Fandom: Originali
Genere: Introspettivo, Erotico.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lime, Underage.
- "Ad Elle non è mai davvero importato delle prese in giro dei suoi amici."
Note: Scritta per il Carnevale delle Lande su prompt Studente/professore.
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THREATS

Ad Elle non è mai davvero importato delle prese in giro dei suoi amici. Sarà che, malgrado si trovi sempre abbastanza bene in compagnia, preferisce starsene per i fatti suoi – suo padre la chiama “asocialità volontaria”, ed è convinto che gli serva un medico per combatterla – ma di base dell’opinione della gente non gli è mai interessato granché.
È sempre stato convinto che la sua opinione contasse molto di più di quella di chiunque altro, forse a causa di quello che suo padre chiama “ego ipertrofico cronico”, altra terrificante malattia per cui è più che convinto che a lui serva un supporto medico competente.
Elle è abbastanza convinto di stare più che bene. Ed è ancora più convinto di essersi preso una cotta spaziale per il suo prof di chimica.
- Elle, ripensaci. – cerca di fermarlo Miguel, trascinandolo per una manica, - Se hai tanta voglia di scopare, non ci si mette niente a trovarti qualcuno più adatto allo scopo! Quel tizio è…
- Bellissimo. – ride Elle, facendo resistenza e poi liberandosi dalla stretta della sua mano.
- Stavo cercando un’altra parola. – commenta Miguel, incrociando le braccia sul petto.
- Lo so. – ride ancora Elle, - Ma per me è bellissimo. Ora va’, disperditi. – lo invita con un’altra mezza risata, agitando una mano a mezz’aria, - Non voglio spettatori.
- Vi beccheranno, tu verrai espulso e lui finirà in galera. – vaticina Miguel, aggrottando le sopracciglia.
- Allora bisogna proprio che mi affretti. – commenta Elle, tirando fuori la lingua. Miguel lo manda a quel paese, ma poi si allontana, ed Elle lo osserva fermarsi prima di girare l’angolo del corridoio. C’è un distributore automatico di bibite, lì, un posto perfetto per restare immobile e tenere d’occhio la situazione fingendo di avere qualcosa da fare, tipo litigare con una lattina di Coca che non vuole saperne di scendere.
Elle sorride e segna in un appunto mentale di ringraziarlo, una volta che sarà tutto finito. Dopodiché entra in classe, e si chiude la porta alle spalle.
- Professor Anderson. – lo saluta con un sorriso e un cenno del capo, e l’uomo, impegnato fino a quel momento a rimettere a posto una serie di provette dopo averle accuratamente lavate, si congela sul posto, voltandosi a guardarlo con un movimento incredibilmente meccanico. I suoi occhi scuri, dietro le lenti doppie degli occhiali dalla montatura spessa e nera che indossa, gridano “oh, no, non di nuovo. Per favore, non di nuovo”, e il sorriso sulle labbra di Elle si allarga, si colora di malizia, si fa più pericoloso.
- Ciao, Elle. Le lezioni sono già finite, se non sbaglio, no? – prova, - Non dovresti avviarti verso casa?
- Ho tempo. – sorride Elle, avanzando lentamente verso di lui, lasciando scivolare le punte delle dita sulla superficie del tavolo che adesso li separa, - Volevo salutarla, prima di andare.
- Bene. – annuisce nervosamente lui, - Bene. Ora mi hai salutato. Ti saluto anch’io. Va bene così?
Elle ridacchia, oltrepassa il tavolo, adesso è abbastanza vicino da sentire il suo odore. Il profumo del cotone fresco di bucato del suo camice bianco, e sullo sfondo quello più netto della sua acqua di colonia. Adora che sia un profumo così palesemente a basso costo. Lo immagina tornare a casa ogni sera, nel monolocale dove sicuramente abita, e immagina che l’aria in quella stanza sappia tutta di questo profumo qui. Vorrebbe riuscire ad andare a trovarlo, prima o poi. Ma è ancora troppo presto per pensarci.
- Pensavo a qualcosa di più intimo, in realtà. – commenta a bassa voce, sollevandosi sulle punte e stringendogli le braccia attorno al collo, - Qualcosa tipo così. – sussurra, prima di sfiorare le sue labbra in un bacio asciutto e lieve.
Il professor Anderson si separa da lui con un gemito in parte affranto e in parte genuinamente sorpreso, voltando il viso e distogliendo lo sguardo.
- Elle, questa cosa è sbagliata. – protesta, la voce che trema, - Quante volte ti ho detto—
- Io quante volte ti ho detto che non mi importa? – lo interrompe lui, stringendogli il mento fra le dita e riportando i suoi occhi nei propri. Può vedere la sicurezza delle sue proteste, se mai è esistita, vacillare anche solo per quel contatto visivo.
- È pericoloso. – prova ancora lui. Elle preme tutto il proprio corpo contro il suo, schiacciandolo contro il lavandino e gemendo appena nella collisione fra i loro bacini.
- Ti dico io cos’è pericoloso. – comincia a bassa voce, le labbra che disegnano una traccia umida dalla base del suo collo a quel punto così sensibile appena sotto l’orecchio, - È pericoloso se adesso non mi baci. È pericoloso se non mi strappi i vestiti di dosso ed è pericoloso se non mi scopi in questo istante. – il professor Anderson si lascia sfuggire un gemito smarrito e terrorizzato, ed Elle sorride, scivolando con la punta della lingua lungo il contorno del suo lobo, - E sai perché è pericoloso? – domanda piano, le dita che si affrettano a sciogliere la fibbia della cintura in vita, per poi insinuarsi oltre l’orlo di pantaloni e boxer, a prendere in giro la sua erezione già tesa in tocchi troppo lievi per poter dare soddisfazione ad uno qualunque di loro due, - È pericoloso perché ti voglio da impazzire, ed è esattamente questo quello che succederà, se non mi prendi.
Il professor Anderson geme ancora, gli occhi chiusi, le lunghe ciglia che tremano dietro le lenti, ma non può più fermare il dondolio dei propri fianchi in accordo con le carezze della mano di Elle, così come non può fermare le proprie mani mentre si chiudono attorno alla vita del ragazzo, insinuandosi sotto la maglietta che indossa alla ricerca di pelle tiepida da sfiorare.
Elle sfiora nuovamente le labbra del professore con le proprie, e stavolta è lui a chiedere di più e a ottenerlo, è lui a schiudere le labbra e cercare la lingua del ragazzo con la propria mentre lentamente gira su se stesso, spostandosi abbastanza da poter appoggiare Elle contro la parete, sollevandolo per i fianchi e permettendogli di chiudere le gambe attorno alla sua vita.
Elle gli afferra la testa fra le mani, approfondendo il bacio e spettinandolo senza riguardi mentre va incontro alle spinte del suo bacino con le spinte uguali e contrarie del proprio, sentendosi scorrere sottopelle brividi di piacere sempre più profondi, anche se sono ancora vestiti.
- Ti prego… - mugola, allontanandosi dalle sue labbra per riprendere fiato e strofinando la punta del proprio naso contro il suo, - Dai.
Il professor Anderson annuisce, arreso ormai oltre ogni possibile limite. Non pensa più a quello che potrebbe accadere ad entrambi se solo qualcuno entrasse in classe adesso, cosa peraltro non del tutto improbabile né tantomeno impossibile. Tutto ciò che pensa è che non c’è spazio nella sua testa che per i sospiri e i gemiti di Elle, mentre gli sfila di dosso i pantaloni, gli solleva la maglietta il minimo indispensabile per sentire la sua pelle scivolare dolcemente contro la propria, e mentre si sistema nuovamente fra le sue gambe, appoggiandosi al muro e nascondendo il volto nell’incavo del suo collo mentre entra lentamente dentro di lui.
Elle geme, chiama il suo nome, getta indietro il capo e poi cerca le sue labbra. Lui lo bacia, sentendosi perso e sconfitto, ma è una sconfitta con un sapore dolcissimo, e lui non è così sicuro che la vittoria avrebbe un sapore altrettanto dolce. Probabilmente non vuole nemmeno provare a scoprirlo.
Si separano poco dopo, e il professor Anderson non riesce mai a guardarlo negli occhi. Elle sorride, trovandolo tenero. Gli si avvicina, intreccia le dita con le sue e lo bacia sul naso, sistemandogli addosso gli occhiali in un gesto impertinente ma dolce.
- Ci vediamo domani. – ghigna, gli occhi sottili come quelli di un gatto.
Suona come una minaccia, e il professor Anderson non è neanche così certo che non lo sia.
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