Genere: Introspettivo.
Pairing: BrianxMatt
Rating: R
AVVISI: Boy's Love.
- Sono passati due mesi da quando Brian e Matt si sono lasciati. Adesso, è arrivato il momento di riaprire la pratica e vedere cosa è rimasto irrisolto.
Commento dell'autrice: Ispirazione fulminea *_* Iniziata e finita nell’arco di un giorno. Ispirata dal bellissimo tema numero 94 proposto dalla 100Songs community, ho voluto provare a immaginare un incontro fra Matthew e Brian due mesi dopo che si erano lasciati. Puccini, loro ç-ç Spero abbiate gradito ^_^
Ah, la canzone citata nel mezzo è “Nature 1”, dei Muse <3
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SPADA DI DAMOCLE
Song#94. Why haven’t I heard from you?


Brian lo guardò con tanto di quel disgusto che per un secondo Matthew si sentì perfino in colpa.
Il disgusto si trasformò presto in rabbia, e allora anche il senso di colpa svanì, lasciando posto al fastidio.
Infine, la rabbia di Brian si sciolse in un sorriso astioso e crudele, di quelli che adorava lanciargli quando stavano ancora insieme e litigavano, e lui decideva di fargliela pagare in qualche modo. Davanti a quel sorriso, Matthew non era mai riuscito a impedire all’irritazione di prendere il sopravvento sulla sua razionalità. Di fronte a quel sorriso, raramente si scampava a un litigio. E raramente poi si riusciva a fare pace. Molto più spesso lui e Brian bypassavano il momento del chiarimento per gettarsi a capofitto fra le lenzuola, e dimenticare le urla isteriche ed esasperate nell’unico modo efficace che comprendessero entrambi.
E così, il litigio rimaneva come aperto. In sospeso. Continuamente. Per sempre. Sulle loro teste.
Una dannata spada di Damocle.
Quando, dopo due mesi che convivevano, le spade di Damocle erano diventate più di un centinaio, e i loro fili troppo sottili per reggere ancora, e quando Matt aveva sentito chiaramente che presto sarebbero cadute, tutte insieme, tagliandolo tutto, quando Matt aveva capito che dalla sua capacità di fuggire dipendeva la sua stessa vita, era andato via.
Brian non era mai riuscito a perdonarlo per questo.
*

Spostando lo sguardo e fingendo d’ignorare Matthew, Brian cercò Stefan nella folla che riempiva il salone, ben intenzionato a dirgliene quattro.
Non riusciva a capire come diavolo si fosse permesso di invitare Matthew al suo compleanno.
Frena, frena, Bri, disse una vocina fastidiosamente simile a quella del grillo parlante di Pinocchio, nella sua testa, guarda che Stefan può invitare chi vuole, al suo compleanno. Ed era semplicemente scontato che avrebbe invitato anche il migliore amico del suo ragazzo. Quindi, tesorino, se c’è qualcuno che ha una qualche dannata colpa, in questa situazione, sei tu.
Che non l’hai capito.
O che l’hai capito e l’hai ignorato.
Insomma, tu che ti sei presentato.

Sospirando, Brian capì che non aveva senso muovere alla sua coscienza obiezioni quali “ma era il compleanno di Stef! Pur sapendo che sarebbe venuto lo stronzo, come avrei mai potuto permettermi di non esserci? Non me lo sarei mai perdonato!” era del tutto inutile. Ciononostante, continuò a cercare Stefan, fermamente intenzionato a ricoprirlo del suo disappunto.
Quando infine lo trovò, era rannicchiato su un divanetto con Dom accucciato sulle ginocchia.
Decisamente non poteva ricoprirlo di disappunto in quel momento.
*

Quando, dopo “English Summer Rain” e “Nancy Boy”, lo stereo diffuse nell’aria le note iniziali di “The Bitter End”, Matthew capì due cose.
Primo, che quella era la festa dalla colonna sonora più autoreferenziale cui avesse mai partecipato.
Secondo, che se non fosse uscito in balcone a prendere una boccata d’aria prima di sentire la voce di Brian rimbombargli nelle orecchie “You shower me with lullabies, as you’re walking away”, sarebbe morto.
Perciò, si diresse verso una delle grandi vetrate in fondo all’immenso salone che era stato affittato per la festa, e riuscì ad uscirne appena in tempo.
La luna giganteggiava sopra la sua testa, accompagnata da una tale quantità di stelle che sembrava quasi impossibile che quella serata fosse la naturale conclusione di una piovosa giornata di marzo inglese.
Respirando a pieni polmoni, mosse qualche passo sulle piastrelle in marmo bianco della gigantesca balconata, e sollevando lo sguardo sull’orizzonte – si vedeva il mare – vide Brian appoggiato coi gomiti alla ringhiera, lo sguardo perso nel vuoto della notte reso brillante e lucido dalle fievoli luci degli astri.
Fu tentato di rientrare.
Ma fu solo una tentazione.
*

Percepì la sua dannata presenza come aveva sempre fatto, e come avrebbe fatto sempre. Si era già rassegnato molto tempo fa a questo suo destino. Ovunque potesse andare, con chiunque fosse stato, se Matthew fosse entrato in un raggio di un chilometro attorno a lui, lui l’avrebbe sentito. E, cosa ancora peggiore, non l’avrebbe potuto ignorare.
Si voltò, appoggiando i gomiti alla ringhiera e sorridendogli maligno, mentre lo osservava avanzare.
- Devo ricordarti che sei inopportuno? – disse sarcastico, sporgendosi lievemente in avanti.
- Sono solo venuto a fare gli auguri a Stef. Dom ci teneva. – rispose lui, acido, appoggiandosi alla ringhiera accanto a lui e guardando lontano, il mare, forse, o qualcos’altro, qualcuna delle assurde visioni che gli attraversavano il cervello nei momenti più allucinanti e che poi lo portavano a comporre, magari.
Detestava sapere tanto di lui da comprendere anche le parti più affascinanti della sua personalità.
Avrebbe voluto essere in grado di ricordare solo le cose più orribili.
- Stefan è dentro, non qui. È qui che sei inopportuno. – precisò con cattiveria mentre si voltava e spostava anche lui lo sguardo sul mare.
- Avevo bisogno di una boccata d’aria fresca. – si giustificò Matt, scrollando le spalle.
- Che strano. – rise lui, - Anche io avevo bisogno esattamente della stessa cosa. Solo che quando ci sei tu intorno l’aria improvvisamente smette di essere fresca e diventa insopportabile.
- Oh, - sorrise lui, sarcastico, - niente male questa. Dovresti metterla in una canzone. So che lo farai.
- Neanche morto. Darti l’opportunità di dire in giro “sono io che l’ho ispirato”? Mi credi scemo?
La domanda cadde nel vuoto, perché Matthew si rifiutò di rispondere.
Il bruciante sospetto che quello fosse un silenzio-assenso disturbò Brian al punto che desiderò tornarsene a casa, ficcarsi sotto le coperte e non sentire più nessuno per almeno un mese.
Ed era appena mezzanotte, Dio santo. Avrebbe dovuto essere da qualche parte con qualcuno a scopare, altroché.
Alla faccia di quel dannato damerino.
- Intendi rimanere qui ancora a lungo? – chiese, ormai infastidito, stringendo le mani.
Matthew sospirò.
- Brian, ti ha mai detto nessuno che si può continuare a frequentarsi da persone civili anche dopo essersi lasciati?
Brian digrignò i denti.
Non sopportava quel modo sottinteso in cui Matthew gli dava dello stupido continuamente.
- A te non ha mai detto nessuno che quando lasci una persona senza un motivo, poi al mollato viene un po’ difficile comportarsi da persona civile?
- Non ti ho mollato io, Brian. – obiettò Matt con un amaro sorriso, - Ci siamo lasciati. È diverso.
- Oh, be’. Se ti fa piacere credere io fossi d’accordo, bene. Fa’ pure.
- …non è come se stessi mentendo a me stesso, eh, Brian. Semplicemente a te adesso fa più comodo ricordare solo che sono stato io a lasciare l’appartamento, e non che avessimo deciso insieme.
- Non abbiamo deciso insieme! – protestò lui, tornando a guardarlo, - Stavamo litigando! Tu hai detto che te ne saresti andato e io ti ho risposto “bene!”, ma chi poteva immaginare che fossi serio?! Insomma, quando litighi dici anche un mucchio di cazzate, e poi neanche una parola da te per due mesi interi, e-
- Io non stavo dicendo cazzate, Brian. E mi dispiace che tu non l’abbia capito prima.
*

Brian aveva un modo tutto suo di far sentire il colpa le persone. Lui non piangeva, lui non si lamentava, lui non cercava di dimostrare la logicità dei suoi ragionamenti e le falle in quelli dei suoi antagonisti, lui semplicemente ti vomitava addosso rancore. E quando tu ti senti vomitare addosso tutto quel rancore, tutto quell’odio, tutto quel disprezzo, non puoi fare a meno di pensare che dietro ci sia un motivo serio. Perché è ovvio, perché vuoi credere che dietro a un animo così acido ci sia anche un perché. E quindi cominci a riflettere sui tuoi comportamenti, sulle tue parole, sulle tue motivazioni. E puntualmente trovi tutto scorretto.
Ma grazie alla sua breve convivenza con Brian, Matthew aveva capito una cosa molto importante, su di lui e su tutte le persone come lui. Ovvero che non c’è bisogno di un motivo per essere incazzati. Di più, non c’è bisogno di un motivo per essere incazzati e prendersela con qualcuno. Basta essere frustrati, basta essere tristi, basta essere insoddisfatti o semplicemente scazzati e annoiati, basta aggrapparsi a un qualsiasi brandello di sentimento negativo, ergerlo a Motivo Supremo, poi nasconderlo dietro una quantità di motivi stupidi e fasulli che dimenticherai nel momento stesso in cui, urlando, li esponi, e il gioco è fatto. Hai litigato.
Magari hai anche picchiato qualcuno. Loro si picchiavano spesso, ad esempio.
Era stata una relazione turbolenta, la loro. Era stato un terremoto, un disastro.

“You are a natural disaster
And I’ve wanted you too much”


Paradossalmente, il periodo più bello della sua vita.
*

Stare con Matt in quel momento, riuscire ancora a guardarlo negli occhi, a stare accanto a lui senza sentire il bisogno irrefrenabile di allontanarsi come avesse avuto la peste, era già una gran conquista. I primi due mesi, dopo che era andato via, erano stati orribili. Non poteva andare da nessuna parte, non poteva vedere nessuno, non poteva fare niente senza incontrarlo. L’abitudine a ciò che faceva con lui, ai locali che frequentavano insieme, era rimasta così forte che lui non aveva pensato neanche per un secondo di poter cambiare itinerario, il sabato sera, o di scegliersi un hobby diverso rispetto a quello che si erano ritrovati a seguire insieme.
Senza neanche rendersene conto, era rimasto appeso al fantasma della loro relazione, custodendolo dentro di sé, impedendosi di liberarsene.
Era curioso, poi, che gli ci fossero voluti proprio due mesi per ripulire la sua mente e il suo corpo dai residui di Matt. Due mesi era durata anche la loro relazione.
Se non altro, avevano dei tempi regolari.
E comunque era ingiusto che adesso lui si ripresentasse così, come fosse normale. Era ingiusto che lui si permettesse di mostrargli con quanta disinvoltura riuscisse a stargli vicino senza quantomeno impazzire, mentre a lui veniva voglia di legarsi le mani dietro la schiena per impedirsi una qualsiasi mossa che riflettesse i desideri nella sua testa.
Che erano tanti.
E troppo confusi per tenerli a bada.
Sospirando stancamente, si voltò verso la vetrata e mosse qualche passo, intenzionato a rientrare nel salone, salutare Stefan e andarsene a casa a dormire.
La mano di Matt gli si attaccò alla manica della giacca con una tale velocità che lui quasi neanche la vide.
*

Rivedere Brian gli aveva dato modo di capire che uscire dal suo appartamento non aveva eliminato le migliaia di spade di Damocle che la loro relazione aveva creato e appeso sulle loro teste.
Aveva permesso a lui di smettere di vederle, sì. Ma loro pendevano ancora dal soffitto, ondeggiavano stancamente e pesantemente, disperatamente aggrappate al misero filo che a stento le reggeva. Lui non le vedeva più, ma loro c’erano. E se prima pendevano su entrambi, adesso pendevano solo su Brian.
Brian non aveva lasciato il loro appartamento. Brian era rimasto tale e quale a com’era quando lui era andato via.
Solo un po’ più triste.
E arrabbiato.
Ma Matt non aveva mai sopportato i puntini di sospensione. Era fuggito proprio perché non ne poteva più di situazioni sospese, ma così facendo non aveva forse sospeso a sua volta la più importante delle questioni?
Perché la questione Brian era ancora lì. La questione Brian lo guardava stupita, spostando gli occhi dal suo viso al suo braccio, in un misto di orrore e fastidio.
Decise di parlare, perché tanto prima o poi le spade sarebbero cadute comunque, quindi tanto valeva essere lui a decidere quando e come gli avrebbero spaccato la testa.
- Non è che non ti amassi ancora, quando sono andato via. – confessò, guardandolo dritto negli occhi.
Brian, per un po’, non seppe che dire.
Poi sembrò ricordarsi della rabbia, e corrugò le sopracciglia.
- Come osi dirmi una cosa del genere adesso…?
- E’ l’unica cosa che voglio dirti. È l’unica cosa che voglio che tu sappia. Non avevo ancora smesso di amarti, quando sono andato via, e smettere di farlo è stata una tortura inimmaginabile.
- …
- Per questo, credo non dovremmo rivederci più.
Brian sollevò lo sguardo, e Matt lo vide colmo di ansia e tristezza. E una punta di nostalgia.
- Se io continuassi a vederti… - spiegò faticosamente, stringendo la presa sul suo braccio, - credo che mi innamorerei di nuovo. Sei ancora troppo bello, e sei ancora troppo recente. Ma vedi, Brian, non ho mai visto due esseri tanto incompatibili quanto noi. Dovrei andarmene di nuovo, prima o poi. E non sopravvivrei ad altri due mesi di supplizio per smettere di pensare a te giorno e notte.
- Matt-
- Cerca di capirmi, Brian. So che è difficile. Rivederti, dopo due mesi, e dirti queste cose… so che è assurdo. Ma tu cerca di capirmi lo stesso. Ti prego.
Brian sospirò, strattonando il braccio e liberandosi dalla sua stretta, chiudendo gli occhi.
Poi tornò a guardarlo, sorridendo lievemente e stringendosi nel cappotto.
- L’ho sempre fatto, Matt. – rispose voltandosi e avanzando verso l’ingresso del salone.
Osservandolo allontanarsi, Matthew non riuscì a sopprimere uno stupido singhiozzo. Poi tornò a guardare il mare, e vederlo così vicino e allo stesso tempo irraggiungibile lo consolò molto.
Abbastanza da riprendersi, almeno.
*

Sorrise a tutti gli invitati, conosciuti e sconosciuti, e avanzò velocemente verso il divano dove ricordava aver lasciato Stefan e Dom, impegnati in gioiose attività da innamorati.
Erano ancora lì, ovviamente impegnati nelle stesse attività.
Sorrise mestamente pensando che quei due, inizialmente concordi nell’avere una relazione soltanto da una botta ogni tanto e via, erano felicemente durati molto più di quanto non avessero fatto lui e Matt, che invece erano perfino andati a vivere insieme, catturati com’erano dallo stordimento amoroso che li aveva colpiti quando avevano capito cosa provavano l’uno per l’altro.
- Stef. – lo chiamò debolmente, agitando una mano.
Stefan si separò da Dom e lo guardò, un po’ stupito.
- E’ successo qualcosa? Hai il mascara un po’ sbavato…
- Niente. – sorrise lui, - Ma sono distrutto. Penso che mi andrò a fare una dormita e… ti dispiace dire ad Alex che preferirei non fare niente, domani?
Ancora un po’ incerto, Stefan annuì, salutandolo con una mano.
- Comunque buon compleanno. – disse con entusiasmo mentre si allontanava verso l’uscita.
Aprì la porta proprio mentre Matt rientrava dal balcone.
Richiuse la porta alle sue spalle proprio mentre Matt si lasciava sfuggire un sorriso, guardandolo andar via.
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