Fandom: Originali
Genere: Triste/Violento/Introspettivo
Rating: PG13
- Una delle mille sfaccettature dell'amore, quando, improvvisamente, diventa violento...
AVVERTIMENTI: Het, Lemon, Violence.
Commento dell'autrice: Di questa fic sono così orgogliosa che mi luccicano gli occhi quando la leggo ^_^ Volevo scrivere qualcosa sulla dipendenza dall’amore… fondamentalmente immagino il protagonista di questa storia come una persona molto curiosa, circondata da persone ma desiderosa di più. Invece lei è così sola… lei gli si aggrappa, ma non si accorge che in lui sta maturando qualcosa di pericoloso. Il dramma è che nemmeno lui ne ha piena coscienza. L’amore può essere un sentimento molto violento.
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Per Noia


Mi hai chiesto di non aspettarmi niente, da te. E adesso? Che dovrei fare, adesso?

Si rigirò nel letto, facendosi strada fra le coperte e cercando col braccio un corpo che non trovò. Emerse da quella profumata nuvola bianca e chiamò.
Nessuna risposta. Ci riprovò, stavolta più forte. Sentì mugolare da un posto che non riuscì ad identificare, probabilmente dalle parti della cucina, dall’altro lato dell’appartamento. Pochi secondi dopo, lei entrò nella stanza, facendo ballare tra una mano e l’altra un’intera scatola di merendine, una delle quali penzolava già dalla sua bocca.
Smise di pensare a quanto fosse carina in quel momento, con quella maglietta azzurra che chissà quando s’era infilata – ne approfittò per guardarsi, era nudo – e si mise seduto.
- Non dovresti mangiarle tutte! Ingrasserai…
Lei tirò fuori la lingua.
- Erano anche per te, ingrato! Ma adesso che mi hai detto questo le mangio tutte!
- Avanti, non mi dirai che ti sei offesa!
Lei lo guardò stranamente.
- Invece si!
Concluse voltandosi verso il balcone aperto che lasciava campo libero a tutto il gelo invernale. Poi si girò nuovamente verso di lui.
- Bè? Che c’è?
Lui la guardò incuriosito.
- Mi hai chiamata, poco fa. Devi chiedermi qualcosa?
Avrebbe voluto chiederle un sacco di cose. Molte le aveva già chieste. Ad esempio, la più importante. Cosa sono io per te? Gliel’aveva chiesto dopo aver fatto l’amore con lei una delle prime volte. Lei aveva risposto, impietosa.
“Sei quello dal quale vado quando ho avuto una giornata davvero schifosa…”
Comunque, decise di riprovarci.
- Mi stavo solo chiedendo dove fossi, quando mi sono svegliato non ti ho trovata…
Lei gli lanciò uno sguardo annoiato.
- E che c’è di strano? Non capita spesso che mi trovi accanto…
Si, però era successo una volta, ed era bastata perché lui cominciasse a rimpiangere tutte le volte che, invece, non era accaduto.
- Mah, non puoi fare la mia fidanzata solo a letto!
La ragazza ingoiò l’ultimo boccone al cioccolato e ne aprì rumorosamente un altro.
- La tua cosa?
Lui sorrise, appoggiandosi sui gomiti.
- Vorrei che tua madre ti vedesse adesso…
Lei smise di mangiare e lo guardò, fredda come il ghiaccio.
- Vorresti vedermi morta?
Si stupì che la prima parola che gli venisse in mente fosse si. Senza neanche starci a pensare.
- Non ho detto questo.
Lei intuì ì suoi pensieri e tacque.
- Basta, mi sono stufata.
Disse alzandosi dal letto ed abbandonando le merendine.
- Vado a lavarmi.
Rimase a guardarla allontanarsi. Come sempre. Come rimaneva ad aspettarla la sera a letto. Le aveva perfino dato le chiavi, tanto sarebbe stato inutile chiamarsi ogni giorno per stabilire l’orario. Si faceva viva quando ne aveva voglia, se ne andava quando non voleva più.
Ripensò al primo incontro, in discoteca. Lui camminava col suo solito gruppo di amici e ad un certo punto l’aveva vista agitarsi come una pazza a ritmo d musica al centro della pista, circondata da uomini, i biondi e lunghi capelli ondeggianti sulla schiena nuda.
Uno dei suoi amici gli aveva dato una gomitata. “Con quella non ti conviene, fidati di me.” Ed invece li aveva salutati lì e si era avvicinato, ed alla fine della serata l’aveva portata a casa sua. Come voleva. Doveva essere solo sesso, sesso occasionale. Non avrebbero neanche dovuto rivedersi.
Sennonché, il giorno dopo lei si era presentata al bar dove lavorava, in compagnia di una donna che poi avrebbe scoperto essere sua madre. Era irriconoscibile, con quel tailleur gessato nero ed i capelli raccolti in un’elegante coda di cavallo. La madre, una donna austera dai capelli biondi chiaramente tinti, non le somigliava per nulla, solo l’abbigliamento era simile.
Si era stupito ancora di più nel sentirla parlare, nel sentirla richiedere compostamente una torta alla ricotta con le mani incrociate, gli occhi semichiusi ed un sorriso così educato da far impressione. Un’altra ragazza, rispetto a quella che era entrata nel suo appartamento appena la sera prima. Ma sapeva che era lei, ed aveva trovato la sua conferma nell’occhiolino che lei gli aveva lanciato uscendo.
Quella stessa notte, mentre lui dormiva beatamente, lei aveva scassinato la serratura, era entrata in casa sua e si era gettata sul suo letto con tanta forza da svegliarlo. Ovviamente terrorizzandolo. Aveva aperto gli occhi ed aveva urlato, ma lei si era fatta trovare con un sorrisetto malizioso sul volto che gli aveva tirato via tutto il fiato.
Avevano parlato un po’, quella sera. “Come mai questa doppia vita? Di mattina tranquilla con mammina e di sera sfacciata come una lolita…” “Lolita? Guarda che ho vent’anni!!!” “Si, ma l’effetto del tuo viso è quello. Allora? Come mai?” Lei aveva sorriso. “Perché è divertente.” “Ma ti spaventi di dirlo a tua madre?” Stavolta era scoppiata a ridere. “Scherzi? Il divertimento è proprio che lei non lo sa!”.
E così si era rassegnato ad essere utilizzato da lei quando si sentiva svilita o insoddisfatta della sua vita reale. In un primo momento si era fatto forza convincendosi di essere il suo eroe, colui che la strappava dalla monotonia della sua quotidianità. Ma da un po’ di tempo stava cominciando a farsi strada nella sua mente il convincimento di essere solo un giocattolo, un oggetto. E questo non gli bastava più.

Che testa di cazzo sono… andarmi ad innamorare di proprio di una così…

La vide rientrare nella stanza ancora in maglietta e mutandine, un’espressione incredibilmente annoiata sul volto.
- Bè?
La guardò stupito.
- Non sei andata in bagno?
- Sono arrivata proprio davanti alla porta, ma poi ho pensato che avevo voglia di stare ancora un po’ a letto… per cui sono tornata…
- Quanti capricci oggi…
Si distese sul letto al suo fianco, senza cambiare espressione, gettando lontano le coperte.
- Senti…
Le chiese dopo un po’ e dopo essersi armato di una buona dose di coraggio.
- Perché continui a venire qui?
Lei continuò a fissare il soffitto imperturbabile, incrociando le braccia sopra la testa e sporgendo il petto in fuori.
- Perché sei sempre meglio che stare a casa. Tutto è meglio di questo.
Non seppe spiegarsi cosa sentì in quel momento. Probabilmente un’improvvisa e momentanea instabilità mentale, una serie di minuti di pura follia. Chissà. La prese con forza, le strappò di dosso tutto. Neanche si fermò a guardarla; la morse ovunque, labbra, seni, braccia, gambe, ventre, tanto forte da farle perdere sangue. Se la caricò addosso, fulmineo, la trascinò in giro per la stanza. Sbatterono ovunque, rotolandosi e graffiandosi, perdendo ogni senso dell’orientamento e dell’equilibrio, comodino, scrivania, armadio, pavimento… la penetrò senza tanti complimenti sulle fredde mattonelle in marmo misto, ancora mordendola sul collo, graffiandole la schiena, tirandole i capelli, godendo delle sue urla e sommandovi le proprie. A lungo.
Dopo essersi completamente svuotato, rimase ansimante, col peso di tutto il suo corpo su di lei. E dopo essersi passato distrattamente una mano sugli occhi, fu come tornare a vedere il mondo con chiarezza.
Si alzò sulle braccia, osservando lo scempio sulla sua pelle chiara, il livido che cominciava già ad intravedersi sulla spalla sinistra, il rivolo di sangue che le colava giù dal labbro inferiore…
Lei aprì gli occhi.
- S-Scusami… io… non so cosa mi sia preso… non avevo intenzione di… di…
Lo zittì con un sorriso furbo dei suoi, leccando via l’alone vermiglio.
- Mi è piaciuto da morire.
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