Fandom: Originali
Genere: Commedia, Erotico.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Shash, Underage, Lemon, Crossdressing.
- Isabella, migliore amica di Roberto fin dai tempi del liceo, chiede a quest'ultimo di badare un pomeriggio al suo figlioletto Milo, adorabile ragazzino di tredici anni con un paio d'hobby un po' particolari.
Note: La mia è perversione, e ne vado fiera ♥ Direte voi, dunque, per quale motivo questa storia sta partecipanto alle Badwrong Weeks (questa, in particolare, alla prima, dedicata ad Age Difference, Shota e Underage) di maridichallenge? Ebbene, perché mi sono consentita di fare una cosa che in genere non faccio spesso, che sarebbe calcare molto la mano sull'apparenza infantile del minorennissimo Milo XD Oltre che sul fatto che indossa un abitino stile impero da ragazzina. Oh yes.
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SHUT UP (AND SLEEP WITH ME)

Isabella lo avrebbe ucciso. Non c’era dubbio che lo avrebbe fatto, nel momento stesso in cui avrebbe capito cos’era successo, e non c’era dubbio che sarebbe riuscita a capirlo anche se lui non le avrebbe detto niente, perché era sempre stato così, Isabella non aveva mai avuto bisogno di sentirgli dire qualcosa per capire che quel qualcosa era accaduto. Ai tempi del liceo, le bastava guardarlo negli occhi per capire quali compiti avesse fatto e quali no, e di quali, fra quelli che aveva portato a termine, fosse sicuro, e di quali invece lo preoccupasse il risultato ottenuto.
Non c’era dubbio che sarebbe riuscita a capire in un secondo quello che era successo fra lui e Milo. O meglio, quello che sarebbe successo di lì a poco.
Strabuzzando gli occhi di fronte alla figurina minuta che avanzava verso di lui avvolta in un delizioso abitino bianco corto appena fin sotto al sedere, Roberto indietreggiò convulsamente, cercando di aggrapparsi a qualcosa nel tentativo di trovare un sostegno per reggersi in piedi e finendo per costringere ad un gesto estremo e inconsulto un innocente vaso di terracotta decorato a mano e proveniente dal remoto paesino del Messico di cui era originaria sua nonna Mercedes. Il vaso si schiantò a terra dopo un’elegante piroetta mortale a mezz’aria, eppure il rumore dei cocci in frantumi non sembrò, a Roberto, più forte del suono martellante e impetuoso dei battiti del suo cuore.
- Dimmi che è un sogno. – balbettò confusamente, aggrappandosi al piedistallo sul quale il vaso aveva dimorato fino a pochi istanti prima, e che ora, una volta sgombro, gli si offriva per fargli da stampella.
Milo arricciò le labbra piene in un sorrisetto divertito, incrociando le braccia magre dietro la schiena e dondolando un po’ a destra e a sinistra, l’ampia gonna leggerissima e larga del vestitino corto stile impero che ondeggiava sulle sue cosce sottili e appena abbronzate.
- Sogni spesso cose simili? – domandò maliziosamente, e Roberto si sentì soffocare.
- Naturalmente no! – rispose oltraggiato, - Deve essere un incubo… - continuò, rivolgendosi a se stesso in un borbottio sconvolto, - Adesso chiuderò gli occhi, e quando li riaprirò mi sveglierò e tu non sarai qui.
Sfortunatamente per lui, però, il sogno non sembrava tanto impaziente di porre fine alla propria stessa vita: quando Roberto riaprì gli occhi, Milo era indubitabilmente ancora lì. Ed indossava indubitabilmente ancora un vestitino corto.
- Non posso crederci… - mugolò, cercando a tentoni il divano alla propria destra e lasciandovisi ricadere come un peso morto, - Non posso credere che stia succedendo proprio a me.
- Lo so! – ridacchiò Milo, battendo le mani davanti al viso con aria festosa mentre si avvicinava a lui in piccoli saltelli da capretta felice, la gonna che, ad ogni movimento, si sollevava a mostrare l’orlo delle mutandine. Erano da ragazzina anche quelle. – È incredibile, vero? Ho sempre sognato di farlo! Non posso credere di esserci finalmente riuscito!
- A fare cosa? – protestò Roberto in un borbottio infastidito, cercando di guardare Milo con estrema, estrema severità, - A provarci spudoratamente con uno con più del doppio dei tuoi anni?
- Ma no, scemo. – ridacchiò Milo, scuotendo il capo, - Non sei mica il primo con cui lo faccio. No, intendevo vestirmi così! – disse con entusiasmo, afferrando l’orlo inferiore del vestito ed allargandolo appena, come in una mezza riverenza, poco prima di girare su se stesso per mostrarsi in tutto il proprio splendore. – Come mi sta?
- …Milo. – biascicò Roberto, guardandolo con una certa paura, - Tu hai tredici anni!
- Lo so. – rispose lui, inarcando un sopracciglio ed incrociando le braccia sul petto, - Se non li indosso adesso, questi vestiti non mi andranno più bene! Crescerò e le mie spalle diventeranno troppo larghe, e le mie gambe troppo robuste, e sai quanto l’ho pagato, questo straccetto? Voglio dire, se non—
- Parlavo del sesso! – strillò Roberto, - Chi se ne frega del vestito, Milo! Hai tredici anni! Non puoi dirmi che tu davvero hai già… hai già…
Le labbra di Milo si incresparono in un altro sorriso divertito, mentre il ragazzino si stringeva nelle spalle in un gesto particolarmente civettuolo.
- …fatto sesso? – completò per lui, condendo il tutto con una risatina fintamente imbarazzata, da ragazzina. – Sì.
Per qualche secondo, Roberto resta lì, le labbra dischiuse, gli occhi spalancati, assolutamente niente di intelligente da dire.
- Tutto ciò è inammissibile. – sbotta quindi, alzandosi dal divano solo perché, così schiacciato fra lo schienale e Milo in gonnella, si sente in trappola. – Io l’ho fatto per la prima volta che avevo già diciannove anni abbondanti!
Milo rotea gli occhi, sbuffando annoiato.
- Oh mio Dio, ti prego, non cominciare anche tu con “ai miei tempi”, è tipo la cosa più noiosa del mondo. – sospira, avvicinandosi a lui ed osservandolo divertito mentre Roberto, in un estremo tentativo di porre distanza – se non fisica, morale – fra loro, si volta, dandogli le spalle. – Seriamente, è tutto quello che sapete dire, dai trent’anni in su?
- È l’unica cosa sensata! – insiste Roberto, voltandosi nuovamente a guardarlo. Grave errore, perché Milo, adesso, è vicinissimo.
Roberto deglutisce, ritrovandosi improvvisamente il corpicino di Milo tutto premuto contro il proprio. Le mani del ragazzino scivolano lente e sensuali sul suo petto, le dita che giocano a disegnare cerchietti irriverenti attorno ai bottoni ancora al sicuro nelle loro asole, ma chissà per quanto.
- Scommetti che ci divertiamo? – la voce di Milo risuona carezzevole alle sue orecchie, mentre il suo corpo non può fare a meno di reagire ai tocchi lievi del ragazzino e al suo aspetto così arrendevole e predatore allo stesso tempo. Può solo immaginare quanto la sua pelle sia soffice, quando morbida possa essere la curva del suo pancino, quanto lisce ed elastiche possano essere le sue cosce, e può solo immaginare anche quanti anni di galera meriterebbe per aver solo pensato queste cose, ma diventa difficile, davvero difficile continuare a trattenersi quando Milo si solleva sulle punte dei piedini nudi e, appendendoglisi al collo, gli sussurra all’orecchio, - Prometto che non dirò niente a mamma.
È lì che Roberto cede, è lì che si lascia sfuggire un gemito arreso mentre le sue mani si chiudono disperatamente attorno ai fianchi stretti del ragazzino schiacciato contro di lui, in un vano tentativo di spingerlo lontano da sé che si traduce solo in un abbraccio un po’ goffo, a metà fra l’indesiderato e il disperatamente voluto, quando Milo non accenna neanche ad allontanarsi.
Si solleva quanto può, invece, e pochi secondi dopo le sue labbra dolci di succo di frutta e merendine al cioccolato stanno sfiorando quelle di Roberto, e lui ha appena il tempo di accorgersene prima che il suo cervello si spenga definitivamente, forse in un estremo tentativo di proteggere la sua coscienza da ciò che sta per fare.
Il bacio di Milo si fa più profondo, la sua lingua scivola impertinente fra le sue labbra, accarezza quella di Roberto in movimenti svelti, appena accennati, incredibilmente tentatori, e le mani di Roberto scivolano automaticamente lungo i fianchi magri del ragazzino, insinuandosi senza fatica oltre l’orlo leggerissimo del vestitino che indossa. Sente la pelle liscia a vellutata delle sue cosce sui polpastrelli, e gli sfugge un altro gemito vergognosamente liquido e perso, che va a morire fra le labbra rosa di Milo, adesso gonfie di baci e piccoli morsi, quando il ragazzino spinge ostinatamente indietro il sedere, inarcando la schiena, cercando di condurre le sue dita a risalire lungo la curva appena disegnata dei suoi fianchi.
È un invito che le mani di Roberto accettano senza chiedergli il permesso, e così lui non può fare altro che rimanere a guardarsi, in un certo senso, mentre le sue dita si stringono con desiderio crescente attorno alla curva perfetta e morbida di quel sederino così rotondo, e poi scivolano senza grazia oltre l’orlo delle mutandine che indossa, correndo di gran fretta a stuzzicare la sua apertura.
Roberto schiude le palpebre, guarda il ragazzino che geme e si agita fra le sue braccia e realizza che no, così è troppo facile. Non può fingere di non essere responsabile di quanto sta accadendo, non può fingere che sia un’autonoma presa di posizione del suo organismo di fronte allo stimolo indecente che Milo rappresenta, una sorta di reazione automatica e fisiologica sulla quale lui non può esercitare alcun controllo, e non può neanche fingere che la situazione in cui si trova adesso, col corpo di questo ragazzino premuto addosso ed un dito a stuzzicarlo fra le natiche, sia tutta colpa di Milo, e del modo in cui si è comportato con lui.
Roberto lo sa, l’adulto è lui. La colpa di quello che sta accadendo è interamente sua, e per quanto spaventoso possa essere, esserne consapevole rende il tutto ancora più eccitante.
Milo si allontana appena da lui, assicurandosi comunque si spingersi all’indietro abbastanza da costringere quasi Roberto a lasciargli scivolare un dito dentro, ma dopo essersi concesso un gemito stremato che gli trema pericolosamente lungo le gambe sembra come riacquistare completamente il controllo su sé stesso, ed in pochi istanti Roberto si accorge della piccola mano pallida che gli sta scivolando lungo il petto, e poi fra le gambe.
- Ti do una mano io. – dice Milo a bassa voce, cadendo elegantemente sulle ginocchia.
- Oh, Dio, no. – esala Roberto in un singhiozzo terrorizzato, osservandolo armeggiare con la cintura e poi con la zip dei suoi pantaloni.
- Invece sì. – sorride Milo, lasciandogli ricadere i pantaloni lungo le gambe e ripetendo l’operazione anche coi suoi boxer. È così vicino che, quando comincia a giocare con la sua erezione – le piccole dita sottili che si muovono svelte dall’alto verso il basso seguendo la linea dritta per tutta la sua lunghezza – le sue labbra umide e arrossate non fanno che sfiorarne la punta, costringendo Roberto a una sinfonia di gemiti ed ansiti spezzati.
Non è niente, in ogni caso, se paragonato a quello che accade poco dopo, quando quelle stesse labbra si dischiudono e l’eccitazione ormai dolorosamente tesa di Roberto vi si insinua con una naturalezza sconcertante, neanche fosse stata creata appositamente a quello scopo. È costretto ad allungare una mano ed aggrapparsi con forza alla spalliera del divano per non rovinare a terra, tale è la forza con cui gli tremano le gambe.
Milo muove lentamente la testa avanti e indietro, lo stuzzica con la punta della lingua dalla base alla punta, ogni tanto si ferma e succhia, e mentre succhia lo accarezza con entrambe le mani, stringendolo delicatamente, e per tutto il tempo, senza smettere neanche per un secondo, guarda in alto, gli occhi fissi in quelli di Roberto, l’aria spavalda e soddisfatta di un ragazzino abituato a tenere gli adulti sotto scacco.
L’appartamento risuona dell’eco oscena di tutti quei piccoli rumorini che Milo produce nell’occuparsi dell’erezione di Roberto, e lui continua a gemere affannosamente, sentendosi sempre più incerto e perso, finché non è il ragazzino stesso a separarsi da lui. Sorride sereno, leccandosi le labbra e poi mordicchiandosele giocosamente, e Roberto lo guarda e sente ogni freno inibitore scomparire nel nulla. È una reazione automatica e immediata, ma Roberto lo vuole, lo vuole da impazzire, e non cerca scuse per giustificarsi mentre afferra Milo per le ascelle, come un bambino piccolo, e lo stende sul divano, sdraiandosi sopra di lui.
Milo ridacchia, schiude le gambe e poi le serra con forza attorno ai suoi fianchi, il vestitino che si solleva, lasciandogli scoperte le gambe e la curva rotonda della pancia. Roberto lo bacia profondamente, accarezzandogli le cosce con entrambe le mani e sentendo brividi incandescenti scivolargli lungo la spina dorsale quando si accorge che Milo è tanto piccolo da riuscire a circondargli la vita sottile con le mani fino a far sfiorare le punte delle dita dietro la sua schiena.
Lo tiene stretto per i fianchi mentre si preme contro il suo corpo, dapprima solo strusciandosi contro di lui, chiedendosi se questo potrebbe essere sufficiente per entrambi, e poi arrendendosi alla raggelante realtà dei fatti per cui non riuscirebbe a trattenersi dall’andare fino in fondo con quel ragazzino neanche se l’esercito intero provasse a fermarlo.
Gli scosta le mutandine di dosso, scoprendolo appena a sufficienza da liberare il passaggio per la sua apertura. Milo si infila due dita in bocca con una fretta ed una voglia che sono allo stesso tempo oscene ed incredibilmente innocenti, usa la lingua per inumidirle e allo stesso tempo per stuzzicare Roberto, che lo guarda col cuore in gola, rosso in viso e annegato nei propri stessi sospiri carichi di desiderio, mentre il ragazzino si lascia scivolare le mani lungo lo stomaco e poi fra le gambe, utilizzandole poi per prepararsi sbrigativamente.
Roberto gli lascia appena il tempo di farlo. Guardare le dita di Milo che scivolano agevolmente dentro e fuori da quel suo corpicino minuscolo è quasi abbastanza per spingerlo al limite, e così dopo pochi istanti è lui stesso ad allontanare le dita di Milo, baciandone i polpastrelli e poi prendendole in bocca una dopo l’altra, succhiando avidamente, mentre il ragazzino ride contento e, incrociando le gambe dietro la sua schiena, lo costringe ad avvicinarsi.
- Lo sapevo che non mi avresti deluso. – annuisce compiaciuto, abbassando la mano ed osservando con divertimento Roberto chinarsi per non lasciarsi sfuggire le sue dita dalla bocca. – Dammi un bacio, adesso. – si lamenta con un mezzo broncio mentre lo attira a sé aprendosi per lui ed accogliendolo dentro il proprio corpo.
Soffoca il primo gemito fra le sue labbra, ma inarcando la schiena e gettando indietro il capo lascia gli altri liberi di riempire il silenzio un’altra volta, assieme al suono osceno che producono i loro bacini ogni volta che Roberto si spinge dentro di lui, avanzando ad ogni spinta sempre un po’ più in profondità, aumentando forza e velocità con ogni colpo che riesce a infliggergli.
Milo geme liquido per ogni movimento di Roberto, e presto comincia ad accarezzarsi velocemente attraverso il tessuto sottile di quelle ridicole mutandine da bimba che indossa. Roberto non riesce a tenere gli occhi aperti perché quello che vede è troppo, ma non riesce neanche a chiuderli, per lo stesso identico motivo, e perciò finisce per scegliere la via più semplice, chinandosi su Milo ed accettando senza lamentele l’invito ad avvicinarsi della curva perfetta del suo collo lì dove, piegandosi dolcemente, si arrotonda nella spalla. Ne segue la linea delicata in punta di lingua, poi stringe la pelle fra i denti, morde, succhia, stuzzica i segni che ha lasciato, e Milo si dibatte sotto di lui, andando incontro alle spinte del suo bacino, e chiede di più, sempre di più, e Roberto gli dà tutto e, per un secondo, nella ruga minuscola che si forma fra le sopracciglia del ragazzino mentre si tende disperatamente e trattiene il respiro, quel tutto non sembra abbastanza, ma è solo un’impressione, perché l’istante successivo ogni singolo muscolo del corpo di Milo si rilassa in uno spasmo incontrollabile, e lui rilascia un gemito profondo e soddisfatto, e la macchia umida che fa capolino sulle mutandine dà a Roberto l’unica conferma di cui aveva bisogno, prima di sciogliersi dentro di lui con un grugnito spossato.
La prima cosa che Milo fa, mentre ancora Roberto cerca di riprendere fiato, è ridere.
- Soddisfacente. – commenta, stiracchiandosi come un gatto sotto di lui, - Dobbiamo assolutamente rifarlo.
Roberto si solleva sulle braccia, lanciandogli un’occhiata oltraggiata.
- Ma sei impazzito?! – lo rimprovera, - Questo è stato un gravissimo errore, e non dovrà mai più ripetersi. Se lo sapesse tua madre…!
Le labbra di Milo si piegano in un sorrisetto divertito mentre, ancora scosso dai brividi dell’orgasmo, si stringe attorno alla mezza erezione di Roberto ancora piantata in profondità dentro di lui, e ondeggia il bacino in gesti lenti e ipnotici.
- Ti ho promesso che non le dirò niente, però. – obietta lui.
Sentendosi ancora sufficientemente idiota e confuso da credergli, Roberto non può fare altro che annuire e convenire che sì, in effetti devono assolutamente rifarlo.
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