Genere: Introspettivo/Triste
Pairing: Myu/Kiba
Rating: PG
AVVISI: DeathFic.
- Ancora lo stesso indefinito ed incandescente sogno...
Commento dell'autrice: Nata da un pomeriggio di ispirazione pazzesca, il mercoledì dopo aver visto le due puntate in cui Kiba incontra (e poi si separa da) Myu. Un rapporto, quello che s’instaura fra i due, che mi ha incredibilmente affascinata e commossa. Raramente Kiba si lascia andare in sorrisi a profusione come in quelle due puntate, ed è indubbio che l’incontro con Myu l’abbia profondamente colpito e cambiato, tanto che mi sembra impossibile che lui, una volta tornato alla realtà, smetta semplicemente di pensarci. Mi piace pensare che una parte di lei possa essergli rimasta attaccata, tanto da continuare a sognarla, da ritrovarla nel suo inconscio, poter parlare con lei e dare una definizione più netta di quello che prova nei suoi confronti.
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Rakuen


Kiba…
- …chi sei?
Kiba…
- Perché mi chiami?
Kiba… hai già dimenticato… la mia voce…?
- No… mi pare… di averla già sentita…
Kiba…
- Chi sei? Fatti vedere!
Non puoi vedermi, Kiba…? Mi hai dimenticata sul serio…
- Io… non ti ho dimenticata… ma… accidenti, chi sei…? Perché non vedo nessuno?
Basterebbe che aprissi gli occhi, Kiba…
- Fa… così caldo, qui dentro…
Sì, lo so…

Un tocco più caldo di tutto il resto lo risvegliò dal torpore del sogno. Un risveglio talmente improvviso che, quando aprì gli occhi di scatto, gli bruciarono.
Si guardò intorno: niente che avrebbe potuto bruciarlo come quel tocco sulla guancia aveva fatto. Non c’era fuoco ed era notte. Fredda, ghiacciata notte del deserto.
- Kiba? Sei sveglio?
Tsume, seduto poco distante da lui, lo guardava con occhi lievemente curiosi.
Kiba si sollevò, mettendosi seduto assieme a lui.
- Sognavi?
- Sì.
- Cosa?
- Non sono riuscito ad identificare la voce che mi parlava…
- E’ sempre quella?
Kiba annuì. L’altro fece spallucce.
- Senti, non pensarci troppo. Se ricordi davvero chi è, il nome verrà fuori, prima o poi.
- Sì, forse hai ragione…
Tornò a distendersi per terra, le braccia incrociate dietro la nuca, e guardò la luna. Una luna piccola, distante. Fredda come la notte in quel deserto. La sua luce pallida toccava appena gli oggetti, dando un minimo di chiarore e creando di contro una gran quantità d’ombra. Dietro ogni sasso, ogni rado albero, s’allungava una sua copia perfetta e scura come il buio.
Anche la sua stessa ombra si allungava sul terreno arido e polveroso della landa. Il suo negativo.
**

Kiba…
- Ancora tu…
Kiba…
- Non ha senso che tu provi a contattarmi se non ti lasci riconoscere.
E’ diverso, Kiba… lo sai… che io non posso…?
- Neanche io posso aprire gli occhi.
Tu non vuoi… guardami, Kiba…
- Come faccio? Come?!
Sei andato troppo avanti… troppo avanti senza pensarmi un secondo… dimenticandoti di me…
- …io non dimentico mai.
Anche quando ci siamo incontrati, stavi dimenticando qualcuno. Hai ricordato chi stavi dimenticando allora, ma hai dimenticato me.
- Dove ci siamo incontrati…?
Era un giardino, Kiba. E tu fingevi che ti piacesse.

Il tocco caldo, questa volta, fu violento oltre che inaspettato. Come uno schiaffo, o peggio, un calcio. Un calcio dritto sul muso.
Kiba spalancò gli occhi e si mise seduto, notando che era ancora notte e perfino Tsume dormiva.
Il nome sarebbe venuto da solo?
Non sarebbe andata così. Quello era un ricordo che aveva seppellito, doveva essere lui stesso a dissotterrarlo. Ma come? A chi apparteneva quella voce dolce, malinconica, ma piena d’astio?
Si ritrovò a pensare fosse spaventoso, ricordare una voce senza poterla collegare ad un’immagine.

In quel momento, i ricordi lo colpirono. La voce aveva parlato del momento in cui s’erano incontrati per la prima volta. Anche allora stava dimenticando qualcuno. Oh, sì. L’aveva chiaro nella memoria, questo particolare. Le voci dei membri del suo branco e di Cheza. Ricordava i suoni e non collegava ai volti. Nessun volto.
Aveva il cervello e gli occhi pieni di fiori, allora. Fiori, ed erba fresca e leggermente umida, e le sponde di un lago dai mille colori. L’odore della terra bagnata ed il celeste intenso del cielo sgombro. Le montagne all’orizzonte.
Ed una femmina.
Una femmina.
Myu.
**

Kiba… hai ricordato…?
- Non ne sono sicuro. Ho in mente un nome, ho in mente anche una figura. Ma la tua voce è strana.
Strana, Kiba?
- Tu sei arrabbiata.

- Sei Myu?
Sì, sono io, Kiba.
- Myu non era così.

- Myu era dolce e gentile. Mi capiva, mi teneva stretto gentilmente. Myu non era come te. Myu non mi scottava.
…Myu era una stupida che è stata abbandonata.

Per la terza volta, Kiba aprì gli occhi sulla luna del deserto, e serrò le labbra per non urlare. Il tocco era stato simile a lava, quella volta. Gli era sembrato di sciogliersi.

Un capogiro gli chiuse gli occhi di nuovo.
**

Quando li riaprì si ritrovò nel giardino che aveva abbandonato, ormai molto tempo fa. Era apparentemente solo. Il paesaggio era uguale a come lo ricordava, ma non gli trasmetteva alcun senso di tranquillità; nessuna traccia di quella gioia profonda che ricordava di aver provato la volta in cui vi aveva messo piede per la prima volta. Forse, perché evidentemente mancava qualcosa.
- Kiba…
Si voltò lentamente, avendo riconosciuto la voce.
- Myu…
La femmina gli sorrideva amabilmente, in sembianze umane.
- Kiba, mi hai ricordata…
- Io non dimentico mai…
Le si avvicinò. E più le si avvicinava più sentiva il suo cuore farsi inquieto.
- Cos’è successo a questo posto? – chiese preoccupato.
- Cosa intendi?
- E’ uguale, ma… c’è qualcosa di diverso… ne sono sicuro… non provavo questa sensazione, l’ultima volta…
Myu scosse il capo, ridendo sommessamente.
- Questo posto non è quello che ricordi. Quel posto è perduto per sempre.
- …?
- E’ perduto, quando non c’è nessuno che lo abiti.
- Ma tu…
- Per me è diverso, fidati.
La guardò per qualche secondo, lasciando poi gli occhi vagare da oriente ad occidente ed individuare il piccolo specchio d’acqua che rifletteva i colori dell’arcobaleno, verso cui si diresse, mentre Myu, pochi metri dietro, lo seguiva.
Si sedette sulla sponda, appoggiando i gomiti alle ginocchia e fissando lo sguardo sulle acque sempre in movimento. Myu lo raggiunse in poco tempo, e si sedette al suo fianco, abbandonandosi sulla sua spalla. Kiba sorrise lievemente.
- Tu mi dai le stesse sensazioni…
- Perché io non sono cambiata.
Lui la guardò.
- Myu, non capisco… non capisco cosa stai cercando di dirmi.
- …
Silenziosa, lei evitava il suo sguardo. Aveva gli occhi pieni di lacrime, anche se invisibili. Kiba lo sapeva, lo sentiva.
Le circondò le spalle con un braccio, cercando di confortarla.
- Non posso parlare, Kiba. Non adesso.
- Va bene. Senti, Myu…
Lei gli si avvicinò, facendo scivolare il viso contro il suo collo.
- …questo è un sogno, vero?
La sentì annuire.
- Ed io quando ti rivedrò?
- …se vorrai, ogni notte.
**

Si risvegliò senza il tocco caldo, ma col sole del mattino negli occhi. Si sentiva stanco, e svogliato. Era la prima volta che gli accadeva una cosa del genere.
- Oh, Kiba. Ce ne hai messo di tempo, stamattina! – disse Hige venendogli vicino con le mani sui fianchi e l’aria di uno che ha esaurito la pazienza.
- Mi dispiace. Adesso possiamo rimetterci in viaggio.
I suoi compagni annuirono, e poi cominciarono a correre. Fino a sera non sentì altro che il vento sulla faccia.
**

Il giardino era sempre calmo. Non un filo di vento a scuotere l’erba o la superficie dell’acqua, stranamente immobile. Era sempre illuminato a giorno, anche se non si vedeva traccia di sole.
Myu non c’era. Kiba era preoccupato. Aveva addosso come la sensazione di aver corso per chilometri per niente, come se fosse arrivato troppo tardi ed avesse saltato l’appuntamento, e adesso dovesse rifare tutto daccapo.
Myu spuntò alle sue spalle in quell’esatto istante.
- Kiba… - lo chiamò con voce sottile mentre le si dipingeva un sorriso sul volto. Anche lui sorrise, rilassandosi.
- Credevo non ci fossi…
- Ma no… ci sono sempre… - continuò a sorridere lei avvicinandosi. Quando lei gli fu abbastanza vicina, lui non poté esimersi dall’abbracciarla, un impulso che gli correva sotto la pelle ogni volta che la vedeva.
- E’ successo qualcosa, Kiba?
- Avevo paura di non rivederti…
Lei si allontanò da lui, premendo con decisione le mani sul suo petto e liberandosi dall’abbraccio, per poi sedersi sull’erba con la ginocchia al petto. Lui le si sedette a fianco.
- Kiba, non ti attaccare troppo a me…
- Ma…
- Non fraintendermi. Mi fa piacere vederti, ma… - lo guardò – …tu hai ancora un obiettivo, no?
Kiba rimase in silenzio qualche secondo, scrutando le profondità dei grandi occhi di viola della femmina.
- E tu, Myu? Qual è il tuo obiettivo?
Ancora, lei sorrise.
- Non ne ho più, Kiba. Volevo solo rivederti.
Lui scosse la testa.
- Se non avessi più obiettivi, non continueresti ad esistere così…
Myu abbassò lo sguardo, sorridendo tristemente mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, perfettamente visibili stavolta.
- Forse… voglio solo continuare a stare con te… ma… - sollevò lo sguardo scacciando il pianto, - …lo so, che non è possibile.
Lui le strinse una mano.
- Io voglio continuare a venire qui, ogni notte.
- Questo è un luogo fittizio, Kiba. Lo era già quello in cui ci incontrammo per la prima volta, ma questo lo è ancora di più, perché… - si mise in ginocchio, poggiandogli una mano sulla fronte e scostandone i capelli disordinati, - esiste solo qui, solo nella tua testa.
Kiba posò la propria mano su quella di lei, continuando a fissarla deciso.
- Non m’importa dove si trovi. Tu ci sei, esisti, io ti sento. Ti sento tantissimo, Myu.
La abbracciò di nuovo, ed una nuova sensazione s’impadronì di lui. Si sentì stordito, stordito e commosso quasi alle lacrime. Chiuse gli occhi ed inspirò il profumo della femmina che stringeva, accostando il naso ai suoi capelli e facendolo poi scivolare sulla sua pelle verso il basso.
Lei ridacchiò.
- Sei stato tu a dirmi, tempo fa, che eravamo diversi…
- E sei stata tu a dirmi che comunque ci capivamo… io non ho dimenticato, Myu. Io ti voglio ancora vicina.
Lei si allontanò da lui, carezzandogli una guancia.
- E’ questo, quello che sono. Un ricordo che vuoi ancora.
- E’ un peccato amare i ricordi?
Lei sorrise, scuotendo il capo.
- No, non lo è, Kiba. Almeno non quanto sia un peccato per un ricordo amare chi lo ridesta nella memoria…
- Non ti capisco.
- Lo so… - disse alzandosi in piedi e prendendolo per mano. – Kiba, voglio che tu sappia tutto di me.
Lui si alzò assieme a lei, e cominciarono a camminare lentamente, mano nella mano. Mentre camminavano, Kiba non fece altro che guardare il volto della femmina al suo fianco; come cambiasse espressione, come assumesse toni duri e decisi, come gli occhi diventassero freddi e distanti. Assieme a lei cambiava anche il paesaggio. La prima cosa a scomparire, fu la luce. Presto, Myu e Kiba furono immersi in una notte buia, senza stelle né luna. I due non riuscirono più a vedere le montagne, non perché fossero scomparse, ma perché oscurate dalla gran quantità di alberi che era spuntata, come per magia, tutta intorno a loro. L’erba era diventata secca e lunga.
Improvvisamente, Kiba cominciò a sentire caldo.
- Cosa succede…?
Myu non rispose, e non lo guardò neanche, continuando a fissare l’orizzonte.
Qualche passo in più, e davanti ai due apparve una strana scena. Fuoco ovunque. Alberi, erba, foglie, cespugli, tutto, ogni cosa prendeva fuoco con una velocità estrema, inconcepibile.
- Nei boschi in estate gli incendi divampano con grande facilità. – disse Myu come soprappensiero, fissando le fiamme da lontano, - Il fuoco sembra passare da foglia a foglia come si contagiano le malattie, vero?
- Myu…
- Seguimi. – e lui la seguì senza un fiato.
Il calore aumentò in maniera esponenziale mentre i due si avvicinavano all’incendio.
- Guarda quanti animali. – disse Myu indicando un punto in mezzo alle fiamme.
Kiba annuì. Li vedeva. Scoiattoli, cervi, cinghiali, volpi.
Spalancò gli occhi e non poté evitare di piangere quando, fra le fiamme, riconobbe Myu.
Si voltò a guardarla, e la trovò con gli occhi fissi su di lui ed un sorriso triste sul volto.
- Adesso capisci, Kiba? Io non esisto più in nessun posto che non sia la tua mente.
- Tu… sei morta in quell’incendio?
La femmina annuì, stringendosi nelle spalle.
- Mi dispiace, Kiba. Avrei voluto essere reale davvero, per poter venire via con te.
- Non c’è speranza di poterti fare tornare indietro…?
Lei lo guardò, spalancando gli occhi stupita.
- Tu conosci un modo per far rivivere i morti, Kiba?
Lui rimase in silenzio. Rimasero entrambi in silenzio, mentre le fiamme si facevano più alte e più vicine.
- Dobbiamo allontanarci, Myu.
- Stà tranquillo, Kiba. Non ci farà del male.
**

Si svegliò di soprassalto, e l’intera superficie del suo corpo gli sembrò invasa dalle fiamme. Sentiva bruciarsi ovunque, e si sentiva disperato e impotente.
Questa era, dunque, la sensazione che aveva provato Myu morendo.
In pochi secondi mise a fuoco la realtà, e si accorse di non stare bruciando, e di stare invece fissando la luna dopo essersi svegliato.
Si alzò in piedi e mosse qualche incerto passo. Si sentiva debole e inquieto, e voleva vedere Myu.

Kiba…
- Myu! Dove sei?! Non ti vedo!
Non sono lì, Kiba. Non puoi vedermi.
- Allora devo riaddormentarmi.
No, non farlo. Non è necessario, Kiba, hai già visto tutto. Hai capito, no…?
- Sì… sì, ma non posso accettarlo.
…Kiba…
- Semplicemente non posso, Myu. Voglio continuare a vederti, voglio stare con te, voglio averti vicina, Myu…

Si accasciò per terra in ginocchio, stringendo polvere fra le mani e piangendo silenziosamente, ma scosso da singhiozzi che sembravano devastarlo ad ogni tremito.
- Myu…
- E’ il nome?
Si voltò di scatto, impaurito. Era solo Tsume, che stava in piedi, con le braccia incrociate sul petto, dietro di lui.
Kiba asciugò le lacrime e poi annuì.
- La femmina di cui non riuscivi a ricordare il volto?
- Sì.
- L’hai vista?
- Sì.
Tsume sorrise ironico.
- Era tanto bella da piangere?
Kiba sorrise amaramente.
- Era molto triste.
- Capisco…
Tsume si sedette, rimanendo a fissare la luna. Anche Kiba lo fece.
- Chi è?
- Una femmina che ho incontrato in un sogno.
Tsume lo guardò, stupito.
- Vuoi dire che non la conosci?
- Non l’ho mai incontrata fisicamente, se è questo che intendi.
L’altro scosse il capo.
- Kiba… hai il cuore tenero…
- No, non è così. Avevo provato la stessa sensazione di tranquillità solo con Cheza, ma da lei non mi ero mai sentito attratto in questo modo.
- …e dov’è questa benedetta femmina? Andiamo a prenderla, no?
Kiba scosse il capo.
- Non possiamo.
- Che intendi?
Kiba guardò la luna.
- Non c’è più.
Tsume annuì.
- Adesso ho capito tutto. Mi dispiace.
**

Riconobbe la sensazione del fuoco a lambirgli la pelle, ed aprì gli occhi di scatto, trovandosi davanti Myu che gli accarezzava una guancia. Era dalle sue mani, da quel punto preciso che scaturivano le fiamme.
- Myu…
Lei non parlò, sorrise e si scostò.
- Myu, dimmi qualcosa…
Non vedendola rispondere, si alzò in piedi e cercò di avvicinarsi a lei, ma un passo avanti del lupo era un passo indietro della femmina.
- Myu, vieni qui…
Lei scosse la testa, serrando gli occhi.
Tutto il suo corpo, adesso, era avvolto dal fuoco. Lei non bruciava, ma era circondata ed inavvicinabile.
Kiba si mosse ancora, nel momento in cui lei si accasciò per terra, seduta ed ansante.
- Parlami…
- …vai via, Kiba…
- No.
- Sì. Non c’è niente, non c’è storia, non ci sono possibilità per noi due. Vai…
- Non voglio!
- Vai, Kiba… raggiungi il tuo obiettivo, sii felice…
- Come faccio senza di te?
- Avrai tante altre occasioni, ne sono sicura… - e si interruppe, portandosi le mani alla gola come se questa fosse bloccata da qualcosa.
- Non posso! Non senza di te.
- Niente frasi fatte, Kiba. Toccami…
Lui non se lo fece ripetere due volte; allungò una mano verso il corpo in fiamme di Myu, ma dovette ritrarla subito: era incandescente.
- Dici di non poter essere felice senza di me? Bè, non potresti esserlo neanche con me. Sono un pensiero di fuoco, Kiba, non rendo felice nessuno.
Kiba si lasciò andare seduto per terra, abbassando il viso fino a farsi ricoprire gli occhi dalla frangia.
- Questo… non è vero, Myu. Tu hai fatto felice me. Sì, io con te… - risollevò uno sguardo annegato nel pianto, mentre sorrideva. - …sono stato davvero felice.
Myu lo guardò. Sollevò una mano per asciugargli le lacrime dalle guance, e nel momento stesso in cui lo toccò le fiamme che l’avvolgevano svanirono. Kiba non ebbe bisogno di ritrarsi, stavolta. La abbracciò con tenerezza, e piansero insieme.
- …grazie, Kiba… è stato importante, per me…
Intorno, il paesaggio si trasformò di nuovo nel familiare, lussureggiante giardino. Kiba e Myu si ritrovarono in riva al lago, l’una tra le braccia dell’altro.
- …quando ero ancora in vita non avevo mai amato nessuno come ho amato te. È stato bello poter provare questo sentimento almeno una volta… ora ricordo, era questo, il mio obiettivo…
Lui continuò a stringerla forte.
- …anche se adesso finirà tutto comunque…
Kiba inspirò, e poi le diede un lieve bacio sulla fronte.
- Myu… io sto cercando un posto che si chiama Rakuen. Sai cos’è?
Myu annuì.
- Il paradiso dei lupi, vero?
- Il posto verso cui ci dirigiamo tutti noi. Un luogo in cui posso continuare a vivere.
- Mi sembra un ottimo proposito… - disse lei ridacchiando.
- Già, lo è. – aggiunse Kiba lasciandosi andare anche lui ad una risatina. – Io… non so con esattezza cosa ci sia nel Rakuen. Ma se è quel luogo meraviglioso che credo, Myu, se davvero è il Paradiso… allora ci sarai anche tu. E noi ci ritroveremo là, e staremo insieme per sempre.
Kiba parlava piangendo e non credeva sul serio a ciò che diceva. Ma aveva bisogno di dirlo, perché abbandonarla senza neanche una speranza di rivederla… no, non ce l’avrebbe mai fatta.
Neanche Myu espresse le sue perplessità, stringendosi a Kiba e baciandolo dolcemente sulle labbra prima di alzarsi in piedi.
- Ci sarai. – aggiunse lui rafforzando la decisione nel suo sguardo.
- Ci sarò sicuramente, Kiba. Sai… - aggiunse, per dare maggior valore a quella promessa, - credo che il Rakuen si trovi, in realtà, in posti diversi per ognuno di noi, ma che il posto in cui tu ti dirigi sia quello in cui tutti i sogni dei singoli si avverano nello stesso momento. Io ci sarò sicuramente, Kiba, perché il mio Rakeun è ovunque tu sia.
Nascose l’ultima lacrima e svanì sorridendo.
**

- Buongiorno!
Il faccione di Hige nascondeva interamente la rovente palla di fuoco che era il sole del deserto, e Kiba fu estremamente grato per questo.
- Ultimamente il signorino Kiba fa con comodo, la mattina…! Dovremmo metterci in moto all’alba per fare più strada quando fa ancora fresco!
- Piantala, Hige… - si intromise Tsume sorridendo malizioso, - Kiba nei sogni si da un sacco da fare, per ora…
Hige guardò entrambi senza capire.
- Che vuol dire? – chiese rivolgendosi a Kiba.
Quello fece spallucce.
- Non ne ho la più pallida idea – rispose sorridendo.
Hige sbuffò e si lanciò all’inseguimento dell’altro lupo, ululandogli dietro dal momento che s’era già portato avanti di qualche metro.
- Oh, Tsume! Cosa intendevi prima?!
Kiba gettò uno sguardo all’orizzonte. Era sicuro di aver visto uno scorcio del Rakuen, con Myu, il suo Rakuen. Quello che avrebbe trovato a tutti i costi. Ed anche se si sentiva triste, anche se la paura di sbagliarsi e non poterla più rivedere era tanto forte da spegnergli il cervello lasciandogli solo la voglia di piangere, si forzò a reagire, ad inseguire la sua speranza e ricominciare a correre.
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