Fandom: Originali
Genere: Introspettivo.
Rating: PG.
AVVERTIMENTI: Angst, Gen, (lieve) Slash.
- "Quando Michele si fa vivo, è ormai quasi l’alba."
Note: Dunque, prima di tutto devo/voglio ringraziare Tab, perché il 'verse sul quale questa storia è scritta è una commistione fra quello del nuovo COW-T (per la seconda settimana del quale, peraltro, questa storia è stata scritta, Missione 1, prompt: ricatto) e la sua personale visione head-canon di questo stesso universo XD Nel 'verse ufficiale, le creature sovrannaturali non esistono, i City Angels non sono angeli ma normali esseri umani e ciò vale ugualmente anche per tutte le altre bande, ma lei è rimasta affascinata dalla possibilità in cui invece le varie bande potessero anche indicare differenze di tipo razziale, e io mi sono fatta trascinare dalla meraviglia *O*
Così è nato l'head-canon per cui Miguel = ex arcangelo Michele, e da qui è nata questa storia, che io ora vi propongo sperando che tutti voi la ignoriate, perché è una menata emo insoffribile XD Amen.
PS: Per sapere chi è Matias, il giovane vampiro citato in questa storia e di cui Miguel è innamorato, dovreste leggere prima questa.
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THE SUN WON'T SHINE THIS TIME

Lo aspetta in corridoio, appoggiato alla parete, di fronte alla porta della sua stanza. Usualmente, non entra mai nell’edificio che ospita gli alloggi degli alti ufficiali, per qualche motivo le pareti di cristallo gelido e iridato dei lunghi corridoi sui quali si aprono e si chiudono le porte d’ebano delle stanze lo mettono a disagio, forse perché lui non potrà mai aspirare ad un posto simile.
In ogni caso, oggi l’ha fatto. Se avesse aspettato Michele fuori dal palazzo, tutti lo avrebbero notato, lì, fermo, in attesa, e si sarebbero chiesti che cosa facesse lì tutto solo. Dimitri non voleva che ciò accadesse – vuole solo essere ascoltato, finalmente. E perciò resta immobile, in attesa, e ci resta per delle ore. Troppo tempo, ma Michele, fra le tante cose che gli ha insegnato nel corso degli anni, non ha dimenticato la pazienza.
E per questo, Dimitri attende.
Quando Michele si fa vivo, è ormai quasi l’alba. Tutti gli altri angeli dormono ormai da un pezzo, alcuni sono lì lì per svegliarsi, loro due sono gli unici ancora svegli. Dal momento che la posizione di Dimitri è defilata, e che lui stesso si tiene il più possibile in disparte, cercando quasi di mimetizzarsi con la parete dietro di lui, avvolgendosi nelle proprie stesse ali per cercare di trarre un po’ di calore in un luogo che decisamente non ne emana di proprio, Michele non lo nota subito.
Dimitri ovvia all’inconveniente muovendo un paio di passi verso di lui proprio nell’istante in cui Michele, girando la maniglia, fa scattare la serratura della porta e la apre.
Michele si volta a guardarlo. Sorride sereno, non sembra sorpreso di vederlo.
- Mi hai aspettato per tutto questo tempo? – domanda. Il suo tono di voce è dolce, paterno, come al solito. Se Dimitri non ne sapesse abbastanza da sapere che non è così, quasi potrebbe credere che niente sia cambiato nell’arcangelo che, fino a pochi mesi prima, l’aveva tenuto sotto la propria protezione, istruendolo nell’arte della guerra.
Annuisce, comunque, incrociando le braccia sul petto e guardandolo fisso negli occhi. Michele ridacchia appena, scuotendo il capo. Può vedersi riflesso nell’azzurro quasi vitreo degli occhi colmi di disappunto e rimprovero di Dimitri, e il dettaglio non riesce a fare altro che intenerirlo.
- Entra. – lo invita, tenendogli aperta la porta, - Parliamone.
Dimitri annuisce ed accetta il suo invito, entrando in camera senza risparmiarsi di lanciargli un’occhiata sospettosa, e Michele non può fare a meno di osservarlo con occhi resi dolci e miti dall’affetto, ricordandolo com’era il primo giorno che, spaurito e spennacchiato, l’ha visto farsi strada fra i suoi compagni per avvicinarsi a lui. “Signore,” gli ha detto quella volta, e nei suoi occhi bruciava un fuoco che Michele non aveva stentato a riconoscere come quello che, per lungo tempo, aveva animato anche i propri, “Sono onorato di far parte della vostra compagnia.”
Michele aveva sorriso allora come sorride adesso. Voltandosi a guardarlo ed accorgendosene, Dimitri non può che sentirsene infastidito.
- Comandante, chiedo il permesso di parlare. – dice, le braccia rigide lungo i fianchi, lo sguardo fisso sul suo volto sereno.
Michele ride, piano, a bassa voce, un suono dolce che, fluttuando, avvolge Dimitri in un abbraccio impalpabile, costringendolo suo malgrado a rilassare le spalle, nonostante lui cerchi il più possibile di tenersi sull’attenti.
- Riposo, soldato. – risponde in uno sbuffo divertito, ripiegando le ali dietro la schiena perché non lo impaccino mentre prende posto sul ricco divano che, da solo, copre quasi l’intera parete dell’alloggio. – A dire il vero, preferirei che questo fosse un incontro informale.
- Lo è, comandante. – Dimitri annuisce, senza mai togliergli gli occhi di dosso, - Sono qui proprio perché volevo trattare l’argomento informalmente con voi, prima di fare qualsiasi altra cosa. Sono restio a parlarne con i nostri superiori. – il suo sguardo si fa appena più intenso, la luce che brilla nei suoi occhi appena più incerta, - Ho paura di quale potrebbe essere la loro reazione.
Michele lo osserva con attenzione, osserva i suoi occhi limpidi, la preoccupazione così chiara ed evidente nelle sue sopracciglia corrugate, il nervosismo che gli tiene serrati i pugni e li costringe a tremare impercettibilmente, e d’istinto comprende che Dimitri sa.
Non ha bisogno di alcuna conferma. I segnali del corpo di Dimitri parlano da soli, e lui sa interpretarli abbastanza bene da non aver bisogno di alcun tipo di traduzione.
- Come l’hai scoperto? – domanda. Immaginava che Dimitri avesse cominciato a sospettare qualcosa, ed era pronto ad inventare qualsiasi scusa. Qualsiasi, davvero, per deviare la sua attenzione, impedirgli di preoccuparsi. Ma siamo ben oltre questo punto, ormai, e mentre pone la domanda Michele non può fare altro che sentire il nervosismo crescere anche dentro di sé.
- Vi ho seguito, comandante. – Dimitri abbassa lo sguardo, le guance gli si imporporano appena, le sue ali si scuotono in un tremito di imbarazzo a malapena contenuto. – So che non avrei dovuto farlo. Me ne vergogno molto. Ma voi avete continuato a rientrare sempre più tardi, e—
- Cos’hai visto? – lo interrompe Michele. Il suo sguardo adesso è duro, e Dimitri ne è intimorito. Si ostina a guardare altrove, e Michele lo richiama severamente. – Dimitri, - insiste, - cos’hai visto?
Dimitri inspira ed espira, si dà coraggio come può.
- Voi. – risponde, - E il ragazzino.
Qualcosa trema, nel petto di Michele. Una consapevolezza improvvisa, spaventosa. Il campanello d’allarme che strilla nella sua mente lo avverte del pericolo in cui Matias si trova, ed in un lampo accecante e terribile Michele sa, semplicemente sa che sarebbe disposto a tutto pur di proteggerlo. Tutto. Anche perdere se stesso. Anche uccidere Dimitri. Se ne rende conto con orrore mentre considera l’ipotesi – se lo uccidessi, sarebbe più facile; niente spiegazioni, niente più pericoli – e la vergogna che prova per questo pensiero è tale da costringerlo ad abbassare lo sguardo a propria volta.
- Posso spiegare. – bisbiglia incerto. Dimitri, però, scuote il capo.
- No. Vi prego. – gli si avvicina con sussiego, quasi con timore, e Michele lo osserva stupito inginocchiarsi di fronte a lui e stringere una delle sue mani fra le proprie in un gesto supplice. – Non dovete spiegare niente, tantomeno a me. Ma vi scongiuro, cessate di incontrarlo. Sapete bene quali potrebbero essere le conseguenze di questa scelta.
Michele osserva la propria mano ancora stretta fra le dita di Dimitri. Sono lunghe e sottili, pallide, eleganti. Le dita di un angelo.
Se ripensa al modo in cui le dita di Matias si intrecciavano con le sue fra un ansito carico di piacere e l’altro fino a poco più di mezz’ora fa, ancora sente lo stomaco annodarsi in uno spasmo di desiderio impossibile da placare.
- Non ci sarà nessuna conseguenza, se nessuno lo verrà a sapere. – dice in un soffio, sollevando gli occhi in quelli di Dimitri, che scorge nei suoi quasi una preghiera, una disperazione di fondo che lo costringe a lasciargli andare la mano in uno scatto quasi violento, e a saltare nuovamente in piedi, scuotendo il capo, incredulo.
- Non potete fare sul serio. – balbetta confuso, - Voi siete l’arcangelo Michele. Non potete… con una creatura come quella, oltretutto…!
Lo sguardo di Michele non muta. Fisso in quello di Dimitri, parla di una consapevolezza già accettata da tempo, un sentimento a cui il cuore di Michele s’è già arreso senza speranza.
Dimitri lo odia. Se fosse a capo di un esercito adesso, scenderebbe sulla terra, e non ritornerebbe indietro fino ad aver sterminato tutti i vampiri esistenti sul pianeta. Non si riterrebbe soddisfatto fino ad avere spazzato via la loro intera genia maledetta dal suolo sacro dei figli di Dio.
Non avrebbe pace fino ad essersi macchiato le mani del sangue di quel ragazzino.
Ma Dimitri non possiede un esercito, né il potere di distruggere da solo un intero popolo. Ha solo un cuore spezzato, colmo di delusione che trabocca in lacrime dai suoi occhi chiari.
- Non costringetemi a farlo. – dice, faticando a mantenere la voce salda, - Non costringetemi a denunciarvi.
Michele sorride teneramente, alzandosi in piedi e raggiungendolo nel centro della stanza. Solleva una mano, e le sue dita tiepide scacciano via le lacrime dalle guance di Dimitri, poco prima che lui si chini ad asciugarne le tracce umide dalla sua pelle con un bacio sotto entrambi i suoi occhi.
- È un ricatto? – domanda, tenendogli il viso fra le mani e guardandolo con l’attenzione che un artista riserverebbe ad un modello i cui tratti deve imparare a memoria per poterlo meglio riprodurre anche in sua assenza. Michele ha come la sensazione che dovrà imparare in fretta a riprodurre un’immagine di Dimitri quanto più fedele possibile, nella propria memoria. Perché non gli capiterà più tanto spesso di poterlo incontrare.
- No, signore. – scuote il capo Dimitri, nuove lacrime a tracciare il percorso di quelle già cadute prima di loro, - Siete voi a tenere me sotto ricatto. Sapete già che non potrei mai—
A Dimitri si blocca il respiro in gola, mentre le parole che voleva dire e che non riuscirà mai a pronunciare si sciolgono una dopo l’altra, disperdendosi. Le labbra di Michele sono tiepide e dolci contro le sue, ma sanno già di qualcosa che lo rende diverso da lui e da tutti gli altri angeli.
Michele è già perso. Il cuore di Dimitri se ne andrà con lui.
- Voglio che tu lo faccia. – gli sussurra Michele, allontanandosi da lui.
Dimitri scatta indietro, premendo con forza le proprie mani contro il suo petto. Si rifiuta di lasciar scorrere altro lacrime, ma con ogni passo verso la porta dell’alloggio di Michele un pezzo di lui si perde per sempre.
Gli volta le spalle senza un rimpianto. Sa già cosa fare.
Michele sussurra un addio senza fiato. Sa già come finirà.
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