Genere: Introspettivo, Romantico, Triste.
Pairing: Daniele/Nicolas.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Angst, Slash.
- Dopo l'eliminazione dell'Italia, Nicolas va in camera di Daniele per salutarlo un'ultima volta.
Note: Voglio scrivere questa storia da almeno un milione di anni, in realtà anche da prima che cominciassero i Mondiali. Infatti all'inizio la trama non era questa, loro due s'incontravano prima di partire per i rispettivi ritiri e in sostanza tutta una serie di dettagli cambiavano, ma insomma, il punto non è questo. Io li amo ;_; E questa è la prima fic seria che scrivo su di loro, nel senso che ne ho scritto un'altra ma è una doppia drabble del caxxo e mi schifa che debbano già separarsi così presto e-- .__. Odio il calciomercato. *sospira* Comunque, scritta anche per accaparrarmi il Quintino di questa settimana su dietrolequinte, su prompt abbraccio.
Pairing: Daniele/Nicolas.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Angst, Slash.
- Dopo l'eliminazione dell'Italia, Nicolas va in camera di Daniele per salutarlo un'ultima volta.
Note: Voglio scrivere questa storia da almeno un milione di anni, in realtà anche da prima che cominciassero i Mondiali. Infatti all'inizio la trama non era questa, loro due s'incontravano prima di partire per i rispettivi ritiri e in sostanza tutta una serie di dettagli cambiavano, ma insomma, il punto non è questo. Io li amo ;_; E questa è la prima fic seria che scrivo su di loro, nel senso che ne ho scritto un'altra ma è una doppia drabble del caxxo e mi schifa che debbano già separarsi così presto e-- .__. Odio il calciomercato. *sospira* Comunque, scritta anche per accaparrarmi il Quintino di questa settimana su dietrolequinte, su prompt abbraccio.
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THE LAST GOODBYE
- Speravo di trovarti qui. – disse Nicolás, sorridendo appena, mentre Daniele, stupito, lasciava cadere scompostamente le magliette in valigia e si voltava a guardarlo. – Mi avevano detto che forse non c’eri.
- …sto preparando i bagagli. – mormorò confusamente, voltandosi e sistemando meglio le magliette più per darsi qualcosa da fare che perché ne sentisse realmente il bisogno o ce ne fosse un’immediata necessità, - Stasera torniamo a casa e devo ancora fare un mucchio di cose.
Nicolás annuì, ancora fermo sulla soglia, una mano sulla porta e l’altra sullo stipite, come dovesse trattenersi dall’entrare in camera.
- Mi è dispiaciuto per la vostra eliminazione. – disse incerto, tamburellando con le dita sul legno.
- Oh, ti prego. – rise amaramente Daniele, chiudendo di scatto la valigia e voltandosi a guardarlo, - Fatico a immaginare che possa esistere un essere umano nel mondo cui possa davvero essere dispiaciuto per l’eliminazione dell’Italia.
Nicolás aggrottò le sopracciglia, quasi offeso.
- Mi è dispiaciuto per te. – precisò.
Daniele lo scrutò per qualche secondo, prima di inumidirsi le labbra e poi abbassare lo sguardo.
- Entra. – disse quindi. Nicolás ubbidì, chiudendosi la porta alle spalle.
- Non sono sicuro di quello che è appena successo. – mormora Daniele, fissando ostinatamente il soffitto e rifiutandosi con altrettanta ostinazione di guardare al proprio fianco.
- Ti do una mano. – ridacchia Nicolás, rigirandosi a pancia sotto e reggendosi sui gomiti per guardarlo dall’alto, di modo che lui non possa evitarlo, - Ci siamo baciati, siamo entrati in camera tua, ci siamo spogliati e poi io ti ho fatto un pom—
- Non è necessario! – lo interrompe Daniele, coprendosi il viso con le mani, - Non è necessario ripetere queste cose. Le ricordo, anche troppo bene.
- Be’, hai detto di non essere sicuro. – ridacchia ancora Nicolás, genuinamente divertito. – Avanti, - aggiunge poi, spalancando gli occhi, incredulo, - non dirmi che sono il primo maschio che—
- Dico, ma la pianti?! – sbotta Daniele, smettendo di coprirsi il viso solo per allungarsi a recuperare un cuscino, tirarglielo in faccia e poi utilizzarlo per nascondercisi dietro, al posto delle mani. – E piantala anche di essere così disinvolto e tranquillo, mi dai i brividi.
- Oddio, ma da come mi toccavi non sembrava affatto che per te fosse la prima volta! – ride genuinamente lui, strattonando un po’ il cuscino nel tentativo vano di toglierlo di mezzo, - Scusa, ho dato per scontate un po’ troppe cose, mi sa.
- Già. – sbotta Daniele, poggiando nuovamente il cuscino al proprio posto e tornando a fissare il soffitto per un secondo, prima di volgere lo sguardo a Nicolás. – E comunque, se sembravo disinvolto, è stato solo perché ci pensavo da mesi. – dice, col tono di chi sta concedendo una grande rivelazione.
Nicolás ride ancora, e Daniele vorrebbe poter provare dell’odio per quella risata. Naturalmente, non gli riesce.
- Me n’ero accorto. – risponde l’argentino, - Per questo ho accettato di uscire con te, stasera. Ce ne hai messo, di tempo.
Daniele scosta nuovamente lo sguardo, arrossendo imbarazzato.
- Dio mio, sei impossibile. – si lamenta, passandosi una mano sugli occhi, - In che guaio mi sono cacciato?
- In un guaio bello grosso. – dice Nicolás, ridendo per l’ennesima volta. Daniele ci si è già abituato.
- Come stai? – chiese Nicolás, seduto sul letto, mentre lo osservava chiudere la valigia e riporla in un angolo fra il letto e il comodino, - Intendo, non dev’essere facile.
- Ma sei venuto per fare conversazione di circostanza? – sbottò Daniele, in un ringhio infastidito, - Come vuoi che stia, a parte di merda? In certe situazioni, essere un professionista ti aiuta solo fino ad un certo punto.
Nicolás abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro.
- Sono venuto perché forse non ci capiterà di rivederci. – confessò in un sussurro spezzato, - E volevo salutarti, prima che partissi. Perché non tornerò a Roma, una volta finito il Mondiale.
Daniele strinse i denti e trattenne il respiro, rilasciandolo solo dopo essersi seduto al suo fianco.
- Sto male. – disse quindi, le mani bene aperte sulle ginocchia e lo sguardo fisso sul pavimento, - Sto male come si sta male quando qualcosa di brutto che ti aspettavi alla fine succede. Ci sono situazioni – ridacchiò piano, quasi ironico, - in cui non ti basta aspettarti il peggio, non ti basta sapere che accadrà. Per qualche assurdo motivo, continui irrazionalmente a spiegare che in qualche modo possa risolversi tutto per il meglio. E poi quando non succede stai male, e sei deluso, nonostante tu sappia che non potevi aspettarti niente di diverso. – sollevò lo sguardo verso di lui, ma Nicolás non glielo ricambiò. – Sta succedendo la stessa cosa con te, Nico. Non è così?
- È una bella serata. – dice Daniele, inspirando a pieni polmoni l’aria fresca della notte romana. – Di’ la verità, quando ti hanno spedito qui a Roma pensavi fosse una specie di punizione per non essere stato all’altezza, vero? Tipo, “ma guarda tu in che squadra di merda mi vanno a mandare”.
- Non è affatto vero! – protesta Nicolás, tirandogli un pugno contro una spalla. Daniele inarca un sopracciglio, ridendo divertito. – Ok, forse un pochino. – ammette Nicolás, roteando gli occhi, - Ma non ho mai pensato a questo come ad una punizione. Piuttosto come un’opportunità.
- Sì, un’opportunità di far vedere quanto valevi per sperare ti riprendessero in rosa. – lo prende in giro Daniele, facendogli passare un braccio attorno al collo ed attirandolo a sé in una stretta giocosa, mentre passeggiano per la stradina deserta. – Patetico.
- Stronzo. – ribatte Nicolás, tirandogli una gomitata in pieno stomaco. – L’Inter è stata una cosa molto importante, per me. C’è stata, quando ho avuto bisogno nel momento peggiore della mia intera vita. Non sapevo su chi contare, non sapevo come uscirne, e loro hanno risolto tutto senza che io neanche avessi bisogno di chiedere. È normale che volessi provare a tornare lì a tutti i costi, quella era casa mia.
- Ma non ti saresti mai aspettato di arrivare a superarli in classifica, con la Rometta sfigata, poi. – aggiunge Daniele con un ghigno strafottente, tipico di chi sa di poter prendere in giro ciò che più ama soltanto perché è consapevole che per difenderlo contro gli stessi sfottò, da qualcun altro, darebbe via un braccio. – E ora non ci vuoi più tornare.
- Stai fraintendendo. – ribatte Nicolás, fermandosi in mezzo al marciapiedi e sciogliendosi dalla sua stretta per voltarsi e guardarlo negli occhi, - Non voglio restare perché la Roma è forte. – prende un respiro e gli accarezza lievemente i contorni del viso, guardandolo con attenzione. – Voglio restare perché la Roma è casa.
- Hidalgo dice che le possibilità sono molto poche. – confessò Nicolás in un sussurro sconfitto, accettando di buon grado la stretta della mano di Daniele, insinuatasi fra le sue solo per impedirgli di continuare a massacrarsi le dita torcendosele in grembo, - Il City offre un sacco di soldi, roba che non sono neanche sicuro di valerli, quattordici milioni. Da un lato mi lusinga, e mi scazza anche che per la Sensi non ne valgo nemmeno otto, - sbuffò platealmente, guadagnando in risposta una risatina divertita da parte di Daniele, - dall’altro, però, insomma. Non è che abbia proprio tutta questa voglia di trasferirmi in Inghilterra.
- Potrebbe essere una buona opportunità per la tua carriera, però. – si sforzò di dire Daniele, dopo aver deglutito un blocco d’aria tanto duro e pesante da sembrare di cemento, - L’Inghilterra è—
- Non mi interessa cos’è l’Inghilterra. – sospirò Nicolás, scuotendo il capo, - Io sto bene a Roma. – concluse, alzandosi in piedi e muovendo qualche passo nervoso attorno al letto, prima di fermarsi davanti alla finestra, scrutando le persone in movimento per la strada sotto di loro, svariati piani più in basso.
- Vorrei poter avere una soluzione a questo problema. – disse Daniele, seguendolo ed abbracciandolo stretto da dietro, mentre lui si appoggiava con la schiena contro il suo petto, lasciando andare il capo indietro sulla sua spalla. – Vorrei poter risolvere un mucchio di problemi, ma il più delle volte non mi riesce.
Nicolás sorrise, sentendo le sue labbra contro la propria tempia.
- Però ci provi sempre. – rispose, - E questo è già qualcosa.
- Cosa vuol dire che probabilmente non resterai?
La voce di Daniele è cupa, quasi da brivido. Sul letto, al suo fianco, Nicolás resta raggelato e non trova la forza nemmeno per respirare. Si volta a guardarlo, lentamente, come il collo fosse impedito nei movimenti, e schiude incerto le labbra.
- Come—
- Ti ho sentito che ne parlavi col tuo procuratore, questo pomeriggio. – risponde lui, senza neanche lasciargli il tempo di completare la domanda. – Così questo è quanto, mh? Arrivi, stai qualche mese e poi te ne vai. E chissenefrega del resto.
- Daniele, io non lo sapevo. – protesta Nicolás, duro. – Sono venuto qui con le migliori intenzioni, e—
- E sei anche venuto a letto con me con le migliori intenzioni?! – grida Daniele, scattando in piedi ed allontanandosi dal letto. – Cristo! – impreca, passandosi le mani fra i capelli e muovendo qualche passo rabbioso per la camera ancora avvolta nell’oscurità. – Cristo, che stronzo. Avrei preferito non incontrarti mai.
Nicolás si morde un labbro, mettendosi a sedere sul letto. Sa che fra pochi giorni entrambi partiranno per il ritiro con le rispettive nazionali, e non sarà semplice incontrarsi ancora. In Sudafrica, o altrove. Vorrebbe fermarlo, solleva perfino un braccio e fa per chiamarlo, ma Daniele non gliene lascia il tempo, e si rifugia in bagno il secondo successivo.
“Non farti trovare, quando esco.” dice duramente, oltre la porta in legno. In silenzio, Nicolás si alza in piedi e comincia a raccogliere i propri vestiti.
- Lo pensi ancora? – chiese Nicolás a bassa voce, gli occhi chiusi e la sensazione tiepida delle labbra di Daniele premute contro la tempia ancora vivida nella sua memoria sensoriale, - Che non avresti mai voluto incontrarmi, intendo.
Daniele lasciò andare una risata triste, stringendoselo contro con maggiore convinzione.
- Devo farmi la barba. – disse, invece di rispondergli, - Mi dai una mano?
Nicolás lo seguì senza protestare all’interno del bagno, e lo osservò recuperare il rasoio elettrico e porgerglielo, prima di sedersi su uno sgabello di fronte al lavandino.
- Vuoi toglierla tutta? – chiese incerto, sfiorando il contorno del suo viso dallo zigomo al mento, - Ti sta bene.
- Nah. – rispose Daniele con una mezza scrollata di spalle, osservandosi nello specchio, - Accorciala e basta. Rendimi quantomeno presentabile. – concluse con una risatina, prima di chiudere gli occhi e, semplicemente, lasciarlo fare.
Sopra il rumore continuo e ronzante del rasoio elettrico, parlare non era nemmeno un’opzione, perciò Nicolás non ci provò nemmeno. Rimase ad osservare il volto di Daniele riemergere parzialmente dalla barba che l’aveva coperto per metà per una quantità impossibile di mesi, e sorrise quando non faticò minimamente nel riconoscere gli stessi lineamenti che l’avevano colpito senza speranza il suo primo giorno a Trigoria, quando lui era stato il primo ad avvicinarsi per dargli il benvenuto e fargli vedere come si lavorava in genere da quelle parti.
Spense il rasoio quando gli parve di aver fatto abbastanza, e solo allora Daniele riaprì gli occhi, tornando a guardare il proprio riflesso. Si guardò da ogni lato, accarezzandosi pensieroso il mento, e poi sorrise.
- Hai fatto un buon lavoro, mi pare. – concluse alzandosi in piedi.
Nicolás gli sorrise in risposta, mettendo via il rasoio e spolverandosi un po’ i pantaloni.
- Allora ti saluto. – disse a mezza voce, rifiutandosi di guardarlo, - Magari ci si sente, in futuro.
Daniele non rispose, ed aspettò che muovesse un paio di passi verso la porta, prima di afferrarlo per un polso e tirarselo contro, stringendoselo al petto con forza ed accarezzandogli la nuca e la schiena mentre si chinava appena per baciarlo sulle labbra.
- Pensavo che non l’avresti fatto. – disse Nicolás, senza fiato, poggiando la fronte contro la sua quando il bacio s’interruppe.
- Sei un cretino. – rispose Daniele, senza dare segno di volerlo lasciare andare. Per un attimo, si chiese se la soluzione, in fondo, potesse essere quella. Tenerlo stretto e basta, lasciare che il tempo passasse all’infinito e continuasse a trovarli sempre in quel modo, annodati tanto stretti da non potere in alcun modo scioglierli l’uno dall’altro.
- Farai tardi. – gli ricordò qualche minuto dopo Nicolás, e Daniele sospirò, lasciandolo andare. Forse la colpa non era sua, non era lui incapace di trovare una soluzione. Forse una soluzione proprio non c’era.