Genere: Commedia, Erotico.
Pairing: Mario Balotelli/Davide Santon.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon.
- Di un divano, dei DVD di Spongebob e della relatività della durata delle prestazioni sessuali.
Note: XD Lol. Dunque, cosa dire di questa storia. Che la dedico ad Ary, tanto per cominciare, perché l’amore profondo che ci lega entrambe al Santonelli (piace? XD Inventato io <3) è indubbio e innegabile <3 Poi che ringrazio Def perché è l’unico uomo tanto buono da seguire una fangirl quando sproloquia. E non solo, poi. La fomenta. La aiuta. E le beta le storie ;_; Poffolo che è. Quindi diciamo che in parte è anche tua, mio caro. <3 E poi ;O; Io amo il Santonelli. Che è canon. E questa storia è pucciosa perché si muove fra dialoghi e narrazione e non li mischia mai. E partecipa alla Divano!Challenge, ed anche a Temporal-mente *_* E… e… e… il titolo viene dalla canzone omonima dei Cute Is What We Aim For, che io amo tanterrimo. E niente, boh, spero che vi sia piaciuta.
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Practice Makes Perfect
"And I'm dreaming of your body that's build for two." (Sexy – French Affair)


Mario piomba sul divano accanto a Davide. I cuscini, sotto il suo peso, si gonfiano e si sgonfiano. Mentre nell’aria si diffonde un fastidioso odore di pelle e polvere, Davide si chiede se quel divano sia mai stato pulito. Stabilisce che non gli importa. E accende la tv.
 
– Che guardiamo?
– Boh.
– Fai zapping?
– Sì.
– Oh, guarda, c’è la replica di Inter-Napoli.
– Be’, anche no.
– Ma sono stato meraviglioso, ieri!
– Anche quando ti sei fatto ammonire?
– Soprattutto quando mi sono fatto ammonire.
– …
– …oh! Qui c’è il mister che parla di Adriano! … ma non cambiare!
– Non voglio sentirlo ripetere per l’ennesima volta che vuole sia felice e bla bla bla!
– Be’, sono belle cose da dire.
– Sì, ok, ma a me Adri manca, d’accordo? Non mi piace che non stia più con noi.
– Cazzo, Davide, ma che hai, il ciclo?! Calmati un po’! Era solo per guardare qualcosa!
– …
– …prendo i DVD di Spongebob?
– …prendi i DVD di Spongebob.
 
Quando Davide si alza per inserire il DVD nel lettore, Mario allunga il collo per seguire la scia del suo dopobarba – gli viene quasi da ridere: avrà cominciato ad usarlo da un paio di settimane – ed inspira profondamente, per non perdersi neanche una molecola di quel profumo. Davide non ha idea di cosa gli faccia. È ok, perché se dovesse dirglielo la cosa comincerebbe a farsi preoccupante. Non si può, oggettivamente, non si può andare a letto con un compagno di squadra. Non si può se è un anno più piccolo e, a guardarli, gli anni di differenza sembrano anche tre o quattro, non si può se siete già così appiccicati che gli altri non fanno che ridervi dietro, non si può se poi in ritiro dovete anche condividere la stanza, perché a dare inizio al gioco poi fermarsi sarebbe un problema, e allora a cosa potresti fare appello per impedirti di scivolare silenziosamente sotto le coperte al suo fianco nel suo letto e toccarlo ovunque fino a farlo gemere così forte da non lasciare a nessuno il minimo dubbio sul come?
Mario distoglie lo sguardo, nel momento in cui Davide torna a sedersi accanto a lui. È questione di un attimo, ormai ha imparato ad essere svelto, Davide non deve accorgersene. Davide, per quanto ne sa lui, non se n’è accorto neanche stavolta.
 
– Che si fa stasera?
– Non lo so, non ci ho pensato. Disco?
– Sì, così il mister domani mattina ci fa fuori. La giornata di riposo era oggi, Mario, capisco che non te ne sei accorto perché hai dormito fino a cinque minuti fa, ma domani abbiamo allenamento.
– Ma è defatigante!
– Sì, ma si suppone che serva per disperdere la fatica per la partita, non per una notte in discoteca.
– Sei una rottura di coglioni peggio di mia madre, Cristo.
– …pensavo a una pizza e un DVD, se per te andava bene.
– ‘Cazzo ne so, magari esco con Deki e Marco.
– …
– …okay, scusa. Lo stiamo già guardando un DVD, no?
– Un altro, magari. Possiamo andare da Blockbuster a prendere tipo Hellboy. E possiamo andare a prendere le pizze da quello lì di fronte, le fa buo-
– Non mi va di uscire, ok?
– …ma fino a poco fa hai detto-
– Cazzate. Ho detto cazzate. Chiudi la bocca e guardiamo Spongebob.
 
Mario non sa abbastanza, evidentemente, perché Davide se n’è accorto eccome. In effetti è un bel po’ che Davide se ne accorge, diciamo da quando hanno cominciato a frequentarsi più assiduamente, insomma, da quando Mario s’è messo in testa di giocare per l’Inter ed ha perciò smesso di inanellare una cazzata dietro l’altra neanche facesse collezione. Sì, più o meno è da allora – facciamo un mese? Facciamo due? Facciamo che non ne tiene il conto – che gli occhi di Mario lo seguono ovunque, e questo non va mica tanto bene, perché Davide è un ragazzo a posto, non sbaglia, va a dormire al massimo a mezzanotte e non più tardi delle dieci, quando l’indomani ha allenamento, e lui di cazzate non ne fa, non ne ha mai fatte, altrimenti non sarebbe arrivato dov’è, e però gli occhi di Mario, quando lo guardano in quel modo, gli smuovono cose nello stomaco, le classiche farfalle, forse, ma non tanto classiche, dopotutto, perché quelle dovrebbero venire fuori quando, tipo, quando ti guarda una ragazza che ti piace, no? Mica quando ti guarda un tuo compagno di squadra che, insomma, dannazione, no che non ti piace, che roba!
Mentre pensa cose simili, Davide non può fare a meno di sentirsi a disagio – magari perché sono tutte puttanate – e si sposta, scivolando sul cuscino liscio del divano fin quasi a sfiorare il bracciolo sul lato opposto rispetto a quello in cui si trova Mario. Lui se ne accorge e si volta a guardarlo. Fa una smorfia vagamente offesa. Spongebob e Patrick, sullo schermo del televisore al plasma, tirano scemo Squiddi blaterando di bolle di sapone.
 
– Oh, senti. Fanculo a questa merda. Vieni qua.
– Cos-
– Fanculo. A. Questa. Merda. Vieni qua.
 
La bocca di Mario sa un po’ di dentifricio, perché s’è davvero svegliato qualcosa come cinque minuti fa, e dopo dodici ore filate passate a russare e sbavare sul cuscino, in previsione delle ore che aveva da passare sul divano con Davide prima del ritorno della voglia di dormire, la prima cosa che ha pensato è stata lavarsi i denti. Il che, probabilmente, avrebbe dovuto dargli più da pensare.
La bocca di Davide, invece, sa di zucchero, perché mentre aspettava che Mario si svegliasse e lo raggiungesse in camera ha mangiucchiato un po’ di caramelle, di quelle gommose e colorate che ruba al suo fratellino quando va a trovare la sua famiglia a casa. Nessuno conta più le volte in cui è stato preso in giro a causa dei brufoli – “se continui a mangiare schifezze, è ovvio!” – ma lui non può farci niente, dopo il calcio, dopo Mario, no, che cazzo, dopo il calcio e basta, le caramelle sono la sua unica ragione di vita.
Il bacio è impacciatissimo, e sa di loro due. Mario si stringe contro Davide tenendolo stretto per la vita. Davide è praticamente in ginocchio, ha una gamba piantata fra quelle di Mario e ciò che sente sulla coscia lo preoccupa moltissimo, anche se non riesce davvero a pensare in maniera lucida, non con la mano di Mario che gli scivola lungo la schiena, non con la sua lingua che scivola fra le sue labbra, non col suo respiro che scivola fra i suoi cambiando l’odore dell’aria.
Quando si allontanano, lo fanno solo per cercare di darsi una prova del fatto che, se vogliono, possono ancora farlo.
 
– …era la prima volta.
– Be’, anch’io non è che vada in giro baciando uomini ogni giorno.
– No, dico… proprio la prima. Cioè, il mio primo bacio, ecco.
– …oh.
– …
– Be’, questo spiega perché non-
– Taci.
– Ok, ok, scusa!
– …
– …quel ginocchio lì, Davide, non è-
– Oddio, aspetta-
– No, cioè, puoi tenerlo, voglio dire, io di certo non lo allontano-
– Mario!
– Scusa, ma perché prendersi per il culo? Voglio dire-
– Potresti evitare di usare certe espressioni?
– …
– …e che cazzo.
– …vuoi tornare a guardare Spongebob?
– E fingere che niente di tutto questo sia mai successo? Che idea geniale! Geniale come tutte le tue idee, guarda! È così brillante che io non ci sarei mai potuto arrivare! Come si risolve il problema di noi due che limoniamo sul divano come fosse normale? Tornando a guardare Spongebob, mi pare ovvio! Davvero, Mario, non so com--!
 
Il divano in pelle ha un’anima di legno durissima, scopre Davide quando sbatte la nuca contro il bracciolo, nel momento in cui Mario lo ribalta sui cuscini e gli sale addosso, tappandogli la bocca con un bacio aperto e umido cui lui si ritrova a rispondere con una disinvoltura tale da pensare che baciare, in effetti, è esattamente come giocare a calcio: la prima volta ti guardi intorno e non hai la più pallida idea di cosa fare, ed anche quando lo capisci non fai che farlo male e farti rimproverare da tutti. Ti entra dentro, però, e non riesci più a dimenticarlo, così la seconda volta sai subito come girarti, dove guardare e cosa toccare. E nessuno ti rimprovera più.
 
– Niente Spongebob, capito.
– Mario, no! Asp-
– Parli troppo.
– Ma potrebbe entrare qualcuno!
– I ragazzi hanno una vita, Davide. Ognuno si starà facendo i cazzi propri.
– …tu ti stai facendo il mio.
 
E lo sta facendo scivolandogli addosso in una carezza lentissima e misurata che, per Davide, è una cosa completamente nuova. Quando lo fai da te non è mica possibile mantenere questo ritmo esasperatamente cadenzato, non ce la fai. La mano impazzisce e si muove sempre più svelta e tu perdi il controllo di tutto, ma Dio, è diverso quando lo fa qualcun altro. Perché l’altro il piacere non lo sente crescere dentro, lo sente crescere solo al tatto. E può domarlo. Può dirigerlo. Può controllarlo.
 
– …non pensi che… ah… dovremmo… aspettare un po’?
– Quando? Dopo il matrimonio? Vuoi prima farmi conoscere i tuoi?
– …st-… stronzo… intendevo, non lo so…
– Se sapessi quante volte ho sognato di farlo, non mi chiederesti mai di aspettare ancora.
 
Davide, forse, non sa quante volte abbia sognato di farlo Mario. Sa però quante volte ha sognato di farlo lui. Quindi, in effetti, non gli è mica tanto chiaro perché stia chiedendo a se stesso, prima ancora che a Mario, di rimandare. Non gli è mica tanto chiaro perché stia consapevolmente cercando di rinunciare a quel torace scolpito, a quelle spalle ampie e forti, a quelle gambe tornite, a quelle mani grandi che sembrano riuscire a toccarlo contemporaneamente ovunque. Non lo sa mica, perché sta cercando di dire no a quel corpo che sembra fatto apposta per fargli implorare per averne ancora.
In effetti, di motivi per rinunciare non ce n’è nemmeno uno. A parte, be’, sì, che fino a cinque minuti fa erano entrambi etero – ma, in effetti, che razza di differenza potrebbe fare? Etero o meno, Mario è bravissimo ad accarezzarlo, e probabilmente non lo sarebbe altrettanto, se fosse una donna, perciò affanculo anche le categorie della sessualità.
Mario continua ad accarezzarlo, Davide geme a bassa voce ed arpiona i pantaloncini bianchi che indossa, tirandoli giù con una certa impazienza e scoprendo la sua erezione prepotente. Distoglie lo sguardo perché non riesce a guardarla, ma allunga le mani e la sfiora in una carezza appena accennata, prima di stringerla saldamente fra le dita e tenerla ben ferma mentre, con una spinta del bacino, si sistema esattamente sotto di lui, restando poi a guardarlo imbarazzato, come in attesa del resto.
 
– …stai improvvisando? No, perché in questo caso devo farti i complimenti, sei-
– Chi è adesso che parla troppo?
 
Mario sorride e lo libera dell’impaccio dei pantaloni, scendendo immediatamente a sistemarsi fra le sue gambe. Scivola lento fra le sue natiche, stuzzicandolo lievemente, ma quando cerca i suoi occhi, li trova e vi legge dentro il terrore più profondo ed una richiesta inespressa – ti prego, no, questo no, non adesso, non così, no no no – si solleva un po’ e prende a strusciarsi contro di lui. La pelle del divano scricchiola e cigola sotto di loro, ma quella di Davide è calda e si fa presto umida di sudore perciò Mario smette immediatamente di pensarci. I gemiti del divano, dopotutto, non sono neanche paragonabili a quelli di Davide. Mario si concentra su quelli. Il loro movimento si fa talmente svelto e sincronizzato che per un secondo – un solo secondo – entrambi perdono la consapevolezza di loro stessi, e Davide non sa più dove finisca il proprio corpo e cominci quello di Mario, e Mario non riconosce più la differenza fra la propria voce e quella di Davide. E quando vengono lo fanno trattenendo appena il respiro per evitare di alzare troppo la voce, Mario affonda le dita nei fianchi stretti di Davide e Davide getta indietro la testa contro il bracciolo, esponendo il collo ad una scia di morsi e baci che lasciano la pelle umida e arrossata.
Spongebob, sul televisore al plasma, soffia nel bastoncino. Viene fuori una bolla di sapone che assomiglia a Patrick. Squiddi urla e si rifugia in casa propria.
 
– …ma è finito adesso, l’episodio.
– …eh?
– Sì, voglio dire… quant’è che dura un episodio di Spongebob? Dieci minuti? Siamo durati pochissimo!
– …
– Intendo… non dovrebbe durare tipo… una mezz’ora, almeno, quando si scopa? Una ventina di minuti?
– Noi non-
– Sì che abbiamo scopato! Non c’è mica bisogno di… voglio dire, io sono venuto, sei venuto anche tu, abbiamo scopato! Non dovrebbe durare di più?
– …
– …e non guardarmi così!
– …da oggi in poi, meno teoria e più pratica, Davide.
– …teoria?
– Meno porno. Più sesso.
– Ah.
– …
– …cioè mi hai visto gua-
– Sì.
– …
– …
– …e suppongo tu mi abbia visto anche mentre mi-
– Sì.
– Naturalmente.
– …
– Dico, avvisare?
– E perdermi lo spettacolo?
– …già. Che pretese.
– Assurde.
– …se io, tipo, mi alzassi e andassi a darmi una sciacquata? Poi magari anche tu, voglio dire, non è bello. Siamo ricoperti di-
– Sì! Sì. Perdio, sì. Vai a lavarti.
 
Mario si scosta, Davide si alza in piedi e medita se rimettere al loro posto mutande e pantaloncini, mentre raggiunge il bagno dall’altro lato della stanza. Decide poi che non vale la pena macchiare irrimediabilmente della biancheria tutto sommato accettabile: il bagno è proprio lì a due passi, l’unico altro essere umano presente nella stanza oltre a lui è Mario e, insomma, non è che abbia più molto altro da nascondergli, visti gli ultimi sviluppi. Tira su i pantaloncini solo quel tanto che basta per non lasciarli cadere a terra, e si dirige svelto verso il bagno, senza guardarsi indietro.
Si volta solo quando Mario lo chiama a mezza voce.
 
– Senti, invece di andarti a lavare… perché non guardiamo un altro episodio?
– Ma dai, ma che schifo! Non voglio mettermi a guardare i cartoni animati conciato in queste condizio-
 
Lo sguardo di Mario è abbastanza eloquente da costringerlo al silenzio.
 
– Oh.
– Eh.
– …ma voglio dire… adesso? Di nuovo? Subito?
– Be’, sì. Insomma… non l’hai detto tu che dovrebbe durare almeno venti minuti?
 
Sorridono entrambi, mentre Davide percorre a ritroso la strada verso di lui e si lascia ricadere sul divano al suo fianco.
 
– Giusto il tempo di guardare anche la seconda puntata.
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