Genere: Triste, Introspettivo, Romantico.
Pairing: Zlatan/José.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Angst, Slash.
- Uno scambio epistolare per provare a riaprire una storia. O chiuderla definitivamente.
Note: Sia messo a verbale che odio Gra e le sue regole riguardanti i limiti di parole, perché se solo fossero state un po’ meno restrittive questa fic si sarebbe fermata alle 800 parole. E invece niente, Gra ne voleva mille e mille, perciò ve ne beccate duemila. Di delirio Jobra a distanza emoangst. Grr. Prima o poi riuscirò a smettere- credo. Spero. Dio.
Comunque la amo e non poteva essere altrimenti, perché è catartica, perché è triste e perché è particolare. E no, non mi sono dimenticata come si usa l’invio, e nemmeno ho fatto casino con l’HTML, sono monoblocco perché sono sequenze uniche XD Tutte da cinquecento parole contate con Word. E- oh, basta. Ho sonno XD
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The Unsaid


first kind of lie – truth said over time
04. Lettera stropicciata @ Double Drabble Challenge
Sabbia @ Operazione Tutti Al Mare/Scappatella Estiva


È assurdo scriverti una lettera, contando che potrei telefonarti…” José lascia scorrere silenziosamente le dita sulla carta. S’è rigirato quella lettera fra le mani così tante volte che ormai è tutta stropicciata, sembra vecchia di mille anni, s’è pure un po’ ingrigita, e invece è arrivata solo una settimana fa. E lui non ha ancora risposto. “Il fatto è che, per quanto mi piacerebbe parlarti, ho paura che non avrei niente da dirti. Il che è stupido, perché se fosse davvero così non dovrei nemmeno stare scrivendo questa lettera. Quindi forse le cose da dirti ci sono, è solo il coraggio che manca”. Sorride, mentre si lascia cullare dalla sensazione di ruvida morbidezza della carta sotto i polpastrelli, e una ruvidezza decisamente meno morbida – quella della sabbia del lungomare – gli solletica le piante dei piedi. “Lo so che fra noi le cose sono andate male”. E José non fatica a immaginarlo dire una cosa simile. Perché lui era così anche dal vivo, ha perso il conto delle volte in cui s’è fermato a scherzare con lui dopo una partita o dopo un allenamento e all’improvviso il suo sorriso ampio e divertito s’è trasformato in una smorfia seria che accompagnava le parole “devo parlarti”. È così che è cominciata la loro relazione, con un “devo parlarti” dopo il quale José s’è fermato ad ascoltare. È anche così che è finita, con un “devo parlarti” dopo il quale José non ha voluto sentire ragioni. “Lo so che avrei dovuto insistere di più, convincerti- no, costringerti ad ascoltarmi, ad accettare i miei desideri. E forse da lì saremmo potuti ripartire e saremmo rimasti insieme nonostante tutto. Non l’ho fatto e mi dispiace, ma devi capire che l’unico motivo per cui non l’ho fatto è che ho sempre sperato fino all’ultimo che lo capissi da solo. Che non era per te che andavo via, e che tu, anzi, saresti stato l’unica ragione per restare, se restare fosse stata un’opzione. Solo che non lo era, José, io non potevo restare e non potevo permetterti di obbligarmi a farlo. Io non sono fatto per restare nello stesso posto per più di tre anni. Il mio sangue è quello che è. Dicevi di amarlo com’era. Anche se, a pensarci adesso, mi viene da ridere: hai detto di amare tante cose, di me, ma mai me e basta”. José si lascia andare ad una smorfia mentre il mare comincia a rombare annunciando tempesta. E servirebbe, servirebbe davvero, perché fa caldo, l’aria è umida, i bambini sono insofferenti e Tami ha mal di testa. E José vuole la pioggia, perché rispetto al sole sarebbe più simile al suo stato d’animo. “Ho sbagliato io”, continua Zlatan da Barcellona, “non nell’andarmene, ma nello smettere di pretenderti al mio fianco”. E José si ferma. Si volta indietro a guardare il bungalow che dà sulla spiaggia. Tami avrà già finito di preparare la cena. “Chiama tu, quando vuoi”. La lettera finisce ripiegata e se ne torna in tasca, a spiegazzarsi un altro po’.


second kind of lie – truth never said
16. Post Scriptum @ Double Drabble Challenge
Scottatura @ Operazione Tutti Al Mare/Scappatella Estiva


Non ricevevo una lettera scritta a mano da anni. Devi avere davvero poco da fare a Barcellona, di questi tempi”. Zlatan non può fare a meno di ridere, appoggiandosi di spalle allo schienale della sedia a bordocampo, mentre i suoi nuovi compagni si allenano davanti a lui, salvo poi scostarsi immediatamente con una smorfia di dolore, appena il bruciore della scottatura frutto del suo ozio in quel posto torna a farsi sentire. Non è a Barcellona, è tornato a Los Angeles col Barça e gli fa strano stare lì con un’altra maglietta, altri compagni, un altro allenatore ed altri obiettivi, quando fino a pochi giorni prima quegli stessi campi li calpestava ammantato in altri colori. Controvoglia o meno. “Spero che la tua mano stia bene. O il tuo polso. O quel che era a farti male, devo confessarti di non averti seguito granché, da quando sei andato via. Non so perché l’ho fatto, probabilmente non volevo vedere cose che avrebbero distrutto l’idea che ancora conservavo di te. Altri non sono stati così saggi – Mario ha visto tutto ed è mio dovere informarti che ti conviene stare alla larga dal ragazzo, se mai dovesse capitarti di incontrarlo, perché credo abbia voglia di staccarti la testa dal collo a morsi”. Ancora, Zlatan vorrebbe ridere, ma stavolta non ci riesce. Il suo sorriso è una smorfia un po’ storta e ghignante, niente di granché piacevole o rassicurante – Zlatan se ne accorge perché il tizio che è incaricato di passargli le bottigliette d’acqua e di cui ancora non ricorda il nome, ma che sta sempre lì seduto accanto a lui e non si stacca dal suo fianco neanche fosse una fottuta ombra, si allontana da lui con un’espressione turbata. Questo lo fa ridere più sinceramente. Continua a leggere. “Qui le cose procedono senza intoppi”, lo informa José, e Zlatan può immaginarlo scrollare le spalle con una precisione quasi assassina – perché fa male come un coltello piantato nel cuore. E forse lo è, José è quel coltello che Zlatan tiene volontariamente conficcato nel mezzo del petto, perché certe volte la vita non ha senso se non stai male per qualcosa, ché il dolore persiste e resiste più della gioia, se è abbastanza profondo. “A breve partiremo per Pechino” continua, e Zlatan non riesce davvero a capire perché abbia scritto, se tutto ciò che voleva era rimpinzarlo di dettagli inutili a riguardo di una squadra che non è nemmeno più la sua e della quale, a rigor di logica, non dovrebbe importargli un accidenti. “Tami e i bambini ti salutano, un po’ manchi anche a loro. Si erano abituati ad averti sempre fra i piedi”. Zlatan ride ancora, stavolta non fatica a recuperare la sincerità che prima sembrava tanto lontana. “E per la verità non so che altro dirti, se non che manchi anche a me. E ti saluto”. Il sorriso gli si cristallizza sul volto, quando legge il post scriptum in coda alla lettera. “Forse, se fossi rimasto, ti avrei detto anche tutto il resto.


third kind of lie – truth mystified
30. Con tutto il mio affetto *firma* @ Double Drabble Challenge
Grigliata familiare @ Operazione Tutti Al Mare/Scappatella Estiva


Io penso che il tuo più grande problema, José, stia nel non saper dire le cose come stanno”. José inarca un sopracciglio, con disappunto. L’odore forte e gustoso della carne che cuoce sulla griglia riempie l’aria del piccolo cortile sul retro del bungalow, e lo stesso fanno le risate di Zuca e Titi, vistosamente più allegri dopo che il temporale di qualche giorno prima ha spazzato via il caldo asfissiante che attanagliava la riviera. Tami guarda il tutto con aria benevola e ogni tanto lascia scorrere gli occhi anche addosso a lui. José se ne accorge solo perché conosce il peso e la sensazione che danno quegli occhi quando gli accarezzano la pelle, ma non riesce a darle davvero attenzione perché Zlatan ha risposto subito, dopo la breve lettera che gli ha inviato qualche tempo prima. E non sa perché sia tanto impaziente di leggere il suo rimprovero severo tra le righe, ma sa che ne sente il bisogno. Perciò, disappunto o meno, va avanti. “Io sono sempre stato sincero con te, riguardo quello che c’era tra noi. Te l’ho detto quando ti volevo, ti ho mandato via quando non sopportavo di averti intorno, e soprattutto quando ho capito che era amore te l’ho detto. Questo forse non fa di me una persona migliore di te – anzi, sicuramente non è così, perché mi rende più egoista, più egocentrico e più infantile di quanto non lo sia tu – ma, poco ma sicuro, fa di me una persona più sincera”. José ringhia offeso, mentre Tami rigira gli hamburger sulla griglia e gli chiede a bassa voce come se la passi Zlatan in Spagna. Risponde con un grugnito poco convinto e lei gli fa eco con una risata cristallina delle sue, prima di lasciarlo alla conclusione della lettera. “D’altronde,” continua Zlatan, e José può quasi sentire il suo tono stanco e disilluso, nonostante i chilometri che li separano, “se avessi preteso della sincerità, da te, probabilmente non sarei mai partito. Oppure, con te non ci sarei mai nemmeno venuto a letto, figurarsi innamorarmi. Ti ho conosciuto che eri già un manipolatore, quello mi piaceva. Ma suppongo che a questo punto non possa lamentarmi del fatto che tu fossi esattamente come ti amavo. Come ti amo. Come… non lo so”, e qualcosa nel petto di José si spezza e nello spezzarsi cambia forma, così da dargli l’impressione che non sarà più in grado di riportarla alla normalità neanche ad utilizzare tutta la colla e la maestria che possiede. “Non rispondere a questa lettera se non vuoi dirmi quello che voglio sentire, José. Sarà meglio per entrambi. Con tutto il mio affetto, Zlatan”. José sospira e Tami lo informa che gli hamburger sono pronti. Lui le risponde che deve fare una cosa, ma torna subito. S’infila nel bungalow svelto e discreto come un ladro, si guarda intorno e poi si siede all’unica cosa che possa ricordare una scrivania nel raggio di chilometri, un tavolo in legno chiaro e levigato. E tira fuori carta e penna.


fourth kind of lie – truth denied
19. Lettera mai aperta @ Double Drabble Challenge
Fuochi d’artificio @ Operazione Tutti Al Mare/Scappatella Estiva


Helena è entusiasta e la Spagna le piace da impazzire, questa è l’unica cosa che Zlatan può dire di sapere con certezza, ora che sta sdraiato sull’erba di chissà che giardino gremito di persone e Max fissa con devozione il cielo che si illumina a tratti dei giochi di colore dei fuochi artificiali, mentre lei culla Vincent dondolandolo un po’ avanti e indietro, cercando di farlo addormentare nonostante il baccano. È appena tornato a casa dall’ennesima sessione di allenamento immobile – il braccio guarisce, non guarisce, “deve tenerlo fermo, signor Ibrahimović!”, “ho due figli, signor Vattelappesca!” – s’è appena ritrovato fra le mani la lettera di José, che subito Helena l’ha afferrato per il braccio sano, i bambini già nei passeggini, e gli ha cinguettato addosso tutta una serie di “ommioddio una festa di paese così carina mamma mia dobbiamo andarci i fuochi d’artificio!”, così confusa che Zlatan non ha nemmeno provato ad opporsi e l’ha seguita senza una protesta. E sono andati dietro al corteo in onore di chissà che santo patrono, hanno mangiato il marshmallow, Max ha storto il naso di fronte alle mele candite e Vinny ha dormito – come sempre – per l’ottanta percento del tempo, e ora sono lì che guardano i fuochi d’artificio esplodere nel cielo ed è il primo momento di vera quiete della sua giornata. Perciò, steso com’è, sperando che le luci delle bancarelle che costeggiano la strada siano abbastanza forti da illuminare la scrittura minuta e disordinata di José, recupera la lettera e la apre. All’interno della busta ce n’è un’altra più piccola, e c’è anche un foglietto a parte che gli scivola sul petto non appena fa tanto di guardarlo. Lo prende tra le dita e lo apre tenendolo sospeso sulla testa. “Io lo so qual è stato il mio errore più grande, Zlatan”, dice José, “lasciarti sempre decidere tutto. Ma è stata una mia scelta e non intendo smentirmi proprio adesso. Perciò d’accordo, decidi tu anche ora. Ma prenditi le tue responsabilità. Sai già cosa c’è nella busta più piccola che accompagna questo biglietto. Se apri e leggi, fallo solo perché vuoi tornare. Altrimenti, lascia tutto com’è. Questo sarà meglio per entrambi”. Il biglietto non dice altro. “Problemi?” chiede distrattamente Helena, allungandosi a risistemare Vincent nel suo passeggino. Zlatan risponde scuotendo il capo, e non sa cosa dire. Guarda la busta più piccola dentro la busta più grande e sembra così piccola e innocua che si sente stupido ad averne tanta paura. Ma lì dentro c’è ciò che avrebbe sempre voluto sentirsi dire e José non gli ha mai detto, e lui sa che, se solo lo leggesse adesso, poi nulla sarebbe più come prima. Perciò ci riflette accuratamente. Esita. E afferra la busta fra le dita e l’accarezza piano coi polpastrelli, sperando che quella carezza non si fermi sulla carta e in qualche modo arrivi dove vuole. Dove deve. Dov’è giusto. Ma quella busta lui non la apre. A Helena piace la Spagna. E certe cose, dopotutto, è meglio non saperle affatto.
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