Genere: Romantico.
Pairing: Davide/Mario.
Rating: PG13
AVVERTIMENTI: Angst, Fluff, Slash.
- Subito dopo Inter-Palermo, Mario viene ricoverato in ospedale per passare la notte al sicuro da ricadute della reazione allergica che l'ha costretto ad abbandonare il campo anzitempo durante la partita. Davide lo veglia - e forse, però, non fa un gran lavoro.
Note: ç_ç Robina estemporanea scritta d’istinto subito dopo Inter-Palermo e tutti i suoi drammi – ovvero il malessere di Mario e il fail profondo e totale di Davide in difesa nel secondo tempo. Consoliamoci tutti insieme T_T (Dopo una vittoria 5-3? Dopo una vittoria 5-3, sì.)
Ps: Titolo rubato ai Mumford & Sons, ma sospetto fosse di Shakespeare, prima che loro.
Pairing: Davide/Mario.
Rating: PG13
AVVERTIMENTI: Angst, Fluff, Slash.
- Subito dopo Inter-Palermo, Mario viene ricoverato in ospedale per passare la notte al sicuro da ricadute della reazione allergica che l'ha costretto ad abbandonare il campo anzitempo durante la partita. Davide lo veglia - e forse, però, non fa un gran lavoro.
Note: ç_ç Robina estemporanea scritta d’istinto subito dopo Inter-Palermo e tutti i suoi drammi – ovvero il malessere di Mario e il fail profondo e totale di Davide in difesa nel secondo tempo. Consoliamoci tutti insieme T_T (Dopo una vittoria 5-3? Dopo una vittoria 5-3, sì.)
Ps: Titolo rubato ai Mumford & Sons, ma sospetto fosse di Shakespeare, prima che loro.
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Sigh No More
- Stai piangendo?
Davide solleva lo sguardo interrompendo un singhiozzo a metà, stupito, e trova gli occhi di Mario, velati da qualcosa che non riesce a definire, che lo scrutano enigmatici, senza lasciar trapelare niente di quanto stia davvero pensando. Il macchinario cui è attaccato pulsa regolare, seguendo il battito del suo cuore. Sullo schermo nero c’è la vita di Mario che scorre su una linea a zig zag e si concentra su un numeretto fisso nell’angolo in alto a destra. Bip, bip. Bip, bip.
- Ma-
- Spero che stessi piangendo per la mia tragica morte e nient’altro. – lo interrompe subito lui, lanciando una rapida occhiata al tubicino della flebo che ha attaccata al braccio ed analizzando il tutto per capire se può tirarsi a sedere o meno. – Che è ‘sta menata? Sono morto, non mi servono queste cazzate.
- Mario, ti prego! – si lamenta lui, passandosi una mano sugli occhi a scacciare via le ultime lacrime intrappolate fra le ciglia, - La pianti di dire stronzate?!
- Cosa, cosa? – chiede Mario, simulando curiosità e spalancando gli occhi come un bambino, - Vuoi dire che non sono morto? Okay, adesso tutto ha più senso, ma all’improvviso non mi spiego più le tue lagne.
Davide aggrotta le sopracciglia, stringendo i pugni in grembo e guardandolo con una certa rabbia.
- Be’, signor Uomo Partita, posso anche capire che lei non si interessi di noialtri mortali che le giriamo intorno in cerca di un po’ di luce riflessa dalla sua meravigliosa persona, ma c’è anche chi ha giocato di merda, oggi, e sarebbe carino che-
- Diosanto, Dade. – sospira Mario, poggiando indietro il capo sul cuscino sollevato e scrutando il soffitto con aria rassegnata, - Preferivo essere morto davvero. E- oh, aspetta, uomo partita, hai detto? – chiede, improvvisamente interessato, - Sul serio?
Davide sospira, tirandogli addosso un fazzolettino di carta umido e spiegazzato sull’utilizzo precedente del quale Mario non vuole riflettere.
- No. – borbotta in risposta, piegandosi in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia, lo sgabello improvvisamente scomodo sotto di sé, - Alla fine hanno detto Douglas. – si interrompe, sospirando ancora prima di tornare a guardarlo, gli occhi ancora rossi e lucidi, - Però per me sì.
- Be’, tu non sei esattamente un telecronista, per cui-
- Mario, ma che cazzo, dentro la flebo ci sono vitamine e sali minerali o doppia dose di acidità?! – sbotta, saltando in piedi e cominciando a muoversi nervosamente per la stanza, una mano fra i capelli e poi giù lungo la nuca e il collo, a massaggiarne i muscoli indolenziti. – Cristo!
Mario lo osserva muoversi, l’espressione del suo volto torna indecifrabile e Davide intuisce con la coda dell’occhio il movimento delle sue braccia, che vanno a incrociarsi e stringersi sul petto in una posa offesa.
- Sono molto deluso. – commenta, continuando a guardarlo mentre lui, senza pace, insiste nel camminare avanti e indietro davanti al letto, - Sono sceso in campo nonostante stessi male, mi sono imbottito di tachipirina per esserci, e questo è il risultato, ho fatto di tutto e sono stato oggettivamente grandioso. – Davide si volta a guardarlo inarcando un sopracciglio, ma Mario non si ferma. – E tu entri in campo e combini un disastro? – continua impietoso, - Sai quanto era importante questa partita, per tutti e due? Avevamo qualcosa da dimostrare, Dade, e io ora non ho niente da rimproverarmi. Ma tu?
- …dico, ma ti senti?! – strilla Davide, allargando le braccia ai lati del corpo e poi prendendo a gesticolare animatamente, - Tu-tu fai cazzate così spesso che la gente perde il conto!
- Aha. – annuisce Mario, - Vai avanti.
- Tu- tu sei uno stronzo! In curva ti odiano tutti, sai?! Perché sei un cazzo di presuntuoso e arrogante, e sai cosa?, ci tieni tanto a passare per vittima, ma sei sempre il carnefice di te stesso, fai cazzate che ti si rivoltano contro!
- Esatto. – insiste, - E poi?
- E poi?! – quasi grida, tornando ad avvicinarglisi, - E poi hai il coraggio di venire da me- io mi alleno sempre tanto da sfiancarmi, cazzo, e tu vieni qui e hai il coraggio di dirmi tutta questa marea di stronzate ed aspettarti che io resti a sentirti?! Vaffanculo tu, vaffanculo il mister, vaffanculo questa squadra di merda e vaffanculo pure il calcio, fottetevi! – ed è ansimando che gli volta le spalle e si dirige a passo di carica verso la porta della stanza. Non bada a niente e a nessuno, solo alla rabbia che gli monta dentro e lo rende cieco e sordo, e infatti, quando Mario lo afferra per una spalla e lo rigira di peso, schiacciandolo contro una parete e pressando le labbra contro le sue, non se ne accorge fino a quando non sente la sua lingua infrangere con prepotenza la barriera delle labbra e dei denti, cercando la sua con una violenza alla quale non è possibile resistere e nemmeno rispondere, tant’è che resta in balia di quelle carezze rudi fino a quando non si rende conto di quello che sta accadendo e, dopo aver lanciato un breve sguardo alla mano di Mario chiusa attorno all’asta della flebo che ha trascinato con sé, si lascia andare contro di lui, sollevando le braccia per stringerlo al collo e piegando il capo per approfondire il bacio fino a perdere confidenza coi confini dei loro stessi corpi.
Quando si allontanano l’uno dall’altro, ansimano entrambi, a corto di fiato. Le fronti che si sfiorano, restano fermi con gli occhi chiusi, in silenzio per molto tempo, fino a quando Mario non si decide a spezzarlo.
- Va meglio, adesso? – chiede dolcemente, sfiorando le sue labbra in un altro bacio lievissimo.
- Sei uno stronzo. – gli ricorda Davide, stringendosi contro di lui in cerca di un abbraccio, - Ma sì. Stavo esplodendo.
- L’avevo immaginato. – ridacchia Mario, schiudendo gli occhi ed osservando rapito il suo volto adesso rilassato, le ciglia lunghissime e umide che proiettano sulle sue guance arrossate l’ombra del neon bianchissimo che illumina la stanza, - Tu non piangi mai.
Davide sospira, strusciando il naso contro il suo e decidendosi ad allontanarsi solo quando è certo di potersi reggere autonomamente sulle gambe.
- Non avresti dovuto alzarti dal letto, - gli fa presente, le labbra atteggiate in un broncio di rimprovero, - Sei ancora debole.
- E questo è il ringraziamento! – sbotta Mario, offeso, - Non solo, già provato dalla partita e dalla malattia, mi sacrifico per farti sfogare lasciandoti dire di tutto, ma pure- - Davide lo interrompe prima che possa dire altre idiozie, sporgendosi a tappargli la bocca con un altro bacio, e Mario si prende qualche secondo, dopo, per tornare a ragionare lucidamente. – Okay. – dice quindi, annuendo compito, - D’accordo, come vuoi. Ma resto del parere che… - e non riesce a concludere la frase, anche se stavolta non è colpa di Davide, bensì di un’improvvisa debolezza che lo prende alle gambe e lo costringe quasi a piegarsi in due, aggrappandosi con forza all’asta della flebo. – Dadeeee… - piagnucola lamentoso, - Sto morendo. – sentenzia in un mugolio depresso.
Davide sospira, rotea gli occhi e scuote il capo, le mani sui fianchi e la rassegnazione sul viso.
- No che non stai morendo… - lo rassicura, aiutandolo a raggiungere nuovamente il letto, - Adesso ti metti buono e-
- Sì che sto morendo! – insiste lui, tirando su col naso e nascondendosi dietro le coperte, - Morirò dopo aver disputato la partita più bella della mia carriera. E non sono nemmeno man of the match! Parliamone!
Davide lo guarda a lungo, inarcando le sopracciglia e battendo un piede a terra con aria nervosa.
- Mà? – lo chiama infine, sorridendo angelico, - Dormi. O giuro che, se non muori da solo, ti faccio fuori io.
Mario tira su col naso un’ultima volta, poi chiude gli occhi e si mette tranquillo. Ma il sorriso che gli stende le labbra un attimo prima che si metta a dormire non sfugge a nessuno dei due.