Shot facente parte della serie Und So Weiter.
Genere: Commedia, Romantico, Erotico.
Pairing: Fler/Chakuza.
Rating: NC-17
AVVISI: Slash, Lemon, OC.
- "Il succo della mia storia con Chakuza è questo, dopotutto: era una follia ma ci siamo ostinati al punto che ormai è normale. Lui si è ostinato a tirarmi verso di sé, io mi sono ostinato a ronzargli intorno, e ripetizione dopo ripetizione, saltando un ostacolo dopo l’altro, questo è il risultato che abbiamo ottenuto. Buono o cattivo che sia, non saprei giudicare. A me piace quando Chakuza mi mette le mani addosso. Altrimenti non glielo lascerei fare. È tutto davvero così semplice."
Note: Dunque, da questa shot in poi si apre un mini-ciclo di spin-off tutto dedicato al Flerkuza, visto da angolazioni e in modi sempre differenti. Quando abbiamo pensato di scrivere queste shot (si parla di ormai un paio d'anni fa... questa in particolare, per dire, oltre a essere stata pensata due anni fa, è anche stata scritta due anni fa, e poi rimaneggiata nel tempo per riallinearla ai vari avvenimenti che si sono susseguiti nel tempo, alcuni dei quali non erano stati da noi previsti ai tempi in cui l'ho scritta *cough*), non le avevamo pensate come un ciclo vero e proprio, ma a guardare il tutto nel modo più obbiettivo possibile appare evidente come, in SE e all'inizio di USW, il tempo dedicato al Billshido, per molte ragioni, sia stato di gran lunga maggiore rispetto a quello dedicato al Flerkuza. E invece anche loro hanno un mucchio di cose da dirci, perché si stanno ritrovando e stanno imparando a conoscersi di nuovo da capo esattamente come quegli altri due. Stanno ritrovando i loro automatismi e ponendo le basi per automatismi nuovi che potrebbero cementare la loro relazione ancora di più. E poi hanno un potenziale comico non indifferente. *ride*
Genere: Commedia, Romantico, Erotico.
Pairing: Fler/Chakuza.
Rating: NC-17
AVVISI: Slash, Lemon, OC.
- "Il succo della mia storia con Chakuza è questo, dopotutto: era una follia ma ci siamo ostinati al punto che ormai è normale. Lui si è ostinato a tirarmi verso di sé, io mi sono ostinato a ronzargli intorno, e ripetizione dopo ripetizione, saltando un ostacolo dopo l’altro, questo è il risultato che abbiamo ottenuto. Buono o cattivo che sia, non saprei giudicare. A me piace quando Chakuza mi mette le mani addosso. Altrimenti non glielo lascerei fare. È tutto davvero così semplice."
Note: Dunque, da questa shot in poi si apre un mini-ciclo di spin-off tutto dedicato al Flerkuza, visto da angolazioni e in modi sempre differenti. Quando abbiamo pensato di scrivere queste shot (si parla di ormai un paio d'anni fa... questa in particolare, per dire, oltre a essere stata pensata due anni fa, è anche stata scritta due anni fa, e poi rimaneggiata nel tempo per riallinearla ai vari avvenimenti che si sono susseguiti nel tempo, alcuni dei quali non erano stati da noi previsti ai tempi in cui l'ho scritta *cough*), non le avevamo pensate come un ciclo vero e proprio, ma a guardare il tutto nel modo più obbiettivo possibile appare evidente come, in SE e all'inizio di USW, il tempo dedicato al Billshido, per molte ragioni, sia stato di gran lunga maggiore rispetto a quello dedicato al Flerkuza. E invece anche loro hanno un mucchio di cose da dirci, perché si stanno ritrovando e stanno imparando a conoscersi di nuovo da capo esattamente come quegli altri due. Stanno ritrovando i loro automatismi e ponendo le basi per automatismi nuovi che potrebbero cementare la loro relazione ancora di più. E poi hanno un potenziale comico non indifferente. *ride*
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MARTYR
Mi viene da ridere perché appena entriamo in casa non passano neanche due minuti e Chakuza mi ha già messo le mani addosso. Non so da quando la cosa fra noi si sia fatta così naturale, so solo che lo è diventata. Sarà una questione di abitudine, suppongo. Intendo, puoi passare mesi a ripeterti continuamente “quello che sto facendo non è normale”, però se alla fine è sempre quello, ciò che fai, lamentarti perde senso.
A me succedeva sempre con Anis, per dire. Quando mi ha mandato a spacciare le prime volte ero tutto un casino e continuavo a ripetermi “ma io sono un tagger, io la cosa più cattiva che ho fatto è stata scavalcare la recinzione del deposito dei treni per andare a scrivere il mio nome sui vagoni in disuso, che ci sto a fare qui, in mezzo a gente che sembra più vecchia di me di vent’anni e contratta il prezzo dell’eroina al grammo?”. Provavo a fare il gran figo, quello che non aveva mai bisogno di niente e di nessuno, ma quando non avevo gente intorno ed aspettavo un fornitore o un cliente all’angolo di una strada, con lo zainetto pieno di roba e il vento che mi tagliava la faccia nei pomeriggi invernali nei pressi del canale, lo pensavo di continuo.
Sono rimasto in quelle condizioni lì per un paio di settimane. Forse meno. Alla fine, anche quello ha cominciato a diventare semplicemente normale, come tutto il resto. Io credo molto nel potere della ripetizione delle cose, peraltro. È per questo che, da quando Danny ha cominciato a rifarsi vivo, senza insistenza ma con costanza, non ho mai mancato di riferirlo a Chakuza, o perfino di coinvolgerlo in qualche uscita a tre. Non è che sia preoccupato, non è che voglia dimostrargli qualcosa, è semplicemente che so che sarà dura togliersi davvero Daniel di torno – sarà dura perché sostanzialmente non mi va di togliermelo di torno, la cosa avrebbe conseguenze cui non mi piace pensare e delle quali non mi andrebbe di essere la causa scatenante – perciò tanto vale che il Chaku ci si abitui, ad avere il ragazzino intorno.
E quindi glielo somministro giorno dopo giorno, perché è anche una questione di scambio, no? Chakuza mi somministra se stesso giorno dopo giorno, e io devo abituarmici, per forza di cose. Mi sta bene, ma che si abitui a qual cosina anche lui.
Il succo della mia storia con Chakuza è questo, dopotutto: era una follia ma ci siamo ostinati al punto che ormai è normale. Lui si è ostinato a tirarmi verso di sé, io mi sono ostinato a ronzargli intorno, e ripetizione dopo ripetizione, saltando un ostacolo dopo l’altro, questo è il risultato che abbiamo ottenuto. Buono o cattivo che sia, non saprei giudicare. A me piace quando Chakuza mi mette le mani addosso. Altrimenti non glielo lascerei fare. È tutto davvero così semplice.
Perciò, insomma, entriamo in casa, lui mi mette le mani addosso – da dietro, le fa passare fin davanti ed abbassa la zip del giubbotto – e perde giusto due secondi a mordermi sul collo, dove la mia pelle è fresca e rabbrividisce al contatto col suo fiato caldo, prima di infilarmi le mani sotto la maglia.
- Cha— - faccio per contestare l’esuberanza, ma lui mi spinge verso una parete e mi ignora, - Asp— - continuo, e mi passa la voglia di protestare quando la sua mano risale lungo il mio petto e mi sfiora un po’ ovunque, mentre le mie braccia restano incastrate nelle maniche della giacca. Mi passa la voglia ma protesto lo stesso. Prendo fiato e lo fermo: - Chakuza, siamo appena entrati in casa! – gli faccio notare, ma non posso fare a meno di ridere.
Lui mi morde di nuovo, e stavolta manda avanti anche la lingua. Lo odio quando fa così.
- Fler, tu parli troppo. – mi soffia in un orecchio, - Che hai da lamentarti, ancora?!
Cerco – a fatica – qualcosa di cui lamentarmi. La cerco fra la mano che ancora mi vaga addosso sotto la maglia e quella che slaccia le fibbie dei miei jeans; la cerco fra le sue labbra sul collo e la sua lingua che risale lenta verso il mio orecchio; la cerco fra quanto mi fa rabbia questa routine consolidata e quanto allo stesso modo mi piace.
Non trovo nulla e mi appoggio contro il muro con le mani.
- Fai quello che vuoi. – esalo arrendendomi, la fronte che sfiora la parete. Chakuza sorride in uno sbuffo e si sporge a sfiorarmi la nuca con la punta del naso. Io ci lascerò la testa, un giorno di questi. Lo so.
Mi si spinge contro ed io mi inarco un po’ perché indossa un paio di jeans troppo larghi e non è facile sentirlo bene addosso, ed è lì che sento la fitta.
Proprio alla base della schiena.
Spalanco gli occhi.
- Ahi! – mi lamento, voltandomi verso di lui con aria allucinata.
Lui mi risponde con lo stesso sguardo da triglia.
- Non ti ho fatto nulla! – si giustifica, sollevando le mani.
- Mi fa male la schiena! – motivo agitandomi. Cerco di capire perché e all’improvviso ricordo ieri notte. L’uscita serale, le birre, lui che mi spinge in macchina, io che tremo perché – non mi ricordo, cos’è che aveva addosso ieri sera?, comunque sia avevo una voglia assurda di scopare, non so nemmeno per quale motivo – e mentre siamo fermi al semaforo mi volto e lo guardo, lui mi lancia un’occhiata distratta, io abbozzo un sorriso senza significato, lui chissà che ci vede e svolta nel primo vicolo disponibile appena scatta il verde. Il ricordo successivo è il cambio piantato in un fianco mentre lui cerca di stendermi e incastrarmi fra i sedili anteriori ed io che mugolo scontento e gli dico “no” – un no che non vale un accidenti – e lui che mi sorride addosso e mi prende in giro, sussurrando “invece sì”.
Quando provo a protestare con un “non così”, tutto ciò che fa lui è aprire lo sportello, trascinarmi fuori per il cappuccio della felpa e stendermi sul sedile posteriore. Prima di strusciarmisi addosso. E a quel punto me ne frego se siamo in macchina, sinceramente.
La conseguenza di quegli atti osceni in luogo pubblico è che adesso mi fa male la schiena. Chakuza vuole scoparmi e Dio sa se, a questo punto – con lui pressato addosso e le sue mani ovunque – non vorrei accontentarlo, ma mi dibatto lo stesso perché fa male.
E Chakuza mi abbraccia.
Mi stringe da dietro e non mi molla.
- Se riesco a distrarti?
Io ringhio. Mi sta già distraendo.
- Mi fa male la schiena, non puoi distrarmi dal male alla schiena. – protesto con un cipiglio che cerco di far sembrare minaccioso.
- E se ci riesco? – continua lui, allargandomi un po’ le gambe, - Tu poi… - e mi sussurra all’orecchio qualcosa di assolutamente indecente.
- No! – strillo, cercando di sfuggirgli, - Queste cose vanno bene se sono fatte spontaneamente!
- Dai! – mi incita, strusciandosi ancora, - L’altra volta non è stato male!
- Potremmo evitare, per favore?!
Chakuza decide che no, non possiamo evitare, ed io provo a protestare per un lasso di tempo che dura due secondi netti. Al terzo secondo lascio perdere perché è tutto al suo posto: le sue mani sui miei fianchi, la sua bocca sulle mie spalle, lui dentro di me.
- C’è da fare la spesa… - mi dice a bassa voce, spingendo lentamente.
- …potremmo anche parlarne dopo… - borbotto offeso mentre scivolo con le mani sulla parete e mi inumidisco le labbra.
Chaku ride.
- Ma devo distrarti… - continua piano, - E poi, se domani vuoi le frittelle per colazione, servirà il burro.
- Io non voglio andare a fare la spesa… - mi lamento, e cerco di dare a quello che stiamo facendo un ritmo meno lento, perché così non reggo, - Vai da solo.
- Sei capriccioso come un bambino. – mi rimprovera lui, tirandomi indietro per baciarmi.
- Non ti conviene darmi del bambino adesso, ti pare? – rido, un po’ a corto di fiato.
Lui comincia a spingere un po’ più forte e, quando parla per darmi del cretino, usa quel tono roco e cupo che anticipa sempre il momento in cui si perde del tutto e smette di ragionare. So che fra qualche minuto in questa casa non si sentirà nient’altro che i nostri sospiri, e mi adatto, posando le mani sulle sue per fare in modo che mi stringa più forte alla vita. Quando lo fa prende sempre il punto giusto. Quello che fa smettere di pensare anche me.
Qualche minuto dopo siamo ancora lì contro quel muro. Chakuza sta respirando forte sulla mia spalla e cerca di recuperare il fiato, mentre io mi godo gli istanti di immobilità che me lo fanno sentire più di ogni altra cosa. È una cosa stranissima – ed incredibilmente imbarazzante – da dire, ma quando tieni qualcuno dentro in questo modo, così a lungo e con tanta ostinazione, è un po’ come non esistesse davvero nient’altro. C’è solo Chakuza, il suo calore, il suo odore e il suo respiro.
- Ma non dovevamo andare a fare la spesa…? – rido appena, staccandomi dal muro.
- Era solo una tecnica di distrazione… - protesta lui cercando di riportarmi nella posizione iniziale. – E poi mi devi ancora quello che mi hai promesso!
- Non mi hai distratto, - mento, - e poi non ti avevo promesso niente!
Lui grugnisce e si separa da me, deluso.
- Ne riparliamo quando torniamo a casa. – borbotta, - Ora, se vogliamo comprare davvero qualcosa che non siano gli scarti, dobbiamo muoverci.
Scoppio a ridere.
- La tua anima di cuoco pretende i ravanelli di qualità. – lo prendo in giro.
- Be’, magari non proprio i ravanelli… - riflette lui, mentre tira su i pantaloni, - Ti vanno i ravanelli?
Io rido ancora e mi rivesto, scuotendo il capo.
- Quello che vuoi, Chaku. – e lo vedo allontanarsi frettolosamente verso il bagno, mentre penso che magari dovrei farci una capatina anch’io.
Facciamo in fretta, perché Chaku è scemo ma alla cucina ci tiene davvero, e ritrovarsi con in mano i pomodori secchi per l’insalata gli dà fastidio. Il che mi porta a ridere, perché è un uomo che nel frigorifero arriva a tenere anche certi prosciutti che chissà chi gli porta – la madre, immagino – e rimangono lì a fare la muffa finché non sviluppano capacità di pensiero e di muoversi autonomamente. Però quando deve preparare la cena dev’essere tutto perfetto e fresco, o sclera. Vallo a capire. Potevamo chiedere alla signore Lotte, con la quale peraltro tornare a parlare, dopo che lui l’ha scelta come padre confessore qualche settimana fa, è stato imbarazzante come chiamare mia madre dopo che le foto di me ed Anis che ci imboccavamo a vicenda con le bacchette al Sushi Bar Ky sono uscite su tutti i giornali, ma lui no, lui s’è messo in testa di dover rifornire il frigorifero, e chi lo ferma più?
Insomma, finisce che come al solito gli do corda e ci ritroviamo fra i banconi del supermercato a cercare tutti i prodotti migliori, e mentre Chakuza litiga con l’addetto al banco frutta – colpevole di avergli rifilato delle pesche a suo dire quasi marce – a un certo punto sentiamo una risata cristallina di donna che ci colpisce entrambi per quanto è vicina e divertita.
Mi volto già sul piede di guerra, perché se è qualche ragazzina intenzionata a prenderci per il culo perché stiamo facendo la spesa insieme, le finisce male, così come le finisce male se è una qualche fangirl che ci ha riconosciuti e appena ci vedrà girarsi verso di lei si metterà a strillare attirandoci addosso l’attenzione di tutti i clienti del supermercato, ma quando i nostri occhi si posano sulla figura della ragazza Chakuza si irrigidisce immediatamente al mio fianco e perciò io lo guardo stupito e resto in attesa di qualcosa. Un segnale, magari, qualcosa che mi aiuti a capire perché. E invece non arriva niente.
Almeno da parte sua, perché invece da parte della stessa donna arriva un’altra risata, ed io mi volto nuovamente a guardarla. Si tratta una bella mora piccola e snella, con un culo meraviglioso fasciato in un paio di jeans che mi ritrovo a fissare con una certa soddisfazione per un paio di secondi, prima di ricordarmi che Chaku, accanto a me, ha ancora un’espressione sconvolta da annuncio di morte, e perciò dev’essere qualcuno che conosce, non vede da un sacco e magari non si aspettava di rivedere neanche adesso. Magari una sorella perduta, o un’ex. Non posso fissare il culo della sorella di Chakuza, figurarsi di un’ex, perciò la pianto.
- Ciao, Peter. – dice la donna, - Non mi presenti al tuo amico? – ed il modo in cui sottolinea la parola, caricandola di allusioni, in modo garbato ma pesante, mi imbarazza un po’.
- Klaudia… - la chiama lui, senza rispondere alla domanda e deglutendo a vuoto, - Che ci fai qui…?
Lei solleva il cestello rosso carico di cipolle e salumi, e si piega un po’ su un fianco in una mossetta carina e un po’ infantile.
- Ovviamente faccio la spesa. È quello che si fa nei supermercati, Peter! – lo prende in giro con un’altra risata.
- Sì, ovviamente… - biascica lui, ed io sollevo il nostro cestello rosso, per far capire alla signorina che noi non è che invece siamo venuti qui a girovagare e basta, eh. Dio, mi sento un cretino.
- Piacere, io mi chiamo Patrick. – dico alla fine, quando capisco che Chakuza non recupererà mai abbastanza grammi di materia grigia in tempo per presentarci prima della chiusura del supermercato.
- Klaudia. – ripete lei, stringendomi decisa la mano, - Allora è vero quello che si dice sui giornali di recente… - aggiunge con un tono vagamente malizioso, - Mi sembrava assurdo, pensavo fosse solo gossip, anche perché non c’erano foto né altro e non si facevano nomi precisi, ma… - ride un po’, - evidentemente invece è così.
Io e Chakuza non è che passiamo proprio tantissimo tempo a guardare la televisione o leggere giornali, diciamo che di questo si occupa Eko che in primo luogo non ha mai un cazzo da fare ed in secondo luogo vive pure da solo, quindi non deve preoccuparsi di aprire la porta di casa e vedersi assalito da un uomo che pare non tocchi un corpo umano da secoli, perciò alla fine è sempre lui che ci riporta queste notizie idiote. Ma ultimamente io e il Chaku ci siamo dati un po’ alla macchia, lo ammetto, a parte per le cene di famiglia che la coppia reale organizza di tanto in tanto e durante le quali evitiamo di parlare del nostro rapporto o di quello che facciamo, e così fanno anche gli altri, per evitare che Bushido trasecoli e diventi di un giallo più intenso della tinta della sua villa, perciò non ho la minima idea di che cosa stia discutendo Klaudia, e mi limito ad annuire al vuoto con aria idiota.
- Sì? – continua lei, guardandomi con interesse divertito, - Allora state—
- No! – la interrompe impetuoso Chakuza, risvegliandosi come da una trance, - Che razza di storie, ovvio che no. È che ai giornali non pare vero poter inventare cose simili, visto i rapporti che ci legano a Bushido e Bill… - motiva, ed io inarco le sopracciglia ma mi rassegno ad annuire, visto che decisamente non è il caso di mettersi a definire pubblicamente la relazione che portiamo avanti nel mezzo di un supermercato e davanti ad una donna il cui ruolo nella vita del Chaku mi è ancora ignoto.
Klaudia si mette a ridere ed annuisce comprensiva.
- Naturalmente. – conferma, - Comunque io sono l’ex-fidanzata di Peter. – annuisce, rivolgendosi nuovamente a me, che sull’ultima dichiarazione ci perdo anche un paio di battiti. Niente sorella perduta, peccato. – È un piacere conoscere l’eroe che gli ha salvato la vita.
Cerco di fare mente locale.
- Cos’è che avrei fatto? – chiedo ad alta voce, visto che non ho la più pallida idea di cosa stia dicendo.
Chakuza si spiaccica una mano sulla fronte.
- TRL, Fler, TRL… - mi ricorda. Io ho sempre difficoltà ad inquadrare quel momento. A parte il fatto che stiamo parlando di due anni fa, e sono due anni fa che sembrano due secoli fa, ma il punto reale è che fatico sempre a ricordarmi che ci sono solo due cose per cui l’opinione pubblica ricorda la mia persona in tempi recenti. Una è la sceneggiata di fronte agli studi di TRL, quando il Chaku è stato accoltellato – ero lucido, ricordo a grandi linee cos’è successo, ma i dettagli continuano a sfuggirmi. Se ci ripenso, vedo solo Bill accasciato a terra con suo fratello che lo tiene a stento, e Chakuza in una pozza di sangue – e l’altra è la mia relazione con Anis. Tutto sommato, sono contento che questa donna abbia deciso di tirare fuori una cosa all’interno della quale quantomeno ricopro il ruolo dell’eroe senza macchia e senza paura.
- Sì, be’, - dico a mo’ di battuta, - ho avuto modo di pentirmene, successivamente.
Klaudia ride. Chakuza per niente. A me la situazione generale sta sul cazzo e mi piacerebbe essere a casa di Sido a rubare la playstation a sua figlia. Considerato il fatto che sono uscito da quell’appartamento meno di un mese fa, direi che sto facendo dei considerevoli passi indietro nella mia scala evolutiva, e ciò non è bene.
- Uh, com’è tardi! – dice all’improvviso Klaudia senza nemmeno guardare l’orologio, - Devo andare, o non riuscirò a preparare la cena in tempo per il ritorno di Klaus.
Chakuza spalanca gli occhi.
- …stai con qualcuno? – chiede allucinato, e per un secondo a me viene da pensare “ma sì, già che ci sei buttati in ginocchio e piangi”, ma mi mordo la lingua e mi calmo.
Lei si ravvia una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorride timidamente.
- Sì, ci siamo sposati un paio di mesi fa. – confessa con imbarazzo.
- E… voglio dire, da quanto…?
- Oh, è stato… una specie di colpo di fulmine, sai? Non molto dopo che noi…
Ed è tutto un balbettare e un dire-non-dire. Mi viene da vomitare. Ma è mai possibile che, a parte me, quest’uomo sia in grado di intrattenere solo ed esclusivamente relazioni palesemente basate su stereotipi da Harmony di serie zeta?
- Non dovevi finire di litigare col fruttivendolo? – scollo apatico qualche secondo dopo. E Klaudia deve solo ringraziare la mia educazione miracolosamente a posto, se non le sorrido beatamente ricordandole che ha un Klaus da nutrire appena torna da lavoro e invece è ancora qui a rompere le palle a un uomo che non le compete più.
Chakuza si volta a guardarmi con aria severa, come quando intende dirmi “Fler, ti dispiacerebbe smetterla di comportarti così?”, che è un tono che di solito usa in quei rari casi in cui ancora mi capita di bere un po’ troppo – e quindi ho torto. Qui non ho torto. Almeno, mi pare. E comunque, di sicuro non sono ubriaco.
Pochi secondi dopo, Klaudia sparisce in una nuvola di profumo cinguettando arrivederci e a presto, ed io mi dirigo con passo marziale verso le casse, decidendo che delle pesche non mi frega, nemmeno dei ravanelli o del burro per le frittelle di domattina. Odio essere così umorale, ma non volevo nemmeno uscire e questa situazione mi ha scazzato parecchio. Perché Chakuza è geneticamente incapace di concentrarsi su una sola persona per volta? Cristo.
- Fler? – mi chiama lui, affiancandomisi, - Non abbiamo preso—
- Sai che m’importa. – taglio corto, mettendomi in fila. Lui mi fissa con disapprovazione.
- Sei stato molto maleducato. – mi riprende, neanche avessi due anni.
- No, tu sei stato uno stronzo, io ho solo agito di conseguenza. – gli ricordo.
Lui inarca le sopracciglia, supponente.
- E cos’avrei fatto di così stronzo? – chiede, mentre riusciamo finalmente ad arrivare al nastro trasportatore e cominciamo a svuotare il cestello.
Faccio per descrivergli esattamente quanto mi abbia infastidito il suo atteggiamento stile “amore-della-mia-vita-non-ti-ho-mai-dimenticata”, ma mi rendo conto che suonerei ridicolo, perciò mi freno. È il dramma di questa storia: siamo due fottuti maschi, e questo è un problema sotto svariati punti di vista. Ci sono cose che semplicemente non possiamo permetterci di fare, o almeno così sono convinto, ma solo perché non l’ho ancora visto scuotere il capo e pestare con forza una scatoletta di tonno sul nastro trasportatore, prima di voltarsi a guardarmi, furioso.
- Sei ridicolo! – mi sbotta in faccia, - E non provare nemmeno a fare finta di non sapere perché te lo sto dicendo, perché se solo ci provi ti giuro che ti lascio a piedi. Con la spesa.
Aggrotto le sopracciglia.
- Non sono assolutamente ciò che tu pensi io sia! – mi lamento, caricando sul nastro la lattuga fresca, - Sei tu che dai spettacolo sbavando per la tua ex nel mezzo di un supermercato!
- Oh, sì che lo sei! – continua lui, furioso, gettando sul nastro i pacchi di pasta, - Li conosco i tuoi sguardi, e quello è proprio uno sguardo—
- Non dirlo nemmeno per scherzo!
- —geloso, Fler, uno sguardo geloso, e piantala!
Qualcuno tossicchia di fronte a noi e noi solleviamo lo sguardo. Il cassiere ci scruta con aria allibita.
- C’è… c’è qualche problema, signori?
Di problemi, vorrei rispondere, ce n’è una lunghissima lista, ma non è il caso di sciorinarli tutti a questo pover’uomo che vuole soltanto farci pagare e costringerci a sparire da qui – immagino che dopo quest’episodio saremo banditi dalla maggior parte dei supermercati di Germania – perciò trattengo le lamentele e lascio perdere, tirando fuori il portafogli mentre Chakuza borbotta delle scuse assolutamente incomprensibili e va a mettere tutta la roba nei sacchetti di plastica. È talmente furioso che, per una volta, si dimentica perfino di provare a pagare lui per primo come in genere fa sempre.
In macchina, mi sta ancora tenendo il broncio. Neanche avessi fatto chissà che.
- La vuoi piantare di ignorarmi? – gli tiro una mezza gomitata, e lui si scazza subito e mi urla che se voglio farlo morire in un incidente d’auto, tanto vale che gli manometta direttamente i freni, senza provare a farlo sbandare così a caso. Io gli strillo che è un coglione e che se magari la pianta di esagerare è meglio, ma lui non si rassegna, e continua a ringhiare.
- Abbiamo dato spettacolo! – mi fa notare, come non me ne fossi già accorto da solo.
- Sì, be’, hai insistito tu per parlarne di fronte al cassiere. – borbotto, abbassando lo sguardo sul sacchetto pieno di ortaggi che ho in grembo.
- Non è che volessi parlarne di fronte al cassiere, Fler! – sospira lui, esasperato, - Mi sono incazzato!
- Tu t’incazzi sempre quando non hai il minimo diritto di farlo. – scollo freddamente, scrollando le spalle, - E infatti puntualmente fai stronzate, quando succede.
Lo so che è una bastardata colossale, tirare fuori sempre quest’argomento quando non mi piace dove sta andando a parare la discussione. Non è neanche qualcosa che dico, quanto più il suono della mia voce, così diverso da quello che uso solitamente con lui, e Chakuza sa che, quando parlo in questo modo, sto parlando di quella notte, perché quello che è successo quella notte è l’unico vero torto grave che Chakuza mi abbia mai fatto. Se non uso quello, non ho nient’altro con cui combatterlo.
Lui, comunque, incassa silenziosamente, e zitto rimane – le mani strette attorno al volante e lo sguardo fisso sulla strada – per una quantità infinita di minuti. Almeno fino a quando non sono io a rompere nuovamente il ghiaccio. Usando l’argomento peggiore di tutti, suppongo.
- Com’è che sono andate le cose con quella Klaudia?
Mi lancia un’occhiata sconvolta, fermandosi al semaforo.
- Non voglio parlarne con te. – borbotta offeso, - Non voglio neanche parlare con te in generale.
Sollevo il medio e lo mando a fanculo. Lo sento sospirare qualche secondo dopo.
- Fleeer… - mi chiama, come fa sempre quando vuole mettermi in imbarazzo, perché io quando sono imbarazzato non sono più in grado di restare arrabbiato. Odio che mi conosca così bene. Mi fa sentire più indifeso di un bambino. – Senti, scusa. Oggi non avevamo ancora litigato, è palesemente per questo che—
- Abbiamo mica il cartellino da timbrare ogni giorno. – protesto sgarbatamente, sempre senza guardarlo.
Lui sbuffa una mezza risata.
- Ognuno ha le sue abitudini. – dice pacato, - Noi abbiamo le nostre. Comunque sia, - cambia argomento, - non ho un problema a parlare di Klaudia. Non ho un problema neanche con Klaudia.
- Oh, no, figurati… - lo prendo in giro, e lui ride subito.
- Okay, senti, siamo stati insieme un po’. Un bel po’. – ammette, - Mia madre era già partita con tutta una serie di film mentali con matrimonio e centinaia di bambini. E non è che l’idea mi dispiacesse, in realtà, però insomma, è sempre un casino portare avanti queste relazioni, col lavoro che facciamo noi. Lo saprai, no?
- Io ho scopato un sacco ma non mi sono mai fatto problemi di nessun tipo, Chaku. – gli faccio notare, - Questa mania dell’accasarsi è una cosa che non condivido.
Lui grugnisce ed a me viene voglia di correggermi e dire che non la condividevo fino a qualche tempo fa. Qualcuno dovrebbe ricollegare la spina che Chakuza ha staccato dal mio cervello quando ci siamo conosciuti.
- Insomma… - riprende, guardandomi malissimo, - Tant’è, non funzionava. Litigavamo di continuo e lei proprio non riusciva a reggere i miei ritmi, e—
- I tuoi ritmi, Chaku? – spalanco gli occhi, - Ma se lavorava palesemente solo Bushido, all’Ersguterjunge! Era lui quello da un album all’anno! Voi ne avevate uno ogni due-tre ed una canzone solista nei Sampler, se vi andava bene! I tuoi ritmi lavorativi sono i miei ritmi festivi! – Chakuza deglutisce e non mi guarda. Io piego il capo. - …e tu non stavi parlando di ritmi lavorativi. – deduco qualche secondo dopo, inarcando le sopracciglia. – Chaku, non starai mica dicendomi che—
- Non è necessario specificarlo. – dice gelido, aggrottando le sopracciglia.
- Oh, no. – scuoto il capo io, - Mi hai dato del geloso di fronte a decine di persone. Il cazzo non c’è bisogno di specificarlo. Allora la tua infinita voglia di scopare non è un problema mio, è proprio una cosa tua! Una qualche malattia seria!
- Be’? – sbuffa lui, contrariato, - Eri convinto di avere qualche merito particolare?
- Se non freni la lingua avrò il merito di tagliarti i coglioni e gettarli nelle fogne. – minaccio a bassa voce, - Cioè, la sfinivi e lei ti ha mollato?
- Non è andata affatto così! – strilla isterico.
- È andata esattamente così! – ribatto io, girandomi sul sedile per guardarlo meglio, - Dio mio, Chakuza! Ma quanto insistente devi essere stato per esasperarla al punto da—
- Ehi, sono un uomo sano con un fisico sano ed ho dei sani bisogni!
- Tu non hai dei sani bisogni, tu hai un unico pensiero fisso nella testa e da lì non ti muovi neanche morto!
- Ma ti ho portato a fare la spesa!
- E prima abbiamo scopato!
- Be’, una volta!
- E se ti avessi detto che stanotte volevo andare a dormire a casa mia?
- Naturalmente ti avrei legato al letto.
- Chakuza!
- Che c’è?! Sto cercando di essere sincero!
Rimango lì a fissarlo a bocca aperta e lui guarda me per un secondo infinito. Deglutisco ed indico un posto macchina libero sotto casa sua.
- Parcheggia. – biascico, - Sei tremendo ed io non ho parole.
- Sarebbe la prima volta. – commenta infilandosi nel posto vuoto ed alzando gli occhi al cielo.
- Non giocare al maritino esasperato con me, Chaku, - lo minaccio io, agitandogli un dito davanti al naso, - non ti chiami Klaus ed io non sono Klaudia e, per tua informazione, punto primo: stanotte dormo a casa mia, punto secondo: starò quanto più possibile lontano dal tuo letto per i prossimi dieci anni e punto terzo… che stai facendo?
Lui nemmeno mi guarda.
- Abbasso il sedile.
- Sì, questo lo vedo. – annuisco compito, - Ci sono io sopra.
- Appunto. – risponde, e mi è addosso il secondo dopo.
- No! – strillo, cercando di tenerlo lontano piantandogli le mani sul petto, - Di nuovo in macchina no!
- Eddai, Fler! – sbotta, ficcandomi scorrettamente un ginocchio fra le gambe.
- Ma cos’hai, quindici anni?! Dio mio! – mi lamento, cercando una posizione più comoda mentre già lui mi costringe ad allargare le gambe e sento la pressione tristemente familiare del cambio contro uno stinco. – Non stento a credere che quella povera donna sia scappata urlando.
Lui ride divertito – mi piace quando ride così, sembra davvero un ragazzino – e si china a mordermi il collo.
- Tu non scapperesti. – mi sussurra all’orecchio, ed io rabbrividisco e mi arrendo, stringendogli le gambe attorno alla vita. Chakuza ride ancora e mi bacia velocemente. – Sai cosa penso, Fler? – mi chiede, ed io scuoto il capo, - Probabilmente a me serviva un uomo.
Io sospiro e mi passo una mano sugli occhi.
- No, probabilmente a te serviva un martire.