Genere: Generale.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG
AVVERTIMENTI: Gen.
- "Quando sei un adolescente, canti in una band e hai passato sette dei più preziosi anni della tua vita a cercare di ridere in faccia agli stronzetti che ti sfottono perché ti tingi, ti trucchi e ti vesti da donna, resistendo all’impulso di usare le unghie per cavar loro gli occhi nonostante la loro forma inviti esattamente a questo scopo – e nonostante tu ti ritrovi a pensare di averlo fatto apposta, a conciarle così, proprio per punirli delle loro malefatte – hai già imparato un mucchio di cose, dalla vita.
Sei in grado di fronteggiare – quasi – tutti i problemi che la vita è in grado di porti innanzi.
Ma non un fratello imbecille.
"
Note: Naaaah, lo so che è cretina X’DDDD E che è semplice semplice. Senza alcuna pretesa. E forse troppo breve e scema X’D per poter avere una validità. Ma ho passato l’intero pomeriggio a leggere fanfiction stupende non twincest incentrate sul rapporto fra Tom e Bill e mi è venuta voglia di scriverne una e… ç_ç Insomma, è venuta fuori lei. Lei, della quale è nata prima la fine, poi l’inizio e poi tutto il resto in mezzo, peraltro O_ò”
Comunque è colpa di Sara. Deve smetterla di scrivere roba non twincest così bella ç_ç
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SI DICE “EROISMO”, IDIOTA

- Quella tipa deve essere ciecata!
Quando sei un adolescente, canti in una band e hai passato sette dei più preziosi anni della tua vita a cercare di ridere in faccia agli stronzetti che ti sfottono perché ti tingi, ti trucchi e ti vesti da donna, resistendo all’impulso di usare le unghie per cavar loro gli occhi nonostante la loro forma inviti esattamente a questo scopo – e nonostante tu ti ritrovi a pensare di averlo fatto apposta, a conciarle così, proprio per punirli delle loro malefatte – hai già imparato un mucchio di cose, dalla vita.
Lo stoicismo, tanto per cominciare. La sopportazione. La perseveranza. La calma interiore.
Sei in grado di fronteggiare – quasi – tutti i problemi che la vita è in grado di porti innanzi.
- Si dice “cieca”, Tom.
Ma non un fratello imbecille.
- Hai capito il concetto! – sbuffa il maggiore dei gemelli Kaulitz, scrollando le spalle ed aggrottando le sopracciglia, - Perché ha rifiutato di uscire con me?!
Bill arriccia le labbra, sfiorandole con un dito mentre, con aria falsamente pensosa, prende tempo.
- Magari non le piacciono i biondi? – suggerisce partecipe, - O forse i vestiti troppo larghi la spaventano? Mhm-mhm… - riflette ancora, portando le mani ai fianchi e muovendo qualche passo intorno al fratello, prima di fermarsi d’improvviso, sollevargli addosso un paio d’occhi furiosi ed esasperati e sbottare: - O magari ha saputo che l’altroieri hai mollato la sua migliore amica perché non ha voluto dartela, e quindi giustamente è poco propensa a fidarsi di te, che dici?
Tom rabbrividisce fino alla punta dell’ultima ciocca rasta che ha sulla testa, e si tira indietro in posizione difensiva, fino a sfiorare di schiena il muro dell’edificio scolastico alle sue spalle.
- E tu come lo sai?! – chiede, cercando di mantenere il tono di voce su una nota più incredula che isterica, con scarsi risultati.
- Ho le mie fonti. – sospira Bill, incrociando le braccia sul petto.
- Quel bastardo di Andreas! – realizza il biondo, stringendo i pugni, - Sapevo che non dovevo dirgli niente! Mi ha tradificato!
Bill lo guarda, sconvolto.
- …si dice “tradito”, Tom!!! ‘Cazzo sei andato a scuola a fare, fino ad ora?!
- In un modo o nell’altro, non cambia l’intensità del cazzotto che si beccherà sul naso appena lo vedo!
Bill sbuffa e rotea gli occhi, le spalle che si piegano sotto il peso della rassegnazione.
- Non è stato Andreas a dirmelo, Tom. Ti ho visto. – lo rassicura lamentoso.
- Mi hai visto? – sbotta Tom, confuso, - Visto cosa? Visto quando?!
- Visto e sentito. – precisa, - Viviamo insieme. Stessa casa. Stanze attigue. Ricordi?
- Atti-che?!
Bill sospira ancora, socchiudendo gli occhi e cominciando ad allontanarsi da lui.
- Aspetta!!! – lo riprende Tom, afferrandolo per un polso e riportandolo nel cantuccio dove stavano parlando, - Non devi dirlo a nessuno, va bene, Bill?
- Dio mio… senti, Tom, nessuno lo scoprirebbe, se solo tu fossi un po’… più… - lo guarda, ed è consapevole di pretendere la luna ma non demorde, - più furbo.
- Io sono furbissimo! – replica Tom, stizzito, mollandogli il polso come bruciasse.
- No, Tom, non sei molto furbo se molli una tipa e due giorni dopo ci provi con la sua migliore amica.
- È una questione di pratichismo! – replica lui, come offeso dalla sua mancanza di fiducia nei propri confronti, - Dal momento che è la migliore amica di Greta, non può che essere simile a lei! Quindi in teoria sapevo già dove portarla, che regali farle e tutto il resto!
Bill lo guarda e sorride, anche se il suo sorriso somiglia molto – troppo – a una smorfia derisoria, ed evita di rivelargli che in realtà ciò di cui sta parlando non esiste, perché “pratichismo” non è un termine contemplato dal vocabolario, e ciò che forse lui intende è “pratica”.
- Tom, sei un cretino. – conclude.
- E tu sei uno stronzo! – sbotta dunque il chitarrista, stufo di sentirsi dare addosso senza che, a suo parere, sussista alcun motivo valido. – Non aspettarti che ti aiuti coi compiti, questo pomeriggio! – minaccia, mentre Bill si volta a guardarlo con aria diffidente, - Né con qualunque altra cosa! – precisa quindi, arrossendo d’impulso di fronte al suo sguardo indagatore.
- Fa’ un po’ come vuoi. – borbotta infine il gemello minore, stringendosi nelle spalle e ricominciando a farsi strada verso il cancello della scuola, per tornarsene a casa.
Tom rimane lì, le labbra strette in una smorfia furente e i pugni chiusi a pugno, con tanta forza che le nocche diventano bianche e le falangi rossissime. Osserva Bill allontanarsi e pensa che quando sei un adolescente, suoni la chitarra in una band e hai passato sette dei più preziosi anni della tua vita a pestare gli stronzetti che hanno osato apostrofarti come il Bob Marley dei poveri a causa dei tuoi rasta, mentre combatti una ferocissima guerra contro tua madre nel tentativo di convincerla a non entrare in camera tua per tagliarti i capelli nel sonno, preoccupata com’è per il futuro della tua cute, hai già imparato un mucchio di cose, dalla vita.
Come si tirano i pugni, tanto per cominciare.
E, be’, poco altro, ma qualcosa dovrà pur dire, ed è comunque abbastanza per fronteggiare la maggior parte dei problemi che la vita è in grado di presentarti.
- Spero che ti rubassero lo zaino mentre torni a casa, Bill!!!
Ma un fratello imbecille, quello no.
- Si dice “spero che ti rubino”, Tom… – corregge Bill senza neanche guardarlo, e Tom incrocia le braccia sul petto ed arriccia le labbra, fissando insistentemente il ciottolato del viale sotto i piedi, giocando con la punta delle scarpe fra la ghiaia ed osservando il bianco della tela ingiallirsi di terriccio.
Poi, delle voci.
Voci che è abituato a sentire.
Voci che non gli piace sentire.
Solleva lo sguardo e Bill è lì, a una decina di metri da lui, che cerca di sfondare con la solita, testarda e orgogliosa caparbietà il muro di adolescenti alti la metà ma grossi il doppio di lui che lo incatenano come in una prigione, facendo capannello attorno a lui.
Guidato dall’istinto, fa per muoversi.
Guidato dal risentimento, si ferma subito dopo.
Bill lo adocchia da lontano, uno sguardo sfuggente, uno sguardo che sembra dire “ok, volevo solo assicurarmi che davvero non intendessi intervenire”.
Quello sguardo gli fa male, ma lui si ostina a non muoversi.
Bill sospira e abbassa lo sguardo. A capo chino, come un ariete da combattimento, prova ancora a sfondare la muraglia. Viene afferrato da un imprecisabile numero di mani enormi, che si chiudono attorno alle sue braccia, ai suoi vestiti, ai suoi fianchi sottili.
Bill non lo guarda più. Sa che hanno appena litigato e non si aspetta più niente.
E Tom è già al suo fianco.
- Stronzi! – strilla, tirando un calcio nello stinco di un tizio a caso, - Prendetevela con uno grosso quanto voi!
- E saresti tu, quello grosso quanto noi? – dice un altro, mentre quello colpito dal calcio neanche si china a massaggiarsi, tanto infimo è il fastidio che prova in seguito alla sua mossa.
Tom ghigna come chi la sa lunga e dice “fatevi sotto”, sollevando un pugno con aria di sfida.
La faccenda si chiude in pochi minuti. Con il gruppo di bulli che si allontana vittorioso, tra risate e gomitate che sono complimenti mascherati da gesti virili, e Tom a sedere per terra, con un rivolo di sangue a scendere inesorabile dal naso verso il mento e quello che si preannuncia un orribile livido giallo-violaceo nascente sullo zigomo destro.
Bill si china su di lui, scuotendo il capo e nascondendo un sorriso vagamente commosso, mentre apre lo zaino e ne tira fuori un pacchetto di fazzolettini di carta, che apre e coi quali meticolosamente ripulisce il viso del fratello, con la stessa delicatezza che riserverebbe ad un’opera d’arte.
- Sei un cretino. – lo apostrofa, mentre Tom si lascia andare ad una smorfia di dolore e sputa per terra un po’ di sangue. – Comunque grazie.
- Non c’è bisogno che mi ringrazi! – protesta imbarazzato il biondo, deviando lo sguardo sulla macchia rosso sbiadito per terra, - È stato solo un modo per mostrare al mondo la mia coraggiosità!
E stavolta Bill ride. Apertamente.
Getta via il fazzoletto sporco e passa un braccio sotto le ascelle di Tom, per aiutarlo ad alzarsi.
- Si dice “eroismo”, idiota.
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