Genere: Erotico, Romantico.
Pairing: Mario/Davide.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Lemon, PWP, Slash.
- Di un battesimo mancato, di una cravatta che non si annoda e dell'importanza di risolvere le diatribe coniugali prima che diventino troppo pericolose.
Note: Questa zozzata nasce dal desiderio di vedere Mario in abito XD E dal fatto che questo ragazzo con suo nipote è di una dolcezza unica. Prove del primo fatto qui, prove del secondo fatto qui. E non ho veramente nient’altro da dire se non che doveva andare in tutt’altro modo ma a un certo punto Mario ha deciso da solo lo svolgimento dei fatti ed io non ho potuto che essere d’accordo con lui in toto XD
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Necktie


- Com’è che ti sei vestito così?
Mario registra appena sia il tono incredulo e curioso di Davide sia la domanda che gli viene posta. È tanto concentrato sul nodo della cravatta che non si decide a venir fuori come Dio comanda, in realtà, che il contenuto stesso della domanda gli sfugge, così come gli sfugge la presenza di Davide in camera e tutto un altro milione di cose – gli uccellini che cinguettano sul tramonto della Pinetina, Zlatan che insegue Maxwell che gli ha rubato la fascia per capelli, il Mister che se li vede passare davanti mentre risistema gli appunti di domenica ed urla ad entrambi di piantarla di fare i ragazzini e il resto del milione di cose che non può permettersi di prendere in considerazione al momento, perché appunto il nodo della cravatta insiste a non venir fuori come Dio comanda e non ci tiene per niente ad andare al battesimo di Giacomo presentandosi in modo meno che perfetto, altrimenti sua madre urlerà, suo padre urlerà ed anche Corrado urlerà, e lui non ha la benché minima intenzione di mettersi lì a sopportare urla quando tutto quello che gli interessa, a dirla proprio tutta, è andare, stritolare un po’ il ranocchietto e poi tornarsene in Pinetina per dormire fino a domani.
- Mà? – ripete Davide, avvicinandoglisi, e Mario ringhia perché il nodo si sta incastrando e se lo stronzo lo farà, se si incastrerà, lui manderà a fanculo tutto, si strapperà i vestiti di dosso ed al dannato battesimo ci andrà in maglietta rosa e bermuda. ‘Sticazzi al prete ed a Corrado. – Oh! – lo richiama un’altra volta il ragazzo, tirandogli una spinta ben poco amichevole contro la spalla, - Ma che è, adesso mi ignori?
- Mhn? – è l’intelligente quanto pregnante contro-domanda di Mario, quando l’insistenza di Davide gli impedisce di continuare a concentrarsi solo sulla propria immagine riflessa, - ‘Cazzo hai?
- ‘Cazzo ho, mi chiede. – borbotta Davide con un broncio contrariato, - È mezz’ora che ti chiedo com’è che ti sei vestito così, e tu non mi caghi.
Mario risponde con un’occhiata perplessa, inarcando un sopracciglio e grattandosi il lobo di un orecchio – il brillante che risplende e appare e scompare fra le sue dita scurissime.
- Non te l’ho detto che è nato il figlio di mio fratello?
- Sì che me l’hai detto. – continua a borbottare Davide, le braccia incrociate sul petto, ancora offeso, - Ma non capisco cosa c’entra questo con te vestito così. – e mentre lo dice distoglie lo sguardo, come non riuscisse a fissarlo oltre.
- Dà, ma sei ancora rincoglionito dalla notte? – chiede perplesso, - Te ne ho parlato, del battesimo. Come credi che dovrei andarci, in infradito e costume da bagno?
Davide sembra ricordare il piccolo particolare del battesimo solo in quel momento, in effetti, e Mario ha qualche difficoltà a non irritarsi, perché dannazione, lo ascolta quando parla? O quando lo fissa con quegli occhi un po’ persi si sta facendo chissà che filmino, in quella testa, pensando a chissà che ragazza e ignorandolo completamente? E poi sarebbe lui, quello che lo malcaga.
- Quindi oggi non ci sei…? – chiede un po’ incerto, e Mario sospira, roteando gli occhi.
- Non ci sono finché non torno. – risponde seccamente, - Cos’è, devo timbrare il cartellino da qualche parte?
Davide solleva lo sguardo e lo fissa risentito, aggrottando le sopracciglia e stringendo le labbra finché non diventano due linee sottilissime, tanto che sembrano disegnate sul suo viso teso e irritato.
- Perché stai facendo lo stronzo? Ti ho solo fatto una domanda.
- E tu perché stai facendo il deficiente? – risponde a tono, - Le risposte le avevi già.
Davide spalanca gli occhi e si tira appena indietro, offeso.
- Senti, ma vaffanculo! – lo spintona, - Vattene dove cazzo vuoi e non rompere le palle, coglione io che chiedo anche!
Mario rotea ancora gli occhi e sbuffa, andandogli dietro e mandando a fanculo il cazzo di nodo della cravatta, sfilandola in un gesto secco e lasciandola ricadere con una certa rabbia per terra.
- Andiamo, Dà. – cerca di rabbonirlo, ma non sa nemmeno perché lo sta facendo, e in effetti questo traspare dalla sua voce, per nulla convinta: in genere Davide cede, quando lui cerca di calmarlo, ma lo fa perché Mario sembra farlo sempre per il semplice motivo che non gli va di litigare con lui, perché gli vuol bene e tutto il resto. Al momento invece Mario è solo molto annoiato e irritato dalla situazione, perciò cerca di placare Davide solo perché gli pesa il culo a litigare, non perché non voglia davvero farlo. E quindi Davide se ne sbatte i coglioni della sua gentilezza. Non ha cosa farsene. – Dà, per favore, stai facendo il cretino.
- Non so se sono più cretino io o più stronzo tu, - commenta lui con una scrollatina di spalle, lasciandosi ricedere sul letto e recuperando il joystick della Play, allungandosi poi ad accendere la consolle ai piedi del materasso, - comunque non mi interessa. Sarai già in ritardo per il battesimo, no? Vai.
- Stavo cercando di non litigare. – ringhia fra i denti Mario, guardandolo severamente per qualche secondo. Davide scrolla le spalle un’altra volta e si mette a giocare. Non lo degna di una risposta, né di un’altra occhiata. Mario va via sbattendo la porta così forte che la sente perfino il Mister, dal piano di sotto, e Davide lo ascolta per un po’ sbraitare al vento di come i ragazzini non abbiano rispetto di niente, lanciando a caso minacce di ogni tipo prima di rendersi conto che no, Mario non lo sta ascoltando, ed anzi è già uscito, perciò ha ben poco da minacciare.
Sospira pesantemente mentre l’arbitro, sullo schermo, fischia. La partita comincia. Davide non la guarda. Perde tre a zero e, quando ne comincia un’altra, sa già che la storia continuerà a ripetersi per tutte le ore che lo separano dal ritorno di Mario. Solo che di ore non ne passa nemmeno mezza, per il semplice fatto che, una ventina di minuti dopo, la porta della stanza si spalanca e Mario è lì sulla soglia che lo fissa come volesse ammazzarlo, ansimando un po’ perché – Davide può scommetterci – ha fatto tutte le scale di corsa per raggiungerlo il prima possibile.
- Sono arrivato fino alla fottuta chiesa. – ringhia, chiudendosi poco delicatamente la porta alle spalle, - Sono arrivato fino alla fottuta chiesa, ho fermato la macchina ed ho guardato i miei parenti entrare e chiedersi dove fossi finito. Ho visto arrivare Corrado col bambino, l’ho visto guardarsi intorno con aria preoccupata, ho stretto le mani sul dannato volante e sono tornato qui. – si ferma di fronte a lui, guardandolo con rabbia dall’alto mentre Davide cerca e trova la forza di ricambiare lo sguardo con altrettanta infuriata intensità. – Lo sai cosa vuol dire questo?
- Che sei un coglione? – prova in un grugnito irritato, - O che devi muovere il culo, sennò arriverai in ritardo?
Potrebbe aggiungere qualcosa di altrettanto brillante – o altrettanto stupido – come “oppure hai semplicemente dimenticato la cravatta?”, ma Mario non gli lascia il tempo di fare neanche quello, perché un secondo dopo si è seduto a cavalcioni su di lui, intrappolandolo sotto il proprio corpo e schiacciandolo con tutta la forza del proprio peso sul materasso, premendo le labbra contro le sue più per zittirlo che per baciarlo davvero, tanto che le tiene serrate, ed è Davide a doverle schiudere per primo, accarezzandolo piano con la lingua e sperando che lui risponda nello stesso modo, perché ora vuole sentirlo per bene, il suo sapore, non gli basta più un assaggio.
Mario lo bacia con un impeto tutto proprio – quello che mette in ogni cosa che fa – e Davide chiude gli occhi e si lascia trasportare dal movimento delle sue labbra, dalle carezze della sua lingua e dai gesti spicci e rudi coi quali lo inchioda al materasso, prima stringendogli entrambi i polsi fra le mani e bloccandoli di prepotenza sopra la sua testa e poi costringendolo a schiudere le gambe con un colpetto delle ginocchia, sistemandosi contro di lui – bacino su bacino, stomaco su stomaco, pelle su pelle, e quand’è che si sono spogliati? Non importa – muovendosi lentamente, un po’ per stordirlo e un po’ per torturarlo.
- Significa… - riprende, allontanandosi da lui il minimo indispensabile per prendere fiato, mentre Davide lo guarda con aria un po’ persa, i capelli scompigliati e gli occhi lucidi, - che odio litigare con te. E non potevo stare in mezzo alla mia famiglia, tranquillo a quel dannato battesimo, se prima non chiarivo. Quindi sì, sono un coglione e arriverò in ritardo se non mi sbrigo. – ammette con una mezza risata, - E comunque avevo dimenticato la cravatta.
E lì qualcosa nel cervello di Davide esplode. Qualcosa che da sola motiva tutto il resto – l’attaccamento quasi ossessivo col quale segue Mario, la devozione assoluta con la quale lo guarda, perfino quello scazzo assurdo solo perché non gli sembrava che gli stesse dando abbastanza attenzione – qualcosa che lo porta a sporgersi in avanti e catturare di nuovo le labbra di Mario fra le proprie, come fosse normale, anche quando invece non lo è.
- La cravatta… - borbotta, strattonando i polsi per obbligare Mario a lasciarlo libero di muovere le braccia come preferisce, per stringerlo al collo e seguire in punta di dita la traccia della sua spina dorsale fra i muscoli tesi della schiena, - te la annodo io dopo. Sono bravo. Mi ha insegnato mio padre.
Mario gli sorride addosso, scendendo lungo il suo collo in una scia di baci umidi.
- Non parlarmi di tuo padre in questo momento… - soffia sulla sua pelle accaldata, e Davide vorrebbe protestare e dirgli che lui gli stava parlando di un dannato battesimo, fino a due minuti prima, quindi non ha alcun diritto di fargli la paternale sugli argomenti che sia opportuno o meno trattare in una situazione come la loro, ma le labbra di Mario si serrano attorno ad un suo capezzolo e la sua lingua lo tortura in tocchi piccoli e brevi, e Davide non ci vede più, non sente più niente, non pensa e non riesce nemmeno a respirare: tutto l’intero suo corpo si riduce a quel minuscolo centimetro di pelle che Mario sta baciando. È l’unica parte di lui che al momento abbia importanza.
- Ma… - ansima, inarcando la schiena e ottenendo l’effetto contrario a quello che sperava – voleva allontanarsi e invece si ritrova Mario così schiacciato contro che tutta la superficie del suo corpo si riempie di brividi – Mario, cosa…
- Ah, non ne ho idea. – gli soffia lui da qualche parte sull’ombelico, - Facciamo che non chiedi e ti fidi?
Davide gli lascia scivolare una mano su una guancia, giù fino al mento, e Mario ne segue il movimento, sollevando gli occhi e trovando i suoi, appannati di voglia e un po’ anche di paura.
- Dovrei fidarmi di uno che non sa cosa sta facendo? – chiede in un mezzo sbuffo ironico. Mario piega appena il capo e gli lascia un bacio umido sul palmo della mano.
- No. Dovresti fidarti di me.
Davide vorrebbe dirgli che quello lo fa a prescindere, ma si vergogna troppo, perché quello che prova per Mario lui non l’ha mai provato per nessun altro e non sa come chiamarlo – perché non può essere amore, andiamo, non ci si innamora così, giusto? – e però qualsiasi cosa sia è una cosa forte, è una cosa che gli manda il cervello in confusione, è una cosa che lo fa arrossire. Perciò tace e si fida e nient’altro, mugola appena quando le dita umide di Mario scendono ad accarezzarlo fra le natiche, dapprima solo esternamente, seguendo il contorno dei suoi glutei in tocchi leggerissimi, appena percettibili, e poi più profondamente, cercando spazio attorno e dentro di lui, scavandosi un passaggio nel suo corpo e restando lì, come quello fosse il loro posto naturale. Prendendo atto del lieve fastidio che prova, mentre i suoi sensi sembrano come assopirsi tutti per focalizzarsi più intensamente sui baci di cui Mario gli tempesta le labbra, Davide pensa con distrazione ad una voce che dal passato gli dice che al mondo esistono solo due cose che si incastrano perfettamente: i pezzi dei puzzle e i corpi degli innamorati; sorride lievemente, intenerito, anche se non ricorda chi gli abbia detto quella frase: sua madre, suo padre, forse suo nonno o sua nonna, chissà, non è importante. Aveva ragione, comunque.
- Perché ridi, adesso…? – chiede Mario in un sospiro vagamente confuso, - Mi prendi in giro?
Davide scuote il capo, sistemandosi sotto di lui.
- Pensavo ad altro. – risponde in un soffio, e Mario fa una smorfia offesa.
- Dovrei prenderla come una lamentela? – chiede, mordendogli il labbro inferiore per ripicca, prima di baciarlo ancora. Davide ride appena.
- Prendi me e basta. – suggerisce malizioso, e Mario ringhia sulla sua pelle.
- Sei bellissimo. – gli dice, sistemandosi contro la sua apertura ed esitando a lungo prima di muoversi. Davide arrossisce. Anche Mario è bellissimo, sicuramente più di lui. Si sporge a nascondere il viso nell’incavo del suo collo e si spinge piano contro di lui, come a dargli il via libera che Mario aspettava. È tutto quello che serve al ragazzo per stringergli i fianchi fra le mani, tenendolo fermo, ed entrare dentro di lui, soffocando il suo gemito di dolore fra le labbra in un altro bacio lungo e umido nel quale Davide si perde, cercando di seguire i movimenti del bacino di Mario col proprio nel disperato tentativo di diluire il fastidio nella piacevole frizione della sua erezione contro la sua pancia – Mario è così vicino che Davide confonde i colori delle loro pelli e, per lunghi istanti, non riesce a vederli come fossero distinti, ma li percepisce come un’unica macchia di un colore fatto tutto di mezzi toni, fra scuro e chiaro, fra bianco e nero, fra lui e se stesso, una cosa loro.
- Mario, - lo chiama in un singhiozzo spezzato, - è-
- Ssh. – lo zittisce lui, tornando a baciarlo, - Non… parlare. – respira direttamente dalle sue labbra, muovendosi un po’ più svelto e tenendolo stretto fra le braccia, la voce che si sfuma in un ansito di piacere e nel grugnito affaticato nel quale Davide legge tutta la sua voglia di spingersi più a fondo, nonostante sia cercando di trattenersi.
- Mi dispiace… - mormora, - più di così non-
- Ho detto – lo interrompe Mario, spingendosi a fondo quel tanto che basta da zittirlo davvero, - silenzio. È perfetto così.
Ed è perfetto davvero, anche se fa male, anche se è scomodo, anche se le dita di Mario si chiudono con un po’ troppa forza attorno alla sua erezione, anche se lui non riesce proprio a trovare il giusto ritmo con cui andargli incontro, anche se ogni singolo respiro sembra così faticoso che Davide si sente esplodere i polmoni e il cuore e tutto il resto del petto, anche se Mario si morde le labbra con tanta forza da dare l’impressione di volersele tagliare, è perfetto davvero. È perfetto nonostante tutto ed è perfetto proprio perché è così, perché è doloroso ma è intenso. Ed è molto più intenso che doloroso. L’onda che investe Davide quando viene, mentre ancora Mario spinge dentro di lui, non è solo un orgasmo. È un’esplosione, è una guerra, è la fine del mondo. È tutto quello che aspettava, e lo pensa con forza mentre si stringe attorno a Mario costringendolo a gemere quando viene dentro di lui. E Davide lo sente, un brivido di piacere lo scuote e quella traccia deliziosa è tutto ciò che resta nel suo corpo intorpidito quando Mario si allontana appena ed esce, abbattendosi esausto su di lui, respirando sulla curva della sua spalla, le dita di una mano ancora serrate attorno al suo fianco e le dita dell’altra ancora serrate attorno al suo cazzo.
- Sono... – ansima Mario, sollevando il capo dal suo petto, - …fottutamente in ritardo. – ride.
Davide gli tira uno scappellotto dietro la nuca.
- Niente male come primo commento. – borbotta offeso, guardando altrove. Mario torna a stendersi su di lui ridendo divertito, Davide sente il suo respiro scivolare in brividi lungo la sua pancia e non può che sorridere a propria volta.
- Ehi. – chiede Mario dopo un po’, - La cravatta. – sospira, allungando un braccio verso il pavimento per recuperarla, - Me la annodi tu, giusto?
Davide lascia andare un mezzo ringhio, perché gli dispiace che Mario debba già andarsene ed è l’unica cosa cui riesce a pensare adesso. Dovrebbe pensare ad un altro milione di cose, naturalmente – tra il mister che sbraita qualcosa a Deki e Matrix di sotto e Mario che gli respira addosso e il battesimo al quale arriverà in ritardo, se mai ci arriverà, s’intende – ma tutto ciò cui riesce a pensare è questo. Che gli dispiace che Mario debba andarsene così presto.
- Sì. – sospira, districando le gambe dall’intreccio che hanno formato con quelle di Mario, - E ti ci strozzo, anche. – conclude con una linguaccia.
L’ennesima risata divertita di Mario chiude la questione. E il nodo alla cravatta che fa Davide trenta secondi dopo la sigilla.
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