Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Bill/Tom, Bushido/Bill.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Slash, Incest, Onesided.
- "Conosco gli stereotipi della musica rap, ci banchetto dalla mattina alla sera. Se mai è esistito un gay-rap, qualcuno ha avuto la grazia e la decenza di affondarlo prima che diventasse ricordabile. Per un rapper non va bene essere omosessuale. Va bene circondarsi di ragazzine sculettanti e mezze nude, vestirsi comodo e fare sfoggio del denaro che possiede.
Trovare adorabile Bill Kaulitz non rientra nelle caratteristiche che fanno di un uomo un buon rapper.
Peraltro, trovare adorabile Bill Kaulitz, a trent'anni, non rientra neanche nelle caratteristiche che fanno di un uomo un buon uomo."

Note: Tanto per cominciare, io non sono una fan del Billshido u.u” Però il BushiBill onesided mi stuzzica a livelli indicibili *____* Perdonatemi se ogni tanto scappo dal seminato e travalico ogni limite imposto dalla decenza per gettarmi in queste cose oscene e senza ritegno XD Non ci posso fare niente, è la mia anima fangirlante (fangirlo su ogni livello del reale, e anche su svariati livelli dell’irreale *annuisce*) che mi impone di farlo. Io non ho colpe u_u
L’idea di scrivere questa fanfiction nasce dopo la visione di due video su YouTube. In uno dei due video, Bushido (la cui musica odio, ma che ritengo adorabile XD) ammetteva di trovare Bill carino. Nell’altro, Gülcan (donna diabolica!) faceva in modo che, durante una puntata di Viva Live in cui erano presenti i Tokio Hotel, alla vigilia degli EMA, lui e Bill si mettessero a dialogare del più e del meno al telefono, ripetendosi reciprocamente quanto si stimassero l’un l’altro XD (con qualche incursione di Tom, che però preferiamo ignorare ù.ù). Dopo aver visto questi due video, non si poteva pretendere che io restassi impassibile XD E poi è stato bellissimo terrorizzare Ana strillando “Scriverò una BushiBill onesided in cui Bushido sarà il confidente di Bill *____*!!!”. Insomma, dovevo farlo, prima o poi! XD
Piuttosto, devo rivedere il mio rapporto col personaggio di Tom -___- A parte il fatto che, ormai, in qualunque fanfiction lo infili, metto in bocca ad un altro personaggio una spudorata dichiarazione d’amore. È terribile, devo smetterla, un uomo che parla pubblicamente del proprio uccello come di un pennarello non si merita dichiarazioni d’amore tanto accorate -.-“ Ma comunque ormai mi sto affezionando ad un tipo di caratterizzazione di questo ragazzo sempre più morbosa e ossessiva çOç Da Mindless Self Indulgence (che non potete ancora leggere, perché sta partecipando ad un concorso – tifate per me!), continuando con Wide per concludere con questa, è stata una china discendente verso l’abominio çOç Tra l’altro in questa fanfiction è particolarmente odioso. È talmente stronzo che gli altri sembrano tutti vittime, pure se poi non lo sono o.o *picchia Tom*
Ovviamente (neanche a dirlo!), siccome è una fanfiction piuttosto anticonvenzionale, per il fandom in cui è inserita, e siccome è un enorme ed abominevole ammasso di seghe mentali più o meno gratuite, io la amo. T_T”. Spero piaccia anche a voi <3 Per scriverla ci ho messo tutto l’impegno di cui sono stata capace X3 Baci :*
PS: Descrivendo il primo incontro fra Bushido e Bill, mi sono limitata ad ipotizzare una puntata di Viva Live in cui fossero stato semplicemente invitati sia lui che i Tokio Hotel. Ana poi mi ha fatto capire che non è detto sia esistito un momento del genere XD Che ricordava di qualche occasione in cui i ragazzi erano stati tutti insieme, ma erano i Comet, ed io preferivo non fosse una premiazione. Siccome è anche giusto che il cervello di Ana non funzioni perfettamente, alle due del mattino (momento in cui ha letto la storia… XD), perdonate entrambe se ci sono imperfezioni simili, e limitatevi a fingere che sia successo u.u Che poi, accidenti, è una fanfiction!!! *strilla*
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THE POINT IS

- Credo che prima o poi dovesse semplicemente… succedere, ecco.
Bill è nervoso. Lo vedo dai suoi occhi – quando è agitato fa sempre in modo di non guardarti mai fisso. È come se avesse paura che, guardandoti troppo a lungo, potesse aiutarti ad arrivare a scoprirlo in posti che non vorrebbe mai venissero alla luce. È una delle cose che trovo più affascinanti, di lui. Il fatto che, se pure si lasci sfiorare con entusiasmo, Bill Kaulitz non si lasci mai afferrare del tutto.
Immagino che avrei dovuto semplicemente saperlo.
Ma mi rendo conto da solo di pretendere troppo. Un po’ perché io sono l’antitesi perfetta della sensibilità – e infatti mi stupisce che lui, che per contro di sensibilità ne ha fin troppa, mi abbia scelto come confidente personale – e un po’ perché non puoi pretendere di aspettarti qualcosa da qualcuno quando, in realtà, di quel qualcuno non sai niente.
Però è un discorso che fanno un po’ tutti, quando rimangono scottati da una delusione amorosa, no? Recriminano.
Io, su di lui, non ci riesco.
Resto solo io. E Tom, ovviamente.
Anche se non so se, in tutta onestà, riuscirei mai ad avercela con lui.
In fondo, per essere stati scelti come proprietà esclusiva di Bill Kaulitz, non si può davvero incolpare nessuno.
- Cos’è che è successo esattamente, Bill? – domando atono. Stavolta sono io a distogliere lo sguardo, mentre lui mi fissa con insistenza, un attimo prima di tornare a rifugiare gli occhi in un angolo di appartamento che non lo stia giudicando – vale a dire tutti gli angoli meno quello del divano sul quale sto seduto.
Dà un po’ fastidio ammettere di stare giudicando qualcuno. Non pensavo sarebbe mai accaduto. Voglio dire, mi piaceva credermi più figo di certe cose. Superiore a certi comportamenti. Migliore di tutti gli altri, da un certo punto di vista.
Per chiunque creda ancora nelle proprietà salvifiche dell’amore, ho un messaggio: evidentemente non avete capito un cazzo.
- Lo sai. – borbotta lui, stringendosi nelle spalle, - Ne abbiamo parlato.
- Hai detto che era venuto fuori l’argomento. – correggo io, - Anzi, no. – quando arrivi al punto di doverti correggere da solo, sai di stare andando fuori di testa. – Hai detto che Tom sembrava nervoso. Che questo ti inquietava. Che credevi di sapere cosa ci fosse dietro e che avevi paura di scoprire che sarebbe successo qualcosa. – aspiro una boccata dalla sigaretta e lui storce il naso. Odia che mi mostri così impassibile di fronte ai suoi drammi personali. Ultime notizie, piccolino: devo. – Sono ufficialmente un confidente da aggiornare. Se non mi dai notizie fresche, sono del tutto inutile.
Bill fa un’altra smorfia, roteando gli occhi.
- Troppo puntiglioso. – si lamenta, - Quello che è successo lo sai già. Era nell’aria.
Solo un tipo come te potrebbe credere che una cosa simile potesse davvero essere nell’aria. Quando, a galleggiare nell’aria, ci sono molecole velenose, non si respira più, Bill. E tu invece respiri, respiri eccome. Ed anch’io. Quindi no, non era nell’aria. Perché, se lo fosse stato davvero, staremmo tutti all’altro mondo già da un sacco di tempo.
- Sarà. – concedo, con un vago gesto della mano.
Bill segue gli sbuffi di fumo grigiastro nell’aria di fronte al mio viso, e sorride appena. Un sorriso a bassa frequenza. Non fossimo così vicini, neanche lo vedrei.
C’è da dire che Bill vive un po’ tutta la sua vita, a bassa frequenza. Così che, quando fa qualcosa di appena più rumoroso, finisce per sconvolgere il mondo.
- Il punto non è questo. – mi apostrofa severo, allungando due dita e pretendendo una sigaretta, che concedo malvolentieri perché odio guardarlo fumare. – Il punto è un altro. Voglio dire, cose simili le puoi provare? E, se non ti piacciono, gettarle nel dimenticatoio e dirti, “va be’, è stata un’esperienza, mai più, grazie”? – scuote il capo, si dà le risposte da solo. – No che non lo puoi fare. Io con Tom devo continuare a viverci. Io a Tom voglio bene, non posso dimenticare e passare avanti, non posso ignorare che è cambiato qualcosa. Che razza di affetto sarebbe, il mio, se pretendessi di tenere Tom in gabbia contro la sua volontà?
Ora sono io a scrollare le spalle. Pure un po’ incerto, se vogliamo.
Il fatto è che non so bene cosa rispondergli. Anche se, in effetti, sfido chiunque a trovare una risposta plausibile, in questa situazione.
- No che non puoi provarle e basta, certe cose. – ribadisce lui, più convinto. – No che non puoi dimenticare. – fa una pausa, sospira. – Tu che ne pensi, Anis?
Penso che siamo fottuti, piccolo. Entrambi.
*
Ho conosciuto Bill Kaulitz da Gülcan. Ero ospite su Viva Live e non sapevo che ci fossero anche i Tokio Hotel. Stavo cercando di evitare la tortura che rappresenta la voce di quella donna tremenda, quando ti trapana i timpani per urlarti nelle orecchie che adora la tua musica e altre cazzate varie che dimenticherà – e dimenticherai – al più presto, e perciò, avendo sentito il suo chiacchiericcio insopportabile sollevarsi da un angolino riparato del backstage, stavo orientandomi nella direzione opposta, quando sentii una voce completamente diversa dalla sua sollevarsi e coprirla. Quella voce sottile, ma decisa ed entusiasta, aveva chiamato il mio nome.
Mi voltai, e Bill stava agitando una mano nella mia direzione. Non l’avevo mai visto dal vivo, prima di quel momento.
Lo trovai adorabile.
Conosco gli stereotipi della musica rap, ci banchetto dalla mattina alla sera. Se mai è esistito un gay-rap, qualcuno ha avuto la grazia e la decenza di affondarlo prima che diventasse ricordabile. Per un rapper non va bene essere omosessuale. Va bene circondarsi di ragazzine sculettanti e mezze nude, vestirsi comodo e fare sfoggio del denaro che possiede.
Trovare adorabile Bill Kaulitz non rientra nelle caratteristiche che fanno di un uomo un buon rapper.
Peraltro, trovare adorabile Bill Kaulitz, a trent’anni, non rientra neanche nelle caratteristiche che fanno di un uomo un buon uomo.
Ma io lo trovai adorabile, sollevai una mano e risposi al saluto. Lui sorrise e mi salutò con più fervore. Questo diede modo a Gülcan di accorgersi della mia presenza, e la vidi voltarsi nella mia direzione, spalancando la bocca in un urletto concitato ed eccitato.
Terrore.
Feci segno a Bill che magari potevamo parlare dopo, feci dietro-front e mi rifugiai nel bagno degli uomini, augurandomi che, almeno lì, la pazza si decidesse a non entrare.
Ovviamente mi illudevo.
*
Quel giorno, io e Bill non riuscimmo affatto a parlare. Quando lui venne rilasciato dal diavolo in shorts e zeppe perché potesse venirmi a scovare in bagno, fu raggiunto dal suo gruppo, che non gli si scollò di dosso per tutto il tempo. Ricordo ancora lo sguardo che avevano sul viso Tom, Georg e Gustav quando provai ad avvicinarmi. C’era una tale ostilità, nei loro occhi, che mi fece paura.
In seguito, Bill mi spiegò che si trattava di “certe cose” che scrivevano alcune loro fan su noi due. Fanfiction. Ero a conoscenza del fenomeno che li riguardava, ma dannazione, non pensavo di farne parte. Comunque sia, Bill mi disse che i ragazzi erano piuttosto aperti, sull’argomento, ma solo se la cosa restava in famiglia. Ed io non ero “famiglia”, decisamente.
Non so che effetto mi fece scoprire che esistevano effettivamente delle storie in cui fra me e lui succedeva qualcosa. In ogni caso, non dovetti trovarlo poi così strano, perché mi passò addosso senza sconvolgimenti particolarmente memorabili.
Probabilmente anche perché, quando Bill me ne parlò, avevo già fatto i conti da tempo con l’attrazione che provavo per lui.
In ogni caso, cominciammo a vederci. Frequentando sempre gli stessi ambienti, è più o meno inevitabile incrociarsi di continuo. Ci si scambia i numeri, ci si saluta ogni tanto, poi ci si dice “magari usciamo a bere qualcosa” e lo si fa davvero.
Ci vuole davvero poco ad abituarsi alla presenza di una persona. A considerarla una parte più o meno importante della propria vita.
Io e Bill siamo sempre usciti da soli. Il motivo è che, pur andando incredibilmente d’accordo – io lo stimo e lui stima me, il rispetto reciproco che proviamo nei confronti l’uno dell’altro ha gettato le basi per qualcosa che non sarebbe strano chiamare amicizia – ci rendiamo entrambi perfettamente conto del fatto che non ci sentiremmo a nostro agio nel frequentare le nostre rispettive comitive. Intendiamoci: non è particolarmente strano se Bill Kaulitz frequenta Bushido, ma sarebbe quantomeno inusuale vederlo andare in giro con tutta la crew di gangsta rap tedesco al gran completo. E non è particolarmente strano se Bushido frequenta Bill Kaulitz, ma sarebbe quantomeno poco ortodosso vederlo andare in giro con un gruppetto di spensierati adolescenti germanici.
Ovviamente, di tutto questo io sono enormemente felice. Dal momento che Bill mi piace, ed anche tanto, è stupendo che possa passare un po’ di tempo da solo con lui, senza che per lui questo sia un peso.
Era naturale, però, che prima o poi le cose cambiassero. Se non altro perché pretendere che tutto rimanga immobile così come ti piace sarebbe per lo meno egoista, da parte di una persona. Perché ciò che per te è stupendo in un determinato modo, può non esserlo per un altro.
Che poi era esattamente quello che stava succedendo a Tom, anche se ci abbiamo messo tutti un bel po’ di tempo, per capirlo.
Io, per esempio, ho cominciato a capirlo anche prima di Bill. Perché, col passare del tempo, ho osservato gli sguardi di Georg e Gustav cambiare, farsi da ostinatamente ostili a distrattamente indispettiti, per poi lasciare il posto ad un’abitudine annoiata e vagamente infastidita, che si dipingeva nelle loro pupille quando passavo a prendere Bill al loft.
Ma gli occhi di Tom non sono mai cambiati. Gli occhi di Tom hanno continuato a fissarmi con violenza, per tutto il tempo. Non so se avete mai visto gli occhi di un cane bastonato, per dire. Tutto il linguaggio del corpo del cane, quando viene bastonato, viene utilizzato per far capire all’uomo che lo bastona che l’animale s’è sottomesso, e non intende provare ad attaccarlo. Questo perché il cane sa perfettamente che, se continuasse a ringhiare, riceverebbe in cambio solo altre botte. Ma gli occhi del cane, quelli no. Sono l’unica cosa che in lui rimane immutata. Brillante ed assassina.
Gli occhi del cane urlano vendetta.
Quando Tom ha capito che non avrebbe potuto impedire a Bill di frequentarmi, perché non aveva una minima ragione valida per chiederglielo, s’è comportato proprio come un cane bastonato. Ha abbassato le orecchie e nascosto la coda fra le zampe, ma ha continuato a guardarmi come stesse cercando di dirmi che, se solo avesse potuto, mi avrebbe azzannato al collo e sbranato vivo.
Quando anche Bill se n’è accorto, io e lui eravamo già piuttosto in confidenza. Ci frequentavamo almeno da un paio di mesi, ci vedevamo spesso e parlavamo a lungo. Parlare con Bill è stupendo, perché nel dialogo è talmente aperto e disponibile che tu non puoi proprio fare a meno di sentirti a tuo agio. Non è il tipo da farti pesare le cazzate che dici, pure quando ne dici tante, e ti ascolta con attenzione. Quando ha un’opinione diversa dalla tua, non te la impone come una legge, non ti getta addosso ultimatum intimandoti di cambiare idea se non vuoi vederlo uscire dalla tua vita.
Penso sia cresciuto così grazie alla lunga palestra alla quale l’ha sottoposto Tom, che di cazzate, alcune per divertimento ed altre perché le pensa davvero, ne dice tante. Comunque sia, Bill è una delle poche persone famose al mondo col quale si possa avere un vero scambio di idee. È per questo che, quando lo conoscono, le persone più grandi di lui ne rimangono affascinate.
Bill venne da me un giorno e mi disse che c’era qualcosa che non andava in Tom. Che stava cambiando. Che lo sentiva diverso.
Ed io semplicemente pensai che si stesse avvicinando il momento della verità.
*
Quando fra due persone c’è un rapporto particolare, lo vedi a distanza. Ovviamente, non è qualcosa di plateale. O meglio, è qualcosa di plateale, perché non ci vuole una sensibilità particolare per notarlo, ma non è qualcosa di platealmente esibito, ecco.
I gemelli Kaulitz non esibiscono niente, proprio per un cazzo. Se siete convinti che, sul palco, quando si strusciano l’uno contro l’altro e si lanciano occhiate languide per far strillare le ragazze, stiano esibendo qualcosa, siete fuori strada. Quello che fanno sul palco è solo lavoro. Al più, un gioco innocuo del quale hanno deciso insieme regole e modalità, molto tempo fa.
No, quello che realmente li lega si vede quando sono lontani da fan e telecamere. Quando nessuno li guarda eppure loro non si staccano l’uno dall’altro neanche a tranciare con le tenaglie il filamento invisibile che li unisce. Detto così può sembrare stupido, ma non lo è affatto.
Per la maggior parte del tempo, Bill e Tom neanche si sfiorano.
Ma non lo fanno semplicemente perché non ne hanno alcun bisogno.
Il loro collante è nascosto in profondità nei loro corpi. Sta in una fisicità essenziale ma appassionata, in quella parte non materiale di loro che è rimasta la stessa, divisa in due entità. Un organo particolare che è solo loro, e di nessun altro.
Quello che c’è nella testa delle ragazzine, dunque, non è completamente folle. Come ogni fantasia, nasce da qualcosa di molto concreto e spaventosamente reale. Tra Bill e suo fratello questa cosa c’è sempre stata. Come tutti gli altri, le ragazzine l’hanno percepita e hanno cominciato a fantasticare.
Certo, c’è anche da dire che sia Bill che Tom erano stati molto bravi a mantenere la cosa sotto controllo.
Prima che arrivassi io.
*
Devo in qualche modo assumermi la responsabilità della rabbia di Tom e della confusione di Bill, a questo punto. Se adesso siamo in tre a stare uno schifo, è solo colpa mia. Sarebbe stato giusto aspettarsi da me quella dose base di saggezza che aiuta gli adulti a non mettersi a giocare coi ragazzini, visto che si sa che, quando succede, la situazione si tramuta sempre in un disastro, ma che dire?, non ce l’ho fatta.
Sarebbe bastato tirarsi indietro al momento giusto. Non vedere Bill così spesso. Non incoraggiarlo a confidarsi.
Se fossi stato più saggio, Tom non avrebbe sentito in pericolo il suo territorio – perché Bill è il suo territorio. Se fossi stato più saggio, Tom non sarebbe uscito da ogni grazia divina – perché evidentemente è questo che gli fa la paura di perdere Bill. Se fossi stato più saggio, Tom non avrebbe mai sentito il bisogno di piantare paletti attorno ai suoi possedimenti – perché è in questo senso che va interpretato il suo gesto.
Se fossi stato più saggio, Tom non avrebbe mai baciato suo fratello.
*
- Stavamo suonando. Lo facciamo spesso, lui suona ed io canto. La maggior parte delle canzoni nasce così. A me non veniva in mente niente, perciò stavamo giocando un po’ con Monsun. E poi è successo. All’improvviso. Ha posato la chitarra, mi ha guardato, si è sporto verso di me e mi ha baciato. Si è allontanato solo per un attimo, non ha avuto il tempo neanche di riaprire gli occhi, e io non avevo ancora avuto il tempo di chiudere i miei. Mi ha detto “Volevo provare da tanto tempo”. È una cosa stupida, vero? È una giustificazione. Non ha senso giustificarti quando baci tuo fratello, non c’è motivazione che tenga, è comunque un errore. Dovresti almeno avere la decenza di stare zitto. Tom non ha alcuna decenza. Io lo so che è successo solo perché è geloso. Perché ha paura che possa scappare da lui. Perché lui senza di me non può stare. Lo dice spesso. Io so che è la verità. Però a me è piaciuto. Tom ha le labbra morbide, sai? E un buon sapore. Ed è dolce. Ed io… non lo so, mi sembra che questa cosa stia dentro di me da tanto tempo. Non mi sembra strano. Dovrebbe sembrarmi strano? Tom è sempre stato “il mio grande amore”, in un certo senso. Il fatto è che solo ora mi sembra di capire in quale senso. Prima non era così, eppure non è cambiato molto, adesso. È buffo, no? È una contraddizione così stupida… talmente stupida che non so proprio come affrontarla. Ma il fatto è che devo. Io Tom l’ho sentito sulla lingua. L’ho sentito bene, lo so che non è più la stessa cosa neanche per lui. Me lo sono sentito addosso. Lo so. Però, anche se lo so, non so cosa fare. Te l’ho già detto, è comunque un errore. Qualsiasi cosa decida, sarà sbagliata in ogni caso.
Prende fiato. Ne ha bisogno. Anche io.
- Tu che ne pensi, Anis?
Penso che tu avresti potuto prenderla meglio.
Penso che io avrei dovuto prenderla peggio.
Penso che siamo fottuti, piccolo. Entrambi.
*
Tom, a differenza di Bill, è molto aggressivo. E indisponente. Penso che questo dipenda soprattutto dal fatto che, a molti livelli, Tom sia molto più bello di suo fratello. Ha un aspetto più sano. Ha un aspetto più maschio. Ha un aspetto più sensuale. O meglio, la sua sensualità si esprime in maniera più diretta rispetto a quella obliqua di Bill. È più ingombrante, più lampante, più assoluta. Non devono piacerti “determinate cose”, per farti piacere Tom Kaulitz. Tom Kaulitz ti piace comunque, perché quando è nei paraggi l’odore del testosterone si sente a miglia di distanza. Poi, magari, se sei maschio anche tu, non desideri automaticamente di scopartelo. Ma lo rispetti o lo invidi, non c’è via di scampo. Non potrebbe mai rimanerti indifferente, e lui lo sa.
Tutto questo si traduce in una sicurezza in sé stesso e nelle proprie facoltà che ne fa un ragazzo veramente intollerabile. Un tipo che, quando ti parla e ti guarda, sta invariabilmente pensando di essere migliore di te. E non si preoccupa di fartelo sapere.
Mi aspettavo una sua visita.
Dopo aver rimesso in chiaro cosa gli appartiene, era semplicemente il passo successivo.
- So che sai tutto. – annuncia sorridendo, accavallando le gambe sulla poltrona della quale s’è impossessato. Ha un atteggiamento simile con tutto, vedo. Non poteva limitarsi a sedersi, no. Le cose su cui poggia le mani diventano sue, le ingloba, stampa loro addosso un attestato di proprietà. È inquietante.
- Cos’è che dovrei sapere? – chiedo io, fingendo ingenuità mentre mi seggo di fronte a lui sul divano.
- So che mio fratello ti ha raccontato ogni cosa. – risponde lui, senza neanche incrinare il sorriso presuntuoso che gli increspa le labbra.
- Te l’ha detto Bill?
- Non ne ha avuto bisogno. Io lo conosco, so che l’ha fatto.
Sorrido a metà. Fa un po’ male sentirlo parlare così. Fa sempre male realizzare che c’è qualcuno che capisce la persona che ami meglio di quanto non faccia tu.
- Cosa sei venuto a fare qui, Tom?
La mia è una domanda legittima. Tom sa che mi piace Bill. Lo sanno tutti, Bill incluso. Lo sanno tutti perché io non l’ho mai nascosto. E perché, anche se non mi sono mai azzardato a toccarlo, dal mio comportamento è sempre stato palese. Ed è altrettanto noto che a Bill piace la mia compagnia, piaccio io come persona e probabilmente mi vuole anche un po’ di bene, ma in quel senso proprio non mi ricambia.
Quindi, cosa cazzo voglia ancora Tom Kaulitz da me è un quesito che ho tutti i diritti di porre. E per il quale avrei ragione di pretendere una risposta.
Lui si mette comodo, allungando le gambe davanti a sé e stendendosi meglio sulla poltrona. Ne copre praticamente ogni centimetro. È incredibile, non ha bisogno di trovarsi in casa propria per essere nel suo territorio. Il suo territorio si muove con lui. È ogni luogo nel raggio di dieci metri dalla sua persona.
- Mio fratello tiene molto al tuo parere. – mi informa, sorridendo tranquillamente e intrecciando le dita dietro la nuca. – Tu, però, sei una persona normale. E non puoi capire cosa c’è tra noi. Come tutti gli altri stronzi, ti limiti a giudicare, pensare che l’incesto faccia schifo e inorridire di conseguenza. Per di più, lui ti piace…
- Tom. – lo interrompo io, deglutendo forzatamente. È orribile sentirsi messo alle strette da un diciottenne. Uno schifo. – Vai al punto.
- Il punto è molto semplice. – mi sta minacciando. La cosa tremenda è che, per farmi sentire in pericolo, non ha neanche bisogno di rendersi fisicamente aggressivo. – Tu azzardati a frenarlo con qualche giudizio moralista del cazzo, - sorridere in questo modo è più che sufficiente per spaventare qualcuno. – azzardati solo a provarci, a portarmelo via, e sei un uomo morto.
*
- Devo scusarmi per una marea di cose.
Bill sta sorridendo debolmente e sta fissando con insistenza il pavimento. Tiene le mani strette a pugno e abbandonate in grembo e respira lentamente, agitato.
- Mi dispiace di averti coinvolto in questa cosa. – mormora inquieto, - Lo so che è uno schifo. So che è una cosa pesante. Non avrei dovuto parlartene, avrei fatto meglio a sbrigarmela da solo, o a parlare direttamente con Tom. – sospira pesantemente, battendo le palpebre solo quando ricorda che deve farlo. – Non si possono caricare gli amici con problemi simili, è ingiusto.
Sono grato del fatto che usi la parola “amico” nei miei confronti.
…no, non sono grato. Ne sono felice.
E mi accorgo da solo del fatto che la mia è la stessa felicità di chi ha deciso che è già un miracolo avere dalla vita quel poco che ti permette di sentirti gratificato, quindi tanto vale entusiasmarsi anche per le piccole cose.
- Mi dispiace anche per la piazzata di Tom. – continua arrossendo, - Non so di preciso cosa ti abbia detto, ma posso immaginarlo. – ridacchia lievemente, sciogliendo i pugni e portando le mani a serrare le ginocchia, - Immaginavo anche che qualcosa di simile potesse succedere, ma non ho potuto fare niente per fermarlo. Mi dispiace davvero…
- Piantala di scusarti. – sospiro io, accomodandomi meglio contro lo schienale del divano, - Ti fa piacere che Tom sia venuto a farmi una scenata. Avanti. Siamo due persone intelligenti e non siamo due sconosciuti. Non prendiamoci in giro.
Si mordicchia incerto un labbro, lanciandomi un’occhiata imbarazzata.
- Hai ragione. – ammette alla fine, - Quando mi ha detto che era venuto a parlarti mi ha fatto felice. Ma avrei comunque preferito risparmiarti una cosa simile. So che mio fratello può essere…
- …un mastodontico rompicoglioni?
- …fastidioso. Ecco.
- Sì, anche fastidioso può andare.
Ridacchiamo sottovoce, le mani di Bill si rilassano e parte della tensione che si è accumulata sulle sue spalle scivola via con la stretta che scompare. Quando torniamo a guardarci, stiamo entrambi sorridendo più serenamente.
- Anis, non ho la più pallida idea di cosa dovrei fare. Tu che ne pensi?
Penso che mi piacerebbe darti una risposta, piccolino. Mi piacerebbe che i miei trent’anni servissero a qualcosa, di tanto in tanto, e mi dessero davvero la saggezza per aiutarti a venir fuori da tutto questo, ma la verità è che non posso. E non solo perché l’ho tacitamente promesso a Tom. Non solo perché ho paura delle conseguenza che una mia risposta netta potrebbe avere su di voi, su di noi, su tutti quanti.
Non hai la più pallida idea di cosa dovresti fare? Non sei l’unico.
- Certe situazioni non hanno una soluzione. – ammetto, stringendomi nelle spalle. – Una cosa come questa non la risolveremmo neanche se avessimo a disposizione due vite per pensarci su. A volte… - sussurro, spostando lo sguardo verso un punto meno luminoso dei suoi occhi, - ti tocca semplicemente vivertela fino in fondo e vedere dove va a parare. – sorrido, cercando di risultare rassicurante, ma non so quanto mi riesca. – Tanto non c’è niente di irreversibile. Se qualcosa va storto, se ti fai male, ci sarà comunque qualcuno che ti vuole bene pronto ad aiutarti a riprenderti.
Bill sbuffa una risatina divertita, coprendosi le labbra con una mano.
- Parli come me quando voglio farmi coraggio.
Io inarco le sopracciglia, stupito.
- Cioè? – chiedo curioso.
- Dici cose stupide. E convincenti.
*
Non so se lo rivedrò. È uscito da casa mia cinque minuti fa ed ho già come la sensazione che tutti gli ultimi mesi della mia vita siano stati un’allucinazione. Che lo sia stato lui. Che lo sia stato perfino Tom, nonostante la pelle d’oca che ancora provo al ricordo di ieri sera sia un segnale spaventosamente fisico della sua concretezza.
Non so neanche cosa succederà fra lui e Tom. Uscendo, Bill mi ha ringraziato per i consigli, dicendo di aver capito. Lo invidio, perché per quanto mi riguarda non ho affatto capito cosa gli ho consigliato. Ho il timore di averlo spinto fra le braccia di suo fratello, e se così fosse mi dispiacerebbe. Non perché l’incesto in sé mi faccia particolarmente schifo, al contrario di quanto possa pensare Tom. In una qualsiasi altra situazione, sì, probabilmente starei già vomitando per il disgusto, è vero. Ma c’è Bill in gioco, qui. Niente che abbia a che fare con la sua persona potrebbe mai essere percepito dai miei sensi come qualcosa di disgustoso. È così che funziona il mio corpo. È così che funziona da quando l’ho conosciuto.
No, non è per qualche bigotta ragione morale che mi dispiacerebbe aver consigliato a Bill di provarci, con Tom. È l’inevitabile certezza che soffrirà. Che soffrirà da cani. E che, quando questo accadrà, cercherà un capro espiatorio per non arrivare ad odiarsi.
Quando questo accadrà, il capro espiatorio non sarà Tom.
Sarò io.
È questo che mi dispiace.
Che, fra vent’anni, quando questa follia sarà finita, e Bill e Tom saranno tornati ad essere due fratelli normali, e dei Tokio Hotel sarà rimasto un ricordo vivo solo nelle loro teste e in quelle di qualche giovane madre di famiglia ancora affezionata alla propria adolescenza, sarò io ad essere odiato. Quello che rimarrà di me nella testa di Bill, sarà l’immagine del bastardo che l’ha convinto a fare l’errore più grosso della sua vita. Quello che rimarrà di me nella testa di Tom, sarà l’immagine del bastardo che non ha fatto niente per fermare la catastrofe in divenire. Se, malauguratamente, la cosa dovesse venire fuori, e dovessero arrivare a conoscersi i dettagli in pubblico, quello che rimarrà di me nella testa di ogni singola fottuta persona che abiti questo merdoso paese, questo merdoso continente e questo merdoso mondo, sarà l’immagine del vecchio stronzo che ha rovinato la vita di due giovani, innocenti ragazzini.
E perché, poi?
Perché di uno dei due era innamorato.
Bella fregatura.
Cosa ne penso, mi chiede lui. Penso che potrei demolire l’intero palazzo a cazzotti, al momento. Penso che è stato orribile osservare la persona che amo innamorarsi di qualcuno che considero imbattibile. Penso che mi consola che questo qualcuno, almeno, lo ricambi.
Cosa penso.
Che sono fottuto.
E che spero di esserlo solo io. Punto.
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