Fandom: RP: Calcio
Personaggi:
Genere: Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: G
AVVERTIMENTI: Gen.
- "Lionel ricorda con precisione il momento in cui suo padre gli ha detto che c’era la seria possibilità che dovesse smettere di giocare a calcio."
Note: Viaggio nella testa di Leo Messi, dai dodici anni in su. Titolo da Our Velocity dei Maximo Park. Prompt: Lentezza/Velocità @ It100.
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NEVER TRY TO GAUGE TEMPERATURE// (LENTEZZA)
Lionel ricorda con precisione il momento in cui suo padre gli ha detto che c’era la seria possibilità che dovesse smettere di giocare a calcio. Aveva dodici anni, e per gli ultimi cinque anni della sua vita il calcio era stato tutto. Il campo era l’unico posto al mondo in cui essere così piccolo ed esteticamente sgraziato non lo rendesse automaticamente anche uno sfigato da deridere ad ogni occasione favorevole. Se anche, sul campo, qualche ragazzino si permetteva di prenderlo in giro per la sua statura o per le sue gambe tozze e cortissime, Lionel non aveva neanche bisogno di rispondergli a parole, tutto quello che doveva fare era accelerare e fargli mangiare la polvere.
Quando papà però era tornato a casa con i risultati dei suoi esami e per ore non era stato in grado di reggere il suo sguardo e dirglielo, riducendosi poi a doverlo svegliare a notte fonda per confessargli fra le lacrime ciò che era risultato dalle analisi – “Leo, Leo, è terribile, il solo pensiero di non poterti più vedere giocare mi distrugge, Leo, mi distrugge” – era stato lui a doverlo consolare. “Non ti preoccupare, papà,” gli aveva detto con un sorriso assonnato, “andremo piano, un passo alla volta, e se non potrò più giocare non sarà un problema, troverò qualcos’altro da fare”.
Suo padre l’aveva guardato con la morte negli occhi, ed è questo il motivo per cui Lionel non potrà più dimenticare quel giorno. “Ma Leo, questo è quello per cui tu sei nato,” gli aveva detto, ed in quel momento, sinceramente, lui non l’aveva capito.

(VELOCITÀ) //WHEN YOU TEND TO TRAVEL AT SUCH SPEED
L’ha capito anni dopo, però, l’ha capito quando una squadra come il Barcellona – non esattamente la più sfigata d’Europa – ha deciso di investire su di lui perché non importava quanti soldi sarebbero costate le sue cure, qualsiasi cifra sarebbe stata congrua pur di permettergli di giocare ancora. E quando Leo ripensa ai mesi in cui non ha giocato perché il Barcellona non aveva ancora sentito parlare di lui ed al Newell’s Old Boys non avevano i soldi per rimetterlo in sesto, ringrazia con tutto il cuore di aver avuto un padre che non ha mai smesso di crederci, e ringrazia anche i suoi piedi per essere rimasti gli stessi compagni fedeli e infallibili di sempre anche quando lui aveva smesso di credere in loro.
Sono quei momenti in cui chiude gli occhi – anche durante le partite, soprattutto durante le partite – e mangia il campo di corsa, dribblando tanti avversari da perderne il conto ed insaccando la palla in rete: lo fa per ricordarsi perché ora si trova dov’è, e per ripetersi ancora, una volta di più, che stavolta non smetterà di crederci.
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