Genere: Introspettivo, Erotico, Romantico.
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Lime, Slash.
- "Sono grato di essere dentro di lui, adesso. Perché altrimenti non saprei proprio cosa farmene, di me stesso."
Note: Fermo restando che neanche altri mille anni di Billshido canoniche riuscirebbero a redimermi per aver fatto questo al Bu XD c’è un motivo per cui questa storia è nata; il motivo è che, nel fandom inglese, ho beccato una Billshido reverse in cui, a mio parere, oltre ad invertire i ruoli, l’autrice ha invertito pure i caratteri: a sentire parlare Bill sembrava di sentire Bushido, e viceversa.
Io mi sono incazzata XD perché sinceramente non comprendo per quale motivo uno, solo perché sta sotto, dovrebbe diventare una femminuccia; o un altro, solo perché sta sopra, debba improvvisamente trasformarsi in un supermacho. Per me non esistono, cose del genere XD Perciò volevo semplicemente scrivere qualcosa in cui Bill potesse stare sopra rimanendo Bill e Bushido stare sotto rimanendo Bushido. Ora, non so se qualitativamente la storia sia valida, ma quanto a caratterizzazione mi sembra che la cosa sia riuscita secondo i piani. È già qualcosa *annuisce*
Tendenzialmente avrebbe dovuto essere una PWP. Sì, ridiamo tutti insieme. *sospira*
PS: Grazie a Tab per il titolo. E per il supporto morale. Lo so che è stata dura. Ti amo tantissimo per questo <3
Pairing: Bill/Bushido.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Lime, Slash.
- "Sono grato di essere dentro di lui, adesso. Perché altrimenti non saprei proprio cosa farmene, di me stesso."
Note: Fermo restando che neanche altri mille anni di Billshido canoniche riuscirebbero a redimermi per aver fatto questo al Bu XD c’è un motivo per cui questa storia è nata; il motivo è che, nel fandom inglese, ho beccato una Billshido reverse in cui, a mio parere, oltre ad invertire i ruoli, l’autrice ha invertito pure i caratteri: a sentire parlare Bill sembrava di sentire Bushido, e viceversa.
Io mi sono incazzata XD perché sinceramente non comprendo per quale motivo uno, solo perché sta sotto, dovrebbe diventare una femminuccia; o un altro, solo perché sta sopra, debba improvvisamente trasformarsi in un supermacho. Per me non esistono, cose del genere XD Perciò volevo semplicemente scrivere qualcosa in cui Bill potesse stare sopra rimanendo Bill e Bushido stare sotto rimanendo Bushido. Ora, non so se qualitativamente la storia sia valida, ma quanto a caratterizzazione mi sembra che la cosa sia riuscita secondo i piani. È già qualcosa *annuisce*
Tendenzialmente avrebbe dovuto essere una PWP. Sì, ridiamo tutti insieme. *sospira*
PS: Grazie a Tab per il titolo. E per il supporto morale. Lo so che è stata dura. Ti amo tantissimo per questo <3
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THINGS YOU SHOULDN'T SAY NOR DO
Non so chi abbia detto che il sesso è una questione di fiducia. Io, comunque, ci credo fermamente. Ci credo come in una fede, perché il ragionamento è lo stesso: come non puoi sapere se Dio esista, puoi solo crederci, non puoi neanche essere sicuro che la persona cui dai la tua fiducia non la tradirà; è una cosa in cui credi e basta.
È ironico che io non creda in Dio ma creda nella sacralità del sesso.
Questo, suppongo, è anche il motivo per cui io e Tom finiamo sempre per litigare, quando parliamo di cose simili. Lui non crede nella sacralità proprio di un bel niente, tantomeno in quella di una scopata da una notte e via. Per me, invece, è importantissimo. Ecco perché, nonostante ciò che sicuramente gradirebbero le fangirl, mai e poi mai potrei andare a letto con mio fratello: lui non darebbe alla cosa il giusto peso ed io ne uscirei fuori irrimediabilmente ferito. Sinceramente, perdere un fratello per un fraintendimento di base sarebbe troppo stupido anche per me, che di sciocchezze ne faccio sempre un’enormità, perciò no, grazie.
Io ho passato… no, be’, non tutta la mia vita, ma sicuramente gli ultimi cinque-sei anni della mia esistenza a cercare la persona con la quale avrei potuto fare sesso senza per questo sentirmi violato, privato di qualcosa di mio, usato e poi dimenticato. Avrebbe potuto essere una persona qualsiasi – perché non sono mai stato veramente maltrattato da nessuno che si sia trovato a stare con me – ma le sensazioni, o almeno, la pretesa di sentire a fiuto chi avrebbe potuto essere la persona giusta e chi no, mi hanno sempre frenato.
Avrebbe potuto essere una persona qualsiasi – è stato Bushido.
Nessuno può davvero chiedermi di spiegare perché; un perché, quando tutto ciò che senti in presenza di quella persona speciale è un brivido unico e caldissimo che ti scuote lungo tutta la spina dorsale, non esiste.
Io l’ho sentito subito.
Guardavo la TV, quell’uomo stava dicendo che avrebbe gradito il sottoscritto lo soddisfacesse in modi che in genere non chiedi neanche alla tua ragazza, se non è lei a proporteli, ed in tutto questo – mentre Tom smadonnava oltraggiato al mio fianco – io rabbrividivo e lo fissavo. Del tutto sconvolto.
Non era una sensazione piacevole, cazzo, no. C’era, da qualche parte dentro di me, forse, anche qualcosa di simile all’orgoglio ferito ed all’onore incrinato, ma Dio: quell’uomo voleva un pompino. Da me. Io avevo diciassette anni e tutto ciò che pensai in quel momento fu che sarei morto alla sola idea delle mie labbra serrate attorno al suo cazzo.
Deglutii a vuoto, con forza, e non riuscii a scrollarmi di dosso quella sensazione di ansioso disagio per tutta la settimana successiva.
E poi lo incontrai.
Sarò sincero, Anis non è una persona facile da gestire. Non lo è quando lo conosci abbastanza da guadagnarti il diritto di chiamarlo per nome, e non lo era a maggior ragione quando quel diritto ancora non l’avevo, e tutto ciò che potevo fare era chinare il capo, evitare imbarazzato il suo sguardo e chiamarlo Bushido. O non chiamarlo affatto.
Fu ad un party organizzato dalla Universal – allora era ancora sotto contratto lì. Lui non mi avvicinò, mi fissò con un ghigno sprezzante per tutto il tempo. Io dovetti resistere all’impulso di saltargli addosso con intenzioni poco chiare, e nel frattempo dovetti anche cercare di badare a Tom, che minacciava di azzannarlo alla giugulare con intenzioni, contrariamente alle mie, piuttosto evidenti.
Alla fine lo avvicinai io. E tutto ciò che feci fu salutarlo.
Capii subito che non se lo aspettava, lo capii dal modo in cui mi guardò, aggrottando le sopracciglia e cercando di trovarmi un senso piantandomi addosso quegli occhi spaventosamente scuri. Ed espliciti. Solo che non erano espliciti nel senso che mi sarei aspettato.
Non ci trovai dentro nessuna proposta sessuale.
Piuttosto, un infastidito “ma toglierti dalle palle, no?”.
Ecco, io sciocchezze ne faccio tante. A me le sfide piacciono.
La mia risposta, perciò, non poteva essere che una: no.
Tom è sconvolto da tutto ciò.
Sì, be’, tutti sono sconvolti da tutto ciò.
La sola idea di stare con l’uomo che ho visto in televisione dovrebbe ripugnarmi, visto soprattutto quello che è il mio ideale di relazione sentimentale.
Fortunatamente, Anis è uno che, come me, ha ben chiara la differenza – enorme – che passa tra il pubblico e il privato. È uno che, come me, lo schermo che separa TV da vita reale lo sente fisico e spessissimo sotto le dita. È uno che, come me, quando entra in scena mette su una maschera di comodo che non è falsa ma neanche completamente vera. È uno che, come me, mostra solo pezzi di se stesso. Così che, se vuoi sapere com’è nella sua interezza, devi scoprirlo da solo.
Io e lui ci somigliamo in maniera veramente assurda. Quando l’ho capito – e ce ne ho messo, di tempo: sei mesi di frequentazione praticamente giornaliera; sei mesi ad asfissiarlo con la mia presenza, sei mesi di subdoli ricatti morali per farmi portare in giro, agli studi, perfino a cena fuori! – ma quando è successo è stato come una rivelazione. Una di quelle cose che si dice debbano succedere solo nei film, e invece no, la vita reale ne è piena.
Sono andato da Tom e gliel’ho detto. È lui. Lui chi?, ha chiesto giustamente mio fratello.
La mia persona speciale.
La faccina sgomenta di Tom è stato il premio per il mio coraggio: ho riso fin quando perfino il pensiero di stare con Bushido è sembrato all’improvviso meno stupido e più sensato che mai.
E dopo l’ho detto a lui. Sei tu. Sono cosa?, ha chiesto giustamente Anis.
La mia persona speciale.
Io la sua reazione la ricordo benissimo. Ha sospirato ed ha sorriso, scuotendo il capo con rassegnazione, come se lo aspettasse da sempre.
Ed era così, io lo so.
Cos’è che vuoi?, mi ha chiesto.
Un bacio, ho risposto.
Il primo di una lunga serie.
Ogni cosa che succede, ogni cosa che concedi, ogni cosa che prendi, ha una sua importanza sentimentale della quale devi prendere atto.
L’importanza sentimentale del sesso sta nel fatto che, fondendoti completamente con la persona che ami, rubi un po’ di lei. E lasci un po’ di te. E lo stesso succede dall’altra parte: ti viene sottratto qualcosa, e qualcos’altro che prima non era tuo ti resta dentro.
Per questo dico che è questione di fiducia.
Amare, provare amore, quello è semplice: è un bisogno; è lì e non puoi ignorarlo, perché è come aver sete o fame. Ma amare, fare l’amore, è una cosa totalmente diversa.
Per quello la fiducia serve.
Quando ho detto ad Anis che volevo fare l’amore con lui, io ho preso la mia fiducia e gliel’ho messa fra le mani. E d’improvviso non m’importava più del dolore, delle complicazioni, dello sgomento di Tomi né di nient’altro oltre a noi. Il mio mondo era lui. Io iniziavo e mi concludevo in lui. E forse questo è troppo romantico, ma io sono così, punto.
Comunque, avevo ragione. Anis non ha mai tradito la mia fiducia, ed a questo punto penso proprio che non lo farà mai. Io non mi sbaglio, in genere, sulle persone. Tom è ancora qui, dopo tutti questi anni, d’altronde, no?
Perciò gliel’ho chiesto. Ad Anis, non a Tom.
Devo dire, comunque, che mi aspettavo una risposta simile.
- No.
E non aggiunge altro – non ne ha bisogno.
Io sospiro e roteo gli occhi.
- Perché no? – chiedo seccamente, accucciandomi sul letto in una posa palesemente scazzata e chiusa al dialogo. Il che è in qualche modo divertente, visto che sto a tutti gli effetti dialogando.
Anis inarca le sopracciglia e, per un secondo, sembra accarezzare l’idea di scattare in piedi, recuperare la propria maglietta e mollarmi qui, nudo, senza una spiegazione di più.
- Perché no. – conclude subito dopo.
Se fosse andato via, avrebbe chiarito meglio il punto.
- Sarebbe a dire? – insisto, incrociando le braccia sul petto.
- Sarebbe a dire – precisa lui, facendomi il verso, - che io non mi faccio scopare. Ed in ogni caso, questa questione della fiducia è ridicola.
Faccio una smorfia.
- Potresti evitare di ridicolizzare ciò in cui credo?
Lui sospira e scuote il capo. Probabilmente ha realizzato di aver optato per la scelta di parole meno azzeccata.
- Intendevo dire, Bill, che non hai bisogno di scoparmi per sapere che mi fido di te. Mi fido di te, te lo assicuro.
Aggrotto le sopracciglia.
- Vedi? Non cogli il punto. – mi lamento esasperato, - Non è che se non ti fai scopare allora non ti fidi di me. Scopare non c’entra. Il punto è che io voglio scoparti ma tu non ti fidi abbastanza da lasciarmelo fare!
- Okay, troppe parole. – mi ferma lui con un cenno annoiato, - Semplifica.
Io sospiro ancora.
- Voglio scoparti perché l’idea mi stuzzica, non perché voglio una prova di fiducia. Ma, se tu non mi lasci fare, evidentemente non ti fidi.
Anis mi guarda con un’ostilità che mi ricorda tanto le sue prime occhiate, quelle di quando era ancora Bushido ed io il ragazzino deficiente nei confronti del quale poteva prendersi tutte le libertà che voleva, tanto sapeva perfettamente che non avrei reagito.
- Magari la cosa non stuzzica me, ci hai pensato? – chiede astioso, le labbra sottili e tese come linee.
- Aha. Quindi i tuoi bisogni hanno una validità, i miei no. – inclino il capo, - Molto carino, da parte tua.
- Fanculo, Bill. – risponde schiettamente, come sempre, - I tuoi bisogni per me sono fondamentali, e lo sai, altrimenti non staremmo qui a discuterne. Però non puoi costringermi a fare una cosa simile con un ricatto morale.
Sorrido compiaciuto. Per certi versi, la questione sta andando a parare esattamente dove volevo io: sulle questioni di principio.
Le questioni di principio sono stupende. Non sono come i preconcetti e le paure, perché quelli sono istintivi e incrollabili. Le questioni di principio, invece, sono cose di cui ti convinci: puoi smantellarle una dopo l’altra, mattone su mattone, fino a lasciarne solo macerie.
Basta essere solo un po’ cattivi.
- E con uno fisico?
Vedo il terrore farsi strada nei suoi occhi.
- Spero di aver capito male. – scocca infastidito, cercando di recuperare un po’ di controllo.
Sorrido ancora.
- Dipende da ciò che hai capito. Se hai capito che non mi scoperai minimo per i prossimi vent’anni, allora hai capito bene.
Non si sconvolge né spalanca gli occhi, proprio perché aveva capito davvero.
- Bill. – cerca di ragionare. Poi, evidentemente, cambia idea. – Sei una merda.
Arriccio le labbra in una smorfia di disappunto.
- Non sei per niente carino.
- No che non lo sono. – ammette lui, lasciandosi andare di spalle contro la testiera del letto ed andando alla ricerca delle sigarette sul comodino, - Non lo sono mai stato e, cazzo, non intendo certo diventarlo. Se ti piaccio, ti piaccio perché sono io. Ed io non sono carino.
…lo odio, quando fa così.
La verità è che siamo davvero uguali. Perciò usiamo anche gli stessi trucchi. Certe volte mi sembra di parlare con un altro Tom, o un altro me stesso, che poi è la stessa cosa, solo più scuro e più sexy.
Come faccio io a non dargliela vinta, se usa la tattica del prendimi-come-sono-o-non-prendermi-affatto? È la stessa cosa che pretendo da lui. Non posso negargliela.
Mi raggomitolo in un angolo del letto, le ginocchia al petto ed il broncio più lungo della mia intera esistenza. Lui, ancora adagiato fra i cuscini e contro la testiera, sorride trionfante, mandandomi brividi caldi lungo le braccia e le gambe, facendosi sentire fin dove fa più male. Che è una cosa che odio, perché se c’è una cosa che Bushido sa fare è rendersi attraente ai miei occhi. Ma mi dà fastidio che lo faccia, perché Anis di solito non ne ha bisogno.
Adesso sono sotto scacco. Non posso parlare, perché se lo facessi mi lamenterei, e se mi lamentassi lui riderebbe di me. Non posso muovermi, perché se vado via lo lascio vincitore e non guadagno proprio un bel niente. Non posso fare proprio un cazzo.
Lui, rilassatissimo, recupera finalmente la dannata sigaretta e la fuma con evidente soddisfazione. Il bastardo.
- Stasera usciamo. – mi avverte poi, atono, andando alla ricerca del telecomando, - Niente di drammatico, non andare in paranoia. È il compleanno di Cassandra. Devi venire.
Mi mordo un labbro.
Quando rispondo il “no” che si merita, non lo faccio con la consapevolezza che potrei sfruttare la situazione a mio vantaggio. Dico no solo perché non mi va assolutamente di dirgli sì.
Però – anche se sono uno stupido – ci arrivo anche io. Dopo un po’, ma ci arrivo.
Sollevo lo sguardo cercando di non fargli notare che adesso so. Lui mi fissa di rimando, piuttosto seccato per il mio rifiuto.
- Cass ti sta simpatica.
- Ma non mi va di uscire.
- Non sei per niente carino.
Sorrido.
- No che non lo sono.
Anis mi guarda. No, Bushido mi guarda. Questi occhi glieli ho visti addosso quando Sido mi ha regalato la sua maschera come augurio di pronta guarigione per la cisti. Qualche tempo dopo lo incrociammo in un pub, e Sido si fece avanti chiedendomi come stessi, nel palese tentativo di irritarlo. E lui si irritò eccome. Non so come riuscimmo a sfuggire alla polizia, quella sera.
Questo sguardo è pericoloso.
È lo sguardo che mette su quando sente arrivare una sconfitta campale. È lo sguardo che precede il momento in cui decide che no, non si farà sconfiggere affatto. E mena le mani.
È Bushido che mi guarda.
Io ho davvero paura di Bushido.
Mi chiedo distrattamente dove sia Anis, in questo momento, ed è proprio in questo momento che Anis appare. Scuote il capo e si gratta la testa con aria confusa, sospirando pesantemente.
- Non voglio litigare. – sussurra un po’ stancamente, - Non voglio affatto litigare. Siamo stati bene, oggi. Stavamo bene, fino a mezz’ora fa.
Sorrido tristemente, perché lui è così. Lui non se ne accorge. Se stai male, glielo devi dire. Da solo non lo capisce.
- Forse non stavamo così bene come pensavi.
Lascia andare un lamento contrito e scivola sul materasso, raggiungendomi e stringendomi fra le braccia. Sento il suo respiro contro il collo e per un attimo penso seriamente alla possibilità di lasciar perdere. Mettere giù l’orgoglio e la voglia ed il pensiero che potrei ma lui non mi lascia fare e questo è ingiusto, e lasciare semplicemente perdere.
Bushido mi costringerebbe a lasciar perdere, ecco.
Fortunatamente, io sto parlando con Anis.
- È importante, vero?
Sollevo il capo così repentinamente che gli do una testata sul naso.
- Ah… e cazzo, Bill! – borbotta lui, massaggiandosi con due dita.
- Scusa! – biascico ansiosamente io, rivoltandomi ed inginocchiandomi fra le sue braccia, - Oddio, non volevo, ma… dici sul serio?
- Non ho ancora detto niente. – precisa lui con una mezza smorfia, - Non farti i viaggi.
Inarco le sopracciglia.
- Anis… - chiamo lamentoso.
- Okay, okay, sì, d’accordo! – concede lui, scuotendo il capo e stringendomi un po’, - Quanto sei insistente, Cristo.
Non so.
Dovrei realizzare qualcosa d’importante, credo. Questo, forse, dovrebbe essere uno di quei momenti d’epifania di cui parlavo prima, no? Quelli che t’investono come un’illuminazione e quando ti lasciano ti cambiano profondamente.
E invece sono qui che lo guardo negli occhi e riesco solo ad essere stupidamente ed infantilmente felice del fatto che lui stia facendo questa cosa e la stia facendo per me.
È una cosa stupida davvero, perché anche la stessa questione della fiducia e tutto… sembra lontanissima. Sono solo felice come se mi avesse portato un regalino inatteso.
È una cosa stupidissima.
Si china a baciarmi, e per un attimo rido perché sta prendendo l’iniziativa. È comico, in effetti. Però eravamo troppo vicini, Anis non sa stare così vicino senza baciarmi. Tutto questo è fantastico proprio perché Anis è l’unica persona che voglio dentro. Ed è l’unica persona dentro alla quale voglio stare.
In senso figurato e non.
Le sue mani scorrono per tutta la superficie della mia schiena, ampie e calde. Mi conta le vertebre, lo fa con una tenerezza tutta sua, esitando dove sono più spigolose e scendendo poi lungo le curve come stesse correndo giù per una collina.
Per un attimo scende a stuzzicarmi fra le natiche. Io mugolo, non so se sto mugolando perché è bellissimo o perché sta andando tutto nel verso sbagliato e non sono in grado di prendermi una cosa neanche quando mi viene offerta. La mia stupidità è epocale.
Anis si separa da me e scivola sulle ginocchia, fino a distendersi a pancia sotto sul materasso.
- Avanti. – dice alla fine. È secco, ma non infastidito. La sua voce, lievemente attutita dal cuscino, suona dolce alle mie orecchie.
Gattono al suo fianco, guardandomi intorno con aria effettivamente terrorizzata mentre lui slaccia i jeans e li scalcia ai piedi del letto, sfilando anche i boxer con una sorta di rassegnato stoicismo che trovo carino. Però a lui non piace essere carino, perciò non glielo dico.
Mi allungo oltre il suo corpo, raggiungendo il comodino e recuperando preservativi e lubrificante. È stranissimo trovarmi in questa situazione. Non ho neanche idea di che sensazione dia al tatto, un altro uomo. Conosco me stesso, ma non il corpo degli altri. Non nel modo in cui sto per conoscerlo adesso, comunque.
Anis respira tranquillo sotto di me. Sento il suono. Percepisco il lievissimo movimento del suo corpo. La curva della sua schiena è decisa e muscolosa. Sospiro mestamente – non credo di meritare tutto ciò – mentre mi sistemo fra le sue gambe.
Lui non ha bisogno che gli dica niente, si solleva un po’ e si regge sui gomiti. Non sembra avere alcuna intenzione di nascondersi contro il cuscino.
Io l’ho fatto, per la nostra prima volta.
Socchiudo gli occhi e non nego che vorrei proprio chiuderli del tutto, mentre lo preparo.
Sono un disastro. Non ci sto mettendo neanche un po’ di… lui in genere quando lo fa è così…
…sono un disastro.
Anis sorride.
- Sei piuttosto tenero. – dice, rilassandosi lentamente sotto le mie dita.
L’ho detto ad alta voce?
È normale dire le cose e non accorgersene?
Indosso il preservativo arrossendo furiosamente. Sono così agitato che probabilmente verrò in tempi da record. Mi sto odiando profondamente. Non avrei mai dovuto chiedergli niente. Stavamo molto meglio prima.
- …è piacevole. – sussurra lui. Ha socchiuso gli occhi. Dio.
Mi si stringe qualcosa dalle parti del petto.
Qualcos’altro sul bassoventre.
Mi avvicino.
- Scusami, non so se-
- Andrà bene. – mi rassicura con un cenno del capo, - Fai come vorresti che lo facessi io a te. Andrà bene.
Il suo corpo non mi accoglie volentieri. Oppone una resistenza che mi si stringe tutta intorno e mi costringe ad un mugolio che non è affatto diverso da quelli che faccio quando le posizioni sono invertite.
Anis lo prende come un vero uomo.
In silenzio.
Aggrotta appena le sopracciglia, è l’unica cosa che cambia rispetto a prima. Continua a non chiudere gli occhi.
Solo quando comincio a muovermi colgo dei segnali di disagio a cui non posso non badare, per quanto facciano pure un po’ male. Stringe le mani attorno al cuscino. Ogni tanto si morde l’interno della guancia.
Gli occhi non li chiude mai.
Cerca i miei.
Non è una posizione comoda. Non riesce a vedermi bene. Mi chino sulla sua schiena e mi avvicino, così da dargli una mano a guardarmi più comodamente. Lui mi sorride, ed è un sorriso un po’ stronzo.
- Non sei malaccio. – scocca con una mezza risata.
Io metto su un broncio terribilmente inappropriato. Lui ne ride e per me è okay.
- Adesso però muoviti, mh? – sbotta qualche secondo dopo. Io rido e mi chino a baciarlo, spingendomi un po’ più a fondo. – Comunque, se ti aspetti che strilli di gioia…
- …potresti, per favore… - ansimo io, cercando di resistere all’impulso di mordermi un labbro, - …evitare di distruggere questo momento?
Anis ride ancora e finalmente chiude gli occhi. Se l’avesse fatto prima, l’avrei odiato. Ma ora era… semplicemente il momento giusto.
- Continua. – chiede a bassa voce.
Io mi stringo a lui così tanto da sentirmi fondere sulla sua pelle. Il suo sudore ed il mio si mescolano insieme, mentre lo sento muoversi lentamente contro il materasso in cerca di soddisfazione per il proprio desiderio. Neanche ci provo, ad aiutarlo: sono confuso come un bambino il primo giorno di scuola, sarei perfettamente in grado di combinare qualcosa di irreparabile, se solo provassi a prenderlo in mano.
Sono grato di essere dentro di lui, adesso. Perché altrimenti non saprei proprio cosa farmene, di me stesso.
Tutto ciò che sento, nei secondi successivi, sono i miei mugolii che aumentano d’intensità. Anis sembra un altro. È triste, penso all’inizio, averlo costretto a fare una cosa simile. È bellissimo, comunque. In ogni caso, non è mai stato tipo da urlare. Ringhia quando viene contro le lenzuola bianche, ma è una cosa che fa sempre, quando viene. Non è cambiato niente. Quando vengo io, lascio andare uno strillo un po’ acuto e poi gli mordo una spalla, nel tentativo di sentirmi meno stupido e di odiare meno la mia voce. Anche questa è una cosa che faccio sempre.
Non è cambiato niente.
Non è bellissimo?
Non è cambiato niente.
Scivolo fuori dal suo corpo e mi lascio andare esausto al suo fianco. Non ho idea di quanto sia durato. Per un secondo, ho voglia di guardare l’orario, ma poi mi rendo conto che non l’ho controllato prima, perciò anche a saperlo adesso sarebbe inutile.
Quando realizzo lo squallore intrinseco di ciò che sto pensando, smetto di farlo.
Anis respira tranquillamente accanto a me. Non sembra particolarmente turbato, ma non apre neanche gli occhi. Spero di non aver combinato niente di tremendo. Mi avvicino. Che faccio, gli chiudo il naso come si fa ai bambini piccoli per farli svegliare?
- Dimmi che stasera vieni al compleanno di Cass. – biascica senza aprire gli occhi, sistemandosi meglio fra le lenzuola.
Arrossisco come un deficiente, senza nessun motivo.
- Ah… sì. – annuisco, accoccolandomi al suo fianco, - Certo.
Anis sorride. Due secondi dopo, sta già ronfando come un gatto contro la mia spalla.
Io non ho sonno.
Cerco di capire cosa dovrò indossare stasera e nel mentre sorrido senza un perché.
Suppongo sia lo stesso motivo per il quale sono arrossito prima, comunque.