Genere: Introspettivo, Romantico, Erotico.
Pairing: Davide/Mario.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Bondage (lieve).
- Mario fa presente a Davide che non ha molto apprezzato il modo in cui l'ha scostato bruscamente quando gli è saltato addosso durante il Trofeo Tim in quel di Pescara.
Note: Storia nata su istigazione di Def. Per la verità ultimamene mi sto concentrando solo sulle PWP perché c’è il Fest su K&P ed anche perché purtroppo sono un genere letterario molto bistrattato da chi dice di capirne qualcosa di fandom, ed io sono sempre lì a cercare di ribaltare i preconcetti di chiunque in maniera discreta – ovvero: niente proselitismi, io intanto scrivo, poi se tu mi vuoi venire dietro buon per noi, altrimenti addio XD In genere funziona °-° E a parte questo non è che abbia poi moltissimo da dire. Sono Davide e Mario e sono così perché Def ha detto “Mario vorrà vendicarsi”, riferendosi allo spintone che Davide ha rifilato al suo ragazzo compagno di squadra durante il blackout che ha ridotto al buio l’intero stadio a Pescara per la partita contro il Milan in occasione del Trofeo Tim. So che mi odiate perché scrivo queste shot così. Credetemi, mi odio anch’io.
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Say It Right, Say It All
50 Kinks / Restraints/Bondage @ PWP Fest (Kinks&Pervs)


- No. – lo ferma risolutamente, pressandogli entrambe le mani contro il petto e serrando le gambe – le cosce forti e tornite attorno al polso, la pressione più piacevole dell’universo, ma solo quando rappresenta un incontrollabile spasmo di piacere, non certo quando è l’effetto di un rifiuto, e perciò Mario lo guarda con disappunto, e sbuffa.
- No? – chiede, ma è una domanda retorica. Inarca un sopracciglio e lo guarda, il buio della stanza non impedisce a Davide di cogliere l’esatta sfumatura della sua occhiata, e Mario lo osserva spostare gli occhi altrove, imbarazzato. – La mia non era una domanda.
- Ci sono momenti – ansima Davide, stringendo più forte le ginocchia contro il braccio di Mario, che prova ancora a farsi strada verso di lui, - in cui si può rispondere no anche se non c’è di mezzo nessuna domanda. Non mi va, non voglio, sono stanco.
- Ti lascerei andare – ghigna Mario, ritirando la mano solo per posarla sul suo ginocchio e forzarlo a spalancare le gambe, - se volessi davvero.
- E allora cosa, - ringhia Davide, riprovando a chiudere le gambe ed incontrando la strenua resistenza della spinta di Mario, i suoi muscoli contratti e, subito dopo, il suo intero corpo pressato addosso, inguine contro inguine, ad obbligarlo fisicamente a tenere le gambe larghe, - mi leggi nella testa?
- Sempre. – sorride Mario, sfiorandogli le labbra con le proprie in uno strofinio asciutto che non è un bacio e nemmeno un invito, più uno sfottò che altro. Furioso, Davide pressa le mani contro il suo petto con maggiore convinzione, sperando almeno di fargli male. – Sta’ buono, Dade… - gli sussurra addosso lui, - Non mi è piaciuto come ti sei comportato durante il blackout.
- Neanche a me è piaciuto come ti sei comportato tu. – ribatte Davide, aspro, cercando di non mostrare nemmeno un fremito di fronte alle spinte di Mario contro di lui, - Saltarmi addosso in quel modo, di fronte a tutti…
- Nessuno sospetta niente, chi vuoi che ci pensi? – ride a bassa voce Mario, afferrandolo strettamente per i polsi per liberarsi di quella pressione fastidiosa e schiacciarlo più decisamente contro il materasso, - L’hanno preso per un gioco.
- Non è- - ansima lui, cercando di divincolarsi dalla stretta e fissandolo, occhi brillanti di rabbia e sopracciglia aggrottate, quando non ci riesce, - Non è meno inopportuno. – cerca di spiegarsi, - Non siamo più ragazzini, e- - Mario lo interrompe, pressando con forza le labbra contro le sue e obbligandolo a schiuderle con la lingua, stringendo la presa attorno ai suoi polsi e tormentandolo con spinte meno lente ma più forti e meglio mirate, impedendogli di respirare serenamente.
- Ti ho detto di stare buono, Dade. – gli ghigna addosso Mario, sfiorando con la punta della lingua il profilo delle sue labbra, giù fino al mento e lungo il collo, - Devo legarti? Imbavagliarti?
- Non… - mugola appena Davide – non riesce a impedirselo – piegando un po’ il collo, - non ci provare nemmeno.
- Non mi sembri nella posizione di dare ordini a qualcuno. – gli fa notare Mario, ridendo divertito e dando un’altra strizzatina ai suoi polsi, giusto per puntualizzare ulteriormente la situazione, - Ti pare?
- E tu, invece? – socchiude gli occhi Davide, stremato, stendendo anche i muscoli della gambe, affaticati dalla resistenza strenua che sta cominciando a mostrarsi come ciò che in fondo è sempre stata: inutile. – Tu sei nella posizione?
- Io… - soffia Mario, a due centimetri dal suo petto, il fiato caldo che lo accarezza dandogli i brividi, - ti volevo su quel campo e ti voglio adesso, e intendo prenderti che tu lo voglia o no. – sussurra, mordicchiandogli appena un capezzolo, - Dio, te lo sento addosso, che lo vuoi. Hai quel sapore lì, hai quell’odore lì, e stai tremando. Ascoltati.
- No… - mugola più forte lui, provando a sollevarsi, - Mi… mi fai male, lasciami!
- Se solo tu la smettessi di muoverti… - insiste Mario, spingendosi ancora contro di lui, - sarebbe molto più piacevole. Aspetta. – riflette poi, stringendo entrambi i suoi polsi fra le dita di una mano sola ed utilizzando la mano libera per strappare il lenzuolo dai suoi angoli. Il lenzuolo finisce arrotolato stretto attorno ai suoi polsi e poi attorno alla testiera del letto. Non è corto, gli lascia spazio per muoversi un po’, ma non è tanto quel pizzico di dolore che prova ad infastidire Davide, quanto più quell’improvviso sentirsi in trappola e la devastante consapevolezza del fatto che se Mario avesse chiesto il permesso di legarlo a quel modo, se non se lo fosse preso e basta, se gliel’avesse proposto ed avesse aspettato il suo consenso, lui quel consenso gliel’avrebbe dato. – Meglio. – sorride Mario, tornando a baciarlo, - Ti imbavaglio o no?
- No! – protesta Davide, strattonando il lenzuolo in un gesto che perfino a se stesso sembra solo un modo per assicurarsi che sia stretto bene, più che un tentativo di liberarsi, - Mario, non ti permettere, non farlo!
Mario ride divertito, accarezzandogli le labbra con il pollice, schiudendole abbastanza da mostrare i denti serrati.
- Poi non potrei baciarti. – considera dubbioso, spingendo il pollice in avanti, - Prendilo in bocca.
- No. – risponde Davide, ma il tempo che utilizza per sputare fuori quelle due letterine intrise di rabbia è abbastanza perché Mario possa introdurre il pollice più in fondo e forzarlo a serrargli attorno le labbra, stringendogli il viso con le dita libere, lateralmente.
- Questa lingua… - sospira Mario, guardandolo con occhi pesanti di voglia, posandogli un bacio all’angolo della bocca, - Non ti chiedo un pompino solo perché ho paura che me lo staccheresti a morsi, sai? – sibila ironico, leccandogli lentamente il profilo della mascella fin sotto l’orecchio.
- Non… - scolla Davide con difficoltà, cercando di piegare il capo per liberarsi del pollice, - non parlare così.
- Non ti piace? – ride Mario, lasciando finalmente in pace la sua bocca per scivolare con la mano umida lungo il suo petto e il suo ventre, oltre l’orlo degli slip, - Eppure non mugoli mai come quando mugoli quando ti dico che voglio scoparti fino a farti male. – continua, accarezzandolo lentamente fra le cosce, prima di obbligarlo a sollevare una gamba e spingersi con le dita umide contro la sua apertura, - Dillo, dai. – lo esorta, baciandolo sul collo.
- No! – insiste Davide, chiudendo con forza le palpebre, - No, Mario… per… per favore…
- Mi piace quando dici no mentre tutto il tuo intero corpo sta urlando sì. – continua a parlare lui, come se nemmeno lo sentisse, - Il tuo corpo si muove da solo. – nota fermandosi ed osservando il movimento continuo e ininterrotto del bacino di Davide contro il suo, - Sei fatto apposta per prendermi dentro, piccolo. – aggiunge, mordicchiandogli un lobo ed introducendo due dita dentro di lui, senza delicatezza, deciso, diretto. Conosce abbastanza il suo corpo da poterselo permettere, e Davide non sa se si odia di più per averglielo permesso o per non riuscire comunque a mandarlo via, per il modo in cui si apre sotto le sue carezze, per il modo in cui non riesce a fermarsi nella sua ricerca di tocchi sempre più duri, sempre più profondi, sempre più svelti.
- Ti prego… - pigola in un singhiozzo stremato, - Smettila…
- La smetto e? – lo prende in giro Mario con un’altra risata, - Mi giro e me ne vado? Ti lascio qui legato, magari chi passa si fa un giro…
- Mario! – squittisce Davide, sentendo le dita di Mario farsi spazio sforbiciando dentro di sé, - Non-
- La smetto e cosa, Dade? – insiste Mario, senza nemmeno sprecarsi ad accarezzarlo fra le gambe, tanto è abbastanza per tenerlo teso di desiderio e bisogno anche solo sfiorarlo con due dita, - Dillo. Magari ti accontento.
- Non… - ansima, il corpo intero che si inarca alla ricerca di quello di Mario, - Non voglio… Mario…
- Io non mi muovo. – scuote il capo lui, seguendo in una scia di baci umidi la linea del suo viso, della sua fronte, delle sue labbra, - Voglio sentirlo dire da te. Se potevi dire no all’inizio, puoi dire sì adesso.
- …non hai ascoltato il primo, - piagnucola Davide in un sospiro lamentoso, - perché dovresti ascoltare il secondo?
Mario sorride, baciandolo lentamente.
- Perché i tuoi sì sono l’unica cosa che mi piace più dei tuoi no.
Davide lascia andare un mugolio esausto, spingendosi contro le dita di Mario e tirando forte il lenzuolo. Mario capisce che vorrebbe abbracciarlo e gli si china addosso, passandogli entrambe le braccia attorno al bacino e perdendosi per un solo secondo sul contrasto violento dei colori delle loro pelli, che gli piace tanto da confonderlo ed ogni volta lo rincoglionisce del tutto, portandolo quasi a perdere il controllo delle proprie azioni. I sospiri di Davide, la voce di Davide, il profumo di Davide non riescono a fare tutti insieme ciò che da sola riesce a fare la sua pelle, chiara, soffice, sua. Così sua da superare tutto il resto. Ed è per questo che la marchia, in baci e morsi lievi, parlandogli a bassa voce addosso, sussurrando cose senza senso, “dopo, piccolo, dopo, prima dimmelo, cazzo, ti voglio, quindi dimmelo, solo una volta”, e Davide solleva le gambe e le allaccia dietro la sua schiena, mugolando forte, a corto d’aria.
- Ti prego, ti prego… - ansima, teso come una corda di violino, - scopami, scopami…
- Sì. – risponde lui, immediatamente, liberandosi dei boxer ormai fastidiosamente stretti e sistemandosi meglio contro di lui, - Cazzo, sì. – espira sollevato nel momento in cui, lentissimo, comincia a penetrarlo, e lo sente stringersi attorno a lui con la forza di una tenaglia. Avanza lento, seguendo la traccia dei suoi sospiri stremati e dei suoi gemiti trattenuti a stento, le dita strette attorno ai suoi fianchi che lasciano tracce ancora più bianche sulla sua pelle già chiara, - Cazzo, piccolo. – gli morde piano il labbro inferiore mentre Davide, perso nel ritmo del proprio respiro e della forza della sua erezione che si spinge facendosi strada dentro di lui, schiude la bocca per un altro bacio affamato, - Cazzo, ti amo.
- Più forte. – implora lui invece di rispondere, le spalle che fanno male a causa dell’impossibilità di cambiare posizione e dei numerosi strattoni coi quali cerca invano di liberarsi, - Più forte, fammi male. – chiede in un mugolio distrutto, spingendosi contro il suo bacino.
Mario ringhia, cercando di tenerlo fermo ed imporre un ritmo più lento, ma Davide sfugge dalla sua presa e continua ad andargli incontro più svelto, obbligandolo a seguirlo. Mario lo accarezza e lo stringe, passa la punta del pollice per tutta la lunghezza della sua erezione, lo ascolta gemere con forza e mugolare il suo nome quasi con disperazione, si china sulle sue labbra e le bacia, le lecca, le morde, stringendoselo contro in un abbraccio soffocante e sussurrandogli addosso di tutto, Dio, sei stretto da morire, cazzo, mi fai impazzire, muoviti più svelto, piccolo, più svelto, e Davide, ridotto a singhiozzi e mugolii, obbedisce e gli si scioglie sotto e attorno e fra le dita, rispondendo anche, finalmente, Mario, ti amo anch’io, cazzo, ti amo anch’io, e sorride, anche se sei uno stronzo, cazzo, e Mario viene chiamandolo per nome e ride a propria volta, poggiando la fronte contro la sua spalla ed inspirando profondamente, in cerca del suo profumo e di un nuovo ritmo per respirare senza che debba per forza dolergli il petto per lo sforzo di controllare gli ansiti.
- Liberami… - gli sussurra Davide contro una guancia, prima di lasciargli un bacio lievemente umido proprio lì, sullo zigomo, - Mi fanno male le spalle, domani il mister mi urlerà di tutto…
- Massaggino? – chiede Mario dolcemente, sciogliendo il lenzuolo e lasciando spazio a Davide per sgranchirsi come vuole.
- No. – ride lui, rotolandogli addosso con un mezzo mugolio di fastidio, - Non sei capace di trattenerti, poi ti distrai e fai cose. – spiega, ma Mario non lo ascolta e sta già passando entrambe le mani bene aperte sulle sue spalle, sulla sua schiena e sul suo collo, pressando appena per dargli un po’ di sollievo senza fargli male, e quando le mani ricominciano a vagare verso posti che col suo dolore non hanno proprio niente a che fare Davide sospira, e non spreca nemmeno fiato per borbottare uno scontato “lo sapevo io”. Anche perché sarebbe inutile, dato che il suo respiro finisce dritto sulle labbra di Mario, quando lui ricomincia a baciarlo.
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