Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: fem!Karkat Vantas/Gamzee Makara.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Het, Lemon, AU, Switchgender.
- "Non sarà mai sufficiente. Sarà molte cose, sarà stupido e imbarazzante e ridicolo, e bello, probabilmente bellissimo, un bellissimo ricordo. E forse sarà doloroso, sicuramente sarà piacevole, soprattutto sarà tremendamente ingiusto, ma non sarà mai sufficiente."
Note: L'idea di scrivere questa storia nasce tipo trecento anni fa a causa del tumblr dell'autrice di 4Chords, un'AU comic molto famoso nel fandom di Homestuck ambientato nel mondo reale (al quale l'ambientazione di questa fic deve parecchio, a cominciare da chitarrista!Gamzee). E insomma, sul suo tumblr l'autrice rispondeva ad un po' di domande, ed una di queste domande era, in un ipotetico casting di Homestuck, chi sceglierebbe per dare il volto a Karkat, e lei rispose che avrebbe scelto Vanessa Hudgens. Ecco, io possiedo questo enorme e vergognoso soft spot per la Hudgens, e, insomma, couldn't be unseen. Da qui, il mio desiderio di maneggiare fem!Karkat. Ergo, la fic.
Scritta per 500themes_ita col prompt #44 (Ti desidero), per la wTunes Desires @ diecielode col prompt #09 (Your innocence is mine) e per sconfiggere il malefico Kutz per il dodicesimo round della Zodiaco!Challenge @ fiumidiparole.
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ONLY IF FOR A NIGHT

L’appartamento non lo immaginava così, ma non saprebbe dire se si senta davvero delusa o chissà che. Sentirsi delusa presupporrebbe che in qualche modo lei avesse sperato di poter mai entrare in casa sua, che avesse passato ore, o anche solo qualche minuto, ad immaginare come sarebbe stato oltrepassare quella porta, immergersi nell’oscurità dell’ingresso prima che lui accendesse la luce, o qualcosa del genere. Quando invece, naturalmente, non ha mai sprecato neanche un istante della propria esistenza per fantasticare su una cosa simile.
– Fai come se fossi a casa tua. – la invita Gamzee con lo stesso sorriso con cui le si è avvicinato un’ora fa, che poi era lo stesso sorriso che ha avuto stampato in faccia per tutto il tempo in cui, seduto sul suo sgabello sul palco, dietro al microfono e alla propria chitarra, ha suonato per tutta la gente venuta da ogni parte della città per ascoltarlo. Non è certo una celebrità – Karkat è abbastanza sicura che a Gamzee non interessi diventarlo, o ci sarebbe già riuscito – ma in città, sotto una certa età, lo conoscono tutti.
Il locale era pieno anche stasera. Karkat odia andare a sentirlo suonare nei locali. Odia dover pagare per vederlo, odia soprattutto il fatto che, la prima volta che l’ha visto, non è stata in un locale, ma in metropolitana. Tre anni fa, quando erano entrambi due ragazzini – ancora più di quanto non lo siano adesso, pur considerando la differenza d’età che, a confronto, rende Karkat quasi una bambina rispetto a lui – quando ancora nessuno conosceva il nome di quel tipo assurdo coi pantaloni a pois e il trucco da clown che aveva l’abitudine di attraversare l’intera città più volte al giorno spostandosi con la propria chitarra da un treno della metropolitana all’altro, senza smettere mai di suonare.
Gamzee raramente prende ancora la metropolitana, adesso. Suona quasi esclusivamente nei locali, per cui seguirlo lì ormai è diventata una scelta obbligata, se lo si vuole ancora ascoltare. E Karkat vuole ancora, anche se per tutti quegli anni, prima di stasera, Gamzee non l’ha mai salutata, non ha mai chiesto il suo nome, non l’ha nemmeno mai notata in mezzo alla folla.
– Fai come se fossi a casa tua. – le dice Gamzee, ma non c’è niente di familiare nel corridoio che Karkat attraversa – gli occhi bassi, fissi sulla moquette rovinata che copre il pavimento – senza neanche sapere dove sta andando. Si sente a disagio, anche particolarmente stupida, e non ha la minima idea del perché si trovi qui. O meglio, ce l’ha, ma non sa se lo vuole davvero. Praticamente la stessa cosa.
– Sete? – domanda Gamzee, apparendo sulla soglia con una bottiglia di birra per mano. Karkat solleva lo sguardo su di lui, deglutendo pesantemente, e scuote il capo. Forse un po’ d’alcool le farebbe bene, le darebbe una mano a sciogliersi, se non altro, ma niente, la gola e la bocca dello stomaco sembra che le si siano chiuse ermeticamente. A fatica riesce a mandare giù la saliva, figurarsi qualcos’altro.
Gamzee sorride e porta comunque entrambe le bottiglie di birra con sé quando raggiunge il divano, sedendosi al suo fianco. Beve silenziosamente per un paio di minuti, e per tutto il tempo Karkat tiene gli occhi fissi sul pavimento, torcendosi le mani in grembo mentre sente risuonare la propria stessa voce all’interno della testa in un urlo continuato di insulti misti a imprecazioni misti a consigli sicuramente utili – tipo “alzati e vattene” o “almeno di’ qualcosa” – che naturalmente non sarà in grado di seguire.
– Mi ricordo di te. – dice Gamzee all'improvviso, e Karkat si volta a guardarlo con un sussulto spaventato. Si era quasi abituata al silenzio, al punto che si aspettava che nessuno dei due parlasse più, che semplicemente la serata scorresse via così senza che nulla accadesse fino al momento in cui Gamzee si sarebbe alzato per dirle di sparire.
– Davvero? – gli domanda, fissandolo con terrorizzata curiosità. Ha quasi finito la prima bottiglia di birra, e già lancia occhiate concupiscenti alla seconda poggiata sul tavolino basso di fronte al divano.
– A–ha. – annuisce Gamzee, le labbra piegate in un sorriso evanescente che, se Karkat non fosse completamente cotta di lui, non esiterebbe a definire idiota, e che invece i suoi occhi recepiscono come misterioso e affascinante. – Piccola stalker. – aggiunge poi, il sorriso che si trasforma in un ghigno compiaciuto mentre Karkat arrossisce violentemente, stringendosi nelle spalle.
– Non sono una stalker. – risponde di getto, distogliendo lo sguardo.
Il sorriso di Gamzee si allarga e si addolcisce, mentre le scivola più vicino sul divano.
– Però mi segui ovunque. – dice, – Ti ho notata. Ormai ti cerco con lo sguardo dovunque vado, e quando non ti vedo mi preoccupo. – aggiunge con una risatina.
Karkat si volta a guardarlo ancora, le sopracciglia aggrottate, stavolta, ed un broncio offeso che aleggia sulle labbra.
– Se mi hai sempre notata, perché hai aspettato tutto questo tempo, prima di avvicinarmi? – domanda con risentimento palese nella voce, le mani strette a pugno sulle ginocchia. La urta ed allo stesso tempo la diverte che Gamzee sia esattamente come ha sempre ipotizzato durante i lunghi anni in cui non faceva altro che seguirlo ovunque, limitandosi a guardarlo da lontano. Gamzee sorride continuamente, e dà sempre l'impressione di divertirsi tantissimo, ma mai quella di essere davvero felice. E negli occhi ha quella luce scura tipica di tutti quelli che guardano gli altri esseri umani come giocattoli divertenti ma tutto sommato sacrificabili. Il modo in cui la guarda, anche adesso, è spaventoso. E tremendamente eccitante.
– Non lo so. – risponde Gamzee, scrollando le spalle, – Forse non ne ho mai avuto l'occasione, magari non mi è mai andato. Magari non mi interessavi.
La semplicità con cui dice qualcosa di simile ferisce Karkat solo superficialmente. Potenzialmente, ogni parola che Gamzee si lascia sfuggire è letale, ma è il modo in cui parla che smussa gli angoli di quelle frasi così taglienti. Parla come se le parole non avessero alcun peso, rendendole automaticamente più leggere anche se in teoria non dovrebbero esserlo affatto.
– E cosa è cambiato? – domanda quindi Karkat, sostenendo il suo sguardo con sfrontatezza.
Gamzee si accomoda meglio sul divano, sporgendosi impercettibilmente verso di lei. Parla più chiaramente col corpo che in qualsiasi altro modo. I suoi gesti parlano in silenzio, dicono esattamente ciò che Karkat vuole sentirsi dire.
– Non lo so. – ripete Gamzee, – Forse stanotte ero solo e curioso. Forse volevo solo portarti qui e metterti in imbarazzo. – ride.
– Non sono in imbarazzo. – ribatte Karkat, aggrottando le sopracciglia, e Gamzee le lancia un'occhiata ironica.
– No? Sei brava a fingere di esserlo, allora.
Karkat si morde l'interno di una guancia, stringendo forte i pugni. E' evidente che Gamzee si diverte. Ma lei non intende essere il suo giullare.
Si solleva in piedi lentamente, fermandosi poi davanti a lui, guardandolo dall'alto in basso.
– Vai già via? – le chiede Gamzee, inarcando un sopracciglio.
Per tutta risposta, lei dischiude le gambe, sedendosi a cavalcioni su di lui. Lo zittisce con un bacio, sentendo le sue dita risalire in tocchi leggeri lungo le cosce e poi fermarsi sui fianchi, che stringono con desiderio mentre il bacio si fa più profondo e aperto, e l'aria si riempie di suoni bagnati..
Quando si allontanano, Gamzee sta sorridendo, mordendosi il labbro inferiore. Karkat stringe la presa delle dita sulle sue spalle e si muove lentamente su di lui, in un invito silenzioso. Spera che sia abbastanza per convincerlo a prendere l'iniziativa, perché lei non sa più che fare.
E invece lui parla. Scivola lungo la curva del suo collo con le labbra umide e, un bacio e una carezza dopo l'altra, parla.
– Sei qui perché ti ho voluta. – le dice in un sussurro, le mani che si insinuano sotto la felpa pesante, e Karkat rabbrividisce, chiudendo gli occhi, rapita dal suono della sua voce. – Non so perché ti ho voluta stanotte e non tutte le altre notti. In realtà non mi interessa, e non dovrebbe interessare nemmeno te, perché adesso sei qui. Non è sufficiente?
E no, naturalmente non lo è. Naturalmente non lo è e non lo sarà mai, perché Karkat sa cosa c'è, dopo stanotte. Dopo stanotte c'è forse un'altra notte, ma più probabilmente non c'è nient'altro. C'è solo lei che torna a casa sua, e passato il momento, sbiadito il calore profondo che sentirà dopo quest'incontro, sarà di nuovo sola, e la vita riprenderà uguale a prima, e Gamzee sarà di nuovo il ragazzo lontano che ha conosciuto quando suonava per le strade, e che ora, anche se lei è sempre lì fra il pubblico, non solleva mai gli occhi per cercarla.
Non sarà mai sufficiente. Sarà molte cose, sarà stupido e imbarazzante e ridicolo, e bello, probabilmente bellissimo, un bellissimo ricordo. E forse sarà doloroso, sicuramente sarà piacevole, soprattutto sarà tremendamente ingiusto, ma non sarà mai sufficiente.
Ma Karkat non parla, Gamzee lo prende per un assenso e le sfila di dosso la felpa, le mani esperte che percorrono tutta la superficie del suo corpo saggiandone ogni curva, ogni spigolo. Karkat getta indietro il capo, esponendo il collo quando le labbra di Gamzee cominciano a scivolare lungo il basso, percorrendo la linea netta della clavicola e la curva dolce del seno.
Si limita ad un gemito un po' sorpreso quando le braccia di Gamzee la sollevano come fosse fatta d'aria, per poi adagiarla delicatamente sul divano. Schiude gli occhi e vede solo i contorni del suo corpo, le braccia magre, le gambe lunghissime, i fianchi dritti e ossuti, i capelli scarmigliati, una nuvola scura attorno alla sua testa, e poi sente il peso lievissimo del suo corpo sul proprio e schiude le gambe, accogliendolo più vicino a sé.
Gamzee si muove lento contro di lei, Karkat lo sente premere insistentemente contro le mutandine bagnate, unica barriera rimasta, ormai, fra il suo corpo nudo e il proprio, ed è lei la prima a poggiare le mani sulle sue, ancora premute contro il suo seno, per guidarle giù lungo i suoi fianchi. Gamzee la bacia ancora mentre aggancia l'orlo delle mutandine coi pollici e le tira giù, lasciandogliele scorrere con lentezza esasperante lungo le cosce e sorridendo compiaciuto quando lei si lascia sfuggire un sospiro lamentoso carico di impazienza e frustrazione.
Scivola dentro di lei lentamente, e Karkat si apre al suo passaggio, stringendo i denti per cercare di sopportare il fastidio. Non è vero e proprio dolore – lo vuole così tanto, non avrebbe mai permesso al dolore di frapporsi fra lei e quello che poteva avere, anche se solo per una notte – è più un malessere sordo, si sente indolenzita, esposta e quasi febbricitante per la voglia e la paura, ma Gamzee non le lascia il tempo di concentrarsi troppo sul modo in cui il suo corpo sembra volerla proteggere dal lasciarsi trasportare troppo dalle emozioni del momento. Le stringe le mani attorno ai fianchi, tenendola ferma mentre si solleva e poi torna a muoversi dentro di lei, più svelto e più preciso di prima. Karkat sospira, la schiena forma un arco perfetto mentre si solleva sulle braccia per avvicinarsi a lui il più possibile, andando incontro ai suoi colpi col bacino.
Gamzee le cattura le labbra in un bacio bagnato, posandole una mano alla base della schiena per spingerla ad avvicinarsi ancora, e Karkat lascia scivolare una mano fra i loro corpi, stuzzicandosi con le dita e gemendo liquida mentre lui si spinge sempre più profondamente dentro di lei, con una forza che sembra raddoppiarsi, triplicarsi con ogni spinta.
Viene per prima, il corpo scosso da un tremito furioso mentre si accascia stremata sul divano. Poi viene Gamzee, e lei lo sente, chiude gli occhi e cerca di assaporare la sensazione, di conservarla dentro di sé. Cerca di farne un momento da ricordare, e lo diventa davvero quando Gamzee si china su di lei e, baciandola lievemente sulle labbra, le sussurra che le vuole bene.
Lei spalanca gli occhi e lo guarda, arrossendo.
– Che vuol dire? – domanda. Lui sorride, quasi timido.
– Non ti basta? – chiede a propria volta.
E questo, in qualche modo, basta, sì.
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