Fandom: Originali
Genere: Introspettivo.
Rating: PG.
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, Flashfic.
- "Marco incrocia le braccia sul petto e pianta entrambi i piedi per terra, dondolandosi pigramente sulla sedia."
Note: Scritta per il Carnevale delle Lande su prompt "I got myself a brand new girlfriend!" (Art Brut - Good Weekend).
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NEVERMIND

Marco incrocia le braccia sul petto e pianta entrambi i piedi per terra, dondolandosi pigramente sulla sedia. Tutti si divertono, naturalmente, e perché non dovrebbero? È a questo che servono le feste, a divertirsi. Non è certo colpa sua se la serata è storta e non c’è modo di raddrizzarla.
A sua discolpa, lui non ci voleva nemmeno venire. È arrivato al villaggio vacanze coi suoi genitori solo ieri, ha ancora bisogno di tempo per adattarsi, per sostituire nella propria mente le immagini tristi e grigie della città con i suoni, i profumi e i colori del mare. Gli serve tempo, non una festa. Una festa non gli serve affatto.
Ma Irene ha insistito così tanto che lui – che non è mai stato davvero un asso nel rifiutarsi di fare qualcosa (e d’altronde, non era stato accettando di prenderlo in bocca a quel tipo in terza media che aveva capito cosa gli piaceva fare? Uno non dovrebbe mai dire no, se non per cose che palesemente lo metterebbero in pericolo di vita) – non era stato capace di mandarla a quel paese come molto probabilmente gli sarebbe convenuto fare. E quindi adesso eccolo qui, ai margini della vita sociale del villaggio vacanze, seduto su una sedia di plastica bianca e scomoda, che dondola avanti e indietro rischiando costantemente di scivolare e spaccarsi l’osso del collo.
Da dov’è seduto, si gode una panoramica niente male delle due enormi piscine attorno alle quali la festa è stata organizzata. Il chiosco vicino al cancello d’entrata è illuminato a giorno, e dietro il bancone si affaccendano ragazzi abbronzati, bellissimi e seminudi che shakerano cocktail e addominali in parti uguali, mentre fra i tavoli sfrecciano velocissime le ragazze in bikini che portano le bevande a chi le ordina ma ha il culo troppo pesante per andarle a prendere al bar.
Al suo angolo, naturalmente, non si avvicina nessuno, perché è un angolo in ombra, vicino alla recinzione oltre il quale si spalanca il baratro infinito della scogliera, e perché mai qualcuno dovrebbe volere andare lì, dove non c’è proprio un bel niente da vedere né da fare e dove perfino la musica sembra non riuscire ad arrivare, se non in una lontana eco distorta e deprimente?
- Ma sei qui! – strilla Irene, oltraggiata, avvicinandosi in grandi passi, i seni che faticano a restare al loro posto dietro i triangolini infinitesimali del suo bikini. È bella come la ricordava, i lunghi capelli castani che scendono giù lungo le spalle e la vita sottile, da modella. Non può fare a meno di sorriderle, nonostante i suoi modi chiassosi lo urtino, perché è davvero troppo bella per tenerle il broncio. E suppone che in qualche modo la stessa cosa valga anche per lei nei suoi confronti, perché anche sulle sue labbra color pesca si apre in fretta un sorriso divertito mentre, con un ultimo saltello, gli plana in grembo, accavallando le gambe e gettandogli le braccia attorno al collo.
Marco fa una smorfia nel sentirsi la guancia appiccicosa dopo che lei lo saluta con un bacio, ma Irene è abbastanza veloce da ripulirlo con una salvietta umida tirata fuori da chissà dove, e Marco non fa in tempo a lamentarsi. Purtroppo, perché ne aveva proprio voglia.
- Sono contento anch’io di vederti, Irene. – la saluta con un mezzo sorriso.
- Davvero? – scherza lei, - Non si sarebbe detto, visto come spazzavi per terra.
- …eh?
- Col muso. Lungo. – precisa lei, e poi gli dà uno schiaffo contro la nuca, - Animo, Marco! Seguimi, quando faccio una battuta!
- Non faceva ridere, Irene. – sospira lui, lanciando un’occhiata supplice al cielo.
- Stronzate. – commenta lei, credendoci davvero, - Era divertentissima. Piuttosto, com’è che sei qui a fare l’asociale e deprimerti come avessi la peste bubbonica?
- Forse ho la peste bubbonica. – ipotizza lui con un ghigno.
- O forse sei solo un cretino. – commenta lei, - Mi sembra più credibile la mia ipotesi. Andiamo! – sbuffa, le labbra che si arricciano in un broncio delizioso che, davvero, se Marco non fosse gay passerebbe ore e ore a baciare, - Cos’è rimasto dell’anima della festa che l’anno scorso si faceva versare la vodka in bocca con l’imbuto mentre stava sdraiato sul trampolino, in bilico fra la vita e la morte? Eri un deficiente, ma almeno mettevi allegria.
Marco si lascia sfuggire una risata divertita mentre immagini imbarazzanti-barra-surreali si affacciano fra i suoi ricordi, prendendolo in giro, e poi lascia vagare lo sguardo sulla folla dei presenti. Seduto sul trampolino, coi piedi che dondolano nel vuoto e una ragazza appoggiata alla spalla, c’è Michele che sorseggia un daiquiri, e Marco si sente stringere lo stomaco, e fa incomprensibilmente male, perché ricorda alla perfezione il gusto di quel daiquiri sulle labbra, un anno fa.
- …ah. – annuisce Irene, appoggiando il capo alla sua spalla, - Sì, è una cosa nuova. L’ha portata lui, coi genitori e tutto, sai, sembra una roba seria. Dice che l’ha conosciuta nel giro di amici della sorella, ma non è tanto più piccola di lui. È carina, se la conosci è anche simpatica, solo che se ne sta un sacco sulle sue. Se lo chiedi a me, comunque, è una copertura. Sai, per tutta la questione di suo padre che si sta candidando eccetera eccetera. Lo sapevamo tutti che l’anno scorso voi due—
- Irene. – la interrompe lui con un sospiro, - Te l’ho chiesto?
Lei fa una mezza smorfia, tirandogli uno schiaffetto contro un fianco.
- Sei noioso e triste. – commenta, intrecciando le dita con le sue. – Dai, vieni a ballare. – lo invita con un sorriso dolce, alzandosi in piedi e provando a trascinarlo con sé.
Lui si stringe nelle spalle e scuote il capo, forzando un sorriso che viene fuori maldestro e stupido.
- Resto qui ancora un po’, poi ti raggiungo. – le promette. Lei sospira, finge di credergli, e programma già di tornare a trovarlo più tardi.
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