Genere: Introspettivo.
Pairing: Zlatan/José.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Flashfic, Slash.
- Sono le due del mattino. Zlatan è a Los Angeles, in ritiro con l'Inter. Mancano pochi giorni al suo trasferimento al Barça. E arriva un sms.
Note: Riferimento canon necessario: qui. Saltate pure tutte le cagate sulle minacce che il nostro Presidente s’è già amorevolmente premurato di smentire <3 E comunque, riassunto per i culopesi: pare che il Mou si divertisse a mandare messaggini ad Ibra, in cui appunto lo chiamava “traidor”, che vuol dire – come ovvio – traditore, in spagnolo. E pare che Ibra, a questi messaggini, rispondesse perculandolo in spagnolo maccheronico XD Ora, ditemi se ‘sti due non sono amabili. Poi, ok, io ci ho aggiunto dell’angst. Ma questo non c’entra. XD
PS. “Me la pela” = me ne frego. La traduzione esatta dovrebbe essere qualcosa tipo “mi importa una sega”, perché “me la pela” indica appunto, ehm!, l’atto della masturbazione. In Sicilia, qui, abbiamo “me la mino”, che vuol dire esattamente la stessa cosa *sghignazza*
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
TRAIDOR


Lo squillo risuona per la stanza buia una, due, tre volte, tre squilli ripetuti e ravvicinati che si fondono con l’eco della vibrazione fortissima contro il legno liscio e scuro del comodino. Zlatan guarda il cellulare, guarda l’orario e si chiede chi diamine possa essere interessato a fargli sapere una qualsivoglia cosa mentre sta a Los Angeles in attesa di capire cosa sarà della sua vita per i prossimi cinque anni.
Poi ricorda che è notte solo lì in America – è notte solo per lui – in Italia sono tutti svegli e al lavoro, in Italia c’è Mino e Mino è sempre sveglio e al lavoro.
Allunga una mano nell’oscurità e recupera il cellulare, sospirando un po’ e strizzando forte gli occhi quando, dopo aver aperto il flick, la luce abbagliante e fastidiosa dello schermo lo investe in pieno viso, costringendolo a una smorfia di dolore. Cerca di abituarsi piano, senza forzature – qualsiasi cosa sia, se ha aspettato fino ad ora potrà bene aspettare altri due minuti.
Quando riesce a recuperare il controllo della vista, si accorge che il messaggio non arriva da Mino, bensì da qualcuno che, per comunicare con lui, se davvero volesse, non avrebbe che da sollevare il regale culo dal materasso e attraversare i due metri di corridoio che separano le loro stanze, bussare alla sua porta e pregare in una sua risposta positiva.
José, naturalmente, non fa nulla del genere. Lui gli manda gli sms alle due del mattino.
Zlatan storce il naso mentre scivola col pollice sulle poche lettere che compongono l’unica parola che fa da corpo al messaggio. Le accarezza come cercasse in loro una forma fisica – la forma fisica che devono avere, perché leggerle fa male quanto e più di un calcio sugli stinchi.
Traidor.”
Non gli serve un corso avanzato di spagnolo per sapere cosa quelle poche lettere vogliano dire. E comunque un po’ di spagnolo sta già cominciando a masticarlo. Non si sa mai. Per ogni evenienza. Per l’evenienza che più che un’evenienza è una possibilità una certezza un’ovvietà, anche se ha quasi paura ad ammetterlo ad alta voce.
Sospira e chiude il flick con un gesto nervoso, riponendo il cellulare sul comodino e cercando di tornare a dormire. L’apparecchio ricomincia a squillare meno di un minuto dopo. Solita storia, apre il flick, si abitua alla luce, scorre il testo del messaggio.
Traidor.”
Posa tutto per la seconda volta e si stende supino ad osservare il soffitto. Inspira ed espira una volta, due, tre, sempre più profondamente, e quando comincia a dolergli il petto capisce che forse dovrebbe cambiare mestiere, non solo squadra.
Il cellulare squilla per la terza volta, ma Zlatan non ha voglia di sentirsi ripetere di nuovo la stessa accusa, perciò si mette seduto, poggia i piedi a terra, si alza e raggiunge la porta.
José è lì che lo guarda come fosse normalissimo trovarsi in quel luogo a quell’orario assurdo del mattino dopo avergli tempestato il cellulare di roba opinabile. Zlatan posa una mano sul fianco e batte un piede a terra, indispettito. Fa per parlare, ma José lo anticipa.
Traidor. – dice, e sulla sua lingua e fra le sue labbra quella parola suona improvvisamente perfino più dolorosa di un cazzotto in pieno stomaco. E allo stesso tempo ha un suono così bello, così sensuale, così strascicato, che Zlatan non può fare a meno di chiudere gli occhi e assaggiarla in punta di labbra come avesse un sapore, come fosse un bacio.
Torna a guardare José con difficoltà ed inspira profondamente, prima di rispondergli.
Me la pela. – si decide alla fine, forzando un ghigno strafottente che gli storce le labbra in un sorriso idiota. Si sente un ragazzino. Come tutti i ragazzini, la prima cosa che ha imparato in spagnolo sono state le parolacce.
José ghigna in maniera molto più convincente di lui, inclinando lievemente il capo.
Español? – chiede, ed ogni lettera è un brivido che si allunga strisciando per tutta la spina dorsale di Zlatan. Che si morde un labbro e vorrebbe scattare in avanti, afferrarlo per il colletto della maglietta bianca che indossa e tirarselo contro, divorarlo di baci, consumarlo di carezze e sfinirlo a furia di scopare. E invece resta immobile. E non sa cosa dire.
José si avvicina di un passo, lo guarda da così vicino che Zlatan si sente confuso.
Traidor. – dice un’ultima volta. E poi lo bacia.
back to poly

Vuoi commentare? »





ALLOWED TAGS
^bold text^bold text
_italic text_italic text
%struck text%struck text



Nota: Devi visualizzare l'anteprima del tuo commento prima di poterlo inviare. Note: You have to preview your comment (Anteprima) before sending it (Invia).