avrebbe avuto almeno per una mezz’ora. – Oggi sono tornato a casa a pranzo, no?
- Sì.
- E lui era lì al telefono. Mi segui?
- Sì, Matt.
- Ed era tutto un buongiorno e buonasera, arrivederci e grazie! Cioè, capisci, come stesse parlando, chessò, con una sarta! O un qualsiasi altro onesto lavoratore!
- Non era così?
- No che non era così! Stava al telefono con chissà che gigante nerboruto e baffuto che si menava l’uccello ascoltandolo parlare! Cioè, ma ti pare normale?
- Una telefonata oscena? – chiese, fingendosi scioccato, - Ma dai!
- Ma sì!
- Be’, - sospirò, ingannando il tempo piegando i pantaloni e la maglietta che avrebbe dato a Matt quando fosse uscito dalla doccia, - in fondo si tratta di Brian. Non mi stupisce poi molto che riceva telefonate simili.
Matt si agitò al punto che Dom credette che la sua doccia fosse crollata in pezzi.
- Ti vuoi calmare? Fino a prova contraria, la doccia è mia! – si lamentò, disgustato dalla mancanza assoluta di buona educazione da parte del suo migliore amico.
- Mi vuoi spiegare come faccio a calmarmi?! – strillò Matt, isterico, - A parte il fatto che il mio uomo mi tradisce con tipi che gli dicono porcate al telefono!
- Il tuo uomo non ti tradisce, Matt…
- A parte questo! Dopo questa telefonata Brian s’è messo in testa che doveva farmi provare questo fatto allucinante delle telefonate erotiche…
- …e ti lamenti? – rise Dom, battendo una mano sul pavimento, - Un po’ di kinky sex non ha mai fatto male a nessuno. Tanto meno a te e tanto meno in questa occasione, come testimoniano i tuoi poveri pantaloni.
- Tu vuoi scherzare!!! – gridò Matt, chiudendo finalmente il rubinetto dell’acqua e uscendo dal box con uno scatto isterico, - È stato una tortura!!!
Dom lo osservò uscire dal bagno scavalcandolo, avvolto appena in un asciugamano, e guardarsi intorno alla ricerca di vestiti da indossare. Gli porse gli indumenti che ancora teneva in mano, sollevandosi da terra.
- Una tortura, Matt? – chiese con sufficienza, osservandolo rivestirsi davanti a lui senza un briciolo di pudore – benedetto ragazzo.
- Una tortura! – ripeté l’uomo, abbottonando i jeans e sistemando alla bell’e meglio i capelli perché non sporgessero da troppi lati, - Mi si è seduto addosso e ha cominciato a dire porcate e masturbarsi, e pretendeva che io non lo toccassi! Non so se ti rendi conto!
- …comunque siete venuti entrambi, mi pare.
- Sì! Ma il problema non è stato tanto questa pratica sessuale allucinante, - Matt ha un’idea un po’ limitata delle pratiche sessuali allucinanti, pensò Dom con rassegnazione, - quanto il fatto che dopo, come se niente fosse, prende e mi cinguetta “la prossima volta lo facciamo sul serio al telefono, ci stai?”!!! Ma ti rendi conto?!
Dominic sospirò, incrociando le braccia sul petto.
- Quindi il tuo problema in sostanza sarebbe… che non vuoi scopartelo a distanza ma vuoi farlo solo dal vivo.
- Esatto!
- …e per risolvere questo problema tu vai via di casa?
Matt sembrò realizzare all’improvviso cosa aveva fatto, e si congelò sul posto.
- Matt…?
Dom lo osservò accartocciarsi su sé stesso e nascondere il volto fra le braccia, mentre dalla sua gola fuoriusciva un lamento disperato da cane ferito.
- Cosa ho fatto…? – chiese piagnucolando, - Cosa diamine ho risolto…?
Dominic si chinò al suo fianco, dandogli qualche colpetto sulla spalla nel tentativo di confortarlo.
- Avanti, - disse dolcemente, - hai fatto una stupidaggine, ma non l’hai mica mollato. Puoi sempre tornare a casa e chiedergli scusa e magari provare a fare ciò che ti chiede, sia mai scopri che ti piace.
- Mai! – strillò Matt, risollevando improvvisamente il capo, - Tu non puoi capire! Non puoi capire cosa significa avere Brian a un centimetro, essere eccitati e non poterlo toccare! È già successo in passato e oggi ho riprovato la spiacevole sensazione, e non ci tengo a riprovarla in futuro!
- Ma se tu accettassi il fatto della telefonata – spiegò Dom atono, battendo nervosamente un piede per terra, - non sareste a un centimetro di distanza. Sareste lontani.
- No, no e no! Non capisco! Se posso scoparlo io, per quale motivo dovrebbe volere farsi una sega mentre ascolta la mia voce?! Non ha senso! È malato!
- Però, vedi, Matt, - continuò il batterista, ormai sull’orlo dell’esasperazione, - Brian in passato ha fatto tante cose per te.
- Dimmene una sola!
- E poi comunque non è giusto deluderlo così. Lui ti soddisfa sempre.
- Ma che c’entra?! Non mi sta soddisfacendo adesso!
- E inoltre non devi dimenticare che ti lascia sempre fare l’attivo ogni volta che vuoi.
- Ma a lui il ruolo del passivo piace!!! Non stiamo a prenderci per il culo!
- Sì, però lui è sempre gentile con te.
- Ma-
- E non ti fa pesare quando scrivi qualche cazzata per i testi…
- Ma vorrei ben vedere! Proprio lui!
- E anche quando stoni, non ti rimprovera mica, mentre tu non sei mai carino con lui.
- Ma…! Ma non è vero, e poi-
- E quindi io trovo veramente poco sensibile che tu l’abbia lasciato in quel modo per venire qui da me senza neanche lavarti.
- Ma renditi conto delle condizioni in cui ero, brutto coso insensibile che non sei altro!
Dominic sospirò ancora, spintonando Matt sul divano e guardandolo dall’alto in basso.
- Adesso segui il ragionamento logico, ok Bells?
Stupefatto, Matt rimase immobile, fissandolo con occhi enormi.
- Brian è gentile con te. Ti ama. Ti ha fatto godere. Poi ti ha chiesto un giochino innocuo, così, per soddisfazione, e tu invece di dire sì con tutto lo slancio e l’amore di cui sei capace, nemmeno ti fermi a discuterne due secondi, no, scappi come se ti avesse appena chiesto di infilarti degli aghi nelle palle. Dico, ma sei normale?
- …
- Ti rendi conto che qua si parla di giochini? E di giochini piacevoli, per di più?
- …ecco… io…
Matt stava cominciando a cedere, registrò il batterista con un ghigno vittorioso sulle labbra.
In quel preciso istante, il telefono decise di squillare. Ma lui non poteva lasciare che il momento di debolezza di Matt passasse. Non poteva mettere a repentaglio il lavoro di costrizione di un’ora, e rischiare di dover ricominciare tutto da capo dopo aver richiuso la cornetta.
Perciò aspettò che scattasse la segreteria telefonica, e che fosse lei a rispondere per lui.
E quello si rivelò l’errore più grande che potesse fare.
La voce di Brian si sollevò gioiosa dall’apparecchio, ignara dello sconvolgimento emotivo che avrebbe provocato di lì a poco.
- Dom? Sono io. Spero che sia andato tutto bene e che Matty si stia già dirigendo verso casa sano e salvo. Be’, fammi sapere. Bye! – gorgheggiò allegramente, prima di spegnersi in un anonimo puh.
Dom e Matt si guardarono in silenzio per un lunghissimo istante.
Poi, d’improvviso, gli occhi del cantante si fecero minuscoli e brillanti di rabbia, mentre sul volto del batterista si dipingeva un imbarazzato sorrisino di circostanza.
- Ecco… posso spiegare… - balbettò il biondo, mettendo le mani avanti.
Matt letteralmente saltò in aria, afferrandolo per il colletto della polo e strattonandolo verso il muro.
- Puoi spiegare cosa, esattamente, Dominic?! Il fatto che ogni tua singola parola non fosse che un tentativo di traviare la mia povera mente per rimandarmi fra le braccia di quel maniaco sessuale?!
- …adesso… non ti sembra di stare un po’ esagerando coi termini…?
- No! – sbottò l’uomo, lasciandolo andare di colpo, al punto che lui quasi perse l’equilibrio, - E non solo! Da oggi in poi, considerati pure un ex migliore amico! Arrivederci e grazie! – dichiarò furente, dirigendosi ad ampie falcate verso la porta d’ingresso.
- Matt…? Dove stai andando…? – azzardò Dom, mentre già lo vedeva sparire oltre l’uscio.
- Da chi potrà capirmi! – annunciò teatralmente Matt, - Dal mio ultimo vero amico!
Chris, registrò Dom.
Quando la porta si richiuse di fronte a lui, e di Matt non fu rimasto che il profumo del bagnoschiuma e i vestiti sporchi – e da bruciare al più presto – gettati per terra, Dominic riprese a ragionare lucidamente.
Chiamare Brian, calcolò, freddo come un cecchino, e poi Chris.
- Tu sei un maledettissimo idiota! – sbraitò istericamente Brian, perforandogli il timpano con migliaia di acutissimi decibel da principessina offesa, - Cos’hai al posto del cervello?! Pelo?!
- Brian, - cercò di spiegare Dom, sospirando pesantemente, - devo ricordarti che è stata la tua voce a sputtanare il nostro accordo?
- E io devo ricordarti che è stata la tua stupidissima segreteria telefonica a invitarmi a parlare?!
- E quindi nel giorno in cui la mia stupidissima segreteria telefonica deciderà di suggerirti di buttarti a testa in giù da un palazzo di venti piani, tu lo farai?
- Sei un cretino e questo non c’entra niente! Si suppone che le segreterie telefoniche stiano lì per prendere i messaggi, non per istigare al suicidio!
Dominic roteò gli occhi esasperato.
- Hai ragione, Brian. Per istigare al suicidio basti tu.
- Cosa?! Come osi?!
- Per quale motivo non puoi scopare come le persone normali? Sai che Matt è limitato in quel senso!
- Appunto! Voglio allargare i suoi orizzonti! Ma lui è un ingrato! E tu sei un idiota! Eri d’accordo con me, com’è che adesso te ne esci con tutte queste proteste?!
- Stavo solo cercando di ragionare. Tutto qua.
- Ah-ha, Dominic James Howard! Non credere che non abbia sentito nella tua voce quella sottile nota di “dal momento che io sto ragionando e tu non mi capisci, è chiaro che tu non ragioni”! Davvero, mi stupisco di te, sei un traditore e un cretino! Non ti si può affidare niente! Se mai un giorno dovessi trovarmi sull’orlo di un burrone, e ci fossi solo tu cui aggrapparmi, ricordami di questo episodio, così potrò prepararmi a morire in pace in ogni caso!
- …Brian?
- COSA?!
Prese un enorme sospiro.
Strinse pazientemente la cornetta fra le mani.
Dischiuse le labbra.
Parlò.
- Matt mi ha praticamente confessato che sta andando da Chris per stringere un’alleanza. Ora. Vuoi che salvi il tuo depravatissimo culo chiamando il mio bassista e avvertendolo del pericolo oppure preferisci stare qui a ricordarmi quanto faccio schifo e lasciare che Matt ti molli?
- …
Godette del silenzio che era riuscito a imporre alla dannata lingua lunga dell’uomo del suo migliore amico, e si concedette un sorriso soddisfatto.
- Ti chiamo per farti sapere com’è andata. – concluse serafico mentre, irritato come una faina, Brian metteva giù il telefono con inaudita violenza.
Un secondo di pausa per riordinare i pensieri e stava già chiamando Chris per scongiurare il disastro.
- Pronto…? – rispose l’uomo dall’altra parte del filo.
Chris aveva questo modo totalmente indisponente di rispondere al telefono… come se si aspettasse che le tue prime parole dovessero essere sempre e comunque “domani morirai”! Era insostenibile, insopportabile, odiava parlare con Chris al telefono!
Ma odiava ancora di più la prospettiva di dover passare i prossimi dieci anni della sua vita ad ascoltare i piagnistei di Brian Molko che non sembrava avere niente di meglio da fare che non fosse incolparlo dei suoi fallimenti nel tenere in piedi una normale relazione di coppia.
Perciò si fece forza, soppresse l’irritazione e si forzò ad un sorriso e a un tono di voce il più amichevole possibile.
- Chris? Dom.
- Oh… ciao Dom.
- Ti prendo in un brutto momento?
- Temo di sì. – sospirò il bassista, e Dom poté quasi vederlo afflosciarsi stancamente su sé stesso, - Hanno appena bussato alla porta e ho la vaga impressione che sia Matthew.
- La vaga impressione…?
- …lo sento strillare.
- Ah.
- È successo qualcosa, vero?
- Così pare.
- Qualcosa fra lui e Brian?
- Già.
Chris si lasciò andare ad un mugolio di dolore puro.
- Perché ci devo andare di mezzo io? – chiese sconsolato, - Perché non è venuto da te?
- È venuto da me. – precisò Dom, comprensivo, - Ma ho fatto un disastro. Mi dispiace veramente tantissimo!
- Se ti dispiacesse sul serio – la voce dell’uomo sembrava sul punto di esplodere in un singhiozzo, - verresti qui e lo porteresti via prima che possa entrare!
- Non posso farlo, Chris, mi dispiace. Al momento Matt mi odia.
Il singhiozzo tanto atteso non tardò ad arrivare.
- Cosa devo fare?
- Sii gentile. – suggerì premuroso, - Fagli fare quello che vuole. Vizialo un po’. Ascoltalo, coccolalo, portalo a fare una passeggiata, vedi tu, ma lascia che smontino i nervi. Dopodiché… - si massaggiò le tempie con due dita, - rimandalo da Brian.
- …ma non hanno litigato?
- Sì.
- E devo rimandarlo da lui?
- Sì.
- …Dom, mi sbranerà!
- Ti prego, - latrò esasperato, - corri il rischio. C’è in gioco molto più della tua vita, qui.
Chris si abbandonò a un momento di atterrito silenzio.
- Va bene. – disse poi, cercando di ritrovare forza e convinzione quantomeno nella voce, - Farò del mio meglio.
Dominic sorrise, per nulla rassicurato.
- Conto su di te. – disse, e nel momento in cui interruppe la chiamata e riattaccò la cornetta seppe chiaramente che non aveva alcuna speranza di salvarsi.
Chris era un uomo facile alla pietà. Lo sapeva da tanto tempo. In fondo, era per pietà che aveva accettato di entrare nei Gothic Plague – e quale essere umano sano di mente avrebbe accettato di entrare in un gruppo con un nome simile se non per pietà?
Ricordava Matthew Bellamy al liceo.
Questo ragazzino minuscolo, magrissimo, con questa espressione inquietante da pazzo scatenato perennemente sul volto. Lo stesso ragazzino che l’aveva avvicinato con titubante arroganza – ma si può essere titubanti e arroganti insieme? Matt lo era! Ma Matt era anche uno strano animale, dopotutto… - e sfoggiando la migliore delle sue espressioni strappalacrime gli aveva praticamente detto che la sua via non era quella della batteria bensì quella del basso, e che gli sarebbe “proprio convenuto” entrare nei Gothic Plague, che sarebbero sicuramente diventati famosissimi.
Fortunatamente i Gothic non lo divennero mai.
Quando cominciarono a godere di un po’ di notorietà avevano già cambiato nome qualcosa come milleduecento volte.
Comunque, lo stesso ragazzino folle di allora gli si parava davanti in tutta la sua allucinata disperazione, ansimando, le lacrime agli occhi e degli abiti evidentemente troppo larghi per lui gettati addosso come stracci e che riconobbe come proprietà di Dom – ma Dom era magro! Diosanto, quanto era sottile Matthew?!
Nel vederlo in quel modo, perfino un uomo dal cuore di pietra si sarebbe sciolto in singhiozzi e gli avrebbe offerto ospitalità per la notte per difenderlo dalle insidie del mondo esterno. E Chris era tutt’altro che un uomo dal cuore di pietra. Perciò, la vista del suo povero cantante, bistrattato dalla perversione del suo uomo e dalla cattiveria del suo migliore amico, semplicemente lo commosse.
- Matt! – disse accorato, aprendo le braccia.
Non si aspettava certo che Matt gli crollasse addosso e scoppiasse in lacrime, ma fu esattamente ciò che successe.
Il che gli diede molto da pensare.
Non tanto sulla sanità mentale del suo frontman, quanto sulla crudeltà infinita che doveva credere di stare soffrendo in quel momento. Matt era decisamente una strana creatura, sì.
- Matt, povero caro… - disse, pensando già con terrore al momento in cui avrebbe dovuto mandarlo via senza pietà, - Cosa cavolo ti è successo?
- Mi odiano tutti! – esplose Matt, separandosi da lui e gettandosi a peso morto sul primo divano che trovò, nascondendo il volto fra i cuscini.
- Nessuno ti odia… - lo rassicurò il bassista, sedendosi al suo fianco e accarezzandogli la testa con fare amorevole, - Ti vogliamo tutti bene…
- Be’, Brian mi vuole uccidere! E Dom non vede l’ora che questo avvenga! Quindi sì, mi odiano!
Chris sospirò, accomodandosi sul divano e aiutando Matt a sedersi in maniera più consona alla sua età, al suo sesso, alla sua dignità, insomma, un po’ a tutto.
- Se vuoi puoi restare qui per un po’. – suggerì pacato.
Matt spalancò gli occhioni. Dovette credere che gli artigli ricurvi e malefici di Brian e Dom non fossero ancora arrivati a lui, perché si lasciò andare ad un sorrisone confortato e annuì decisamente.
- Possiamo fare qualcosa, magari guardare un film… Dio, mi sembri sconvolto! – continuò Chris, premuroso, - Vuoi uscire? Andiamo a mangiare cinese da qualche parte, dai!
- Non mi va tanto di uscire… - confessò Matt, rabbrividendo di paura – cosa si aspettava, che Brian lo attendesse con un cellulare e un biglietto per il Canada appena svoltato l’angolo?
- Allora vuoi semplicemente… rimanere qui e lagnarti un po’?
Matt annuì di nuovo, con rinnovata decisione, mentre si accucciava sul cuscino, incrociando le gambe, pronto a partire con quella che sarebbe sicuramente stata una filippica di un’ora e mezzo sulla crudeltà del mondo, la vacuità dell’animo umano e la perversione delle menti nel ventunesimo secolo – insomma, qualcosa dalla quale avrebbe potuto tranquillamente tirare fuori una canzone per un nuovo album – se…
- Comunque dopo torni da Brian, eh.
…se Chris non avesse distrutto i suoi sogni di gloria e consolazione uccidendolo con quella frase.
- Cosa?! – strillò agitato, saltando in piedi e indietreggiando terrorizzato fino a schiacciarsi contro la porta d’ingresso.
Chris sospirò addolorato.
- Senti Bells, lo so che è difficile – perché diamine i suoi amici si sentivano in diritto di chiamarlo Bells mentre cercavano di convincerlo a rigettarsi tra le braccia del porco?! – ma devi farti forza e tornare dal tuo uomo. Non so cosa sia successo con esattezza, ma-
- Ma niente!!! – ululò esasperato, - Quel tipo orribile esercita violenza di tipo sessuale su di me e voi continuate a dire “povero Brian”?! Ma siete tutti pazzi!!!
Chris spalancò gli occhi.
Non credeva si fosse a un punto simile!
- Come violenza sessuale?! – chiese incredulo, sentendo un altro improvviso moto di protezione nei confronti del suo frontman, - Che diamine ti ha fatto?!
Matt sembrò riconsiderare un attimino ciò che aveva detto.
- Be’, ecco… - spiegò titubante, - non è che proprio mi abbia violentato o che… - esitò lievemente, - …ma ho ragione io, comunque!
Eccola lì.
La titubante arroganza.
- …Matt. Anche io penso che la definizione di violenza sessuale sia molto ampia e definita. Ma ci sono dei canoni dai quali non si può trascendere, renditi conto.
- …sarebbero?
- Uhm. – si prese un secondo di tempo per formulare esattamente il concetto che vagava per la sua mente ormai confusa, - Fondamentalmente, Matt, si è trattato di una violenza costrittiva e dolorosa o di una… “violenza” un attimino frustrante ma alla fine piacevole?
Matthew deglutì.
- È stato orribile! – disse poi, come se questo dovesse bastare a spiegare ogni cosa.
Chris sospirò ancora.
- Matt, rispondi alla domanda.
- …se mi stai chiedendo se sono venuto, ecco, sono venuto! Penso che me ne pentirò per sempre, a questo punto!
Il bassista scosse il capo, sconsolato.
- Non è che voleva solo farti fare qualche giochetto un po’ particolare e tu hai dato di matto?
Matthew rabbrividì, e Chris capì di aver centrato il bersaglio.
- Santo cielo, Matt… - cominciò in tono lamentoso, ma Matt non lo lasciò finire.
- Oh, senti! Se fosse stato un normale giochetto non avrei avuto problemi! Non ho la mente così chiusa, io!
- …Matt, al liceo quando si giocava al gioco della bottiglia pretendevi che tutti si rinunciasse ad usare la lingua perché lo trovavi osceno…
- Avevo sedici anni!
- …e la causa della verginità fino al matrimonio che hai continuato a perorare fino a ventisette anni…?
- Ma ho cambiato idea, poi!
- Sì, perché grazie al cielo hai conosciuto Brian e hai capito che andare avanti a bacetti e ti voglio bene con lui non era nemmeno pensabile!
- Oh! Io sono un uomo dalle amplissime vedute! Ma se Brian mi propone cose oscene io non posso che rifiutare, ecco!
Chris incrociò le braccia sul petto, gonfiando le guance con aria infastidita.
- Bene, allora. Sentiamo quest’oscenità.
Matt aggrottò le sopracciglia.
- Credo che il termine tecnico sia phonesex o qualcosa di simile.
Il silenzio cadde sulla stanza come un enorme pianoforte, schiantando quel minimo di pazienza che ancora Chris possedeva.
- Tu sei un idiota. – constatò il bassista con la massima calma apparente, - Completamente, irreversibilmente idiota.
- Come?!
- Avevo immaginato che ti avesse chiesto come minimo una threesome. Come minimo, Matt.
- Ma-
- Ma niente. – gli fece il verso, le mani sui fianchi, - Tu adesso raccogli questi straccetti che ti porti addosso e fili dal tuo uomo. Ci siamo intesi?
Se possibile, Matthew si schiacciò ancora di più contro la porta.
- È una congiura… - mormorò sconvolto, - una congiura…!
Cercò a tentoni la maniglia della porta, e quando la trovò non perse tempo a rigirarla per fuggire.
- Matt, non fare idiozie. – consigliò un’ultima volta Chris, prima che Matthew sparisse definitivamente, ma lui probabilmente neanche lo sentì – doveva essere terribilmente impegnato ad autocompatirsi.
Con un ultimo sospiro esasperato, si diresse stancamente verso il telefono, e chiamò Dom.
- Dimmi che non è stato un completo disastro. – esordì il batterista, poco convinto, senza neanche salutarlo.
- Okay. Come vuoi. Non lo è stato. – confermò lui atono.
- …lo è stato, vero?
- Totalmente. Comunque il nostro frontman è un idiota.
- Non dirmelo! – si lamentò Dom, come se gli stessero ficcando un palo appuntito nel fianco, - Lo so già. È fuggito?
- Giusto adesso. Di sicuro non sta tornando a casa…
- …Dio. Non lo riprenderemo più. Dove può andare…?
- Be’, penso che continuerà ad andare cercando protezione contro la presunta perversione di Brian. A proposito, se lo senti, fagli sapere che se proprio vuole giocare ci sono io disponibile. Non sarò Matt ma almeno non sono pazzo.
- …lasciamo perdere, eh, Chris? Certe volte dici cose che mi sconvolgono.
- Ma…
- Ho detto lasciamo perdere! – sbottò irritato Dominic, - Comunque, se cerca comprensione andrà da qualcuno che lui è certo possa offrirgliela… una persona che è abituata a vedere con la testa sulle spalle… razionale, paziente, protettiva, dolce a suo modo…
- …
- …
- Stefan. – conclusero all’unisono.
Chris si lasciò andare all’ennesimo sospiro tragico.
- Vado a chiamare Brian. – disse Dom.
- Farà in tempo ad avvertire Stef?
- Oh, sì. – ghignò il batterista, - Mai sottovalutare la velocità di una donna col telefono.
Stefan stava sorseggiando un caffè.
Nell’arco della sua giornata, il Momento Del Caffè era un momento mistico. Il momento in cui non importava quanto lui potesse essere stanco, o angosciato, o frustrato, o irritato: la Gioia s’impossessava di lui; l’Energia guidava i suoi arti; l’Entusiasmo pervadeva la sua mente e lo rendeva velocissimo, efficace, determinato, brillante.
E poi il caffè era buono.
Ma quel giorno, il suo Momento Del Caffè sembrava destinato a una tragica conclusione.
Brian stava sbraitando qualcosa nel suo orecchio da almeno mezzora, e il suo tono di voce era talmente elevato e acuto che la cornetta era diventata bollente.
Brian era capace di far surriscaldare gli oggetti con la sola voce, era inquietante.
- Bri, tesoro… - cercò di calmarlo, poggiando la tazzina ancora mezza piena sul tavolo con enorme sofferenza, - non capisco una parola di quello che dici. Ti ricordo che non sono in grado di sentire gli ultrasuoni.
Brian si schiarì la voce e cominciò a parlare normalmente.
- Sai quel giochino che volevo fare con Matt, e di cui ti ho tanto parlato?
Stefan lanciò un mugolio di sofferta esasperazione, roteando gli occhi.
- Brian, sono mesi che cerco di convincerti che il bondage non fa per Matt.
- No, non quello! L’altro!
- …quello del soffocamento…?
- No!!!
- Ehm…
- La telefonata erotica, idiota!
- Ebbe’, Bri, cerca di capirmi, è difficoltoso stare dietro a tutte le tue fantasie…!
- …
- …comunque. Il giochino. Sì. Ci sono.
- Ecco. Gliel’ho finalmente proposto… - disse in tono lugubre.
- …e non è andata bene, mh? – intuì Stef, allungandosi per recuperare la tazzina ma venendo interrotto sul più bello dallo squillo del citofono all’ingresso.
- È andata malissimo. Non usare eufemismi sciocchi.
- Aspetta, qualcuno sta suonando alla porta, devo vedere chi è…
- È lui! È lui!!! Ne sono certo!!!
- …Matt?
- Sì!
- Perché dovrebbe essere venuto qui?
- Perché sia Dom che Chris non hanno soddisfatto la sua fame di amore!
- …io non soddisferò la sua fame di amore!!!
- …non in quel senso! Stef! Non azzardarti ad alzare un dito su di lui!
- Ma se ti ho appena detto che non ho intenzione!!!
Il citofono trillò ancora, e Stefan cominciò a percepire il mal di testa farsi strada fra le pieghe del suo cervello.
- Bri. Devo aprire.
- No, prima devi ascoltare! Matt vorrà comprensione e consolazione! Tu dagli pure tutto quello che vuole o che vuoi, a parte il sesso!, e dopodiché rimandalo da me!
- Non tornerà mai.
- A questo non pensarci! Tu rimandamelo!
- Brian… - sospirò Stef, adocchiando il suo ormai lontano caffè con innamorata nostalgia, - da quand’è che hai di nuovo sei anni? Mi preoccupi.
Brian ridacchiò malizioso.
- Un seienne con gli appetiti sessuali di un vecchio maniaco. – precisò Stef.
- Ehi! – si lamentò Brian, ma già il bassista non lo ascoltava più, e rivolgeva tutta la sua attenzione al citofono che ancora trillava isterico all’ingresso.
- Sì, chi è? – chiese annoiato, allontanando la sbraitante cornetta del telefono dall’orecchio.
- Io… - rispose Matt in un pigolio demoralizzato.
Stefan sospirò, al colmo della disperazione.
- Matt. Che sorpresa. – disse atono.
- …non è una sorpresa? – chiese Matt, incuriosito.
- Per la verità no. Stavo giusto parlando con Brian.
Matt si lasciò andare a un suono strozzato molto simile a un singhiozzo, mentre dalla cornetta Brian strillava qualcosa di fin troppo simile a uno “Stefan, brutto traditore, me la pagherai!”.
- Stef! Non puoi abbandonarmi anche tu! – disse il frontman dei Muse, a un passo dalle lacrime, - Tu sei una persona intelligente e affidabile! Non farmi questo!
Stefan avrebbe tanto desiderato potersi massaggiare gli occhi. Ma aveva entrambe le mani occupate.
Questo lo portò a detestare definitivamente la situazione in cui si era involontariamente cacciato, e a decidere che era il momento di prenderne le redini per ribaltarla.
- Matt. Tesoro. Io ti voglio bene, sei un caro ragazzo e tutto, ma posso badare solo a un pazzo per volta. Va’ da tua madre e lasciami in pace. – e così dicendo ripose il citofono, e la comunicazione si spense con la voce di Matthew che, in dissolvenza, implorava pietà, - E quanto a te, Brian. – continuò impaziente, riavvicinando la cornetta all’orecchio, - Sei uno scemo. Non hai pietà. E non meriti comprensione. Quando capirai i tuoi errori, va’ da Matt e implora il suo perdono e speriamo che vada tutto bene. Per il momento, non ho altro da dire.
Chiuse così anche la conversazione telefonica, senza lasciare a Brian neanche il tempo di dire “bah”.
Dopodiché ci pensò su e decise che era opportuno staccare il telefono, cosa che fece prontamente.
Ritornò in cucina, dove la tazzina di caffè ormai gelato lo aspettava impaziente. Poteva percepire la sua tristezza di ceramica, e il suo cuore ne era straziato. La prese delicatamente fra le mani e provò appena ad assaggiare il liquido che conteneva, ma per quanto il suo amore per il caffè potesse essere grande dovette arrendersi al fatto che quello non era più caffè e non meritava alcun affetto.
Gettò tutto nel lavandino e mise su un’altra caffettiera.
- Ti ucciderò!
Generalmente, Steve era una persona pacata e tranquilla. Si sarebbe potuto dire perfino inamovibile. Quasi un panda, nella sua enorme, serafica calma.
Ma le minacce di morte di Brian erano terribili! Lo erano dal vivo, quando ti guardava con quegli occhi enormi iniettati di sangue, e lo erano anche il doppio via telefono, quando la sua voce era resa metallica e acuta in maniera quasi perforante dalla connessione via cavo.
Perciò, nonostante la pacatezza, la tranquillità, l’inamovibilità, la panditudine e la serafica calma, Steve fece un saltello sul divano e lanciò un “gh” di puro terrore.
- Perché?! – chiese giustamente, stringendo la cornetta fra le mani.
- Perché – si affrettò a spiegare Brian, - se mi tradisci anche tu giuro che vengo a casa tua, ti sventro e ti divoro!
- …non capisco perché dovresti volere divorarmi, Brian!
Il cantante prese un enorme sospiro e si apprestò ad illustrare la situazione.
- Matt è stato terrorizzato da una mia proposta sessuale.
- Non stento a crederlo.
- Non era così drammatica!
- Non stento a credere neanche questo. Conosco te e conosco Matt. Ma io cosa c’entro?
- Be’, Matt è andato in giro per il mondo cercando comprensione per questa sua fuga francamente immotivata…
- …e tu hai creato terra bruciata attorno a lui?
- Una specie.
Steve gemette drammaticamente, passandosi una mano sulla fronte.
- Brian, perché devi fare questo?
- Non ho fatto niente!
Steve gemette ancora, socchiudendo gli occhi.
- Va bene. – disse, - Immagino stia venendo qui.
- Credo di sì. Sei l’ultimo che gli è rimasto.
- …fa sempre piacere sentirselo dire. – borbottò irritato, - Comunque tranquillo, non lo strapperò dalle tue grinfie malefiche.
- …perché mi sembri totalmente disinteressato alle sorti del mio uomo?
- Perché lo sono?
- …guarda che devi trattarlo bene! Ne ho solo uno!
- A parte il fatto che ti basterebbe fare una passeggiata per strada per averne almeno un centinaio, queste bagattelle sessuali tra te e Matthew si risolvono sempre allo stesso modo: lui cede e alla fine siete soddisfatti entrambi. Quindi per quale motivo dovrei preoccuparmi adesso?
- Perché adesso è diverso!
- E perché, se è lecito chiedere?
- …
- Ecco, bravo. Comunque sta’ tranquillo. Vedrai che andrà tutto bene. Saluti. – e interruppe la chiamata prima che Brian potesse aggiungere una qualche altra idiozia.
Sul momento, pensò di tornare all’attività che lo stava tenendo gioiosamente occupato prima che il telefono squillasse – ossia dormire, da bravo panda – ma un minuscolo quanto fastidioso pensiero lo turbò al punto che non poté ignorarlo.
Matthew Bellamy era uno degli individui più lagnosi dell’universo.
E uno dei più cocciuti.
E uno dei più stupidi, anche.
…sarebbe bastato dirgli “vai via” perché si rassegnasse a farlo…?
Nel momento in cui il no che il suo cervello gli diede in risposta lo colpì dritto in fronte come una tegola, scattò in piedi e si attrezzò per barricare la porta d’ingresso del suo appartamento. Sfoggiando un’invidiabile presenza di spirito e di fisico, spostò un divano davanti all’uscio e bloccò la maniglia con una sedia posizionata per traverso.
Non c’era modo che una simile barricata potesse essere divelta da quell’esserino gracile e smunto che era il frontman dei Muse.
Il quale, puntualmente, bussò alla porta nel giro di dieci minuti, chiamandolo a gran voce come se dalla sua bontà dipendesse la sua stessa vita – cosa che in effetti, vagamente, rispecchiava la realtà.
- Vattene via! – disse, con un tono più allarmato di quello che avrebbe voluto.
Matthew lanciò un miagolio sofferente.
Poteva immaginare quanto il pover’uomo fosse provato dalla faticosissima giornata che aveva dovuto sopportare, ma non intendeva cedere, né tantomeno mettersi in pericolo.
- Non posso farti entrare! – confessò, ribadendo implicitamente l’invito a sparire.
- Steve! – piagnucolò Matt, attaccandosi alla porta e cominciando a tempestarla di pugni, - Sei la mia ultima speranza! L’ultima che mi resta!
- Allora, - concluse seccamente, sinceramente straziato dalla crudeltà che gli toccava mostrare e che di sicuro non lo riempiva di orgoglio, - non ti è rimasto nessuno. Mi dispiace Matthew. Va’ a casa.
Percepì Matt congelarsi oltre la porta. Lo sentì indietreggiare, lanciare un ultimo lamento disperato e poi correre giù per le scale, come se non gli importasse di cadere e spezzarsi il collo.
Sospirò, abbandonandosi stancamente contro il divano.
Non che fosse preoccupato di aprire il giornale l’indomani mattina e trovare in prima pagina un titolo tipo “Giovane frontman di una celebre rockband inglese trovato annegato nelle sue stesse lacrime in un bidone della spazzatura!”, ma…
…Matthew era pazzo!
Dio solo sapeva cosa avrebbe potuto fare in una situazione del genere!
Improvvisamente preda dei sensi di colpa, corse al telefono e chiamò Brian, ma l’apparecchio dell’appartamento squillò a vuoto.
“Sarà sceso a cercarlo?”, si chiese, non senza una buona dose di incredulità.
Alla fine, concluse che sarebbe stato meglio per la propria sanità mentale credere intensamente che sì, Brian fosse andato alla ricerca di Matthew, l’avesse trovato, avesse fatto pace con lui e risolto il dramma prima che riuscisse a consumarsi.
E, credendo fermamente in tutto questo, si appisolò beato.
Si rassegnò semplicemente a tornarsene a casa, come gli aveva detto di fare Steve. Evidentemente nessuno capiva cosa stava provando. Evidentemente nessuno capiva il suo dramma.
Probabilmente avevano ragione loro.
Probabilmente lui era solo uno stupido che non aveva capito niente della vita, del sesso, di Brian e di nient’altro in generale.
Probabilmente avrebbe dovuto semplicemente sottomettersi una volta di più e accettare anche quella sfida, d’altronde Brian non faceva altro che lanciargli sfide, continuamente, e da un anno a questa parte lui aveva ormai imparato ad accettare la sottomissione come il metodo più facile per ottenere ciò che anche lui voleva senza deludere Brian e senza perdere troppo tempo in chiacchiere o in litigi.
Ma…
…ma dannazione.
Il corpo di Brian era una fottutissima droga.
Il problema non era la distanza o l’obbligo di usare il telefono. Il problema era che ormai, dovunque fosse stato non avrebbe fatto la minima differenza, perché avrebbe inseguito il suo profumo e il calore della sua pelle, l’avrebbe trovato e se lo sarebbe preso.
Non poteva pensare di sottoporsi volontariamente a una pratica che lo privasse di quel contatto. Il contatto con Brian era a tratti l’unico motivo per il quale respirava! Quando qualcosa andava storto, quando una dannata canzone non veniva bene, quando cannava un live, stonava, mandava a monte una giornata di registrazione per una vaccata qualsiasi, era il pensiero che sarebbe tornato a casa e avrebbe toccato Brian a tirarlo su di morale, a impedirgli di abbandonarsi sconfortato in qualche angolo umido e buio e lasciarsi disciogliere nella disperazione così.
E avrebbe dovuto accettare il phonesex? Per carità!
Brian doveva solo ringraziare se non pretendeva di scoparlo ogni minuto del giorno e della notte!
Aprì la porta con un sospiro rassegnato, guardandosi intorno e notando immediatamente che qualcosa non andava.
Non c’era la minima traccia del profumo di Brian, in casa.
E, assieme a questo, le tapparelle completamente chiuse delle finestre e il silenzio innaturale che regnava nell’appartamento, contribuirono a fargli realizzare in un istante che… se n’era andato.
Via.
Sparito.
Volatilizzato.
Come non fosse mai esistito.
Pa-ni-co.
Si gettò in una disperata ricerca per tutte le stanze, salotto bagno studio cucina stanza da pranzo, e quando approdò in camera da letto, e vide il cordless graziosamente appoggiato sul piumone, e intuì la sagoma di un biglietto poggiato appena accanto alla cornetta, capì.
Era. Fottutamente. In. Trappola.
Si gettò a peso morto sul letto, affondando col viso nel cuscino e lamentandosi istericamente – perché, perché devo essere così sfigato? Perché non posso trovarmi un uomo normale? Perché DIAMINE Brian dev’essere così perfetto e così dannatamente odioso?
Si rigirò sul materasso, afferrando il biglietto con un gesto stanco e vagamente irritato. “Call me”, recitava in rotondeggianti letterine rosse.
- Bastardo… - mugugnò.
Chissà dov’era finito.
Quello era un tipo capace di nascondersi in un bunker sotto terra, in una situazione come quella!
Non sarebbe mai riuscito a trovarlo.
Cazzo, cazzo e ancora cazzo.
Lo odiava.
Prese il cordless e fece per rimetterlo a posto sul comodino, ma se ne pentì un attimo prima di farlo. Rimase come inebetito a fissare il display appena illuminato, e i tasti grigi e gommosi che sembravano suggerirgli “spingici, è facile!”, tutti sorrisetti malvagi e vocine melliflue.
Socchiuse gli occhi. Poggiò un braccio sul viso, giusto per assicurarsi di non riuscire a vedere niente neanche riaprendoli. E compose il numero del cellulare di Brian.
Lui rispose subito.
- Pronto?
Vocina melodiosa e risata argentina.
Dannato, dannatissimo bastardo.
- Dove cazzo sei? – chiese, e mai la sua voce gli era sembrata tanto simile a un’invocazione disperata.
- Parigi. – rispose naturalmente Brian, con un’altra allegra risatina.
- Parigi! – ripeté lui, sconvolto. Sapeva che sarebbe successo! Lo sapeva!
E malgrado tutti i vaneggiamenti sull’andare inseguendo il suo profumo in giro per il mondo… la sua giornata era stata davvero troppo massacrante perché si pretendesse da lui che saltasse in piedi, corresse a comprare un biglietto aereo e volasse dovunque Brian si trovasse solo per scoparlo.
Aveva dei limiti umani, in fondo.
- Brian, questa cosa non può andare avanti.
- Infatti, Matt. Sono qui proprio per chiuderla.
- …
- Indovina che sto facendo…?
- …ma cosa vuoi che ne sappia…
- Eh, ma se non giochi…
- Brian, senti-
- Indovina cosa sto facendo, dai.
C’era qualcosa, nel suo modo di mantenere un tono di voce tranquillo, pacato… una sicurezza tutta sua, un atteggiamento che gli aveva sempre invidiato, una delle cose che più amava di lui.
Brian sapeva davvero giocare bene.
Aveva un vero talento per i giochi.
Dettava legge.
Le sue non erano mai richieste, solo ordini. Espliciti, il più delle volte. Ma anche quando un sorriso o uno sguardo riuscivano ad essere talmente impliciti da farti domandare se per caso non volesse solo una carezza e un bacino, bastava che passasse un attimo, che la curva delle sue labbra si ricoprisse di malizia, che le sue ciglia lunghissime si abbassassero un po’, dando un’aria languida ai suoi occhi, per farti capire esattamente ciò che voleva. E gettarti in faccia la consapevolezza che lo volevi anche tu. Infiammando i tuoi lombi.
Non c’era niente di Brian che non richiamasse il sesso.
Lui lo sapeva.
E amava sfruttarlo.
- …sei sul letto…? – chiese arrendendosi, e notò un brivido nella propria voce che lo sconvolse.
Brian ridacchiò, e Matt ebbe l’impressione che si stesse coprendo la bocca con una mano.
La semplice immagine lo mandò in estasi.
- Nono. – rispose giocoso, - Indovina… - e così dicendo allontanò la cornetta da sé.
Pochi secondo dopo, Matt sentì scorrere dell’acqua.
Dio. Cristo.
Era in bagno.
- Cosa stai facendo…?
Lo sentì accomodarsi meglio nella vasca.
- Sto facendo un bel bagno caldo… schiuma, oli essenziali… e dopo crema profumata…
- Dio… sei una femmina… - disse, con poca convinzione, sperando di salvarsi in corner spezzando la tensione che s’era creata.
Brian si limitò a ridere e riportare tutto in carreggiata.
- Se fossi qui… e mi vedessi… non la penseresti così.
Ed era finita.
Lo sapeva.
Tanto valeva lasciarsi andare, una buona volta.
- …sei eccitato?
- Mmmh… - rispose lui, - Sì…
- Mi vorresti lì, vero…? – e la mano non era più sugli occhi. E gli occhi erano perfettamente aperti. E coscienti. E Dio, poteva sentirsi grondare eccitazione.
- Sì, Matt… mi manchi un casino… ho una voglia pazzesca…
- Anche io… - bisbigliò, e in un certo senso era piacevole rendersi conto di stare guidando lui il gioco, - Dio, ti vorrei avere qui davanti agli occhi… tutto bagnato…
- …cosa mi faresti…?
La mano scese pericolosamente sul cavallo dei pantaloni, dove si fermò esitante.
- Ti bacerei… le labbra, il collo… mi spingerei contro di te…
- Mmmh, sì, Matt… fallo…
La mano si nascose sotto i pantaloni, sfiorando quasi con timore l’erezione pulsante nei boxer.
- Lo sto facendo… - basta esitazioni, basta paure, una stretta decisa, come quella di Brian, morbida e sicura intorno a lui, - Mi senti…? – ansimava, ansimava al punto che non sapeva se sarebbe mai più riuscito a respirare normalmente.
- Ti sento… - i sospiri di Brian lo raggiungevano attraverso la cornetta, spezzati, profondi, ed era come averlo lì, era quasi come se lo stesse toccando, - Continua Matt…
E lui continuò. Risalendo la lunghezza e riscendendo fino alla base, lento, quasi esasperante, non voleva venire prima di lui, voleva ascoltarlo gemere, gridare, voleva sentirlo come se fosse sotto di lui.
- Ti piace Bri…? Ti piace…?
- Sì… sì, amore… mmmh… a te piace…?
- Dio, sì… continua Bri, toccati… così… - si morse le labbra, strizzando forte le palpebre, e quasi lo vide, il riflesso dell’acqua sulla sua pelle bianca, gli occhi semichiusi, così, abbandonato nella vasca, la mano in movimento veloce sotto la superficie dell’acqua, ed era bellissimo già nei suoi sogni, figurarsi quanto avrebbe potuto esserlo in realtà…
- Matt… Matt sto venendo…
- Sì amore, sì… anche io sto venendo…
Lo sentì chiamare il suo nome un’ultima volta, in un singhiozzo spezzato, e poi sentì il suo respiro rilasciarsi tutto in un’unica volta, e immaginò il suo volto arrossato, le labbra dischiuse, Dio che voglia di baciarlo, che voglia assurda di toccarlo, stringerlo, accarezzarlo, e-
Lanciò un suono profondo e gutturale, inarcando la schiena e stendendo le gambe.
- Dimmi che non ti ho perso. – disse Brian, la voce bassa e sensuale, ancora un po’ affaticata, - Dimmi che sono tuo e che tu sei mio.
Quando aprì gli occhi, l’orgasmo gli era già esploso fra le mani.
Si rilassò contro il materasso, gettando indietro il capo, cercando di ritrovare il fiato che aveva perduto fra le parole di Brian.
- Ti amo. – rispose poi, incapace di esprimere in altro modo quello che pensava.
Dall’altro capo del filo, un silenzio un po’ stupito.
E poi una risatina allegra.
- Ti amo anche io. – disse la voce di Brian, nuovamente giocosa, - Tanto tanto.
Il tono da bimbo lo divertì, e non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
- Sei uno scemo… - disse con un sospiro, - Dimmi che sei soddisfatto e ora puoi tornare a casa.
Brian rise e lo rassicurò sul fatto che sì, sarebbe saltato fuori dalla vasca e poi sul primo aereo disponibile per Londra, e quando fosse arrivato avrebbero fatto sesso per tutta la notte.
- La prima bella notizia della giornata. – commentò Matt, guardandosi intorno alla ricerca di un qualche fazzolettino con cui ripulirsi.
- Però, amore… - lo richiamò Brian cinguettando, - la prossima volta possiamo provare un altro giochino…?
La sua ricerca s’interruppe d’improvviso, così come la sua mano, che si fermò a mezz’aria lungo il tragitto per il cassetto del comodino.
- …a quanti chilometri dovrai stare…?
- Ma no, al massimo un paio di metri…
- …e cos’è che avevi in mente…?
- Uhm. – mormorò Brian, come avesse davvero bisogno di pensarci su, quel dannato maniaco sessuale, - Hai mai sentito parlare di voyeurismo?
- …cioè vorresti guardarmi mentre mi scopo un altro?!
- Be’, per me non fa alcuna differenza se guardi tu e scopo io. – rispose Brian con estrema innocenza.
Era esausto.
Spossato.
E al momento aveva solo voglia di dormire – altro che sesso per tutta la notte.
La mano raggiunse il cassetto del comodino, lo aprì, né tirò fuori un kleenex e si ripulì nel tempo in cui lui lanciò il sospiro più enorme e rassegnato della sua vita.
- Senti. – disse, esasperato, - Ora torna a casa. Poi ci pensiamo.
Brian ridacchio, lo salutò e interruppe la conversazione.
Matt sapeva già di essere stato sconfitto in partenza.
Ma preferì non pensarci, voltandosi a pancia in giù sul materasso e cercando sul piumone tracce del profumo di Brian con le quali ingannare il tempo fino al suo ritorno.