Genere: Romantico, Commedia.
Pairing: Chakuza/Fler/Bushido.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Lemon, Slash, Threesome.
- "Forse è ingiusto che a me servano due persone per sentirmi nel modo in cui si sente la gente in genere quando ne ha anche una sola, ma non è un mio problema. Così sono io. Così siamo noi. Provate a darci torto."
Commento dell'autrice: XD Questa storia è nata perché il mio cervello è palesemente incapace di stare fermo due-minuti-due, e quando ho visto Fler parlare al telefono in foto, nel backstage dello show di Lahr, sono partita ad immaginarlo al telefono col suo uomo. Poi però non riuscivo a scegliere quale dargli. E quindi glieli ho dati entrambi XD Sì, è il mio bimbo e lo vizio, con ciò? STFU.
Comunque è.é Storia per il 98% veritiera (ho dovuto incastrarci dentro pure il concerto del Chaky nella patria delle mucche, delle banche e della puntualità!), dove il 2% di falsità è rappresentato dall’esistenza specifica di fiori e cioccolatini, perché tutto il resto, io lo so, sesso compreso, sta accadendo veramente o è già accaduto o comunque accadrà, date loro solo il giusto tempo. E comunque me ne frego :D
Spero abbiate gradito. E grazie a Def – un santo – per il betaggio.
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Potremmo Provare In Tre
"Al risveglio mi ritrovo solo, come nella vita di sempre." (Angel Sanctuary)


Silla e Reason mi hanno salutato dieci minuti fa con grandi pacche sulle spalle, ridendo. Erano già palesemente ubriachi per la birra che abbiamo visto scorrere a fiumi nel backstage, dopo il concerto, ma hanno avuto comunque il coraggio di chiedermi se mi andasse di uscire con loro a bere qualcos’altro, visto che era l’ultima data del tour e tutto. Io in realtà non è che avessi tutta questa voglia, sto praticamente lavorando senza fermarmi mai da quasi un mese e sono sfiancato, perciò ho sorriso e li ho invitati ad andare gioiosamente a fanculo o in qualsiasi altro posto desiderassero. Loro, ubriachi com’erano, l’hanno presa per una bellissima battuta e si sono allontanati sghignazzando e cantando vecchie canzoni di 50 Cent con un accento improponibile.
E quindi io sono rimasto qui e mi sono ritrovato solo, come nella vita di sempre, o meglio: com’era la mia vita di sempre prima che la mia vita di sempre diventasse un immenso, frenetico ed affannoso casino. Vietato ai minori di diciott’anni, poi.
Sospirando, penso che non dovrei lamentarmi e che quei due coglioni al momento mi mancano pure, e mi infilo in bagno, sfilando la maglietta e cominciando ad armeggiare coi rubinetti della doccia per miscelare acqua calda e fredda. Se tutto va bene e Silla e Reason non si fanno investire durante la notte, vagando per le strade di Lahr in stato semicomatoso con più alcool che sangue nelle vene, domani mattina sarò in viaggio per Berlino. Mi manca casa e mi mancano i due coglioni, soprattutto. Tra l’altro suona benissimo, “i due coglioni”. È anche anatomicamente corretto.
Mentre sono qui che guardo il getto d’acqua e pregusto quella che palesemente sarà la doccia migliore della mia vita dopo quella volta in cui i due coglioni hanno deciso che sì, in fondo si poteva provare a farla in tre, suonano alla porta. Mi trattengo a stento dal lanciare un urlo frustrato e chiudo tutto, rassegnandomi a dover ricominciare tutto da capo dopo aver liquidato lo scocciatore chiunque egli sia; dopodiché mi muovo verso la porta strascicando i piedi e grugnendo un “arrivo” infastidito, sperando che il mio odio attraversi il tempo e lo spazio e raggiunga lo sconosciuto visitatore, obbligandolo a scappare a gambe levate ancora prima che io sia arrivato ad aprire.
Invece niente, apro e lo scocciatore è ancora lì, solo che non è uno solo. Sono due. E sono, appunto, i due coglioni.
So che ho detto fino a due minuti fa che mi mancavano e tutto, ma se si aspettavano che una piazzata del genere mi sciogliesse come una ragazzina costringendomi a saltare loro al collo e sottopormi a chissà che oscura pratica sessuale abbiano progettato insieme nelle lunghe notti di solitudine dell’ultimo mese, hanno fatto i conti senza l’oste. Fiori e cioccolatini – gli uni stretti in un mazzo coloratissimo fra le braccia del tunisino, gli altri avvolti in un elegante pacco nero e dorato fra le braccia dell’austriaco – non mi fanno il minimo effetto, perciò mi limito a sollevare un sopracciglio ed incrociare le braccia sul petto. Sono stanco, sono le due passate del mattino e voglio dormire.
- Ma voi due non avete mai proprio un cazzo da fare, eh? – borbotto, picchiettando un piede per terra. Bushido scoppia a ridere facendosi strada all’interno della camera e buttando i fiori sul primo mobile che incontra nel proprio cammino, visto che, adesso che ha fatto il suo ingresso trionfale, non gli servono più. Chakuza, invece, resta sulla porta e mi guarda con sgomento.
- Ma vedi tu che stronzo! – sbotta, spiaccicandomi il pacco di cioccolatini sul petto e poi lasciandolo andare, così che io sono per forza costretto a stringerlo fra le braccia prima che cada a terra e si distrugga definitivamente, - Non solo uno è già stanco di suo e si fa i chilometri solo per venire a trovarti, ma deve pure vedersi accolto così…
Io sbuffo e chiudo la porta.
- Non vi ha invitati nessuno. – faccio notare ad entrambi, posando i cioccolatini sullo stesso mobile dove stanno i fiori. Bushido s’è già svaccato sul mio letto e Chakuza si sta guardando intorno con aria critica, cercando di intuire a quante stelle possa essere l’albergo giudicando dalla tappezzeria, suppongo. – Cos’è questa piazzata? – chiedo poi, sedendomi sul letto accanto a Bushido e rinunciando alla bellissima doccia di cui sopra, - Vi ho sentiti al telefono, tipo, dieci minuti fa. E mi avete detto che il concerto a Sagogn era appena finito e stavate mettendovi in marcia per tornare in albergo!
- Mentivamo. – risponde candidamente Bushido, sorridendo e chinandosi a baciarmi su una guancia, - Puzzi in maniera indecente, Pat.
- Perché io lavoro sul serio. – faccio notare, - Ero sul palco fino a due ore fa e non sono ancora riuscito a lavarmi.
- Possiamo farlo tutti insieme. – ghigna Chakuza, giocherellando con la fodera sfilacciata di una poltrona. Bushido gli risponde con una risatina divertita che io sento contro il collo perché, puzza o non puzza, lui è ancora lì, vicinissimo. Io, invece, grugnisco con disappunto.
- Ma anche no. Io posso fare la mia doccia mentre voi vi rimettete in auto e ve ne tornate a casa, e domani, quando sarò a Berlino, ne riparleremo.
Chakuza e Bushido ridono insieme, ed io, imbarazzato, distolgo lo sguardo. Ok, lo so che ho detto una cosa ridicola. Ciononostante, non è giusto che mi si prenda così sfacciatamente in giro. Sono stanco, io. Ho un sacco di cose da fare. Mica come loro.
- Io ho un’idea migliore. – annuisce Chakuza, arrampicandosi sul letto accanto a noi. Fortunatamente lo spazio è sufficiente per tutti e tre. – Adesso finiamo di sporcarti, poi tu vai a lavarti.
Bushido ride ancora ed io mi ritiro in un angolo.
- Col cazzo! – mi lamento.
- Anche con quello, sì. – annuisce Chakuza, prendendomi in giro, e Bushido ride così forte che sento l’aria tremare.
- Fai schifo. – borbotto inorridito, - E tu sei uno stronzo. – continuo, indicando il dannato tunisino, - Anzi, siete stronzi entrambi. Dio, ma chi me l’ha fatto fare…
Nessuno mi risponde, e in realtà una risposta non serve nemmeno, nel momento in cui Chakuza comincia ad armeggiare con la cintura dei miei pantaloni e Bushido mi lascia scorrere le mani lungo la schiena, scivolando con le labbra sul mio collo e sulle mie spalle. Lascio andare un gemito e chiudo gli occhi appena Chakuza comincia ad accarezzarmi fra le gambe. Per la doccia avrò tempo dopo.

*

La mia storia con Bushido non ha bisogno di essere raccontata dal principio, perché quella lo conoscono tutti anche troppo bene. Un ragazzino perso nella grande città, un tunisino che in Tunisia non c’è mai stato e che a diciott’anni aveva già visto anche troppo, un incontro fortuito, i muri di Berlino da ridipingere e così via, l’amicizia, il rap, l’Aggro Berlin, la fama, i soldi, troppi soldi e poi l’Ersguterjunge, le diss, gli anni di sfanculamenti gratuiti e poi una confessione a cuore aperto fra biografie e testi di canzoni, la morte di un mito e una riappacificazione che ha messo a soqquadro l’intero showbiz tedesco.
Ciò che forse va raccontato è quello che ci sta dietro, perché per quanto in molti malignino e in moltissimi suppongano, la cosa non è mai stata detta pubblicamente.
Dunque, io e Bushido abbiamo cominciato a scopare da subito. Dite pure ciò che volete – che i rapper certe robe non le fanno, che io ero praticamente un bambino, non m’interessa. Avevo quattordici anni ed avrei potuto mettere le mani su qualsiasi sciacquetta mi gravitasse intorno nel ghetto, ma non me ne interessava nemmeno una. Nel momento in cui l’ho visto in quell’ufficio spoglissimo e deprimente, ai servizi sociali, ed ho pensato “cazzo, ma sei bellissimo” come prima cosa, posandogli gli occhi addosso, avevo poco da stare a riflettere sul punto: ho capito dove stava andando a parare la mia sessualità e mi sono dato da fare perché ottenesse soddisfazione.
Fortunatamente per me, anche Bushido non è mai stato tipo da domande, quindi quando praticamente gli sono piombato addosso strappandogli la maglietta e infilandogli la lingua in gola, piuttosto che perdere tempo a chiedersi perché, s’è dato da fare per fare in modo che, qualsiasi fosse il motivo di quello che stava accadendo, ne valesse la pena comunque.
Da quel momento in poi – e io avevo sempre quattordici anni, eh – io e Bushido, per così dire, siamo sempre stati insieme. O non ci siamo stati mai, perché in fondo continuavamo comunque a fare il cazzo che volevamo con chiunque volessimo, però, insomma, scopavamo tantissimo e comunque avevamo un rapporto molto intimo, andavamo sempre in giro insieme, ogni notte insieme, lo spaccio insieme, le ubriacature insieme, le risse insieme e così via. Poi il coglione prende e dice che vuole uscire dall’Aggro perché si rompe le balle a dividere i guadagni coi grandi capi e non gli piace essere trattato come un pischello quando lui è il re dei re e simili puttanate, e ha pure il coraggio non solo di dirmelo in faccia, ma anche di chiedermi di seguirlo nella sua nuova etichetta. Al che era ovvio che non si poteva continuare a scopare, quando invece mi andava di sfancularlo e, anche se non mi fosse andata, mi sarebbe toccato farlo per contratto e orgoglio.
Da lì è veramente storia nota, compresa la riappacificazione che alla fine è stata anche più patetica di quello che si è sentito in giro, nel senso che, un mese prima che l’Aggro chiudesse, io già sapevo che avrebbe chiuso, e la cosa mi ha fatto girare i coglioni. Non so se vi è mai capitato di credere in qualcosa quanto io ho creduto nell’Aggro, e non so se vi è mai capitato di dovere a qualcosa tanto quanto io devo all’Aggro, fatto sta che quell’etichetta era la mia vita e, quando ho saputo che avrebbe chiuso, ho sentito il bisogno di tornare ad aggrapparmi all’unica altra cosa che fosse stata la mia vita prima di quel momento. Quella cosa era Bushido e ritrovarmi sulle sue labbra mentre casa mia chiudeva per sempre era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Punto.
Tutto è precipitato nel momento in cui ho conosciuto Chakuza.
So che può sembrare assurdo, da dire, perché tu non puoi conoscere un nano pelato austriaco che si veste da metalmeccanico ed ha un diploma di cuoco, e lasciare che quest’essere ti sconvolga l’esistenza. Soprattutto non puoi lasciare che quest’essere ti si porti a letto. Non quando stai con Bushido, andiamo, Bushido è oggettivamente un uomo bellissimo, Chakuza non è oggettivamente nemmeno piacevole.
Fatto sta: ho conosciuto Chakuza e l’attimo dopo ero perso. Non saprei nemmeno dire perché – deve avere a che fare con la sua voce, comunque, mi muove cose dentro – ma è stato così. Bushido ci presenta – “Peter, questo è Patrick, Patrick, questo è Peter” – e l’attimo dopo io sono lì seduto sul divano accanto a Bushido che guardo il Chaky seduto in poltrona che mi parla del gatto della sua vicina gesticolando come un tredicenne, e penso ai millemila modi in cui vorrei sentirmi addosso quelle mani. La follia.
Sul momento sono rimasto zitto, naturalmente. Bushido stava là compiaciutissimo a dire a tutti che ero il suo ragazzo ed era la prima volta che lo faceva – nel senso, era ovvio che il rapporto che avevamo in quel momento era profondamente diverso rispetto a quello che avevamo quando eravamo ragazzini, era una cosa più seria e peraltro l’idea mi piaceva pure – non potevo rovinare tutto a così pochi giorni dal momento in cui ci eravamo ritrovati. Però Chakuza continuava a girarci intorno e soprattutto continuava a girarmi per la testa, non c’era verso di tenerlo fuori, così a un certo punto basta, preso da palese follia, sono andato fino alla Beatlefield – potete crederci? Ho preso e sono andato fino alla Beatlefield! – urlandogli cose assurde tipo che non doveva permettersi di incontrarmi, parlarmi o anche solo pensarmi – e, voglio dire, tu non puoi dire queste cose a un uomo, soprattutto se sei andato tu a cercarlo praticamente in casa propria – e che, insomma, mi piaceva e fanculo al resto. Trenta secondi dopo la sfuriata lui mi stava ancora guardando con gli occhi sgranati, chiedendosi cosa farsene di me. Due minuti dopo, l’aveva capito e mi aveva schienato sulla scrivania.
È quindi cominciato per me uno sfiancante periodo di tempo in cui nella mia vita non ho combinato niente perché ero troppo impegnato a saltare con estrema disinvoltura dal letto del mio uomo al letto del mio amante. Praticamente per giorni interi ho vissuto in un universo parallelo in cui non facevo in tempo ad uscire dal post-orgasmo di una scopata che subito mi ritrovavo immerso nella scopata successiva. Una specie di paradiso in terra, ok, ma presentava controindicazioni non trascurabili. Tipo il senso di colpa, per dire.
La realtà dei fatti è che in fondo io nonostante tutto sono un bravo ragazzo, mi seccava un po’ questo balletto da un letto all’altro. Non si fanno queste robe. Peraltro io voglio bene ad Anis, e con Chakuza… boh, Chakuza in realtà è un mistero, suppongo che ci sia qualcosa di piuttosto animalesco fra di noi, nel senso che impazzisco dietro al suo odore ed al suono della sua voce, quindi per forza dev’essere un istinto più che un sentimento, però voglio del bene anche a lui. Lui ne vuole a me, oltretutto, ed Anis mi ha sempre tenuto caro con pazienza per più di dieci anni, quindi ad un certo punto ho cominciato a sentirmi come se li stessi tradendo entrambi, e la cosa non era per niente piacevole.
Così ho preso in mano la situazione.
Per prima cosa, sono andato da Bushido. Dovevo innanzitutto informarlo della mia relazione con Chakuza. Poi gli avrei anche detto che non intendevo rinunciare a lui in nessun modo e avremmo trovato un modo per convivere col mio essere intimamente troia – cosa insospettabile, ma resa ormai evidente dalla gioia con la quale saltellavo da un uomo all’atro – senza che nessuno sentisse il bisogno di staccare la testa a qualcun altro in un impeto di gelosia.
Devo dire due cose: primo, probabilmente sopravvalutavo l’amore cieco di Anis nei miei confronti, perché non credo abbia mai avuto voglia di staccare la testa al Chaky perché mi si era portato a letto; secondo, è palese che il motivo per cui io e Bushido si va tanto d’accordo è che né io né lui, quando si parla di ciò che ci tiriamo nel letto, pensiamo veramente né a ciò che stiamo facendo né alle possibili conseguenze.
Insomma, gliel’ho detto mentre mangiavamo un panino. Per quel giorno lui aveva già abbondantemente buttato fuori di casa D-Bo e Kay One per tirarci dentro me, così da potermi scopare su ogni superficie liscia disponibile ed anche su una buona quantità di superfici ruvide, perciò eravamo solissimi di fronte alla televisione spenta e la mia voce è risuonata nella stanza come, tipo, la voce divina che detta a Mosè i Dieci Comandamenti. “Sono stato a letto con Chakuza”, così, seccamente. D’altronde, anche ad indorare la pillola, suppongo il concetto in sé non fosse granché migliorabile.
Lui s’è voltato a guardarmi, gli occhi fissi nei miei e spenti come la capocchia di uno spillo. “Quando? Dove? Come?” mi ha chiesto a bassa voce. Ho riflettuto sulle varie possibili risposte che avrei potuto dargli e poi ho sospirato. “Non vuoi saperlo”, ho risposto, “Comunque non voglio lasciarti. Cioè, ovviamente se tu non vuoi lasciare me. Però Chakuza… non lo so, non voglio lasciare neanche lui”. Bushido ha annuito lentamente e su di noi, per molti minuti, è sceso il silenzio.
Ho parlato ancora solo quando ho capito che lui non l’avrebbe mai fatto.
“Senti, Anis…” ho mormorato con imbarazzo palese, giocando con le mie stesse dita e mordicchiandomi un labbro, “Non è che… secondo te si potrebbe provare in tre?”
Dicevo prima che io e Bushido non è che si pensi davvero, quando si tratta di scopare. Perciò non deve veramente stupirvi che abbia annuito anche in quel caso, senza scomporsi più di tanto. “Ci metterò un po’ di tempo ad abituarmi” mi ha risposto candidamente, “ma sì, penso che si possa provare. Il Chaky è un bravo ragazzo”. Non cercate di capire come sia possibile che lui abbia continuato a pensare di quello che si sbatteva il suo uomo che fosse “un bravo ragazzo”. Si parla della testa di Anis – uno che la normalità nemmeno la conosce.
Da lì in poi, il nostro problema principale è stato cercare un modo per dirlo, appunto, al Chaky. Non sapevamo se anche lui fosse un uomo che non pensava, in campo sessuale. Voglio dire, ci aveva messo due minuti a ribaltarmi sulla scrivania del proprio ufficio, ma poteva essere stato un momento di pazzia istantanea poi ripetuto perché si era preso una sbandata per me o che so io. Non puoi andare a proporre giochini erotici a tre alla gente così a cuor leggero, così io e Bushido abbiamo cercato di progettarla per bene, nel dettaglio. Ed abbiamo organizzato una cena.
Bushido ha ovviamente mandato me a chiederlo al Chaky, per cui la scena si è svolta più o meno in questi termini: mi sono presentato a casa di Chakuza sorridendo felice, mi sono fatto schienare e mentre lui si perdeva fra una spinta e l’altra l’ho invitato a cena da noi. Lui ha ovviamente detto “sì” ma non sono proprio sicuro si riferisse alla cena, tant’è che, quando ha ripreso conoscenza e consapevolezza di se stesso e del mondo circostante, mi ha chiesto “che cazzo intendevi con venire a cena da te e Bushido?”. Gli ho spiegato brevemente che avevamo bisogno di discutere con lui un certo progetto, e quando ho visto le sue sopracciglia inarcarsi tanto che pensavo sarebbero fuggite dalla sua faccia proiettandosi nell’infinito, mi sono fatto schienare di nuovo, risolvendo il problema alla radice.
Il giorno dopo, a cena, l’imbarazzo di Chakuza era palese. Non provava nessun risentimento o vergogna a scoparmi in ogni posizione umanamente immaginabile ed in ogni luogo si prestasse allo scopo, però sedere di fronte ad una triglia al forno allo stesso tavolo con l’uomo che si scopava e il di lui compagno ufficiale, per qualche motivo, lo turbava parecchio. Quindi continuava a fare disastri tipo strozzarsi con le lische e sbattere la mano contro il bicchiere mentre si allungava a prendere il vino, la qual cosa stava cominciando a farsi urtante. Voglio dire, quando cerchi di convincere il tuo uomo della possibilità di trascinarsi un terzo elemento nel letto, gradiresti che il suddetto terzo elemento non approfittasse di ogni occasione favorevole per rendersi ridicolo. Ma Chakuza non stava facendo altro ed io cominciavo ad avere paura che a un certo punto Anis si sarebbe voltato a guardarmi e mi avrebbe detto “ma non esiste”.
È stato per questo motivo che ho deciso – di nuovo – di prendere in mano la situazione e darmi da fare. D’altronde, prendevo già in mano loro stessi abbastanza spesso da non aver paura di quali potessero essere le conseguenze delle mie parole. E insomma, l’ho detto e basta. “Così, Chaky, siccome sei un bel tipo e comunque mi piace molto venire a letto con te e però fare le cose di nascosto mi fa sentire poco pulito, ho parlato con Anis della nostra situazione ed abbiamo deciso che sì, in fondo potremmo provarci in tre, volendo.”
La risposta di Chakuza non è stata esattamente positiva. Intendo, uno che si alza lasciando a metà la propria triglia nel piatto e comincia letteralmente a correre verso la porta, in genere, non ti sta dando una risposta positiva. Io e Bushido l’abbiamo osservato spalancare il portone della Villa Gialla e catapultarsi sul selciato per poi sparire nella notte, e siamo rimasti lì a guardarci chiedendoci dove avessimo sbagliato, almeno fino a quando Chakuza, una mezz’ora dopo, è tornato.
“Ok”, ha detto, tornando a sedersi di fronte alla propria triglia ormai fredda, “dov’è la fregatura?”
“Fregatura?” ho chiesto io, con aria sinceramente curiosa. Chakuza ha annuito compitamente.
“Bushido che mi permette di metterti le mani addosso in un letto sul quale è disteso anche lui? Deve esserci una fregatura. Per forza”, ha spiegato con competenza. Io ho guardato Anis e lui ha scosso il capo, scrollando le spalle come a dirmi “no, guarda, non ho la più pallida idea di cosa gli giri per la testa, mi dispiace”.
Sono tornato a guardare Chaky.
“Non c’è nessuna fregatura, Peter”, gli ho risposto, cercando di fargli capire quanto fossi serio sul punto, “E poi piaci anche a lui.”
“Oh, andiamo…!” ha borbottato lui, incredulo.
“Ehi, guarda che è vero!” si è lamentato Bushido, sentendosi evidentemente preso poco sul serio.
Chakuza l’ha guardato ed ha preso atto della situazione, valutandone i pro e i contro. Ho osservato gli ingranaggi muoversi nel fondo dei suoi occhi verdissimi, e poi lui ha parlato ancora.
“Non dovrò fare niente che non vorrò?” ha chiesto con una certa preoccupazione.
Io e Bushido abbiamo scosso contemporaneamente il capo. Nessuno voleva obbligarlo a dare il culo – non sul momento, almeno – a me bastava potermeli tenere entrambi nel letto di modo da non dover fare la fatica di cambiare casa quando ne volevo uno piuttosto che un altro. Intimamente troia, d’altronde, l’ho detto.
“E non dovrò, tipo… darvi la mia anima o firmare un contratto col sangue o che so io, giusto?”
“Ma ovvio che no!” ho quasi urlato io, sconvolto da tanta idiozia.
“Piantala di fare il coglione, Chakuza” ha rincarato la dose Bushido.
E Chakuza ha smesso, appunto. Il resto di quella sera, se lo ricordo bene – e lo ricordo bene – mi è passato addosso sotto forma delle mani di Chakuza e delle labbra di Bushido. Non ricordo serate più piacevoli di quella, né prima né dopo, a tutt’oggi.
Chakuza s’è trasferito alla Villa Gialla pochissimi giorni dopo, sotto domanda insistente di Bushido, perché io mi ostinavo a piantargli le mani sul petto e mandarlo a sbattere contro la parete di fronte ogni santa volta che provava a mettermi le mani addosso in assenza dell’austriaco. Il concetto, per me, è semplicissimo: se ho deciso di parlare, l’ho fatto perché li voglio entrambi e voglio essere sincero con entrambi. Non posso scopare con uno quando l’altro non c’è, è ingiusto e poco onesto. Perciò, in questa casa, senza Chakuza non si scopa.
Quindi Chakuza s’è trasferito e da quel momento conviviamo. Tutti e tre. Nella Villa Gialla. Ed io pensavo sarebbe stato un disastro completo, perché tre maschi in una casa sono decisamente troppi per poter vivere felicemente, per quanto uno dei tre – nella fattispecie, io – possa prodigarsi per rendere tutti felici, contenti e sessualmente soddisfatti.
La verità è che sì, per la maggior parte del tempo questa convivenza è un disastro, perché tre maschi sono davvero troppi. Ma ci sono dei momenti meravigliosi in cui tutto questo non mi pesa e io mi rendo conto di essere un fottuto genio, perché palesemente ho reso la mia vita bellissima e l’ho fatto senza nemmeno impegnarmi. Sono cose.
Per dire, Chakuza cucina, no? Lo fa spessissimo perché è bravo e sa di esserlo e gli piace sentirsi ammirato ed apprezzato per qualcosa che sa fare bene. È molto vanitoso e avido di complimenti, e siccome non ha molti motivi per sentirsi dire “bello, bravo, ancora!”, cerca di prenderne il più possibile nei rari momenti in cui può – quando scopa, quando canta e quando, appunto, cucina.
Niente, io e Bushido, quando Chakuza cucina, impazziamo letteralmente. Sarà che è davvero bravo, sarà che mette su quell’aria a metà fra il paterno e il competente ed io e Anis un padre non l’abbiamo mai avuto, quindi ci piace, ogni tanto, fingere che Chakuza lo sia. Comunque sia, diamo di matto e ci trasformiamo in due dodicenni, ugualmente insopportabili e ugualmente idioti. Ci mettiamo a girare per la cucina toccando tutto, gli rubiamo i pezzi di cibo dalle terrine e gli gironzoliamo attorno come avvoltoi con l’espressione facciale di due cuccioli coccolosi, e non ci rassegniamo fino a quando lui non sospira e dice “d’accordo”, imboccandoci con qualche assaggio preso direttamente dalle pentole col cucchiaio di legno, mentre ancora il cibo si cucina.
Oppure ci sono queste notti meravigliose in cui ci prende benissimo – ma veramente benissimo – e tutto funziona nel verso giusto e ci incastriamo che è una meraviglia e, quando crolliamo esausti sul materasso, lo facciamo annodati come siamo stati fino a quel momento perché stavamo scopando, solo che non scopiamo più, quindi ci limitiamo a tenerci strettissimi l’un l’altro e io posso misurare il ritmo del mio respiro paragonandolo ai loro, e un attimo prima di addormentarci – ancora stretti come prima – mi rendo conto che stiamo respirando con la stessa identica velocità. E quando mi sveglio l’indomani mattina mi accorgo che durante la notte ci siamo spostati e Chakuza è finito tipo tutto rovesciato addosso a Bushido, che se l’è stretto contro, e non lo so, li guardo e mi si riempie il cuore, perché c’abbiamo una cosa stupenda e io non potrei mai rinunciare neanche ad un istante di tutto questo.

*

E poi naturalmente c’è il sesso. Cristo, il sesso. È evidente che il buon Dio ci ha creati per incastrarci a tre a tre. La perfezione della coppia è un falso storico, una menzogna della Chiesa, ‘cazzo ne so, non tornerei ad un rapporto a due neanche per tutto l’oro del mondo. Lo penso con convinzione adesso, in questa camera d’albergo, anche se sono stanco e sono quasi le tre del mattino e ce l’ho coi due coglioni perché sono due coglioni e non c’era bisogno che si mettessero in macchina e macinassero tre ore e mezza di autostrada per venire fino a qui dalla fottuta Svizzera, però, cazzo, sono felice che ci siano.
Bushido scivola in mezzo alle mie gambe, baciandomi lentamente, ed io guardo altrove, teso come una corda di violino perché sono ancora scazzato per le loro prese in giro di prima. Chakuza si sistema alle mie spalle e mi aiuta a distendermi sul suo petto, accarezzandomi il collo e la schiena.
- Dai, Pat… - ride Anis, - Dio, perché devi essere sempre un blocco di ghiaccio?
- Perché così poi è più bello quando si scioglie. – mi sussurra Chakuza all’orecchio, trattenendo il lobo fra le labbra e mordicchiandolo appena. Io lascio andare un mugolio involontario.
- Stronzo… - borbotto socchiudendo gli occhi, - Stronzi tutti e due.
- Questo l’hai già detto. – mi fa notare Bushido, stringendo la mia erezione fra le dita ed accarezzandomi piano. – Chaky, scioglilo un po’, altrimenti qua mi sa che crolliamo addormentati prima che il miracolo abbia luogo.
Poi si lamentano perché, ogni volta che mi mettono le mani addosso o provano a farmi delle coccole varie ed eventuali, divento un pezzo di legno. Dico, vedete come mi trattano? Molestato e preso in giro. Questa non è la vita che sognavo.
Chakuza, nel mentre, infila un dito in mezzo al bacio che io e Anis ci stiamo scambiando, ed io sento il suo sapore sulla lingua e lo inseguo subito. Anis ridacchia, tirandosi indietro senza neanche una traccia di delusione o risentimento nei gesti né nella voce, e rimane ad osservarmi quasi compiaciuto mentre lascio scivolare in bocca un secondo dito e mi perdo a giocare con le falangi, mordicchiandole appena.
Mi sento addosso entrambi i loro sguardi e per un attimo penso che non ho spento la luce. Ma chissenefrega, a un certo punto, le dita di Chakuza scivolano fuori dalle mie labbra e scorrono per tutta la lunghezza della mia schiena fino ad insinuarsi fra le mie natiche, stuzzicandomi lievemente e forzando con pazienza il mio corpo, prima un dito, poi l’altro, e nel mentre Bushido sta scendendo in una scia di baci lungo il mio petto e il mio stomaco, si ferma a giocare col mio ombelico e poi scende ancora, prendendomi in bocca quasi per intero e costringendomi a gettare indietro il capo gemendo ad alta voce sulla risatina divertita di Chakuza, che si china a mordermi sul collo, baciando dolcemente la traccia lasciata dai suoi denti quando si scosta.
- Bu… - chiamo piano, mentre le dita di Chakuza guadagnano spazio, allargandosi dentro di me, - Cha… cazzo. – mi agito contro di loro, strusciandomi ovunque sia possibile e cercando di spingermi più a fondo nella bocca di Anis, ma lui si tira indietro e sorride, lanciando un’occhiata allusiva a Chakuza.
- Pronto? – chiede a lui, anche se dovrebbe chiederlo a me, ma va bene lo stesso, anche perché io non potrei rispondere e comunque Chakuza mi conosce abbastanza da farlo al mio posto.
- Pronto. – annuisce infatti, sfilando le dita, - Quando vuoi.
Socchiudo gli occhi e lancio a Bushido un’occhiata che lo immobilizza sul posto, inumidendomi lentamente le labbra. Li nota anche Chakuza, i miei occhi, e si tende tutto contro la mia schiena, mormorando un “cazzo, Fler” che la dice lunga su quello che vorrebbe farmi. Dio, se non è meraviglioso tenerli sulla corda con così poco.
- Quando voglio io. – preciso a bassa voce. E, come al solito, prendo in mano la situazione, lasciandomi scivolare più comodamente sul cuscino e sfiorando con le labbra l’erezione di Chakuza – adesso inginocchiato al mio fianco – mentre Bushido si sistema meglio fra le mie cosce. – Adesso.
Anis non se lo fa ripetere due volte ed il momento in cui il suo cazzo entra nel mio corpo coincide esattamente col momento in cui il cazzo di Chakuza entra nella mia bocca. Ed io posso averli entrambi nello stesso momento, posso sentirli spingere contemporaneamente dentro di me e posso sentire le loro voci – i loro ansiti, i loro gemiti – intrecciarsi e fondersi con la mia – i miei – e non ho bisogno d’altro. Sono perfettamente completo così. Forse è ingiusto che a me servano due persone per sentirmi nel modo in cui si sente la gente in genere quando ne ha anche una sola, ma non è un mio problema. Così sono io. Così siamo noi. Provate a darci torto.
Quando una mano scende ad accarezzarmi fra le gambe, aiutandomi a venire appena prima di Anis, appena dopo di Peter, non so neanche a chi appartenga. Potrebbe essere perfino mia. È la parte davvero meravigliosa di questo rapporto: essere in tre non è davvero fastidioso, perché nei momenti che contano – e no, non sto parlando solo del sesso, stavolta – sappiamo essere esattamente come una persona sola.
Mi lascio andare stremato contro il materasso, raggomitolandomi su un fianco mentre Bushido si sistema al mio fianco e Chakuza si stende in orizzontale sui cuscini, le gambe dalla parte di Anis, la testa dalla mia. Lo osservo prendere Anis a calci su una spalla per guadagnarsi un po’ di spazio e sorrido, anche se sto crollando di sonno e so che domattina Silla e Reason verranno a svegliarmi e sembreranno molto più riposati di me, nonostante il dopo sbornia. Questo, sempre ammesso non fuggano inorriditi quando ci vedranno qui tutti annodati nel letto.
- Sì, però – mugola Chakuza, allungando un braccio a circondarmi le spalle, - adesso ti riposi mezz’ora e poi tocca a me, giusto?
Mi volto a guardarlo e spalanco gli occhi, mentre Bushido, al mio fianco, ride di gusto.
- Ma non esiste proprio! – quasi urlo, - Chakuza, sono stanco!
- Ma anch’io! – mi fa notare, - Sono venuto fin qui dalla Svizzera!
- È vero. – conferma Anis, chinandosi a recuperare dal comodino un depliant promozionale dell’albergo e sfogliandolo distrattamente, - Mi ha costretto ad andare con lui prima del concerto, così ci saremmo potuti muovere più in fretta.
- Ho capito, - boccheggio io, - ma non mi interessa! Sei venuto, sii in pace col mondo!
- Ma io voglio scoparti! – esplicita lui, oltraggiato, - Ho fatto i chilometri! Mi spetta!
Questi sono i momenti in cui mi piacerebbe tantissimo tornare a risvegliarmi e ritrovarmi solo, come nella vita di sempre. Poi Anis si alza in piedi, raggiunge il mobile, recupera i cioccolatini, torna a letto e ne dà uno a me ed uno a Chakuza.
- Tacete un po’. – ci rimprovera, tornando a sfogliare il depliant, - La gente normale a quest’ora dorme.
Mando giù il cioccolatino e penso distrattamente che della gente normale non mi frega un accidenti. E poi ricomincio a litigare col Chaky.
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