Pairing: Alphonse/Edward.
Genere: Introspettivo
Rating: R
AVVISI: Flashfic, Slash, Lime.
- "Sinestesia indica situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi."
Nota: E' il mio regalo di compleanno per la Caskina, ma in realtà è un'idea che mi trascino dietro da anni, vale a dire da quando FMA era il mio fandom di riferimento XD Insomma, meglio tardi che mai, o almeno spero /o\
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SINESTESIA


Alphonse ha capito fin da subito che nel suo corpo c’era qualcosa di strano. Qualcosa che non andava, magari non qualcosa di sbagliato, ma sicuramente qualcosa di fuori posto, perché per quanto fosse piccolo ai tempi della trasmutazione fallita, non gli pare di ricordare che allora provasse sensazioni simili. E dipendono dal suo corpo, dalle terminazioni nervose fuori fase, per forza, perché le sensazioni sono fisiche, non le inventa, non le immagina, non sono cose che percepisce nell’aria, non sono cose che ascolta in un’eco lontana, sono cose che sente, su cui non può sbagliarsi.
All’inizio pensava fosse solo felicità. Si è ripetuto spesso che quel brivido che sentiva scorrere lungo la schiena, dandogli la pelle d’oca ogni volta che suo fratello parlava – non necessariamente con lui, poi – dovesse essere un qualche sintomo di gioia dettato dal non vederlo da così tanto tempo. E poi, davvero, era una cosa lievissima, come una carezza in punta di dita su e giù per la spina dorsale. Niente di realmente preoccupante.
Poi le sensazioni si sono fatte più intense, e allora Alphonse ha cercato di dare la colpa al nuovo ambiente. A Monaco, al freddo, alla città, al tempo e all’universo differenti che cercavano di farsi spazio dentro di lui, e alle sue forme che cercavano di modificarsi per fare spazio a tutto ciò dentro di sé. Ha provato ad ignorare la pressante consapevolezza del fatto che ogni singolo tocco che percepiva sul collo sui fianchi e fra le cosce fosse direttamente dipendente dalle parole di Edward, e per un po’ c’è riuscito, o ha creduto di esserci riuscito.
Poi, suo fratello l’ha guardato a lungo, un pomeriggio, tornato da lavoro. Seduto sul divano, la camicia sbottonata sul petto e i capelli sciolti sulle spalle, ha allungato un braccio verso di lui, accoccolato al suo fianco sul cuscino, e se l’è stretto contro. Le sue dita fra i capelli e sul collo, Alphonse le ha sentite appena. Ma quando Edward si è allungato verso di lui e gli ha sussurrato qualcosa all’orecchio, gli è esploso qualcosa nel petto. Non è neanche riuscito a comprendere cosa gli stesse dicendo, le parole erano suoni confusi, lontani, mescolati fra loro, privi di senso. E la carezza che sentiva scivolare lungo il profilo dell’orecchio, giù per il collo e sulla spalla, non era una carezza fisica, malgrado lui la percepisse come tale. Ed lo stava solo abbracciando, non stava facendo nient’altro: lo abbracciava e parlava. Eppure Alphonse sentiva una mano scivolargli sul ventre, sotto i vestiti, fin giù fra le gambe.
Sforzandosi più di quanto non avrebbe mai creduto possibile, Alphonse ha dischiuso gli occhi e cercato la figura sfocata di suo fratello. Edward ha parlato ancora, probabilmente per chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, ed Alphonse, scosso da un fremito profondissimo, s’è morso un labbro a sangue, strusciandosi quasi inconsapevolmente contro di lui.
“Ancora,” l’ha implorato, ripiegando all’indietro il capo nell’incavo della sua spalla, “Ancora, ti prego.”
Edward l’ha guardato senza capire – Alphonse ha colto la sua occhiata incerta nel mezzo delle esplosioni di luce e colori che gli inondavano il cervello – e poi ha parlato ancora. E ancora, e ancora, e Alphonse non è riuscito a comprendere una sola singola parola, ma non era importante, perché c’erano mani ovunque, carezze ovunque, baci ovunque. Ogni lettera che scivolava fra le labbra di Edward era una carezza dritta fra le cosce di Alphonse, lungo la sua erezione pressata all’interno della fodera stretta dei pantaloni troppo piccoli rispetto a quanto era cresciuto da quando aveva recuperato il suo corpo.
È venuto con un gemito tanto profondo e forte da togliergli il fiato, sempre stretto fra le braccia di Edward, che ha continuato a sussurrargli parole incomprensibili all’orecchio anche dopo l’orgasmo, trascinandolo esausto nel sonno. Alphonse non sa ancora cosa ci sia di sbagliato nel proprio corpo, quale sia il meccanismo inceppato, cosa non gli permetta di funzionare alla perfezione, quale sia il motivo di una tale confusione dei sensi. Però adesso sa cos’è che aziona tutto, cosa accende la miccia, cosa fa scoppiare la bomba. E quando cerca suo fratello, di notte, nel letto, e poggia l’orecchio contro il suo petto, chiedendogli di parlare, può farlo senza sensi di colpa.
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